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venerdì 20 novembre 2020

Ipocondria: come combattere la paura delle malattie





Attualmente, nel linguaggio comune, il termine ipocondria risulta essere molto utilizzato per descrivere un disagio legato alla preoccupazione persistente ed eccessiva per il proprio stato di salute. Ma qual è il suo reale significato? E come si cura?

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Che cos'è l'ipocondria? Il significato del termine

L’origine etimologica di questa parola deriva dal greco ὑποχόνδρια e letteralmente significa sotto alla cartilagine del diaframma costale. Per gli antichi greci indicava infatti la parte addominale del corpo, le viscere, la sede dei sentimenti e delle passioni umane.

Ippocrate definiva l’ipocondria come un disordine dello stomaco e della mente senza distinzione tra la sfera corporea e quella psichica. Nella storia della medicina e della psichiatria, infatti, l’ipocondria non trova una classificazione univoca: per alcuni si tratta di un disturbo organico, per altri psichico. Emil Kraepelin, psichiatra e psicologo tedesco, verso la fine dell’800 suggerì una distinzione tra hypochondria cum materia, ovvero disturbo con sintomi reali ma esasperati, e hypochondria sine materia, disturbo senza alcuna base oggettiva.

Disturbo da sintomi somatici o da ansia di malattia?

Ad oggi in ambito psicologico, secondo la classificazione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-V), si parla di Disturbo da sintomi somatici e Disturbo da ansia di malattia, a seconda che vi sia o meno la presenza di sintomi.

Come si riconoscono i sintomi del Disturbo da ansia di malattia a differenza del Disturbo da sintomi somatici? La differenza tra le due tipologie di disturbo è molto sottile.

Il Disturbo da ansia di malattia non proviene principalmente dal sintomo quanto dall’ansia derivante dal senso, dal significato o dalla causa attribuita ad esso.

Secondo il DSM-V, per parlare di Disturbo da ansia di malattia devono evidenziarsi i seguenti criteri:

preoccupazione di avere o di poter contrarre una grave malattia;

assenza di sintomi somatici o presenza di essi in forma lieve;

elevato livello di ansia riguardante la salute;

controllo ripetuto del proprio corpo cercando segni di malattia o evitamento di eventuali visite mediche.

La preoccupazione per la malattia è presente da almeno 6 mesi, ma la specifica patologia temuta può cambiare nel corso del tempo.

Il Disturbo da sintomi somatici proviene, invece, dal sintomo che genera disagio comportando alterazioni significative nel quotidiano con livelli molto elevati di preoccupazione riguardo la malattia.

I criteri diagnostici identificati dal DSM-V per definire la presenza del Disturbo da sintomi somatici sono:

uno o più sintomi somatici che generano disagio o portano ad alterazioni significative nella vita quotidiana;

pensieri, sentimenti o comportamenti eccessivi correlati a sintomi somatici o associati a preoccupazioni relative alla salute, come pensieri sproporzionati e persistenti circa la gravità del proprio stato, livello costantemente elevato di ansia con eccessivo dispendio di energia.

La convinzione di essere sintomatici si protrae per più di 6 mesi con dolore predominante o persistente.

Quali sono i meccanismi psicologici legati all’ipocondria?

Chi soffre di ipocondria rivolge una costante attenzione alle proprie sensazioni corporee con lo scopo di identificare la malattia temuta. Le preoccupazioni riguardano le funzioni corporee come il controllo del battito cardiaco, le alterazioni fisiche di lieve entità come la presenza di una piccola ferita o sensazioni fisiche vaghe come percepire il cuore in affanno. È possibile che si manifesti una preoccupazione per un organo specifico o per una malattia.

Tendenzialmente l’ipocondria genera stati di angoscia ed ansia anche solo ascoltando qualcuno che si è ammalato o leggendo notizie legate alla salute.

Eventuali rassicurazioni successive a visite mediche o esami diagnostici specifici non diminuiscono lo stato di agitazione. Il dubbio insorge costantemente e spesso la persona tende a ricercare maggiori informazioni attraverso internet per avere delle prove che possano confermare le sue ipotesi.

Le relazioni sociali degli ipocondriaci sono spesso compromesse a causa della continua ricerca di confronti e pareri focalizzati sulle proprie condizioni fisiche. Lo stato di inquietudine può interferire anche con le prestazioni lavorative determinando una compromissione totale delle funzioni.

Quali sono le possibili cause dell'ipocondria?

Le ipotesi circa la natura di tale condizione sono molteplici. Sicuramente la predisposizione ad avere un’eccessiva preoccupazione per le malattie si può collegare alle esperienze pregresse della persona che ne soffre e dunque a storie negative e traumatiche legate alla salute di familiari e/conoscenti.

Anche la tendenza a mantenere il controllo pare sia connessa all’insorgenza di un quadro ipocondriaco.

Un aspetto particolarmente rilevante risiede nel rapporto con il proprio corpo percepito come fragile così come la propria identità.

La persona ipocondriaca tende ad avere un’immagine di sé caratterizzata da una debolezza non solo sul piano fisico, intesa come vulnerabilità alle malattie, ma anche come debolezza psicologica, difficoltà nel controllare e gestire le emozioni.

L’ipocondria si collega al timore ancestrale della morte e l’allontanamento delle fantasie avviene attraverso la messa in atto di comportamenti rassicuranti.

Segnali di stress, piccoli problemi gastrointestinali, palpitazioni, dolori muscolari, vengono interpretati negativamente generando un processo di autodiagnosi attraverso l’osservazione ossessiva dei sintomi riscontrati nel proprio organismo e visti come segnali di una grave malattia.

La mancanza di consapevolezza riguardo la natura psicologica del problema comporta infatti una continua ricerca di spiegazioni che non si riveleranno mai abbastanza rassicuranti. Anche dopo un’accurata valutazione medica che attesta l’assenza di una patologia, la preoccupazione permane.

Quanto incide il momento storico nell’insorgere di questa condizione?

L’attuale periodo correlato alla presenza del Coronavirus comporta l’insorgenza di molteplici fattori di stress psicologico:

la paura di essere contagiati;

la paura di perdere i propri cari e di sentirsi impotenti;

la paura di poter essere portatori del virus e dunque responsabili di infettare gli altri;

la paura di aver contratto il virus in presenza di sintomi influenzali simili a quelli del Covid-19;

la paura di contrarre il virus all’interno di strutture sanitarie;

il timore di essere esposti a lutti improvvisi.

L’attenzione in questo caso non è rivolta al sintomo in quanto tale, ma alle possibili conseguenze. L’ipotesi di contrarre il Coronavirus genera un’angoscia costante che determina l’osservazione di sintomi e segnali fisici preoccupanti legati al virus e la messa in atto di comportamenti ossessivi per esercitare un controllo sul proprio corpo, come ad esempio misurare continuamente la temperatura.

Il processo psicologico alla base di questo meccanismo è rappresentato dal dubbio costante di aver contratto il virus seguito poi dall’immaginazione di scenari tragici, catastrofici.

Le tentate soluzioni messe in atto comportano la continua ricerca di rassicurazioni attraverso strategie fallimentari che aumentano la messa in atto di comportamenti ipocondriaci quali visite specialistiche, confronti o ricerca di informazioni in rete (cybercondria), un circolo vizioso di osservazione, controllo ed amplificazione dei sintomi.

Tra i più preoccupanti effetti sembra esserci l’insorgenza della mesofobia ovvero la paura patologica ed irrazionale nei confronti di ciò che rappresenta una potenziale fonte di contaminazione, infezione e malattia.

La linea di demarcazione tra ciò che è sano e ciò che risulta patologico è davvero molto sottile ed esiste sia una percentuale di persone precedentemente compromesse a causa di un disturbo ossessivo compulsivo, che una percentuale di nuovi casi.

Inoltre pur volendo effettuare delle distinzioni, le autorità sanitarie in questo preciso momento storico tendono a comunicare quanto sia fondamentale rispettare le norme igieniche con scrupoloso rigore. Di conseguenza è nell’equilibrio e nella moderazione delle azioni da mettere in atto che si evidenzia una differenza rispetto all’insorgenza di una vera e propria ossessione.

La pandemia ha influito moltissimo sull’aumento di questo fenomeno innalzando la soglia di ansia e preoccupazione. La condizione psicologica vissuta è caratterizzata da una profonda sofferenza e spesso ne consegue il senso di alienazione ed isolamento.

Quali sono le strategie per combattere l’ipocondria?

