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sabato 2 maggio 2020

Le lamentele e le storie che racconti sono le tue prigioni



Non serve la scienza per dire che la lamentela spegne i neuroni del cervello. La lamentela e le scuse che ti racconti, sono i modi che utilizzi per non fare il cambiamento che ti servirebbe davvero per essere felice!

MA TU A CHE COSA CREDI DAVVERO?

Sono tanti anni che mi occupo di crescita personale. Ho iniziato non perchè non sapessi cosa fare, nè tantomeno perchè faceva figo farlo. 

Ho iniziato, come spesso succede a tante persone. Stavo male. La mia vita andava così così, non “potevo lamentarmi”.

O meglio, quando mi lamentavo, subito mi sentivo meglio e magari quella sensazione durava per un po’. Il lavoro non andava? Mi lamentavo del fatto che le persone “non mi capivano”, il mio capo era una str**** di dimensioni colossali, oppure c’era la lamentela del tempo! 

Quella era bellissima, una delle migliori, “non ho tempo” per fare questo, non ho tempo per fare quell’altro…

Ma poi, una che dice che non ha mai tempo, ma cosa avrà da fare poi di così importante????:D

Facendo così, l’unica cosa che mi sucedeva era che allentavo leggermente la pressione che sentivo dentro. E questo mi dava l’opportunità per andare avanti ancora un pochino. Era come prendere una boccata d’aria mentre stavo annegando!

La lamentela poi ha un altro brutto, bruttissimo effetto: è contagiosa! E quando si nuota tutti nello stesso mare e insieme si annega, si sa, alla fine è come se nessuno veramente anneghi mai. Insomma se tutti si lamentano chi sono io per non farlo??

E quindi ricominciavo esattamente dallo stesso punto in cui mi ero fermata.

Un perfetto criceto.

Poi un giorno incontrai qualcuno che mi disse che avevo la tipica mentalità italiana (avrei capito solo molto tempo dopo che si riferiva alla lamentela in particolare) e mi ricordo che io mi arrabbiai davvero moltissimo.

Infondo cosa sapeva questa persona di me? Non mi conosceva eppure stava esprimendo un giudizio nei miei confronti. Mi sentii offesa, oltraggiata. 

Allora non capii le sue parole. Sono passati tanti anni e ho dovuto prendere una serie di “mazzate” in faccia. Nulla è cambiato per molto, c’ho girato intorno e molte sono state le storie che mi sono raccontata…

LE STORIE CHE CI RACCONTIAMO SONO LA NOSTRA PRIGIONE

Storie storie storie… Come iniziano queste storie? Sempre nello stesso modo…

Non ho tempo, tu non sai cos’è la mia vita, ho i figli, il cane, un marito geloso…insomma non posso farlo, non è il momento, quando sarò pronta, non sono capace e brava abbastanza. Bla bla bla. 

Quanto fiato e quanta fatica sprecata, davvero. Ciascuna di noi ha la sua vita e le sue esperienze e le sue bellissime storie da raccontare, e se, attenzione, di mestiere, fai la cantastorie non c’è nessun problema!

Ma hai mai notato che quando racconti la tua storia, stai indossando una maschera e quella maschera finisce per essere la tua identità da cui poi, non riesci più a liberarti?

Proprio come era successo a me, quando mi venne fatto notare che me la stavo raccontando.

Quando reagisci in un modo esagerato a quello che le persone ti fanno osservare dall’esterno probabilmente ti hanno toccato un nervo scoperto e ovviamente fa male. Io qui non sto dicendo che sia facile, ma sto dicendo che, ci possiamo rendere conto delle “bugie” che ci raccontiamo sul nostro fare o non fare una cosa o farla parzialmente, e che questi comportamenti conducono tutti allo stesso risultato. A farti scoprire uno schema.  

COME INTERROMPERE LE CREDENZE DISFUNZIONALI

Come forse avrai ben capito, è arrivato il momento di interrompere questo circuito malsano che metti in atto. Ovviamente non sto parlando di situazioni patologiche invalidanti che richiedono un altro tipo di intervento, ma ti sto dando un’opportunità concreta di poter risolvere un modo che hai, un atteggiamento che poni in essere e che ti fa solo male.

