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giovedì 27 febbraio 2020

Le persone con disturbi d’ansia nascondono questi 5 superpoteri



L’ansia può verificarsi a causa di circostanze particolari oppure essere una caratteristica innata di chi ne soffre. Scopri le 5 qualità intrinseche delle persone ansiose.
Non tutti reagiamo allo stesso modo di fronte alle situazioni che si presentano nella nostra vita. Ci sono alcune persone che tendono a vivere gli eventi e le situazioni in uno stato di eccessiva preoccupazione e tormento, e questo eccesso si verifica sia a livello di intensità che di durata. Irrealisticamente si tende ad immaginare il peggio e si teme il futuro. Spesso ci si rende conto di essere stati esagerati e di aver avuto una visione troppo pessimistica della situazione e si prova a migliorare. Tuttavia, per alcune persone è quasi impossibile non vivere in uno stato ansioso perenne anche perchè l’ansia sembra essere un tratto della personalità innato della persona che ne soffre. Scopri come riconoscere una persona con ansia innata verificando i suoi 5 superpoteri distintivi.

Le persone ansiose hanno 5 qualità principali

L’ansia è un disturbo comportamentale che si traduce in uno stato di preoccupazione eccessiva. Tutti potremmo sperimentarla ad un certo punto della vita a causa dello stress generatoda situazioni specifiche che provocano ansia. Quando lo stato di ansia è cronico, essa può diventare patologica. Inoltre spesso l’uso eccessivo di sostanze psicoattive per ridurre i sintomi non fa che peggiorare la situazione. Per alcune persone l’ansia è innata e lo dimostrano5 qualità tipiche di queste persone:

1.Un potente istinto

Il loro senso dell’istinto èmolto sviluppato e usano lo stress come meccanismo di sopravvivenza. Non lasciano nulla al caso, pianificano tutto. Per ogni situazione preparano un un piano d’azione con tanto di risoluzione di eventuali imprevisti. Essendo diffidenti nei confronti del pericolo, raramente si lasciano sorprendere da situazioni rischiose ma prevedono in anticipo anche i rischi derivanti dalle loro azioni.

2. Una capacità di individuare bugie

L’ansia porta ad una maggiore sfiducia nelle persone ed enfatizza la paura di venire ingannati dagli altri. Di conseguenza questo tipo di persona tenderà ad analizzare scrupolosamente i propri interlocutori, analizzerà linguaggio non verbale e quant’altro per captare possibili bugie. Inoltre, l’ansioso mal sopporta la presenza delle persone maligne e non ha problemi a porre fine ad una relazione tossica se la ritiene tale.

3. La capacità di sentire vibrazioni

Capiscono le persone che hanno di fronte a pelle. Per loro ognuno emana vibrazioni. Captano e fiutano soprattutto la presenza di persone negative, prima ancora che loro esprimano i loro pensieri. Quando incorrono in persone negative provano un forte senso di disagio, mentre al contrario, quando sono circondati da persone positive, provano felicità e serenità.

4.Un potere analitico

Avere l’ansia spinge inesorabilmente ad analizzare ogni situazione in modo scrupoloso. Le persone ansiose hanno difficoltà a vedere il lato positivo delle cose e tendono a focalizzare l’attenzione sui possibili problemi a partire dalle informazioni e dai dati che hanno a disposizione. Questo li rende persone accecate dal perfezionismo, che li porta ad essere molto esigenti con se stessi e ad auto-colpevolizzarsi al minimo errore commesso.

5. Una grande empatia

Le persone ansiose sono esageratamente empatiche. La sensibilità è una delle loro qualità più sviluppate. Riescono a capire le persone profondamente e captano le emozioni che provano gli altri senza margini di errore. Mostrano compassione e altruismo e svolgono molte azioni in questa direzione. Mettendosi nei panni degli altri, le persone ansiose hanno sempre buoni consigli da dare agli altri.

Dal Sito: chedonna.it 

mercoledì 1 gennaio 2020

Come nasce l'Empatia: i Neuroni Specchio


Perché quando vedi qualcuno che sbadiglia, improvvisamente ti viene il desiderio o meglio la necessità di sbadigliare a tua volta? 
Perché quando una persona vicina a te è triste o disperata senti così forte il bisogno di consolarla? 
E perché da quando è stato messo in commercio l’iPod, una grande quantità di cuffiette bianche, invece che le solite e anonime nere, ha invaso gli zaini e le tasche della maggior parte degli amanti dei lettori musicali portatili? 

La risposta è semplice: grazie ai tuoi neuroni specchio. 

Sono loro a permetterti di provare empatia. In pratica questi neuroni “rispecchiano” ciò che avviene nella mente della persona che osserviamo, come se fossimo noi stessi a compiere quell’azione. Essi rappresentano una parte fondamentale del nostro cervello, perché ci donano la preziosa facoltà di capire, condividere le emozioni e anche di imitare i gesti e le emozioni dei nostri simili.

