giovedì 27 luglio 2017

GLI ATTACCHI DI PANICO : MITOLOGIA E PSICOSOMATICA



IL DIO PAN ED IL PANICO 



“Le divinità sono diventate malattie” (Jung, Opere XIII)

Come accade per la maggior parte dei miti, esiste più di una versione a proposito della nascita del Dio Pan. I mitografi ci dicono che si possono rintracciare più di venti origini di Pan il quale, di volta in volta, e figlio di Zeus, di Crono, Di Apollo, di Ermes, di Urano, di Odisseo.





Tale molteplicità ci comunica da subito qualcosa di importante: lo spirito di Pan può sorgere veramente in ogni luogo.

Kerènyi, riprendendo l’Inno omerico a Pan, racconta che Ermes stava pascolando le capre quando vide la ninfa Driope e se ne innamorò. Dalla loro unione nacque “un bambino prodigioso, con corna e piedi di capra, molto chiassoso e allegro”. Appena la madre lo vide corse via spaventata dalla sua bruttezza. Allora Ermes lo raccolse, lo avvolse in una pelle di lepre, lo portò sull’Olimpo e lo presentò agli altri Dei. Ognuno di loro lo accolse con benevolenza e lo chiamarono Pan perché “tutti ne provavano piacere”.


In queste poche righe si configurano già alcuni importanti mitologemi:

– Pan è innanzitutto un bambino abbandonato.

– Il padre lo avvolge in una pelle di lepre: animale sacro ad Afrodite e ad Eros e legato al mondo di

Bacco e alla Luna. Il destino di Pan è quello di essere immerso in queste strutture archetipiche, il Dio è quindi collegato all’eros, alla lussuria, ai piaceri, all’errare vagabondando nella natura.

– E’ gradito agli Dei i quali guardano a lui con favore.

– E’ figlio di Ermes e come tale è portatore di un carattere ermetico: le azioni di Pan celano dei messaggi. L’attivazione dell’archetipo di Pan può determinare come ci comportiamo nei momenti di debolezza e di smarrimento, di abbandono appunto. Può rivelarsi nel modo in cui viviamo l’eros, quando “ci togliamo la soffice pelliccia di lepre e sveliamo il ruvido e selvatico capro”.

Pan è gradito agli Dei perché ciascuno vede rispecchiato in lui qualche suo aspetto, in un certo modo Pan è parte di ognuno di loro.

Hillman afferma che “in quanto Dio di tutta la natura Pan è per la nostra coscienza ciò che è puramente naturale, il comportamento (…) al di là degli scopi personali, quando è massimamente oggettivo”. Pan rappresenta il comportamento per il quale la nostra ragione non trova una causa, l’istinto la cui origine è oscura così come è oscura la genealogia del Dio. Pan è l’immagine che dentro di noi governa le reazioni sessuali e di panico, i due poli estremi di ogni comportamento istintuale umano: l’avvicinamento e la fuga. È il nostro istinto, la natura dentro di noi.

Nella sua disamina del comportamento istintuale, Jung delinea un continuum ad una estremità del quale pone il comportamento coatto e arcaico e all'altra estremità colloca le immagini archetipiche. Eventi che accadono nel corpo hanno il loro analogo nella mente. Come dire che mentre l’istinto agisce e si manifesta nel nostro comportamento, crea un’immagine mentale della sua azione. Dal lato degli aspetti della coazione Pan è fanatico, inarrestabile, vuole inerpicarsi sempre più in alto, terrorizza, aggredisce all’improvviso, semina panico, stupra, genera gli incubi. Ma Pan è anche colui che “abita le dolci vallate” che, oltre ad essere rappresentato con un corpo da capro, sporco, irsuto, fallico, è anche dotato di corna levigate, simbolo di elevazione spirituale. E’ sintesi di opposti, contiene gli istinti che più ci turbano e ci spaventano, ma al tempo stesso è portatore di aspetti salvifici. E’ infatti Pan che compare a Psiche (l’anima) quando questa, disperata sta per suicidarsi. E’ lui che le parla con la dolce voce di una canna e, rivelando tutta la saggezza della natura, la trae in salvo. Pan minaccia e terrorizza, Pan protegge e salva: nella psiche gli opposti sono sempre racchiusi l’uno nell’altro.

Pan è, inoltre, l’unico Dio che ha un mito sulla sua morte: “Pan il grande è morto!” (Plutarco, “Tramonto degli oracoli”).

Portatore di istanze troppo spaventose e destabilizzanti per noi uomini, Pan è stato ucciso. La natura ha perso così la sua voce creativa, la sua energia vitale e generativa. Ma ciò che è rimosso non scompare, semplicemente prende altre sembianze. E se, come ci hanno insegnato Jung e Hillman, gli Dei rimossi si trasformano in malattie, ecco che noi possiamo sentire la voce di Pan nei sintomi psichici, negli incubi, quando siamo travolti dai nostri istinti più profondi, quando siamo costretti a reagire “naturalmente”, in modo esclusivamente fisico.

Gli attacchi di panico rappresentano forse il momento più facilmente evidenziabile dell’attacco del Dio. La paura cresce e incrementa la sofferenza, con il crescere della sofferenza aumenta il terrore che il panico possa tornare di nuovo. Come le ninfe che fuggono terrorizzate e la loro paura non fa altro che aumentare l’eccitazione di Pan che continua a inseguirle.

La paura…. quanta paura abbiamo della paura?

Nella nostra civiltà la paura ha un valore essenzialmente negativo, esiste per essere, con coraggio, superata dal nostro Io eroico che procede sicuro attraverso le difficoltà.

La paura è un istinto fondamentale, arcaico. È un meccanismo fisiologico di difesa. Negli attacchi di panico però l’oggetto della paura può non essere così chiaro, tutt’altro. L’angoscia invade tutto il corpo, paralizza, toglie il fiato e fa scoppiare il cuore nel petto. L’impossibilità per il nostro Io di trovarne la causa terrorizza ancora di più. Pan attacca le proprie vittime all’improvviso, molto spesso nell’ora del meriggio, quando il sole è sopra le loro teste, quando l’Io e l’Ombra sono una cosa sola.

Jung sostiene che “la paura è una via legittima da seguire” e che spesso “si va dove si è spaventati”. Ci dice che ciò che ci spaventa può essere ciò che ci salva anche e soprattutto nel caso del sintomo psichico.

Le azioni di Pan hanno carattere ermetico, celano messaggi. Spesso gli attacchi di Panico costringono le persone a “vedere” ciò che le terrorizza e le fa soffrire, a entrare in contatto con l’inconscio, con l’ignoto, a incontrare la propria Ombra. E per quanto spaventoso tale incontro possa essere, ci offre una via per trasformare il cieco istintuale panico, in conoscenza di Sé. Conoscenza che implica un ri-conoscere la presenza del Dio nei meandri più remoti delle nostre caverne psichiche. Reprimere Pan significa perdere il nostro istinto più vitale e creativo e la natura dentro di noi. Così come non abbiamo paura di osservare la natura che ci circonda, anche nelle sue manifestazioni più spaventose, dovremo poterci avvicinare, con i dovuti strumenti e le dovute protezioni, alla natura dentro di noi perché, come si evince da ciò che Socrate chiede, alla fine del Fedro, nella sua preghiera a Pan, l’armonia dell’anima si ha quando ciò che è dentro di noi coincide con ciò che è al nostro esterno.


A cura della

Dott.ssa Germana Temperini

Psicologa e psicoterapeuta.

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