Se vuoi davvero cambiare qualcosa nella tua vita, devi rimboccarti le maniche, fare qualcosa di concreto e prima di tutto renderti conto del punto in cui sei.

Questo è davvero il primo passo per muovere un cambiamento concreto e duraturo nel tempo, perchè solo quando ti osservi e vedi dove sei, puoi decidere in quale direzione muoverti e dove andare. Altrimenti la ruota del criceto continuerà a girare.

UN METODO INFALLIBILE PER ROMPERE GLI AUTOMATISMI

Il mio consiglio per iniziare un percorso di cambiamento che ti porti davvero ad ottenere dei risultati concreti nella tua quotidianità è quello di scrivere su un quaderno tutte le volte che ti stai lamentando di qualcosa. 

Acquista un bel quaderno, sceglilo con cura e con amore (perchè sarà un tuo compagno inseraparabile di viaggio) e scrivi tutte le volte in cui ti stai lamentando (di qualcosa o di qualcuno), ma anche tutte le volte che (ti) stai raccontando una scusa per non fare qualcosa. Sei lì a costruire la (patetica) storia che anche questa volta ti riparerà dal non fare e quindi dal non cambiare e che ti consentirà ancora una volta di lamentarti!

Tieni questo quaderno per almeno due settimane, semplicemente scrivendo e annotando tutte (ma proprio tutte) queste cose. 

Poi prenditi un momento di sincerità con te e osserva se ci sono cose, tra quelle che hai segnato, che si ripetono continuamente. Scegline UNA ED UNA SOLA e trasformala.

Ecco un esempio concreto: ti lamenti per il traffico la mattina e che arrivi sempre in ritardo al lavoro: prova a mettere la sveglia 10 minuti prima e arrivando in anticipo al lavoro, fermati a bere un caffè nel nuovo bar vicino all’ufficio che ti ispira! 

Osserva subito come smettere di “sprecare” letteralmente la propria energia nella lamentela ti sarà utile per altre cose. Vuoi un esempio? Ti racconti la storia che proprio non ce la fai ad andare in palestra per rimetterti in forma? Bene, potresti sfruttare quei dieci minuti, ti ricordi la sveglia di sopra? Quella che eviterà di farti lamentare del traffico?, per parcheggiare un po’ più distante e iniziare a camminare. 

Sai come si dice? Cammina oggi, cammina domani…

Quello che voglio dirti e farti sperimentare con questa semplice tecnica, “Il Diario di Bordo”, è che hai un duplice vantaggio: cominci a vedere quello che non va e vorresti cambiare e hai una guida reale di quello che concretamente potresti fare. 

Ogni piccolo gesto che fai nella tua quotidanità è un cambiamento enorme nella tua vita.

 Adesso non ti resta che metterlo in pratica e sono certa che otterrai tantissimi risultati positivi…

E adesso a te la palla e buon divertimento!

P.s: questo esercizio può sembrare banale, ma ti assicuro che può cambiarti la vita qualunque cosa tu scelga di cambiare!

P.p.s: ricordati che la costanza è fondamentale! Quindi se l’hai trovato utile come esercizio prosegui e cambia altre cose della tua vita!

mercoledì 1 gennaio 2020

Come nasce l'Empatia: i Neuroni Specchio


Perché quando vedi qualcuno che sbadiglia, improvvisamente ti viene il desiderio o meglio la necessità di sbadigliare a tua volta? 
Perché quando una persona vicina a te è triste o disperata senti così forte il bisogno di consolarla? 
E perché da quando è stato messo in commercio l’iPod, una grande quantità di cuffiette bianche, invece che le solite e anonime nere, ha invaso gli zaini e le tasche della maggior parte degli amanti dei lettori musicali portatili? 

La risposta è semplice: grazie ai tuoi neuroni specchio. 

Sono loro a permetterti di provare empatia. In pratica questi neuroni “rispecchiano” ciò che avviene nella mente della persona che osserviamo, come se fossimo noi stessi a compiere quell’azione. Essi rappresentano una parte fondamentale del nostro cervello, perché ci donano la preziosa facoltà di capire, condividere le emozioni e anche di imitare i gesti e le emozioni dei nostri simili.

