Visualizzazione post con etichetta animali. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta animali. Mostra tutti i post

mercoledì 18 novembre 2020

Cos'è e come funziona la Pet Therapy



„E' noto che sia di particolare beneficio anche a livello sociale e relazionale per tutti, ma in particolar modo per bambini, anziani o disabili“

"Nella medicina tradizionale l’efficacia della pet therapy come supporto al trattamento di diverse patologie è ormai data per assodata (in aggiunta alle normali terapie farmacologiche). Inoltre, è noto che sia di particolare beneficio anche a livello sociale e relazionale per tutti, ma in particolar modo per bambini, anziani o disabili". Attacca così una nota di Life Pet Care, che spiega cosa sia e come funziona la pet therapy, partendo dalle origini.

Come nasce la pet therapy

"Già gli antichi Egizi e i popoli Greci credevano molto nel potere terapeutico dell’interazione tra persone e animali.

Studi che contemplano la relazione tra persone e animali come forma terapeutica si ritrovano anche in Inghilterra, dalla fine del XVI secolo.

Ma a coniare il termine 'Pet-Therapy' in tempi recenti (nel 1953) fu Boris Levinson, psichiatra infantile. Levinson si accorse, infatti, che durante le sue sedute con alcuni pazienti autistici, la presenza del suo cane migliorava moltissimo la capacità di interazione e di relazione di queste persone. Nel tempo Levinson si impegnò per dimostrare l’efficacia di questo trattamento in termini di aumento di autostima e di empatia in soggetti affetti da autismo". 

Cosa è la pet therapy

La Pet Therapy (chiamata anche Aat: Animal-Assisted Therapy) è una modalità terapeutica dolce e priva di controindicazioni o effetti collaterali, che si basa sull’interazione e la relazione tra persone e animali. 

Negli anni è stato dimostrato che questa pratica comporta effetti benefici nel coadiuvare il trattamento di diversi tipi di patologie, specialmente nelle fasi di riabilitazione e convalescenza. I vantaggi sono numerosi anche per lo sviluppo dell’aspetto sociale, relazionale ed emotivo delle persone, siano essi bambini, anziani o disabili. 

Gli animali più amati per questa pratica sono soprattutto i cani, per la loro innata socialità e per l’affetto incondizionato che sanno donare a chi gli sta vicino. Anche i gatti si trovano spesso, grazie al calore che emanano tenendoli in collo e ai benefici, ormai comprovati, dell’effetto delle loro fusa.

Ma accanto ai cani e ai gatti, che restano gli animali più gettonati, nella pet therapy troviamo sempre di più anche altre tipologie di animali quali: coniglietti, porcellini d’india, criceti, pappagalli, ma anche cavalli, asini, capre, mucche e persino delfini!

Perché la pet therapy è efficace

Il grande beneficio della pet therapy deriva dal potere della relazione che si instaura tra essere umano e pet. Gli animali, infatti, sono dotati per loro natura di grande sensibilità e sanno donare in modo gratuito e libero amore, serenità e affetto alle persone che interagiscono con loro. 

Ma anche l’atto stesso di prendersi cura di un altro essere vivente, sia esso un cane, un gatto o un uccellino, genera nell’essere umano una crescita personale positiva, a beneficio non solo dello stato d’animo in termini di serenità e gioia, come elementi fondamentali in ottica di guarigione, ma anche perché rafforza le doti comunicative, sociali e sviluppa empatia e altruismo. 

Tutto questo avviene in modo molto naturale, semplice e spontaneo, perché nel relazionarsi con un animale l’essere umano lo fa senza pregiudizi, senza paure e senza meccanismi di difesa, che permettono l’instaurarsi di una relazione affettiva sana, facile e immediata. 

PER CHI È UTILE LA PET THERAPY?

La relazione con cani, gatti e altri pet contribuisce ad abbattere problemi di carattere psicologico quali depressione, ansia, stress, attacchi di panico, e insonnia. 

Sono infatti comprovati i benefici della pet therapy nella riduzione dei livelli di stress e ansia, in quanto migliora la circolazione sanguigna e regola la frequenza cardiaca. 

Ma l’efficacia è stata comprovata anche per i casi di autismo, disturbi dell’attenzione o dell’apprendimento, difficoltà psico-motorie e nevrosi. In particolare, la pet therapy si è rivelata particolarmente utile nel migliorare lo stato di malati di Alzheimer, come anche per altre tipologie di demenza senile. 

Bellissimi e sorprendenti sono poi spesso i risultati ottenuti con disabili, persone affette da patologie croniche, e in generale bambini e anziani in ottimo stato di salute, per quanto riguarda l’allenamento di capacità sociali e relazionali, nonché del buon umore. 