Il trattamento dell’ipocondria richiede un equilibrio e un’integrazione di più interventi sia di tipo psicoterapico che farmacologico, ma l’aspetto più prezioso risiede nel coraggio di poter chiedere aiuto. I meccanismi alla base del processo patologico sono complessi e affidarsi ad un professionista è essenziale. 

La psicoterapia è certamente un’efficace forma di intervento, un percorso verso la consapevolezza e il cambiamento con l’obiettivo di individuare e rompere lo schema mentale alla base dell’ipocondria, evitando il rischio di comorbidità con altre diagnosi.

Grazie anche alle nuove tecnologie, seguire un percorso di psicoterapia per superare la paura delle malattie è diventato ancora più semplice e accessibile. Si parla sempre più spesso, infatti, di psicoterapia online: un servizio di telemedicina che, a differenza della terapia tradizionale, avviene virtualmente e dunque in totale sicurezza.

Dal Sito: paginemediche.it

sabato 22 agosto 2020

Nell'ipocondriaco un doloretto diventa un malanno, ma è sempre uno stato di sofferenza




L'ipocondria è una vera e propria patologia che si ritrova in chi abbina un piccolo dolore a una grande malattia, nei grandi consumatori di riviste mediche, nella consultazione di migliaia di pagine e siti internet con domande e risposte sulle sindromi più improbabili. Circa il 20 - 30% delle persone sane presentano periodicamente preoccupazioni eccessive sul proprio stato di salute e dal 30 all'80% di chi si rivolge al medico, lamenta sintomi che non hanno riscontri obiettivi. Ma è sempre uno stato di sofferenza.

La malattia colpisce in eguale misura uomini e donne e così pure per l'età. Esistono dei fattori che possono incrementare il rischio di sviluppare l'ipocondria, come l'aver avuto un problema di salute importante nella infanzia, parenti affetti da patologie gravi o la morte di una persona cara.

La gravità del disturbo è direttamente proporzionale al grado di convinzione di essere in pericolo di vita, cioè strettamente legato al modo di interpretare il proprio stato di salute e al significato che si attribuisce alle sensazioni corporee.

La diagnosi di ipocondria, non è facile; chi ritiene di essere ammalato nel fisico, accetta con grande difficoltà di soffrire nello spirito.

Nessun trattamento psichiatrico dovrebbe essere iniziato prima di aver escluso malattie fisiche. Il fulcro generale dell'ansia per la salute nasce dalla preoccupazione di avere una malattia fisica e di essere in pericolo di vita, quindi è abbastanza normale aspettarsi una certa incredulità nei confronti di un trattamento che ha lo scopo di interrompere la preoccupazione.

L'ipocondria si cura e sono disponibili terapie efficaci, sia farmacologiche che psicoterapiche. I dati più significativi si riferiscono alle terapie ad orientamento cognitivo comportamentale che dovrebbero essere considerate di prima scelta.

La patologia, in una diversa gradualità di forme e sintomi è molto diffusa. Spesso, alcune persone tengono le medicine in uso, nelle tasche, oppure, riforniscono spazi nei mobiletti di casa di ampie forniture di farmaci, di vario genere, tenuti per affrontare eventuali necessità o emergenze!

"Il malato immaginario" di Molière (Jean Baptiste Poquelin, drammaturgo francese) è un concentrato di paradossi terapeutici e assurdità farmacologiche, perché Argante, il protagonista, credulone beffato, un uomo ricco che vive circondato da medici e farmacisti imbroglioni e che si crede perennemente malato, in realtà, non soffre nel fisico, ma nell'animo. La sua patologia si chiama "male di vivere" e proprio la maniacale ricerca di conferme alla gravità al proprio stato di salute è a suo modo patologica e molti guardano all'ipocondriaco come ad un malato immaginario - spiegano gli psichiatri e psicoterapeuti.

La realtà è invece molto diversa: l'ipocondria determina un reale stato di sofferenza, però, mentre il soggetto lo attribuisce alla presenza di un disturbo organico, il problema ha una origine prevalentemente psicogena e si può parlare di un disturbo d'ansia per la salute.

L'Argante di Molière evidenzia che le malattie, anche quelle solo immaginarie, indeboliscono il fisico e alleggeriscono le tasche...Il rimedio consiste nel coraggio della realtà, nell'amore di parenti affezionati e veri amici.

In letteratura sono celebri gli eccessi del pianista canadese Glenn Gould che, ossessionato dai germi, vestiva pesante anche d'estate e non stringeva la mano a nessuno. Il biologo Charles Darwin conviveva con attacchi di panico e disturbi gastrici attribuiti ad un parassita tropicale.

Florence Nightingale, subì gli effetti di un misterioso virus contratto in Crimea, la cosa non gli impedì di vivere 90 anni, ponendo le basi dell'Assistenza infermieristica moderna.


Dal Sito: ilpiacenza.it

martedì 11 febbraio 2020

Ipocondria, perché nasce la paura di essere malati




L'ipocondriaco vive nel terrore di avere gravi malanni e a nulla servono le rassicurazioni mediche. La terapia mira a restituire il giusto peso ai segnali del corpo. Ne parliamo con la psicoterapeuta Lucia Montesi.
L’ipocondria è la preoccupazione di avere o di contrarre una malattia grave. Ogni piccolo malessere o sensazione corporea inusuale sono interpretati come segno di qualche grave patologia, spingendo a consultare  specialisti e a sottoporsi ad esami che però procurano un sollievo di breve durata: accantonato un sintomo, presto se ne ripresenta un altro e ricomincia il pellegrinaggio dai medici, in cerca di una rassicurazione impossibile da ottenere. In altri  casi, all’opposto, la persona rifugge dalle visite mediche per la paura di una conferma negativa e si sottrae così a controlli ed esami anche quando sarebbero opportuni.

La caratteristica del disturbo è proprio l’impossibilità di essere rassicurati: malgrado pareri medici anche autorevoli, la persona continua a dubitare: e se il medico si fosse sbagliato? E se non fosse esperto della sua problematica? E se la sua fosse una patologia rara o sconosciuta? 

L’attenzione è focalizzata sul proprio corpo, che viene controllato di continuo nel tentativo di identificare la malattia e controllarne l’evoluzione. Anche sensazioni fisiche innocuecome un battito cardiaco leggermente accelerato o un movimento intestinale legato alla digestione, sono ingigantite e viste come espressione di una malattia sottostante. La persona ipocondriaca si allarma facilmente, anche sentendo altri parlare dei loro disturbi o ascoltando notizie relative alla salute.

Attualmente, in realtà, il termine “ipocondria” continua ad essere usato solo nel linguaggio comune, mentre in psichiatria è stato sostituito da due diverse etichette diagnostiche: il disturbo da ansia di malattia e il disturbo da sintomi somatici. Il disagio può infatti manifestarsi in due forme: ansia di avere una malattia, ma senza presentare particolari sintomi fisici, oppure ansia collegata a dei sintomi fisici effettivamente presenti, ma sproporzionata rispetto alla loro gravità. In ogni caso, il disagio sperimentato non dipende dal sintomo in sé, ma dall’ansia derivante dal significato che gli viene attribuito.

Le relazioni affettive e sociali possono essere compromesse, perché la persona ipocondriaca spesso si rivolge a familiari e amici lamentandosi, facendo dei propri disturbi il centro della conversazione e chiedendo una rassicurazione che peraltro ha vita breve, fino al nuovo dubbio. Può aspettarsi una considerazione speciale dagli altri, che possono reagire con irritazione, stanchi che tutto debba ruotare intorno ai problemi di salute “immaginari” del soggetto: perché è così che viene infine percepito, un malato immaginario che scoccia gli altri pur non avendo nulla. Ogni invito a considerare una spiegazione psicologica per il suo malessere è violentemente respinto; tipicamente, una persona ipocondriaca rigetta l’ipotesi che i suoi disturbi possano, anche solo in parte, avere natura psicologica e insiste nel cercare una causa e un rimedio di tipo medico.

Perché si diventa ipocondriaci? In alcuni casi il disturbo insorge in seguito a esperienze di malattia personali o familiari, in altri è collegato a certe caratteristiche stabili della personalità, come la tendenza al controllo e il percepirsi deboli e vulnerabili. L’ipocondria, attraverso i tentativi di tenere sotto controllo il corpo e le malattie, rappresenta anche una difesa dalla paura della morte. Può essere anche un modo per attirare l’attenzione su di sé, per essere protagonisti, o invece per evitare di assumersi responsabilità, grazie all’alibi della malattia. Può essere una modalità indiretta di esprimere aggressività, “ammorbando” gli altri con le proprie lamentele e richieste di rassicurazioni che però vengono sistematicamente rifiutate.