Per entrare in empatia o in rapporto con qualcuno bisogna prima di tutto rispecchiarlo e assecondarlo. “Il simile attrae il simile, il simile ispira il simile, il simile rispecchia il simile”. A differenza di quello che dice l’oroscopo, non sono gli opposti ad attrarsi ma le persone che si somigliano.

I neuroni specchio sono stati scoperti nel 1992 da un neuroscienziato italiano, Giacomo Rizzolatti, e dal suo gruppo di ricerca dell’università di Parma, studiando il cervello di un macaco. 

Nell’esaminarne un settore della corteccia motoria dell’animale (chiamato F5), gli studiosi si resero conto, per puro caso, che l’area cerebrale non si accendeva solo quando la scimmia compiva l’azione di afferrare una nocciolina e mangiarla, ma anche quando osservava la stessa azione compiuta da qualcun altro, e non per forza un suo simile. La scoperta, infatti, avvenne grazie a uno dei ricercatori che, affamato, afferrò una nocciolina sotto gli occhi del macaco. 

Da un semplice gesto si è giunti a una grande scoperta. Differenti studi con tecniche di visualizzazione cerebrale hanno evidenziato che le regioni cerebrali che compongono il sistema dei neuroni specchio negli esseri umani sono essenzialmente le stesse di quelle della scimmia. 

La differenza sostanziale tra la scimmia e l’uomo è che nell’essere umano non è necessaria un’effettiva interazione con gli oggetti: i suoi neuroni specchio si attivano anche quando l’azione è semplicemente mimata – o immaginata.

I neuroni specchio sono quindi implicati nelle relazioni interpersonali in cui la caratteristica fondamentale è la capacità di ciascun individuo di conoscere e prevedere le azioni di un altro individuo, non tanto in base al suo comportamento quanto alle sue intenzioni non manifeste, a cosa sta progettando la sua mente. 

Questo sistema di rappresentazioni si potrebbe tradurre in espressioni quali “io so cosa pensi”, “io so cosa provi”, “io so cosa intendi fare”. La funzione specchio del nostro cervello, quindi, ci permette di immedesimarci nell’altro e di “sentire” e condividere lo stesso stato d’animo e le stesse emozioni, come il piacere e il dolore.

La funzione specchio di questi neuroni è un meccanismo che dimostra l’esistenza di una funzione evolutiva che mette in contatto noi e l’altro. Unifica le intenzioni e le azioni degli altri con le nostre, per cui ci dà una conoscenza anche e soprattutto esperienziale degli altri individui. In poche parole, l’essere umano non sarebbe programmato per l’aggressione e per la violenza, ma per la socialità, perché ha in sé una propensione innata all’empatia, una vera e propria pulsione empatica. 

La capacità di alcune parti del cervello umano di attivarsi alla percezione delle emozioni altrui, espresse con moti del volto, gesti e suoni e l’abilità di codificare istantaneamente questa percezione in termini “viscero-motori”, rende ogni individuo in grado di agire secondo un meccanismo neurale, per ottenere quella che viene chiamata “partecipazione empatica”. 

I neuroni specchio, quindi, offrono una base neurologica in grado di spiegare la capacità di ogni individuo di leggere le intenzioni degli altri e di apprendere la natura della loro esperienza. Ci dimostrano anche che, benché i meccanismi più ancestrali siano “settati” sulla paura e la difesa, vi sono altri meccanismi, altrettanto fondamentali registrati sulla costruttività, la positività, la relazione emozionale, l’empatia… 

Sappiamo che le nostre reazioni emozionali sono programmate per rispondere ai nostri istinti di sopravvivenza e riproduzione, ma sono anche un sistema di comunicazione interpersonale che suscita, come risposta, dei comportamenti precisi da parte dei nostri simili. 

Siamo perciò anche intensamente creature sociali, leggiamo letteralmente le menti degli altri e siamo tutti delle creature empatiche!

Dal Sito: aprilamente.info 



venerdì 12 ottobre 2018

Empatia, ecco come puoi parlare con chi sta soffrendo




Essere empatici: ecco alcuni suggerimenti per parlare nel modo giusto con chi sta soffrendo.

Può capitare di trovarsi nella situazione di dare man forte a un amico o a un familiare, che cerca conforto nelle nostre parole, dopo aver vissuto un’esperienza negativa.

Immedesimarsi nel suo stato di sofferenza, guardare dalla sua prospettiva significa essere empatici, ovvero sentire “con” l’altro. L’empatia è un’abilità sviluppata in quasi tutte le persone, seppure in maniera differente, ed è in grado di rafforzare i legami sociali.


