Cos’è il training autogeno
Il training autogeno, largamente conosciuto e diffuso in tutto il mondo come “tecnica di rilassamento”, è un metodo di aiuto psicosomatico elaborato dallo studioso di origine berlinese J.H. Schultz e dal suo stesso fondatore definita come un “metodo di autodistensione da concentrazione psichica”. Il T.A., acronimo con cui tale tecnica viene ormai usualmente indicata, se praticato correttamente e costantemente, può consentire di raggiungere un’autosuggestione ed un addestramento al cambiamento psicofisico, migliora il contatto con se stessi e rappresenta una risorsa dalle immense potenzialità per aiutare la mente sia a migliorare le quotidiane performances che ad alleviare disagi psicosomatici di vario tipo.
Nascita e principi - base del metodo
Il 1932 è l’anno della nascita ufficiale del training autogeno che è stato presentato attraverso la pubblicazione dell’opera fondante “Das autogene training”, in cui sono raccolti i risultati di molti anni di studi condotti dal suo iniziatore, ricerche che risentono delle esperienze di quest’ultimo nel campo dell’ipnosi e della psicoanalisi. L’allenamento o training agli esercizi di T.A. consente, dopo la prima fase di addestramento, di raggiungere la capacità di ottenere dei benefici psicofisici immediati grazie alla ripetizione di “formule autogene” e l’effetto a lungo termine di cambiamento dei processi psicofisici negativi che possono essere all’origine di molti disturbi psicosomatici. Questa tecnica quindi è uno strumento di cambiamento che opera a tre livelli:
A livello fisiologico, favorendo un riequilibrio del Sistema Nervoso Vegetativo e del Sistema Endocrino, entrambi strettamente connessi ai vissuti emotivi;
A livello fisico , migliorando lo stato di benessere e di salute generale;
A livello psicologico, aiutando a ristrutturare le proprie reazioni negative e migliorando alcuni vissuti psicologici.
Attraverso il training autogeno si crea un crescente equilibrio psicofisico, soprattutto su quelle funzioni psicosomatiche (es. emozioni, stati somatici legati alla contrazione di muscoli involontari) che sono mediate dal cosiddetto Sistema Nervoso Autonomo. Gli esercizi infatti tendono a mettere a riposo quella parte di tale struttura che garantisce l’attivazione psicofisiologica e diminuiscono quegli eccessi di alcuni ormoni, come l’adrenalina, che si riversano nel sangue in condizioni di stress.
Allo stesso modo l’allenamento autogeno permette di passare gradualmente ad una maggiore consapevolezza (e una conseguente possibilità di controllo) delle attività muscolari involontarie (es. respirazione), liberandole sempre di più del controllo volontario negativo che costringe a stati di stress alcuni muscoli volontari.
Il carico di tensioni fisiche e psicologiche accumulate viene scaricato attraverso le cosiddette “scariche autogene” , ossia quei fenomeni transitori di origine psicologica o somatica che tendono a manifestarsi in modo decrescente fino a sparire completamente nel corso dell’allenamento autogeno e che sono connesse alla possibilità del T.A. di liberare e decongestionare le aree cerebrali sovraccaricate dallo stress. Per questo spesso, nelle fasi iniziali dello svolgimento degli esercizio di training autogeno, si possono verificare scariche motorie (movimenti involontari, tosse, riso, spasmi), scariche uditive (ronzii, fischi, rumori), scariche vestibolari (vertigini, senso di galleggiamento) o ancora scariche affettive (emozioni di vario tipo positive o negative). Di qualunque tipo siano le scariche autogene esse in genere interessano aree somatiche (muscoli, vista, ecc.) o aree psicologiche (affetti, pensieri, ecc.) sovraccariche di tensione che in tal modo viene diminuita gradualemente.
“Training” vuol dire “allenamento”, “autos” vuol dire “da se” e “genos” significa “che si genera”, perciò l’etimologia della denominazione della tecnica permette di spiegare meglio i suoi obiettivi, tutti volti a rendere la persona che si sottopone a tale pratica in grado di produrre da se un allenamento al rilassamento, al cambiamento psicologico e al controllo di alcuni stati fisici, attraverso una crescente capacità autonoma di “autosuggestione” che inizialmente viene guidata e insegnata da un esperto.