Il trattamento psicologico può essere di difficile attuazione perché la persona ipocondriaca per definizione rigetta l’ipotesi di una spiegazione psicologica del suo malessere, oppure la accetta in parte ma raramente ne è davvero convinta. La psicoterapia (soprattutto quella di tipo cognitivo-comportamentale, particolarmente efficace) favorisce  la consapevolezza e l’abbandono di pensieri e comportamenti rigidi e disfunzionali: ad esempio, la convinzione che smettere di preoccuparsi anche per poco tempo sia pericoloso, la tendenza a svalutare i pareri medici, l’attenzione selettiva solo per certe caratteristiche dei sintomi tralasciandone altre, il controllo continuo delle sensazioni corporee, la tendenza a sovrastimare la pericolosità  di sensazioni innocue,  l’evitamento di attività temute come pericolose.

Alcune indicazioni utili prevedono di non discutere delle proprie paure con altri, perché c’è il rischio di ottenere ulteriori informazioni su malattie alimentando altre paure; non rivolgersi agli altri per avere rassicurazione, perché questo alimenta la convinzione di essere incapaci e vulnerabili; evitare di cadere nel circolo delle visite e degli esami medici; imparare a dare interpretazioni alternative e meno drammatiche alle sensazioni corporee; smettere di cercare informazioni su Internet e affidarsi a un solo medico.

La psicoterapia aiuta inoltre la persona ipocondriaca a rinunciare a un controllo illusorio sulla malattia e la morte, accettando che questi eventi sono inevitabili e imparando a vivere tollerando il rischio connaturato all’esistenza. Da un punto di vista relazionale, permette di trovare modalità più adeguate e sane per richiedere attenzione, per suscitare interesse o sollecitudine, per esprimere aggressività.

Dott.ssa Lucia Montesi

Dal Sito: centropagina.it

giovedì 13 giugno 2019

Ipocondria: come combatterla e come aiutare un ipocondriaco

Come si combatte l'ipocondria? E come possiamo aiutare un ipocondriaco a superare la malattia?


Ipocondria: cos'è e quali sono i sintomi

"Quell’agente patogeno, mille volte più virulento di tutti i microbi, l’idea di essere malati." (Marcel Proust)

Ipocondria come combatterla? Per prima cosa dobbiamo tutti metterci in testa che è una malattia. Che si presenta per cause ben precise e sintomi che non dobbiamo mai sottovalutare. E poi dobbiamo chiederci come aiutare un ipocondriaco: sia un nostro famigliare, ma anche un nostro amico o un collega di lavoro.

L'ipocondria è una malattia che colpisce quelle persone che vivono in ansia la propria salute. La patologia si presenta attraverso il disturbo da sintomi somatici e il disturbo da ansia da malattia. Nel primo caso il paziente sente di provare dei sintomi che associa a particolari malattie, mentre nel secondo caso ha paura di ammalarsi. E poi esiste anche la cybercondria o ipocondria digitale, l'ansia che deriva dall'abitudine di cercare online informazioni sulle malattie.

Il disturbo da sintomi somaticicolpisce tra il 4 e il 6% della popolazione. Quali sono i sintomi da tenere d'occhio? 

L'ipocondriaco è sempre attento a monitorare le sue condizioni di salute, in ogni momento della giornata.

L'ipocondriaco cerca in rete e sui libri informazioni inerenti al disturbo, riconoscendosi in malattie che non sono quelle di cui soffre.

Cerca confronti e pareri, ma anche rassicurazioni.

Va spesso dal medico, da specialisti, fa esami che non sempre sono necessari.


Mentre i fattori di rischio che aumentano le possibilità di essere ipocondriaci sono i seguenti: 

scarsa scolarizzazione

storia famigliare di malattie croniche

storia di abusi sessuali o altri traumi

donne

storia di malattia cronica nell'infanzia

basso livello socioeconomico

presenza di disturbi fisici o psichici


Come curare l'ipocondria e aiutare chi ne soffre

Chi soffre di ipocondria può essere aiutato con trattamenti psicoterapici o con farmaci. La psicoterapia cognitivo-comportamentale è sicuramente consigliata, proprio come i farmaci di modulazione della neurotrasmissione serotoninergica, anche se questi ultimi non sono privi di effetti collaterali che devono comunque essere tenuti in considerazione.

Per aiutare un ipocondriaco, ecco i consigli degli esperti: 

non rimproveratelo, non umiliatelo, perché il disturbo è reale

incoraggiatelo a seguire un percorso terapeutico

no ai test fai da te per calmare l'ansia 
non sminuite le sue preoccupazioni, ma parlate con loro

evitate che si rinchiudano in sé stessi

Dal sito: scienzaesalute.blogsfere.it

martedì 27 novembre 2018

Chi è il paziente immaginario o ipocondriaco?



Il paziente ipocondriaco assume di essere debole, sia sul piano fisico, per la facile stancabilità e vulnerabilità alle malattie, sia sul piano psicologico per la difficoltà a controllare preoccupazioni, ansia e paura di impazzire, che egli stesso considera esagerate ma da cui teme di essere sopraffatto. Qualcosa di simile accade in chi soffre di soli attacchi di panico. Sia nell’attacco di panico che nell’ipocondria la persona ha una percezione riguardo a sé e una riguardo alla realtà.

In entrambi i disturbi le persone hanno un’immagine di sé come fisicamente vulnerabili ed entrambe tentano di esercitare un controllo sulle proprie reazioni fisiologiche spontanee: o cercando informazioni su di esse o evitando, sia in modo passivo, senza più frequentare le fonti di disagio, sia in modo attivo, facendosi accompagnare verso di esse da un figura di cui si fida, come accade specificamente per l’attacco di panico con agorafobia. Tuttavia, mentre nell’attacco di panico le strategie di controllo funzionano, nell’ipocondria falliscono il tentativo di rassicurazione. Quindi, una prima questione per capire l’ipocondriaco è domandarsi: perché la credenza di essere malato è particolarmente resistente alle disconferme e al cambiamento nonostante si abbiano le competenze cognitive e le informazioni utili a contraddirle? Le ragioni vanno ricercate in fattori strettamente cognitivi come quelli

 strutturali: la credenza di essere persona debole nell’ipocondriaco è molto credibile-sostenuta storicamente dalle esperienze di apprendimento ed attaccamento-, ed epistemicamente importante (Castelfranchi, Miceli, 1995)

 funzionali: il pregiudizio confirmatorio, l’ancoraggio, la rappresentabilità, e la manipolabilità attraverso i copioni agiscono nel mantenimento delle credenze nucleari

 interattivi: si tratta di due particolari tipi di circoli viziosi ( Salkovskis, 1996). Il primo parte dallaper cezione della minaccia che incrementa risposte fisiologiche di difesa e attiva sensazioni che sono interpretate come conferma di malattia. Il secondo invece parte dai comportamenti di controllo, fare analisi ematiche ad esempio può costringere la persona a digiunare e questo indurre di nuovo sensazioni di debolezza e vulnerabilità, lette come condizioni preliminari e prodromiche della malattia temuta. Oppure se alla richiesta di prescrizioni di accertamenti specialistici il medico collude col paziente e ne aggiunge altre, più di quelle richieste e necessarie, il paziente interpreta tale collusione e prudenza del medico come prova di possibile conferma di malattia.

 motivazioniali. L’ipocondriaco avrebbe lo scopo di non essere debole, non essere malato, e adottare una regola prudenziale di responsabilità (Mancini, 1998). Poiché i primi due scopi sono rappresentatati nella mente dell’ipocondriaco in modo negativo, come assenza di un male piuttosto che come stato definito di benessere da raggiungere, ne deriva in primo luogo l’assenza dei segnali minimi entro i quali potersi rassicurare circa la propria salute e poter cambiare la credenza di essere debole e malato; in secondo luogo un alto costo di dispendio di energie con ricadute sullo stato psicofisiologico e la riattivazione di uno dei circoli viziosi di mantenimento; in terzo luogo ne deriva l’ultimo degli scopi citati, che consiste nell’adozione di una regola prudenziale, così severa da dover garantire i primi due scopi, cioè non essere debole e non ammalarsi. La regola prudenziale tenta di fare prevenzione attraverso la previsione di scenari negativi e attraverso il meccanismo del pensiero magico, per il quale avere presenti i pericoli non solo tiene alta la guardia ed implica la possibilità di prevenire ma è già di per sé è una prevenzione che azzera tutti i rischi. La regola prudenziale è attivata a sua volta anche dall’alta attenzione selettiva e sensibilità per i sintomi, che ne aggrava la percezione di pericolosità e dalla loro disfunzionale interpretazione. La responsabilità della prudenza che impedisce di accettare qualunque rischio è particolarmente presente, nei casi di ipocondria con temi ossessivi.