Proprio grazie a tutti questi benefici, oggi in Italia (come in altre parti del mondo) la pet therapy è una pratica sempre più diffusa e richiesta, specialmente nei centri medici, nelle case di riposo, ma anche in asili e centri sociali. 

Chi convive quotidianamente con il proprio pet, non potrà che confermare quotidianamente la bontà di queste relazioni!


Dal Sito: arezzonotizie.it

domenica 17 novembre 2019

I cani aiutano a combattere depressione e solitudine 


Il legame che si crea tra un animale domestico e il suo proprietario è speciale e va oltre la semplice compagnia. In molti casi diventa addirittura un membro della famiglia, amato e coccolato e in grado di ricambiarci con lo stesso affetto. Abbiamo già parlato dei benefici che derivano per i nostri bambini dal crescere con un amico a quattro zampe, ma un nuovo interessante studio scientifico pone l’accento sull’importanza che hanno gli animali domestici nel farci stare bene, allontanando stress e depressione.

Lo studio pubblicato su BMC Public Health ha esaminato i cambiamenti dello stato di benessere mentale una volta che si adotta un cane, prendendo in considerazione quattro misure: solitudine, affetto positivo e negativo e angoscia psicologica. I risultati mostrano che chi possiede un cane ha meno probabilità di soffrire di depressione, ansia e stress.

La ricerca ha analizzato gli effetti della compagnia di un cane sulla salute mentale partendo da un presupposto: gli animali domestici si sono evoluti sintonizzandosi profondamente con il nostro comportamento e le nostre emozioni. I cani in modo particolare sono in grado di comprendere molte delle parole che usiamo, ma sono ancora più bravi a interpretare il nostro tono di voce, il linguaggio del corpo e i gesti, valutano il nostro stato emotivo e capiscono anche cosa stiamo pensando, dandoci conforto e sostegno.

Per il nuovo studio, i ricercatori hanno diviso i partecipanti in tre gruppi:

  • le persone senza cane e senza interesse a prenderne uno;
  • le persone che non avevano un cane ma erano molto interessate a prenderne uno in futuro;
  • le persone che hanno avuto un cane entro un mese dall’inizio dello studio.

I partecipanti hanno compilato un questionario per misurare il loro umore, valutando non solo la loro felicità generale, ma anche i sintomi di disagio psicologico come solitudine o stress. Dai risultati è emerso che coloro che erano proprietari da poco di un cane si sentivano significativamente meno soli: l’effetto si è verificato entro 3 mesi e non vi è stata alcuna riduzione negli 8 mesi in cui è durato lo studio.

Gli effetti benefici non derivano soltanto dal possedere un cane ma anche altri animali domestici come gatti o conigli. Molti studi hanno dimostrato che le coccole date ai nostri amici a quattro zampe sollevano l’umore, così come la loro presenza fa ringiovanire e aiuta a ridurre il rischio di malattie cardiache, ma è anche una fonte di felicità e di stabilità mentale.

Gli animali domestici, in particolare cani e gatti, possono ridurre lo stress, l’ansia e la depressione, alleviare la solitudine, incoraggiare all’esercizio fisico e alla giocosità. La cura di un animale può inoltre aiutare i bambini a crescere più sicuri e attivi e la loro compagnia è una risorsa preziosa per gli anziani.

Dal Sito:

martedì 16 luglio 2019

Il benessere che deriva dagli animali a 4 zampe. Ecco perchè sono veri e propri "antistress"



Cani e gatti sono presenti nella maggior parte delle nostre case e rappresentano dei veri e propri componenti del nucleo familiare. Che la loro presenza generi dei benefici alla nostra salute emotiva è risaputo, ma in questo articolo voglio chiarire sotto quali punti di vista i nostri amici animali sono di grande aiuto per la nostra persona.

Sicuramente la prima funzione a cui assolvono è quella della compagnia. Cani e gatti rompono infatti il muro della solitudine soprattutto per gli anziani che si ritrovano coinvolti in dei ritmi totalmente differenti di quelli di una vita senza un animale. Il gioco, la passeggiata, sono tutti momenti che comportano una necessità per l’anziano di essere attivo e partecipe e questo sicuramente comporta dei risultati positivi sia sull’umore che sul benessere fisico.

I nostri amici a 4 zampe fungono da veri e propri antistress. Numerosi studi dimostrano infatti che accarezzare un cane o un gatto durante delle situazioni particolarmente stressanti abbassa i livelli di ansia, riduce la pressione e decelera il battito cardiaco.