Il principio fondamentale su cui si basa la tecnica dell’“allenamento autogeno” è quello del cosiddetto “condizionamento classico”, ossia un metodo di apprendimento psicologico esposto da I. Pavlov in altri contesti. Nel training autogeno, attraverso questa forma di apprendimento è possibile ottenere, con la ripetizione degli esercizi, l’associazione tra una formula o un esercizio mentale (inizialmente stimoli neutri e poi stimoli condizionati) ed uno stato psicologico o fisiologico (risposta incondizionata), che diviene una cosiddetta “ risposta condizionata” in seguito alla sperimentazione di tecniche specifiche di concentrazione e autosuggestione in condizioni protette e positive (stimoli incondizionati). Tale principio - base sottolinea l’importanza di ripetere con costanza l’allenamento agli esercizi nel corso della fase iniziale di “training” e la necessità di favorire fin da principio l’autogenicità nel produrre le risposte agli esercizi, senza creare dipendenza dal trainer o da una voce guida.
Altri processi neuropsicologici importanti sembrano inoltre intervenire nella fase di allenamento al cambiamento psicofisico prodotta attraverso il “training autogeno”.
Un fenomeno importante riguarda la capacità della memoria di sensazioni fisiche rievocate attraverso le immagini mentali di rendere attuali e reali tali sensazioni anche in assenza di stimoli concreti. Secondo gli studi sull’intelligenza visiva raccolti da Ian Robertson ciò deriverebbe dalla tendenza del nostro cervello ad attivare, attraverso stimoli immaginativi, le stesse aree messe in azione da stimoli reali. Così, ad esempio, l’allenamento ad immaginare una fonte che scalda una parte del corpo (es. acqua tiepida) può permettere di ottenere risposte fisiologiche simili a quelle che tale stimolo reale produrrebbe (es. aumento della temperatura e dell’irrorazione sanguigna della parte).
Similmente funziona il principio dell’“ideoplasia” che spiega la possibilità di produrre micromovimenti attraverso una fervida ed allenata capacità di immaginare movimenti muscolari reali. Infatti, ciò avviene quotidianamente nella comunicazione non verbale e permette nel T.A. di ottenere delle risposte di controllo muscolare.
Esercizi e utilita’ del training autogeno
Gli esercizi del training autogeno vanno distinti in due categorie: quelli che costituiscono il più noto “Training Autogeno Inferiore” e quelli che appartengono alle possibilità del “Training Autogeno Superiore”.
Nella prima area, quella del T.A.I. rientrano sei esercizi di base, due fondamentali e quattro complementari, tutti eseguiti dopo l’esercizio propedeutico.
Quest’ultimo è “l’esercizio della calma” , un allenamento importantissimo poiché il raggiungimento di uno stato iniziale di “calma” in cui si riesce a mettere da parte ogni preoccupazione ed ogni pensiero permette di sperimentare in modo adeguato ed efficace gli altri esercizi. Senza il raggiungimento di tale condizione psicologica non si riesce a disporre delle opportune energie e condizioni mentali che consentono una completa concentrazione volta ad ottenere gli effetti desiderati attraverso gli altri esercizi.
Tale esercizio risulta molto utile per imparare a controllare stati di ansia generalizzata o di confusione e panico poiché consente di accrescere la capacità di convogliare all’interno quelle energie mentali che tendono a disperdersi verso l’esterno, guidate da forze centripete che catturano l’attenzione su elementi che alimentano vissuti e pensieri negativi.
L’“esercizio della pesantezza” rappresenta un utile strumento per ottenere uno stato generale di rilassamento muscolare e consente di prendere consapevolezza di tensioni muscolari inconsapevoli e di vissuti psicologici che tendono a crearle e quindi a generare delle problematiche psicosomatiche quali dolori, crampi. Esso, pertanto, risulta estremamente utile per affrontare problematiche del dolore, cefalee muscolo-tensive, disturbi da stress, vertigini derivanti da tensioni accumulate sul collo o per combattere l’insonnia.
