Le sue parole
Uno dei rapper del momento nel panorama italiano, tra gli artisti che meglio di tutti hanno saputo imporsi a suon di strofe in rima e allargare il numero di fan che lo seguono con passione. Parliamo di Ghemon, nome d'arte di Giovanni Luca Picariello, classe 1982, molto popolare in rete grazie a hit come Bellissimo o Un Temporale.Un artista che in concomitanza dell'uscita nelle librerie della sua autobiografia "Io sono. Diario anticonformista di tutte le volte che ho cambiato pelle", in vendita a partire dall'8 marzo, ha scelto di raccontarsi in un'intervista concessa alla testata Vanity Fair, dove non ha nascosto le difficoltà incontrate lungo il suo percorso. "Questo libro non è un prontuario, è una condivisione. Vorrei che chi lo leggesse dicesse: Sono le stesse cose che ho vissuto io, e lui è riuscito a scriverle". Ghemon si è definito un "transgender musicale" per le sue canzoni che fondono in realtà all'interno tanti generi e tante influenze diverse. In Mezzanotte, suo ultimo disco, ha cantato degli attacchi di panico e della depressione.
Proprio alla parte più intima di sé Ghemon ha dedicato una parte molto corposa della propria autobiografia. "Per tre mesi mi son svegliato tutti i giorni con l'ansia di non scrivere abbastanza: un giorno la ragazza che faceva l'editing mi ha chiamato urlando: sono già trecento pagine, basta!". Tante pagine in cui Ghemon parla della sua lotta alla depressione e del lavoro fatto su sé stesso negli anni: "Chi è depresso soffre il doppio, perché è una malattia che non si può "dimostrare": solo chi ce l'ha dentro ci deve fare i conti [...] Continuo con le medicine, con la terapia [...] è un lavoro lungo, ma sento di essere più solido".
Un libro che parla di crisi personale, ma anche di amore. "Dico tutta la verità, non v'è nulla di romanzato [...] solo dei cambi di nome, dovuti". Come il nome di Maria, l'attrice con cui racconta di avere avuto una storia un paio di anni fa: "Chi sia davvero non lo rivelerò mai ed è giusto così: è un amore che abbiamo vissuto a porte chiuse". Ghemon rifiuta l'idea dell'artista tormentato e conclude affermando che né la gioia né la sofferenza devono essere il motore dell'arte, ma la sensibilità.
Dal Sito: caffeinamagazine.it
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