La percezione che riguarda la realtà invece differisce nei due disturbi. Nell’ipocondria essa riguarda lo stato di incertezza circa la salute contingente e futura, l’impatto futuro di sintomi, percepiti già come altamente pericolosi, l’evoluzione di un’eventuale malattia oggettivamente dichiarata e l’affidabilità delle fonti di rassicurazione, cioè degli accertamenti medici e dei pareri di familiari, che non bastano mai. Nell’attacco di panico invece la percezione della realtà è connotata da un senso catastrofico di pericolo e di minaccia imminenti, sia interni (‘’ho un giramento di testa, un aumento della frequenza cardiaca.. e sicuramente non lo reggerò..non avrò le forze per resistere..svenirò..impazzirò’’) che esterni (‘’ mia moglie ha avuto una diagnosi di cancro, rischio di vederla soffrire o perderla e potrei non riuscire a sopportare il suo dolore o a separarmi da lei’’), sia reali- (se per esempio in presenza di un reale fortissimo mal di testa che mette a rischio la stabilità fisica o se davvero l’ipotetico coniuge ha una diagnosi di cancro che rischia di riformulare la qualità di vita di entrambi)-, che supposti – (se per esempio si immagina che il coniuge possa avere un cancro o che il paziente stesso possa avere un cancro perché una cognata o un fratello o il migliore amico hanno appena avuto una diagnosi di cancro). Inoltre, poiché l’ipocondria è sostenuta dall’incertezza, l’emozione che si associa è prevalentemente l’ansia, invece nell’attacco di panico, sostenuto dalla percezione reale o soggettiva di pericolo e minaccia imminente, l’emozione prevalente associata è la paura. L’ipocondriaco tenta perciò di gestire l’ansia prevalentemente tramite accurate ricerche di informazioni sullo stato di salute, sull’evoluzione della malattia e sull’accuratezza degli accertamenti e terapie, mentre colui che soffre di attacco di panico tenterà di gestire la paura prevalentemente allontanandosi dalla fonte di pericolo, quindi evitando di esporsi ad essa o facendosi accompagnare ad essa. Tuttavia, mentre l’evitamento previene la paura dell’attacco di panico, cioè la paura della paura, ma non risolve e anzi mantiene attivi i meccanismi che generano l’attacco di panico in sé, invece la ricerca delle informazioni e la rassicurazione che l’ipocondriaco riceve sullo stato di salute non permette alcun vantaggio, perché il dubbio persiste. Si può sostenere che il dubbio ipocondriaco, dando per assodato il costrutto di vulnerabilità personale, abbia la funzione di controllare e prevenire la probabilità di eventi avversi futuri o di immediato futuro, ma non contingenti, riguardo la propria salute, percepiti come molto minacciosi per i propri scopi .

E’ un dubbio che lavorando in assenza di fatti nel tentativo di anticipare i fatti, senza mai incontrarli, non può trovare certezze e rassicurazioni e finché non li incontra non può probabilmente neanche mitigarne l’impatto altamente temuto.

Ciò farebbe pensare ancora una volta ad una non accettazione dei rischi di malattia, come già sosteneva Mancini (1998), e della malattia in sé, di cui chi ha una malattia reale è fattualmente costretto a prendere atto e chi ha un attacco di panico vive come soggettivamente o oggettivamente imminente ma non come rischio lontano da prevenire.

Va infine aggiunto che la resistenza al cambiamento della credenza di essere debole e malato e all’accettazione dei rischi e dell’eventuale malattia rimane tale anche quando il paziente sia consapevole dell’esagerazione delle proprie preoccupazioni e ne faccia autocritica. Infatti, l’autocritica, poiché non è orientata a smontare i contenuti della credenza in sé ma al fatto di essere esageratamente ansiosi preoccupati e impauriti, ha come effetto paradossale di riconfermare l’idea di debolezza e vulnerabilità personale, che rimane quindi fra tutte la credenza cruciale su cui lavorare.




Dal Sito: tagmedicina.it

L'ipocondriaco è un malato, anche se immaginario: come vincere la paura di ammalarsi



L'ipocondria è la paura di ammalarsi che fa "ammalare" chi ne soffre: l'intervista alla psicologa Annalisa Bello.

La paura di ammalarsi può diventare una malattia che a sua volta può far “ammalare” anche i bilanci familiari. Ipocondria, nel termine popolare di derivazione greca, indica un dolore sotto la fascia addominale: è un disturbo conosciuto anche dagli antichi, che i medici chiamano “patofobia” (paura della malattia). Oggi l’ipocondria si è evoluta nell’angoscia di contrarre tutta una serie di malattie. L’ipocondriaco passa intere giornate a controllarsi, fare esami e visite specialistiche: l’atteggiamento può diventare maniacale e ossessivo tanto da avere delle ricadute pesantissime sulla propria qualità di vita. Chi è afflitto da questo disturbo si allarma quando sente parlare di malattie e si preoccupa di poter contrarre la stessa malattia che è capitata a qualcuno dei suoi conoscenti. Nella comèdie-ballet di Molière l’ipocondriaco Argante si circonda di medici inetti e furbi farmacisti contenti di alimentare le sue ansie per trarne vantaggio economico. Il protagonista è prigioniero della sua paura tanto da stravolgere anche le vite di chi gli sta intorno (vuole maritare la figlia con un medico). E’ l’ironico affresco teatrale di un problema che era molto conosciuto anche nel ‘700.

Alcuni eventi potrebbero aver stravolto la vita di chi matura questo disturbo tanto da convincerlo che da un momento all’altro potrebbe contrarre una terribile malattia. I sintomi più ricorrenti sono dolori gastrointestinali, muscolari e palpitazioni. Spesso l’ipocondriaco non si fida fino in fondo del proprio medico e anche quando i sintomi sono legati a una lieve patologia immagina che si tratti sempre di qualcosa di più grave. Spesso questa forma di nevrosi è collegata a un disturbo d’ansia: nelle forme più gravi si può arrivare anche a deliri e allucinazioni. Dunque, il consiglio è sempre quello di non sottovalutare mai le nostre angosce: meglio affrontarle con un bravo psicologo. La patofobia non è altro che un disturbo psichico paragonabile alle malattie psicosomatiche. La fascia maggiormente colpita da questa malattia e quella dei quarantenni e cinquantenni: si tratta del 2 per cento della popolazione.


INTERVISTA ALLA DOTTORESSA ANNALISA BELLO, PSICOLOGA E PSICOTERAPEUTA


Quando si parla d’ipocondria non si può che pensare al “malato immaginario” di Molière. Ma in realtà si tratta pur sempre di un disturbo: quindi, un po’ si è malati davvero?

“L’ansia per la salute è una condizione di disagio caratterizzata da una preoccupazione eccessiva e infondata riguardo la propria salute, tanto che qualsiasi sintomo fisico, anche lieve, viene interpretato come segno di patologia. Pertanto, si associa a un importante stato di sofferenza al pari di altri disturbi di interesse organico”.

Come si diagnostica l’ipocondria? Quando c’è la certezza di essere affetti da questo disturbo? Quali sono i segnali?

“Per porre diagnosi in tal senso è necessaria la presenza di alcuni marker quali, ad esempio, la preoccupazione di avere o contrarre una grave malattia. Per ciò che concerne la presenza di sintomi somatici, si tratta, quando presenti, di sintomi di lieve intensità. Nel caso in cui, invece, è presente un’altra condizione medica o vi è un rischio elevato di svilupparla, la preoccupazione risulta eccessiva o sproporzionata. Si riscontra, inoltre, un sostenuto livello di ansia riguardante la salute e un alto livello di allarme su questi temi che portano l’individuo a mettere in atto eccessivi comportamenti correlati alla salute, come controllare di continuo il proprio corpo alla ricerca di segni di malattia piuttosto che, specularmente, evitare visite mediche e ospedali”.


A quali conseguenze porta l’ipocondria? I danni si limitano solo al portafoglio o c’è molto di più?