L’“esercizio del calore” consente di ottenere dei cambiamenti a livello della circolazione nei vari distretti muscolari, approfondendo lo stato di rilassamento che è possibile ottenere attraverso il precedente esercizio, poiché accresce il rilassamento e anche la mobilità muscolare. Questo esercizio è utile per coloro che soffrono di disturbi legati alla cattiva circolazione e può essere un valido strumento di riscaldamento mentale dei muscoli che devono essere impegnati in uno sforzo fisico.
Attraverso l’“esercizio del cuore” ci si mette in contatto con il proprio ritmo interiore di vita e con la parte che simbolicamente viene designata come “il centro delle emozioni”. E’ un esercizio non sempre facile da eseguire e strettamente importante per favorire il contatto e la graduale accettazione sia della propria vita affettiva-emotiva, sia della natura umana. I risultati che possono essere ottenuti praticandolo correttamente hanno importanti ricadute positive nell’alleviare le somatizzazioni che riguardano problematiche circolatorie centrali, come la tachicardia, che nascono da situazioni ansiogene e che sono una delle componenti fondamentali del cosiddetto Disturbo da Attacchi di Panico.
Con l’“esercizio del respiro” si impara a lasciare che la funzione respiratoria non venga influenzata da aspetti psicologici che tendono a modificarla alterandola. Anche questo esercizio è molto utile in caso di problemi somatici legati all’ansia, poiché questi ultimi tendono sempre a manifestarsi con una ricaduta sul ritmo respiratorio che in genere viene accelerato, producendo scarsa ossigenazione e sintomi conseguenti come capogiri o sensazione di svenire. La simbologia del respiro come fonte di vita, inoltre, rende utile questo esercizio anche in situazioni di depressione e in tutti i casi in cui si sia instaurato un circolo vizioso per cui dall’emozione negativa nasce l’apnea o il rallentamento respiratorio che a sua volta crea nuove emozioni negative legate alle sensazioni fisiche sperimentate in seguito ad una cattiva respirazione e al contatto con la vita e ciò che entra in noi dall’esterno attraverso il respiro.
L’“esercizio del plesso solare” è un esercizio coinvolge molti organi interni quali intestino, fegato, pancreas, milza, rene e surrene, che convogliano tutti verso lo stesso ganglio nervoso che media il loro funzionamento. Eseguito con una mano sul ventre fino alla parte finale dello sterno per aumentare il contatto e la consapevolezza della zona su cui si lavora, questo esercizio consente sia di lavorare per favorire un migliore funzionamento degli organi vitali coinvolti, che per ridurre le tensioni di natura psicologica che spesso sono alla base di gastriti e problemi digestivi. Inoltre, esso aumenta il contatto con le sensazioni fisiche che si associano ai vissuti psicologici di accettazione o rifiuto di certe situazioni, soprattutto se relative a questioni non sempre completamente consapevoli.
Infine, l'“esercizio della fronte fresca”, che completa efficacemente un rilassamento generalizzato, consente di lavorare sia sulle problematiche somatiche connesse alla cattiva circolazione cerebrale, poiché agevola una vasocostrizione e quindi un controllato afflusso del sangue al cervello, sia su quelle problematiche psicologiche che sono avvertite e vissute come “calore e sovraccarico della mente”. La “mente fresca”, infatti, è simbolo di lucidità e di una capacità di vivere le emozioni e le decisioni con un giusto distacco emotivo che è possibile imparare a sperimentare a livello psicologico e fisico grazie all’apprendimento di tale esercizio.
Dopo aver appreso in modo approfondito gli esercizi del Training Autogeno Inferiore possono essere appresi altresì esercizi supplementari o ancora si possono eseguire specifici esercizi che appartengono al Training Autogeno Superiore.