Non è certo cosa da poco trovare le parole giuste per confortare chi abbiamo di fronte: sentiamo la sua sofferenza e cerchiamo di tirarlo su. Ci proviamo con tutte le nostre forze perché vorremmo alleviare quell’espressione sofferente che leggiamo nei suoi occhi. E magari, spontaneamente, cerchiamo di sottolineare che al di là della situazione negativa che gli sta arrecando dolore, ci sono tante cose belle nella sua vita e per cui vale la pena di mettere da parte i tristi momenti. Potrebbe sembrare la tattica giusta, ma non leggiamo nel suo volto quel guizzo di sollievo che avremmo voluto scorgere. Anzi, magari notiamo l’effetto contrario. Dove sbagliamo?

Secondo un noto psichiatra americano, Glen Gabbard, quando si entra in contatto con persone depresse, può risultare controproducente puntare il discorso sugli aspetti positivi della sua vita, piuttosto è bene rimarcare l’idea secondo cui, quella sofferenza ha senso che esista.

Nello specifico, quando parliamo con qualcuno che sta soffrendo è bene evitare, ad esempio, espressioni come “ma almeno…” e subito dopo presentare gli “aspetti positivi” della sua vita. Quello che recepisce l’altra persona è una sensazione di incomprensione, ovvero “sei triste perché vedi solo i lati negativi della tua vita”.

Al contrario, ecco quello che possiamo fare per essere empatici nei confronti dell’altro:
evitare ansia: ad esempio dire “meglio che ti prendi una pausa dal lavoro, un mio caro amico ha subìto un infarto”, è sbagliato. Una frase di questo tipo genera infatti ansia e sortirà un effetto negativo;
non giudicare: evitare di esprimere un giudizio netto è un’ottima tattica da adottare. In questo modo, l’altra persona non si sentirà sottoposta al nostro giudizio e avrà la sensazione di essere compresa;
accettare e stimolare chi si ha di fronte: ascoltare senza dare un giudizio è una carta vincente, ma a questo atteggiamento è bene alternare un’analisi del comportamento dell’altro, per cercare di capire cosa non va e cosa si potrebbe fare per migliorare la condizione attuale;
rivolgersi direttamente al proprio interlocutore: frasi come “sento che per te è un momento molto triste, ma so anche che hai tutte le carte in regola per potercela fare” può essere un valido spunto per intavolare la conversazione. Messaggi costruiti su misura della persona, aiutano infatti a esplorare le sue emozioni.


Dal Sito: dilei.it

giovedì 29 giugno 2017

La semplicità trasforma le persone comuni in esseri eccezionali


Abbiamo grandi sogni e progetti ambiziosi, ma ciò non significa che non possiamo abbracciare la semplicità. Ma in un mondo in cui il valore delle persone sembra dipendere da quello che hanno, piuttosto che da ciò che sono, dove spesso ci si preoccupa di più delle apparenze che dell'essenza, è facile cadere nella trappola dell’orgoglio, della vanità e della presunzione.

Tuttavia, non esiste migliore adorno per la nostra anima che l’umiltà. Infatti, la semplicità è il linguaggio del cuore, sono una forma di espressione diretta che non ha bisogno di artifici e permette di connetterci agli altri dalla nostra essenza, rendendoci autentici al 100%.

I rischi che nascondono l’orgoglio e l'arroganza

Una volta una rana si chiese come avrebbe potuto allontanarsi dal freddo inverno. Alcune oche gli suggerirono di emigrare con loro, ma il problema era che la rana non sapeva volare.

- Lasciatemi fare a me - disse la rana-. Ho un cervello straordinario.

In seguito chiese a due oche di aiutarla a raccogliere una canna, ciascuno avrebbe afferrato una estremità. La rana pensò di afferrare la canna con la sua bocca.

Quando l'inverno stava per arrivare, le oche e la rana iniziarono il loro viaggio. Ma non avevano ancora volato a lungo quando si trovarono a sorvolare una piccola città dove gli abitanti uscirono a vedere l’insolito spettacolo.

Qualcuno chiese: “Chi è che ha avuto un’idea così brillante?”

La rana si sentì così orgogliosa che esclamò:

- A me!

Nel momento preciso in cui aprì la bocca si staccò dalla canna e cadde nel vuoto.

Come per la rana della storia, l'orgoglio ci può portare a prendere decisioni sbagliate, senza pensare alle conseguenze. Infatti, l’orgoglio ci convince di avere ragione mentre gli altri hanno sempre torto. Ci porta a credere che solo le nostre idee siano logiche e razionali, in modo tale che non accettiamo nuovi modi di vedere le cose e terminiamo ingessati.