“Immaginiamo di avvertire dei bruciori di stomaco da qualche giorno e allarmarci pesantemente al pensiero di poter avere un tumore allo stomaco tanto da cercare immediatamente impegni piuttosto che controllare continuamente il nostro corpo alla ricerca di sospetti sintomi. Chi lamenta questo tipo di problematica è letteralmente tormentato dalla preoccupazione di avere o contrarre una grave malattia. Risulta così facilmente evincibile immaginare come, oltre al dispendio di risorse economiche dissipate in continue visite specialistiche, l’ansia per la salute, implica un netto peggioramento della qualità della vita: compromette la sfera lavorativa, relazionale, scolastica. Si cercano continuamente rassicurazioni on-line compromettendo le attività quotidiane e gli impegni”.

Cosa c’è, invece, dietro l’ipocondria? È un’ansia dovuta a un trauma o cosa? Quali sono le cause?


“Non vi è un’unica causa, piuttosto si possono individuare nella storia di vita di persone che ne soffrono eventi che ricoprono una particolare salienza episodica ed emotiva: come la presenza di una malattia che ha messo a repentaglio la vita dell’individuo e delle persone a lui care può scatenare la comparsa del disturbo. Oppure, anche un’infanzia difficile o traumatica può predisporre una persona a sviluppare tale disturbo”.


Alcuni medici di base spesso sono pigri: prescrivono medicinali anche agli ipocondriaci speranzosi in un effetto placebo. Forse bisognerebbe indirizzare il paziente dallo psicologo: dovrebbero imparare a farlo in primis i medici di base, oppure gli specialisti a cui si rivolge il paziente, vero?


“Considerando l’elevata incidenza della psicopatologia nella popolazione, sarebbe auspicabile un approccio multidisciplinare per accogliere le richieste dei pazienti che quotidianamente popolano gli ambulatori della medicina di base, avvalendosi della figura dello psicologo a vantaggio del paziente e della spesa pubblica sanitaria”.


Come si cura l’ipocondria? Come si vince questa grande paura di morire? Ci sono diverse scuole nell’ambito della psicologia: qual è la più efficace nella cura di questo disturbo, secondo lei?


“Per ciò che riguarda il trattamento psicologico, la psicoterapia ?cognitivo-comportamentale è ritenuta a oggi la forma di intervento più efficace per affrontare con successo il disturbo d’ansia da malattia”.

Possono esserci malati veri che hanno comunque un disturbo di ipocondria?


“Assolutamente, sì. Oltretutto, la presenza di una malattia organica potrebbe aggravare e alimentare la preoccupazione verso il proprio stato di salute, alimentandone il disturbo”.




Gaetano Gorgoni




Dal Sito: leccesette.it

venerdì 2 febbraio 2018

Perchè la paura delle malattie


La paura delle malattie, meglio definita come ipocondria, è il timore infondato di avere malattie gravi non diagnosticate. Questa ipersensibilità ai segnali che provengono dal corpo nasconde invece una sorta di minaccia di punizione per una colpa inconscia, che è quella di vivere in una condizione di interminabile apparenza. Ma vediamo meglio cosa vuol dire.

Un individuo soffre di questa paura se…

Evidenziamo quali sono le caratteristiche di chi soffre di ipocondria:

Ha costantemente il timore di potersi ammalare.

Ne ha sempre una e non si sente mai in forma e in uno stato di benessere.

Avverte spesso sintomi e doloretti strani.

Nessuna visita medica o esame specifico lo convince o lo rassicura.

Avverte anzi l’esigenza di consultare più di un medico e di fare analisi più che approfondite.

A ogni sintomo cerca notizie e fa continuamente autodiagnosi.

Quando sente parlare di qualche malattia se ne sente addosso i sintomi.

Ipocondria: paura di morire o paura di vivere autenticamente?

Come ho già messo in evidenza in altri articoli sul tema della paura, una fobia è la paura e l’ansia di fronte a qualcosa che sta per qualcos’altro. Si ha paura di una certa cosa, eppure il vero oggetto della paura è un’altra cosa che è il referente (l’oggetto riferito) della prima. Ciò accade naturalmente sia per nascondere il vero oggetto che fa paura, perché può essere molto doloroso prendere consapevolezza di questa paura, sia perché l’oggetto della paura è in realtà un simbolo che ha la funzione di rappresentare una molteplicità di eventi e vissuti riconducibili all’oggetto di cui si ha effettivamente paura.

Nel caso dell’ipocondria, la paura di dover morire fa sentire più acutamente le contraddizioni della vita e quindi il non-vissuto, il non avere ancora realizzato, Più semplicemente: “la paura di morire mi fa percepire che non ho ancora realizzato me stesso, che non ho espresso chi sono veramente”. Per questo motivo ho paura di morire prima di aver compiuto, realizzato pienamente la mia vita.

Il non avere realizzato mette fretta. Per cui l’imminenza della morte (sempre in agguato) sta in un rapporto prediletto con l’individuazione, che vuol dire realizzare pienamente se stessi (auto-realizzazione di Jung). Mediante l’idea della morte, infatti il soggetto può non più mentire a se stesso, fino ad aprirsi alla coscienza dei propri autentici bisogni e desideri. In questo senso, il pensiero della morte può possedere un intrinseco significato positivo di svelamento, di espressione autentica di se stessi.

Ripartire da se stessi

Solitamente, senza l’aiuto e il sostegno di un percorso psicoterapeutico, non è facile mettere in evidenza questo conflitto che è alla base dell’ipocondria: paura di morire vs. paura di vivere autenticamente. Attraverso un lavoro interiore si giunge a comprendere le cause, la natura, le funzioni, i bisogni che soddisfano ognuna di queste parti in conflitto. Solo dopo è possibile l’accettazione e l’attuazione di una trasformazione.

E’ utile quindi Imparare ad accogliere il sintomo con meno paura e curiosità, come la visita inattesa di un amico. Ci sta dicendo qualcosa di noi. Superare una paura vuol dire accedere a una nuova consapevolezza, riuscire a fare nostri gli aspetti di noi che rifiutiamo, accettare ciò che ci sembra inaccettabile. Quando una paura scompare, vuol dire che dentro di noi qualcosa è accaduto: abbiamo acquisito una nuova sicurezza e abbiamo fatto un gradino nel nostro percorso di crescita.

Cristiana Milla, psicologa e psicoterapeuta. 

Dal Sito: quipsicologia.it 



venerdì 21 luglio 2017

Ipocondria: come riconoscerla e curarla


L’ipocondria è, in sostanza, la paura ossessiva di essere malato, di essere minati da una malattia grave che si ritiene di avere per colpa di una errata interpretazione delle sensazioni corporee.

Detto in maniera molto succinta questa è l’ipocondria, mentre invece si tratta di un disordine, o sarebbe meglio dire, ossessionemolto più complessa.

Perchè si possa parlare di ipocondria, questo disturbo deve perdurare per almeno sei mesi, in assenza di una vera e reale patologia, senza che vi siano altresì concomitanti disturbi di ordinepsicologico o neurologico.

In effetti il nostro corpo è una entità rumorosa, che continuamente invia dei segnali o dei messaggi con in quali ci informa del suo stato di salute.

L'ipocondriaco, in definitiva, ha una percezione errata di tali messaggi, o meglio, li interpreta nella maniera sbagliata, per cui anche un semplice fastidio viene per lo più interpretato come il segnale premonitore di una grave malattia che lo sta minando severamente.

E allora le corse dal medico sono sempre più frequenti e a nulla valgono le sue assicurazioni, anche se confortate da risultati inequivocabili e certi di esami strumentali, che verranno eseguiti praticamente quasi senza soluzione di continuità.

La vita di un ipocondriaco, del così detto malato immaginario, è una vita difficile, triste, piena di preoccupazioni, anche solitaria, così come magistralmente rappresentato anche nel film con l’indimenticato Alberto Sordi, film tratto dall’omonimo romanzo di Molière.

La sua ossessione lo porta a parlare, ma per lo più a lamentarsi dei suoi mali immaginari con tutti coloro che gli capitano a tiro, con il solo risultato di allontanare da se tutti gli amici, conoscenti, e perfino i familiari, visto che tutti cercheranno di evitarlo.

Uscire da questa situazione è possibile, anche se oggettivamente difficile, ma non è possibile riuscirci da soli.

E’ necessario farsi aiutare da uno specialista, anche perchè l’approccio terapeutico non è dei più semplici visto che, in sostanza, una vera malattia non esiste, ma è presente solo un disturbo della personalità.

Dal Sito: benessere.atuttonet.it

Ipocondria: forse ho qualcosa di brutto


Proprio come la commedia di Molière de Il malato immaginario, chi soffre d’ipocondria pensa di avere tutti i mali possibili. Delle volte però, questa forma di ansia è difficile da gestire.