Per apprendere correttamente questa tecnica si può ricorrere ad un operatore specializzato o, nel caso in cui la si utilizzi per finalità legate al cambiamento e al miglioramento di certi comportamenti o per affrontare problematiche di tipo psicologico o psico-somatico, attraverso uno psicologo esperto nell’insegnamento e nella pratica di tale tecnica. Infine, esiste anche la possibilità di seguire un vero e proprio percorso psicoterapeutico con specialisti che utilizzano la cosiddetta “psicoterapia autogena”.
Ambiti di applicazione della tecnica
L’approfondimento della conoscenza degli esercizi di base del Training Autogeno permette di comprendere meglio le innumerevoli possibilità applicative che sono state sviluppate rispetto all’uso originario di tale metodo. Il T.A., infatti, nasce originariamente in campo clinico psicologico e psicosomatico per affrontare problematiche quali:
disturbi funzionali e somatizzazioni di tipo neurovegetativo(cefalee, tachicardie, problemi circolatori e respiratori, disturbi digestivi);
fobie e disturbi d’ansia;
tic o balbuzie;
disturbi del sonno (insonnia, apnee).
Ben presto i seguaci e prosecutori dell’uso del Training Autogeno hanno sperimentato adattamenti degli esercizi in altri settori.
Uno dei primi esempi riguarda il mondo della psicologia del lavoro, in cui molte industrie hanno voluto e richiesto di provare questo metodo, sperimentando le sue ricadute positive sul rendimento in azienda e sulla sua capacità di limitare lo stress e l’assenteismo legato a problematiche di questo tipo.
Attualmente uno dei campi più importanti di applicazione di questa tecnica è quello della psicologia dello sport e della preparazione mentale degli atleti (Bassi G.B., Bonfanti M., Arcelli E.) che riguarda sia intere squadre sportive (di calcio basket, pallacanestro, pallanuoto) che atleti che praticano sport individuali in cui alcuni esercizi risultano utilissimi sia alla performance che alla riduzione che al recupero di alcuni infortuni. E’ il caso dello sci, del baseball, del tennis, della scherma o di alcune arti marziali in cui la tecnica si rivela efficacissima anche per il controllo della concentrazione. Da molti anni ormai questa tecnica è parte integrante dei cosiddetti “corsi di preparazione al parto” e se, preventivamente imparata, risulta molto utile a gestire le emozioni e a controllare il respiro ed il dolore.
Infine, vanno ricordate con curiosità ed interesse le più recenti, ma non meno diffuse, applicazioni. Una delle principali concerne il campo educativo in cui il T.A. per l’infanzia si trasforma in “fiabe del rilassamento” che possono essere utilizzate per affrontare difficoltà di sviluppo piuttosto diffuse, superando anche i limiti delle classiche tecniche di approccio verbale al problema. Un’altra recente applicazione della tecnica riguarda i trattamenti estetici, soprattutto quelli che si rivolgono alla cura dell’acne nervosa o da stress, dei problemi estetici della cattiva circolazione o più semplicemente al rilassamento e alla ricerca di un benessere globale che si associa ai trattamenti effettuati nelle sale di bellezza o nei centri termali.
Riferimenti bibliografici
Schultz J.H. (1968). Trad it. Il training autogeno I – esercizi inferiori , Feltrinelli, Milano.
Schultz J.H. (1968). Trad it. Il training autogeno II – esercizi superiori , Feltrinelli, Milano.
Marchi I. (2002). Teoria e pratica del training autogeno , Demetra, Firenze.
Tosi D. (2001). Training autogeno. Guida pratica al più efficace metodo contro lo stress , Brancato.
Peresson L. (1985). Trattato di training autogeno – vol. I e II , Piovan.
Hoffman, Bern H. (1980). Manuale di training autogeno , Astrolabio.
AA.VV. (2003). Appunti dal seminario su “il training autogeno e la gestione dell’ansia ”, Centro ASPEN onlus, Palermo.
A cura della Dott.ssa Monica Monaco
Dal Sito: www.benessere.com
Dal Sito: www.benessere.com
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