Per entrare in empatia o in rapporto con qualcuno bisogna prima di tutto rispecchiarlo e assecondarlo. “Il simile attrae il simile, il simile ispira il simile, il simile rispecchia il simile”. A differenza di quello che dice l’oroscopo, non sono gli opposti ad attrarsi ma le persone che si somigliano.

I neuroni specchio sono stati scoperti nel 1992 da un neuroscienziato italiano, Giacomo Rizzolatti, e dal suo gruppo di ricerca dell’università di Parma, studiando il cervello di un macaco. 

Nell’esaminarne un settore della corteccia motoria dell’animale (chiamato F5), gli studiosi si resero conto, per puro caso, che l’area cerebrale non si accendeva solo quando la scimmia compiva l’azione di afferrare una nocciolina e mangiarla, ma anche quando osservava la stessa azione compiuta da qualcun altro, e non per forza un suo simile. La scoperta, infatti, avvenne grazie a uno dei ricercatori che, affamato, afferrò una nocciolina sotto gli occhi del macaco. 

Da un semplice gesto si è giunti a una grande scoperta. Differenti studi con tecniche di visualizzazione cerebrale hanno evidenziato che le regioni cerebrali che compongono il sistema dei neuroni specchio negli esseri umani sono essenzialmente le stesse di quelle della scimmia. 

La differenza sostanziale tra la scimmia e l’uomo è che nell’essere umano non è necessaria un’effettiva interazione con gli oggetti: i suoi neuroni specchio si attivano anche quando l’azione è semplicemente mimata – o immaginata.

I neuroni specchio sono quindi implicati nelle relazioni interpersonali in cui la caratteristica fondamentale è la capacità di ciascun individuo di conoscere e prevedere le azioni di un altro individuo, non tanto in base al suo comportamento quanto alle sue intenzioni non manifeste, a cosa sta progettando la sua mente. 

Questo sistema di rappresentazioni si potrebbe tradurre in espressioni quali “io so cosa pensi”, “io so cosa provi”, “io so cosa intendi fare”. La funzione specchio del nostro cervello, quindi, ci permette di immedesimarci nell’altro e di “sentire” e condividere lo stesso stato d’animo e le stesse emozioni, come il piacere e il dolore.

La funzione specchio di questi neuroni è un meccanismo che dimostra l’esistenza di una funzione evolutiva che mette in contatto noi e l’altro. Unifica le intenzioni e le azioni degli altri con le nostre, per cui ci dà una conoscenza anche e soprattutto esperienziale degli altri individui. In poche parole, l’essere umano non sarebbe programmato per l’aggressione e per la violenza, ma per la socialità, perché ha in sé una propensione innata all’empatia, una vera e propria pulsione empatica. 

La capacità di alcune parti del cervello umano di attivarsi alla percezione delle emozioni altrui, espresse con moti del volto, gesti e suoni e l’abilità di codificare istantaneamente questa percezione in termini “viscero-motori”, rende ogni individuo in grado di agire secondo un meccanismo neurale, per ottenere quella che viene chiamata “partecipazione empatica”. 

I neuroni specchio, quindi, offrono una base neurologica in grado di spiegare la capacità di ogni individuo di leggere le intenzioni degli altri e di apprendere la natura della loro esperienza. Ci dimostrano anche che, benché i meccanismi più ancestrali siano “settati” sulla paura e la difesa, vi sono altri meccanismi, altrettanto fondamentali registrati sulla costruttività, la positività, la relazione emozionale, l’empatia… 

Sappiamo che le nostre reazioni emozionali sono programmate per rispondere ai nostri istinti di sopravvivenza e riproduzione, ma sono anche un sistema di comunicazione interpersonale che suscita, come risposta, dei comportamenti precisi da parte dei nostri simili. 

Siamo perciò anche intensamente creature sociali, leggiamo letteralmente le menti degli altri e siamo tutti delle creature empatiche!