Hai spesso e volentieri paura di avere una grave malattia? Passi interi quarti d’ora a toccarti le ghiandole del collo, te le senti gonfie e poi esclami con sicurezza: “mi sa che ho qualcosa di brutto!”… Bhe allora è molto più probabile che tu sia una persona ipocondriaca, soffri di un disturbo chiamato ipocondria.

Una persona che soffre d’ipocondria pensa continuamente di essere gravemente malato, nonostante tutte le adeguate valutazioni mediche e le rassicurazioni sulla sua ottima salute. Una persona con ipocondria pensa che funzioni fisiche normali come battiti del cuore, sudorazione e movimenti intestinali siano i sintomi di una grave malattia o di una condizione seria di salute. Anche piccoli disturbi, come il naso che cola, linfonodi leggermente gonfi o un piccolo mal di testa vengono subito interpretati come sintomi di qualcosa di grave; invece si sbaglia, sono i sintomi dell’ipocondria.

La persona con ipocondria utilizza frasi vaghe come:

“Mi sento le vene stanche” oppure “ho mal di fegato “. Infatti non è raro che le persone ipocondriache si concentrino su un organo in particolare, come i polmoni, il cuore o su malattie molto gravi come il cancro. Sebbene dopo analisi accurate le loro supposizioni risultino errate, la loro ansia continua ad essere elevata e il loro desiderio di avere più attenzioni fisiche aumenta.

Non si hanno ancora numeri precisi di quanti nel Mondo soffrino d’ipocondria. Chi soffre di questo disturbo psicologico di solito vede il suo medico di Medicina Generale, piuttosto che un professionista che si occupi di salute mentale, ed è per questo che diventa difficile diagnosticare l’ipocondria come disturbo primario. Si stima che tra l’1% e il 7% della popolazione adulta dei Paesi sviluppati soffra di ipocondria. Uomini e donne soffrono d’ipocondria in misura uguale.

Ipocondria o normale paura?

Diciamolo pure, a tutti noi capita di preoccuparci di qualche dolorino e delle volte di credere che possa essere qualcosa di grave, ma questa non è ipocondria.
Chi invece si trascina questa paura per più di 6 mesi, è molto più probabile che sia affetto dal disturbo. Molti ipocondriaci soffrono di qualche altro disturbo psichiatrico o psicologico. Oltre il 60% dei pazienti ipocondriaci soffrono anche di grave depressione, attacchi di panico, di disturbo ossessivo-compulsivo , disturbo d’ansia generalizzato. Il disturbo psichiatrico di colui che soffre d’ipocondria può assumere forme particolari : se “il malato immaginario” o i suoi finti mali vengono ridicolizzati, può avere anche importanti attacchi d’ira.

Quanto può durare l’ipocondria?
Un individuo può soffrire di questo disturbo per mesi o addirittura per anni. Egli può avere anche lunghi periodi in cui la paura della malattia non si presenta. Gli esperti sostengono che circa il 30% dei pazienti ipocondriaci possono migliorare la loro condizione in modo significativo.
Il recupero è più probabile tra le persone con uno status socio-economico più elevato, tra coloro che non hanno un disturbo di personalità o che presentano problemi psicologici piuttosto che psichiatrici.

Quando ha inizio l’ipocondria?
Gli esperti ritengono che molti fattori giocano un ruolo nello sviluppo dei fenomeni ipocondriaci. L’ipocondria solitamente colpisce inizialmente le persone nella prima età adulta. Una persona può iniziare a soffrire di crisi d’ipocondria dopo essersi ripresa da una grave malattia, dopo che una persona cara o un amico si è ammalata, o dopo la morte di amici o persone care.

L’ipocondria può colpire anche chi subisce maggiore stress, o chi è facilmente influenzabile dalle malattie pubblicizzate dai media.
La maggior parte degli psicologi sostiene che le persone che sviluppano ipocondria tendono ad essere autocritiche, nevrotiche e narcisiste.
Gli attacchi possono essere scatenati anche da una condizione medica di base delicata: un paziente che ha problemi cardiaci può arrivare facilmente a gravi conclusioni e reagire con attacchi d’ansia e d’ipocondria verso sensazioni di malessere lieve.
Gli operatori sanitari inoltre sostengono che coloro che soffrono d’ipocondria hanno una bassa soglia del dolorereagendo prima di altri anche a minime variazioni.

Cura e trattamento
Recenti studi hanno dimostrato che la terapia cognitivo-comportamentale e la serotonina, sono efficaci nel trattamento dell’ipocondria. La terapia cognitivo-comportamentale aiuta la persona ansiosa ad affrontare e gestire i fastidiosi sintomi fisici e le preoccupazioni per la malattia. La preoccupazione ossessiva può essere ridotta se al paziente viene fornita la serotonina chiamata anche l’ormone del buon umore.

Fattori scatenanti dell’ ipocondria

Un elenco di tutto quello che scatena l’ansia per le malattie:
Cybercondria – effetto dato dalla ricerca su internet delle malattie e di conseguenza immedesimarsi e soffrire dei disturbi letti
La diffusione delle notizie sulle malattie data dai mass media
Spettacoli televisivi e pubblicità su gravi malattie, soprattutto quando le gravi malattie vengono definite come casuali, oscure e inevitabili
Informazioni sbagliate delle trasmissioni di rischio dai vari media
Le principali focolai di malattia
La pubblicazione delle statistiche riguardanti malattie croniche
Frequentare persone care malate seriamente
L’avvicinarsi di una morte prematura del genitore

Alessandro Cuminetti

Dal Sito: www.psicosocial.it

venerdì 21 aprile 2017

Ipocondria: quando ci si ammala della paura di ammalarsi


L' ipocondriaco non trova mai una risposta adeguata al suo malessere perché non viene mai affrontato il vero problema: il senso di fragilità personale.

L’ipocondria è un disagio legato all’idea o alla paura di avere una malattia grave o addirittura mortale. I pazienti tengono costantemente sotto controllo il loro fisico, controllandolo di continuo alla ricerca attiva della presenza di eventuali segni di malattia.

Il sapere produce forza, ma anche incertezza. Da quando abbiamo sviluppato una medicina scientifica siamo diventati più consapevoli dei mali che potrebbero affliggerci, nel corpo e nell’anima. A testimonianza di una modernità che è però antica, in occidente siamo diventati ipocondriaci da un paio di millenni: il termine ipocondria risale a Ippocrate che descrisse il ‘Male degli ipocondri‘, un disordine dello stomaco e della mente, che cagionava problemi digestivi, grande melanconia e paura di morire. La congiunzione di stomaco e tristezza non deve sorprendere: i greci credevano che nell’addome fosse situata la sede dei sentimenti e delle passioni umane.

Al giorno d’oggi la diagnosi riconosciuta in modo unanime è quella individuata in un manuale americano adottato universalmente, il DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders). Esso definisce l’ipocondria come ‘La preoccupazione legata alla paura oppure alla convinzione di avere una malattia grave basata sulla erronea interpretazione di sintomi somatici da parte del soggetto‘; inoltre ‘la preoccupazione persiste nonostante la valutazione e la rassicurazione medica appropriata’, e ‘la durata dell’alterazione è di almeno 6 mesi’.

Il vero ipocondriaco, insomma, non riconosce la natura psicologica del suo problema e ricerca la soluzione medica della malattia. Dietro il timore di malattia vi è un grande senso di vulnerabilità e debolezza, gestito erroneamente ricercando un’impossibile certezza di perfetta sanità. Il paziente non riesce mai a trovare una risposta adeguata al malessere perché non viene mai affrontato il vero problema della sua ipocondria, che è il senso di fragilità personale.

L’ipocondria è rara nell’infanzia, più frequente nell’adolescenza e nella vecchiaia e la si riscontra in ambedue i sessi, anche se quello femminile sembra esserne maggiormente soggetto. Il decorso tende a prolungarsi, con andamento vario e sembra guarire spontaneamente solo in un decimo dei pazienti.

Numerosi sono stati gli studi che hanno cercato di dare una spiegazione. Alcuni suggeriscono una predisposizione genetica e l’aver sofferto di malattie gravi durante l’infanzia. Vi sono poi i vantaggi del ruolo di malato, perseguiti però non consapevolmente: aumento dell’attenzione da parte dei familiari ed evitamento delle responsabilità, come ad esempio la mancata frequenza scolastica. Altri studi includono anche gli abusi fisici e sessuali.