Orgoglio e arroganza fanno si che ci rinchiudiamo in ciò che abbiamo imparato trasformanodoci nei nostri carcerieri. Questo è confermato da uno studio condotto presso la Cornell University. Questi psicologi presentarono a 100 volontari un elenco di termini tecnici scoprendo che coloro che si credevano esperti del settore, non solo non erano in grado di riconoscere i termini fittizi che i ricercatori avevano inventato per depistarli, ma affermavano addirittura di sapere tutto al riguardo. Al contrario, le persone che adottarono un atteggiamento più umile e non pretesero di essere esperti del settore mostrarono scetticismo in merito a questi termini e riconoscevano di non conoscerli.

Questo studio dimostra che a volte il nostro ego ci acceca e ci impedisce di cogliere le opportunità di crescita e di imparare qualcosa di nuovo. Dimostra che se non alziamo gli occhi continueremo a credere di aver raggiunto il livello più alto.

7 vantaggi dell’umiltà e della semplicità che ci trasformeranno in persone migliori

1. Ci permettono di avere una maggiore flessibilità mentale. Se adottiamo un atteggiamento umile ci trasformeremo in eterni apprendisti. Questo significa che saremo sempre disposti ad ascoltare nuove idee e cambiare le nostre. In questo modo riusciremo a crescere, perché non resteremo legati alle nostre idee o modi di fare le cose, ma saremo aperti al cambiamento. Infatti, nella misura in cui coltiviamo la modestia, ci risulterà anche più facile imparare dagli errori e capire che questi sono necessari per crescere ed evolverci.

2. Ci liberano emotivamente. Fingere di sapere tutto può arrivare ad essere logorante. Così abbracciare l'umiltà e la semplicità è spesso liberatorio. Quando riconosciamo i nostri errori e limitazioni non stiamo mostrando debolezza ma piuttosto il contrario, dimostriamo sicurezza in noi stessi, che ci conosciamo bene e non abbiamo paura di riconoscere quando abbiamo fallito o che abbiamo bisogno d’aiuto. L’umiltà innalza, la superbia riduce.

3. Ci aiutano ad apprezzare i piccoli dettagli. L’orgoglio vuole sempre di più, non è mai soddisfatto. Al contrario, l'umiltà si accontenta e trova la felicità in quello che ha. La semplicità permette di concentrarci nei piccoli dettagli e scoprirne la bellezza, permette di sentirsi grati per quelle cose che adornano la nostra vita e che prima non valutavamo correttamente perchè le consideravamo scontate. Così abbracciare l'umiltà ci permette di essere felici qui e ora, ci aiuta a sentirci grati e soddisfatti di ciò che siamo e abbiamo realizzato.

4. Ci permettono di connetterci dalla nostra essenza. Semplicità significa anche liberarsi delle maschere sociali che usiamo normalmente nelle relazioni interpersonali. La magia consiste nel fatto che quando ci liberiamo della necessità di impressionare gli altri, ci mostriamo per quello che siamo, e questo ci permette di stabilire un legame emotivo più profondo con le persone intorno a noi. In questo modo, siamo in grado di sviluppare relazioni più autentiche, forti e durature.

5. Ci permettono di trovare serenità. È curioso ma, nella misura in cui diventiamo umili, ci abbandona il bisogno di discutere, imporre le nostre opinioni o avere ragione. Quando non abbiamo bisogno che il nostro ego prevalga, ci apriamo ad altri punti di vista e troviamo la serenità anche quando le credenze e le opinioni degli altri sono opposte alle nostre. Questo nuovo approccio nelle relazioni interpersonali ci farà ritrovare una grande serenità.

6. Ci aiutano ad essere più empatici. Solo quando lasciamo andare orgoglio e arroganza, quando smettiamo di alimentare il nostro ego, siamo in grado di abbandonare il nostro punto di vista e metterci nei panni degli altri. Pertanto, il percorso verso la semplicità ci aiuta anche ad essere più comprensivi ed empatici. Questo significa che possiamo capire una persona, condividere le sue preoccupazioni e sentimenti, anche se non siamo d'accordo con il suo modo di pensare.

7. Ci rendono la vita più facile. Quando finalmente ci rendiamo conto che “avere meno significa essere più ricchi” il nostro mondo diventa improvvisamente molto più semplice. Ci rendiamo conto che molte delle cose di cui credevamo avere bisogno, in realtà non sono necessarie per essere felici. Allora possiamo concentrarci su ciò che conta davvero, reindirizzare i nostri sforzi verso quelle cose che ci rendono felici e ci riempiono, quelle cose che danno veramente senso alla nostra vita, piuttosto che toglierlo.

Ricordate sempre le parole dello scrittore argentino Ernesto Sábato: “Per essere umili si necessita grandezza”.

Fonte:
Atir, S. et. Al. (2015) When Knowledge Knows No Bounds Self-Perceived Expertise Predicts Claims of Impossible Knowledge. Psychological Science; 26(8): 1295-1303.

Dal Sito: www.angolopsicologia.com