Dal Sito: aprilamente.info 



martedì 10 dicembre 2019

Le lamentele e le storie che racconti sono le tue prigioni





Non serve la scienza per dire che la lamentela spegne i neuroni del cervello. La lamentela e le scuse che ti racconti, sono i modi che utilizzi per non fare il cambiamento che ti servirebbe davvero per essere felice!

MA TU A CHE COSA CREDI DAVVERO?

Sono tanti anni che mi occupo di crescita personale. Ho iniziato non perchè non sapessi cosa fare, nè tantomeno perchè faceva figo farlo. 

Ho iniziato, come spesso succede a tante persone. Stavo male. La mia vita andava così così, non “potevo lamentarmi”.

O meglio, quando mi lamentavo, subito mi sentivo meglio e magari quella sensazione durava per un po’. Il lavoro non andava? Mi lamentavo del fatto che le persone “non mi capivano”, il mio capo era una str**** di dimensioni colossali, oppure c’era la lamentela del tempo! 

Quella era bellissima, una delle migliori, “non ho tempo” per fare questo, non ho tempo per fare quell’altro…

Ma poi, una che dice che non ha mai tempo, ma cosa avrà da fare poi di così importante????:D

Facendo così, l’unica cosa che mi sucedeva era che allentavo leggermente la pressione che sentivo dentro. E questo mi dava l’opportunità per andare avanti ancora un pochino. Era come prendere una boccata d’aria mentre stavo annegando!

La lamentela poi ha un altro brutto, bruttissimo effetto: è contagiosa! E quando si nuota tutti nello stesso mare e insieme si annega, si sa, alla fine è come se nessuno veramente anneghi mai. Insomma se tutti si lamentano chi sono io per non farlo??

E quindi ricominciavo esattamente dallo stesso punto in cui mi ero fermata.

Un perfetto criceto.

Poi un giorno incontrai qualcuno che mi disse che avevo la tipica mentalità italiana (avrei capito solo molto tempo dopo che si riferiva alla lamentela in particolare) e mi ricordo che io mi arrabbiai davvero moltissimo.

Infondo cosa sapeva questa persona di me? Non mi conosceva eppure stava esprimendo un giudizio nei miei confronti. Mi sentii offesa, oltraggiata. 

Allora non capii le sue parole. Sono passati tanti anni e ho dovuto prendere una serie di “mazzate” in faccia. Nulla è cambiato per molto, c’ho girato intorno e molte sono state le storie che mi sono raccontata…

LE STORIE CHE CI RACCONTIAMO SONO LA NOSTRA PRIGIONE

Storie storie storie… Come iniziano queste storie? Sempre nello stesso modo…

Non ho tempo, tu non sai cos’è la mia vita, ho i figli, il cane, un marito geloso…insomma non posso farlo, non è il momento, quando sarò pronta, non sono capace e brava abbastanza. Bla bla bla. 

Quanto fiato e quanta fatica sprecata, davvero. Ciascuna di noi ha la sua vita e le sue esperienze e le sue bellissime storie da raccontare, e se, attenzione, di mestiere, fai la cantastorie non c’è nessun problema!

Ma hai mai notato che quando racconti la tua storia, stai indossando una maschera e quella maschera finisce per essere la tua identità da cui poi, non riesci più a liberarti?

Proprio come era successo a me, quando mi venne fatto notare che me la stavo raccontando.

Quando reagisci in un modo esagerato a quello che le persone ti fanno osservare dall’esterno probabilmente ti hanno toccato un nervo scoperto e ovviamente fa male. Io qui non sto dicendo che sia facile, ma sto dicendo che, ci possiamo rendere conto delle “bugie” che ci raccontiamo sul nostro fare o non fare una cosa o farla parzialmente, e che questi comportamenti conducono tutti allo stesso risultato. A farti scoprire uno schema.  

COME INTERROMPERE LE CREDENZE DISFUNZIONALI

Come forse avrai ben capito, è arrivato il momento di interrompere questo circuito malsano che metti in atto. Ovviamente non sto parlando di situazioni patologiche invalidanti che richiedono un altro tipo di intervento, ma ti sto dando un’opportunità concreta di poter risolvere un modo che hai, un atteggiamento che poni in essere e che ti fa solo male.