Insomma, l’ipocondria è un disagio legato all’idea o alla paura di avere una malattia grave o addirittura mortale, quale può essere un tumore o l’AIDS. I pazienti sono molto attenti ad ogni piccolo cambiamento somatico e tengono costantemente sotto controllo il loro fisico, controllandolo di continuo alla ricerca attiva della presenza di eventuali segni di malattia. Per tale ragione richiedono così di frequente ripetuti test diagnostici e visite mediche, diventando ospiti abituali di ambulatori e servizi di pronto soccorso. L’esito favorevole delle indagini non riduce, tuttavia, la preoccupazione e non riesce a rassicurare i pazienti. Gli ipocondriaci, purtroppo, nutrono la ferma convinzione che i medici con cui sono venuti a contatto non siano stati in grado di capire la vera natura del loro problema e quindi di fornirne una soluzione adeguata.

L’ipocondriaco interpreta in modo erroneo segnali fisici innocui, come se fossero l’evidenza di una grave malattia. Si preoccupa sia delle normali funzioni corporee (quali il battito cardiaco, la peristalsi o la sudorazione) che delle alterazioni fisiche di lieve entità (come ad esempio il raffreddore o un colpo di tosse). Sensazioni fisiche vaghe, come il cuore affaticato o le vene dolenti vengono sospettate di essere segni di malattia che devono essere indagati e, preoccupandosi per i quali, chi soffre di ipocondria mette in atto i comportamenti prima descritti.

I segnali fisici mal interpretati e la costante attenzione al proprio corpo non sono però l’unico punto di partenza dell’allarme del soggetto con ipocondria. Possono esserlo anche le notizie di malattia apprese dai mezzi di comunicazione con un certo impatto emotivo, come la notizia di epidemie o anche la semplice divulgazione scientifica. Parimenti il venire a conoscenza di patologie che hanno colpito amici o parenti può innescare la preoccupazione per un organo specifico o per una data malattia.

Che il paziente pensi, partendo da dati corporei futili, di avere una grave malattia, conferma il ruolo dei fattori cognitivi nelle sofferenze dell’anima. Lungi dall’essere inconscia, la convinzione di avere o stare per sviluppare una grave patologia, senza che un’accurata valutazione medica abbia identificato motivi sufficienti per giustificare questi timori è perfettamente consapevole e presente alla mente del paziente con ipocondria. Gli errori mentali più frequenti sono che i cambiamenti del corpo sono sempre segno di grave malattia; che ogni sintomo deve potersi ricondurre ad una causa specifica e perciò riconoscibile; poi che quando c’è qualcosa di poco chiaro, occorre fare subito un controllo medico; e infine che se non ci si preoccupa per la propria salute, ci si può ammalare. Inoltre la convinzione che tenere sempre presente di continuo i pericoli è un modo per prevenirli fa sì che l’ipocondriaco non si possa mai permettere di abbassare la guardia e distrarsi.

Sicuramente i tratta di un disagio della modernità e della tensione contemporanea al benessere assoluto e certo. Tuttavia, il termine era già presente nella Grecia classica, civiltà già segnata dall’ambizione tecnica di controllare la realtà. Tutto sta nel mettersi d’accordo sul significato del termine modernità. L’ipocondria ci dice che la modernità è antica, più di quanto possiamo sospettare.

Scritto da: Giovanni Maria Ruggiero

Dal Sito: www.stateofmind.it


Per saperne di più: http://www.stateofmind.it/2016/02/ipocondria-paura-societa/

lunedì 6 febbraio 2017

Le Malattie Psicosomatiche Sono Angeli Custodi: Se le Ascolti, Guarisci.


Era una settimana che non stavo in piedi, respiravo a fatica e mi girava la testa. “Strano”, ho detto alla dottoressa, “ero in formissima, e poi di colpo è cominciata una tachicardia che non mi fa dormire. E ho anche un dolore al petto: non è che mi viene un infarto?”. La dottoressa mi ha prescritto subito un elettrocardiogramma. Risultato? Il battito è regolare, tutto nella norma. Allora ho fatto un esame del sangue, non sia mai che la tachicardia sia dovuta alla tiroide. Risultato? Sono sana come un pesce.

Mentre stavo uscendo dal suo studio, la dottoressa mi ha chiamata:

“Signorina?”. “Si?”. “Le passerà tutto quando smetterà di fare un lavoro che non le piace”.

Com’è che quando sono in giro per il mondo non mi ammalo mai, e quando sono in Italia ne ho sempre una? Come dice mio padre, “Mangi da noi e ti viene la gastrite, mangi mais e fagioli in Kenya dal piatto dei bambini, e non ti prendi niente”.
Benvenuta nel mondo delle malattie psicosomatiche.

Come se non le conoscessi già! L’ho capito da tempo: il mio inconscio comunica con me in questo modo. Anche (e soprattutto) quando non lo voglio ascoltare. Perché io per non ascoltarlo faccio di tutto: mi inganno da sola che vada tutto bene, che sì sono felice come una Pasqua, no non c’è nessun problema, in amore va tutto alla grande, il lavoro, poi, è proprio quello che volevo! Ah che meraviglia la mia vita! E proprio quando si tenta di ingannare se stessi, arriva lei: la malattia psicosomatica, a farci capire che ci stiamo prendendo in giro.

Il nostro corpo non mente: ci dice la verità su ciò che proviamo davvero.

Anni fa, mentre mi trovavo in Cambogia a fare volontariato, e ancora non avevo risolto un certo senso di soffocamento, trovai un interessante documento sulle malattie psicosomatiche, redatto dallo psicoterapeuta Claudio Bonipozzi. Egli afferma che “quando l’ansia e lo stress prendono il sopravvento, il lavoro perde la sua positività e si trasforma in un peso che opprime anziché arricchire”. Se vi siete già sentiti così, sapete di cosa parla.

Bonipozzi ha elencato il linguaggio simbolico di alcuni organi: ogni sintomo, un messaggio.

Ve ne riporto alcuni:

Articolazioni

Le persone che soffrono di dolori articolari sono quasi sempre molto esigenti nei confronti di se stessi o della propria cerchia. A volte appaiono agli altri come molto flessibili, ma la loro docilità è dettata dalla paura e da una sensazione di impotenza di fronte a figure autoritarie. Sono presenti in queste persone sentimenti di collera e da un senso di rivolta, tenuti entrambi sotto silenzio, ma inevitabilmente espressi dal corpo per mezzo di questo particolare disagio.


Mal di schiena

Il nostro corpo, sotto l’effetto di una umiliazione, tende a “piegarsi” o meglio a “ripiegarsi” su noi stessi. La schiena ricurvata segue frequentemente profondi disagi affettivi: la sofferenza ci “piega” (fardelli troppo pesanti da portare).

Il ginocchio (condizione di inferiorità)

Il dolore può esprimere il grande disagio a vivere delle situazioni “umilianti”: rifiuto di sottomettersi.

Apparato respiratorio

Le vie respiratorie sono le vie di comunicazione (scambio tra l’ambiente interno e l’ambiente esterno), dove entra la vita, che verrà poi distribuita dal sangue in tutto l’organismo. Le malattie degli organi della respirazione traducono gli scambi con l’ambiente circostante per quel che riguarda il nostro bisogno di “aria”, spazio e autonomia. Ci possono segnalare un’assenza di gusto per la vita, la perdita di desiderio di continuare a vivere, o anche un senso di colpa devastante.

Laringite (infiammazione del canale respiratorio)

E’ un modo di soffocare la comunicazione quando dobbiamo parlare con qualcuno che è vissuto come l’autorità.

Gastrite (infiammazione della mucosa dello stomaco)

Collegata alla collera perché non ci sentiamo rispettati o apprezzati per quanto valiamo. Il nervosismo e i disagi emotivi sono spesso responsabili. Il famoso “bruciore allo stomaco” parla della presenza di un fuoco che brucia all’interno, ma che non si esprime mai sotto forma di rabbia e ribellione (rabbia inespressa).

Insonnia

Solitamente è un soggetto sempre in movimento durante il giorno, sempre impegnato, con notevoli difficoltà a delegare e a staccarsi da pensieri che circolano continuamente nella sua testa. L’insonne non riesce assolutamente a lasciarsi andare neppure di notte e tenta di portare con sé nel mondo del sonno, tutto quello che appartiene alla sua esistenza diurna. Ha comunque molti volti, ma esistono elementi comuni: insoddisfazione ed attese. L’insoddisfazione riguarda i problemi quotidiani, angoscia di non essere all’altezza, affetti che non “guardiamo”. C’è sempre un timore a lasciarsi andare; indica debolezza e vulnerabilità (uomo); diventa sinonimo di sudditanza e prevaricazioni (donna). Nelle ore diurne sempre c’è movimento, non riesce a staccarsi dalle cose anche se sono deteriorate (rapporti sentimentali, amicizie, ecc.) non perde mai il controllo (aggressività e sentimenti), rimane continuamente legato al passato. Nella difficoltà a prendere sonno una “parte di noi” (l’Io) non vuole perdere il controllo perché teme di incontrare le emozioni profonde (che durante il giorno riesce a tenere sotto controllo). Il risveglio notturno, invece, indica semplicemente che si sta realizzando quello che non si è riuscito a fare durante il giorno; rimuginare su ciò che è accaduto durante il giorno o invaso dalla tristezza, dalla rabbia e dalla paura.

Psoriasi (una spessa corazza per isolarsi dal mondo)

Vengono colpite, in genere, persone ipersensibili che hanno un gran bisogno dell’amore degli altri.

Candida e Herpes vaginale

Il bruciore dell’herpes richiama, a livello simbolico, il “fuoco” e al bisogno costante di purificazione. Per certi versi questa sintomatologia consente al soggetto di espiare certe esperienze peccaminose. Se invece l’herpes si associa anche alla Candida, il dualismo regola-trasgressione, santità-peccato viene rafforzato da un “imbianchimento” (fungo): manifestando tutto il suo “candore” come se si volesse mostrare la sua pulizia morale, a dispetto del comportamento particolarmente trasgressivo.

Tachicardia

E’ un’improvvisa accelerazione del ritmo cardiaco: emozioni che in qualche modo cercano di emergere, di esprimersi, in pratica risalire a galla.

Interessante, vero?

Chissà se vi siete rivisti in certi comportamenti da lui elencati?

Di gastrite ho sofferto per anni; di laringite ogni tanto; di tachicardia ne ho sofferto qualche giorno fa. Che cosa sta cercando di dirmi? Una cosa che so benissimo, ma non voglio ammettere a me stessa.

Quando mi passerà? Quando affronterò il problema, e lo risolverò. Eliminando la causa che sta alla base della malattia psicosomatica di solito si guarisce. Come scrive lo psichiatra Fausto Manara:

Bisogna trasformare i malesseri psicologici in alleati.

Vi riporto un suo passo illuminante:

“Quando si rimane sordi alla sua voce, l’esperienza non insegna nulla. E’ anche per questo che ci impegniamo più volte in progetti del tutto estranei ai nostri desideri, magari per compiacere coloro da cui vorremmo amore, sapendo in anticipo che, anche se li realizzeremo, non ci porteranno vera gioia. E’ ancora per questo che ci neghiamo la libertà in nome del quieto vivere, quando ben sappiamo che non è così facendo che il vivere sarà mai davvero quieto”.

Quante volte siete diventati schiavi del quieto vivere? Io lo stavo diventando, e poi ho deciso di uscirne. Come? Decidendo di ascoltare una malattia psicosomatica (il senso di soffocamento e l’attacco di panico) come fosse un angelo custode. Tre mesi dopo il mio arrivo in Cambogia, il senso di soffocamento sparì come per incanto. Ma non fu un incanto: scelsi solo di lasciare per un anno il lavoro di insegnante (che mi soffocava) per inseguire un sogno (darmi gratuitamente agli altri, anche se avevo mio padre contro – e non solo lui).

Raffaele Morelli lo dice chiaro:

La rinuncia a essere se stessi prima o poi si trasforma in disagio, in malattia.

Non sopporto più il fidanzato, che non mi lascia essere me? Ecco che mi viene la colite! Un’amica insegnante aveva avuto un alunno a scuola che non voleva continuare gli studi scientifici dopo la scuola superiore: lui voleva suonare il sassofono, era un artista, ma non riusciva a dirlo a suo padre. Il risultato? Spesso arrivava a scuola senza voce.

Lo psichiatra e creatore della bioenergetica Alexander Lowen parlava di una sua paziente che aveva sempre una sensazione di soffocamento. Come mai? Perché stava soffocando la sua protesta: quando era giovane, non era stata capace di protestare contro l’atteggamento dei suoi genitori, nè aveva osato gridare contro di loro: lei soffocò il grido, e le si era chiusa la gola.

Si può vivere così, con una sensazione costante di insoddisfazione, che ti corrode la vita? No, non si può. Che vita sarebbe?

Stanca di stare male, avevo speso l’anno prima della grande decisione leggendo libri psicologici e motivazionali per comprendere cosa stesse cercando di dirmi il mio inconscio; siccome non lo ascoltavo, aveva cominciato a urlare – ne avevo parlato anche qui: Non sentirti turbato se la mente pensa (e il corpo risponde).

Alla fine avevo deciso di accogliere la malattia psicosomatica e di ascoltarla: stavo male perché non solo ero invischiata in una relazione d’amore che non faceva per me, ma anche perché non stavo mettendo a frutto i miei talenti, ciò che io ero veramente. Mi stavo soffocando, e di conseguenza non respiravo più.

Ho imparato che si può sempre scegliere: di continuare a fare finta di niente (e stare sempre peggio), o di ascoltare i sintomi della malattia psicosomatica, e diventare ciò che siamo. Purché, come afferma Manara, “si abbia il coraggio di uscire dal territorio cupo dell’ormai per entrare in quello luminoso del perché no?“.

E tu, hai mai sofferto di malattie psicosomatiche? Le hai ascoltate? Come bisogna reagire quando il nostro corpo ci parla, secondo te?


Bibliografia:Claudio Bonipozzi, La medicina psicosomatica in Articoli e pubblicazioni Georg Groddeck, Il libro dell’Es, Adelphi, 1961
Alexander Lowen, Paura di vivere, Astrolabio, 1980
Fausto Manara, Occhiali per l’anima, Sperling & Kupfer, 2005
Raffaele Morelli, Puoi fidarti di te, Mondadori, 2009

venerdì 13 gennaio 2017

Ipocondria: l’ansia si placa così.


Ne soffrono 2 persone su 10, le donne più degli uomini. 
Per smontare i pensieri negativi le armi vincenti sono le tecniche di rilassamento e la respirazione profonda.

Ognuno di noi, almeno una volta, si è chiesto se il proprio mal di stomaco dipendesse da ciò che aveva mangiato o non fosse il sintomo di qualcosa di più grave. Se il dolore al petto fosse il segnale del troppo lavoro o l’avvisaglia di un problema cardiaco. A volte tali preoccupazioni diventano eccessive fino a interferire con le attività di tutti i giorni (possono occupare fino a 14-16 ore al giorno).

L’ansia per la salute, o ipocondria, è molto diffusa: le statistiche dicono che quasi il 20% delle persone ne soffre, soprattutto le donne, a qualunque età.
Autodiagnosi e terapie fai-da-te

È definita dagli esperti come “la preoccupazione o la convinzione di avere una malattia grave, basate sulla erronea interpretazione di sintomi”. L’ipocondriaco monitora e tasta continuamente il proprio corpo alla ricerca di cambiamenti, trascorre un sacco di tempo a cercare informazioni su internet, segue terapie fai-da-te, fa ripetuti controlli. E, nonostante siano negativi l’ansia anziché diminuire aumenta.
Fatevi qualche domanda

Per prima cosa, per capire se ne soffrite chiedetevi: quanto tempo trascorro a preoccuparmi di avere una malattia? Quante volte ho consultato il medico, nonostante mi avesse già rassicurato? Le preoccupazioni sulla salute stanno compromettendo le mie relazioni o il lavoro?
Ricordate due cose: gli ipocondriaci focalizzano costantemente la propria attenzione sul corpo, avvertendo di conseguenza sintomi più numerosi e più intensi. Secondo: la reazione da stress causa tipicamente quel tipo di sensazioni (interpretate erroneamente come sintomi di una malattia).
Come affrontare l’ansia

La soluzione migliore per calmare l’ansia è ricorrere alle tecniche di rilassamento e di respirazione profonda. E poi, una volta imparata quella più adatta a voi, identificate i pensieri o i sintomi che vi preoccupano (provate ad annotarli). Quando avvertite l’ansia arrivare, fate un bel respiro e cominciate a fare gli esercizi: questo vi permetterà di ridurla sino a un livello accettabile. Se i pensieri negativi sono così tanti da farvi sentire sopraffatte, provate a concentrarvi solo su alcuni (massimo 3), dedicandovi agli altri soltanto dopo aver affrontato i primi. Se vi riesce difficile, cominciate l’esercizio concentrandovi su pensieri di modesto grado ansiogeno, passando in seguito a quelli più preoccupanti. Con la pratica riuscirete a farlo, pervenendo gradualmente a spiegazioni alternative (e più rassicuranti) dei vostri sintomi.