Questo effetto si deve al rilascio di un ormone, l’ossitocina, coinvolta in una serie di importanti funzioni fisiologiche e psicologiche. Ma non solo, è dimostrato che accarezzare i nostri amici animali generi un abbassamento del cortisolo un ormone prodotto dal surrene su impulso del cervello, è l’ormone simbolo dello stress: nei momenti di maggior tensione determina l’aumento di glicemia e grassi nel sangue. Sempre più diffusa è la pet therapy.

Gli effetti benefici generati dagli animali vengono sempre più sperimentati all’interno di contesti di ospedali e case di cura per alleviare il dolore, superare la paura e ridurre lo stato di ansia. Ottimi risultati si sono ottenuti anche in bambini affetti da autismo e disabilità.

Facebook, Instagram e altri social sono sempre più pieni di foto e video che ritraggono i nostri amici animali in momenti ludici e particolarmente divertenti. È stato riscontrato che la visione di questo materiale genera in chi lo guarda benessere psicologico. Per questo spesso quando ci imbattiamo in un video che ha gli animali come protagonisti la tendenza è quella di cercarne altri per prolungare questa sensazione di benessere.

Dal sito: castelvetranonews.it

venerdì 14 luglio 2017

Pet therapy, a ogni paziente il suo animale



I cani sono eccezionali per aiutare gli ipovedenti ma regalano sensazioni positive anche a chi soffre di malattie invalidanti

È stato scientificamente provato che il contatto fisico uomo-animale produce delle sensazioni uniche e provoca nuovi stimoli: uno stato di benessere che si raggiunge con un continuo scambio di carezze e dimostrazioni d’affetto; si reagisce così in maniera positiva ai traumi che a volte ci riserva la vita.

Tutti i cani possono dare sollievo a chi ha malattie e disturbi di vario genere, ma oggettivamente tra le razze per la pet therapy ce ne sono alcune più predisposte di altre. Per anni la pratica di utilizzare gli animali come supporto nelle cure mediche e psicologiche, anche in ospedale, è stata una prerogativa dei Paesi più avanzati, ma adesso finalmente è una realtà anche in Italia, grazie a nuove leggi che permettono l’introduzione di cani e gatti nelle strutture sanitarie.

Pazienti ipovedenti

Le razze per la pet therapy per gravi problemi fisici. Ci riferiamo in questo caso a persone che hanno subito alterazioni motorie, che siano temporanee o permanenti, e a chi soffre di problematiche sensoriali, come la cecità o la sordità. In questi casi, la razza che da sempre si è distinta per la capacità di fornire un supporto concreto è il Pastore tedesco, con una naturale propensione all’apprendimento e formidabili doti fisiche. Molti validi sono anche il Labrador e il Golden retriever.

Pazienti affetti da sordità

Per chi soffre di sordità, nello specifico, sono preferibili animali di taglia più ridotta: Terrier, Chihuahua, Papillon, Barboncino nano e Schauzer nano.

Malattie terminali e invalidanti

Le razze per la pet therapy per malattie invalidanti e terminali Nei casi più gravi, la presenza di un cane dal carattere particolarmente stabile può essere un grande aiuto, soprattutto dal punto di vista psicologico e morale. L’animale deve essere dolce e fedele, ma al tempo stesso discreto, non troppo invadente. Anche in questo caso, i cani da pastore si distinguono per il proprio equilibrio: Pastore tedesco per primo, ma anche pastore scozzese, Bobtail, Briard. Golden retriever e Labrador sono ottime scelte, forse le migliori in assoluto, purché si tratti di esemplari tranquilli, e lo stesso vale per il Bovaro svizzero. Volendo invece un esemplare di taglia inferiore, si può puntare su Spaniel e Barboni.

Pazienti con problemi psichici

Le razze per problemi psichici depressione, ansia, attacchi di panico e disagi mentali possono trovare un aiuto concreto nella presenza di un cane, grazie al rapporto che si viene a creare tra l’uomo e l’animale. Si deve però trattare di un esemplare affettuoso e tranquillo, che è disposto a farsi coccolare. Tra le razze di taglia ridotta troviamo il Maltese, il Cavalier King Charles, lo Shih–Tzu, il Bolognese, il Jack Russell Terrier, il Bouledogie francese e il Barboncino, mentre chi cerca un animale più grande può optare per il Terranova, il Bassett hound, il Boxer e ancora Labrador e Golden retriever.

Ci sono anche gatti dottore

Anche i gatti per la pet therapy La pet therapy oltre che con i cani si può fare con quasi tutti gli animali, cavalli, conigli, pony. Anche gatti e la razza migliore in questo senso è il Ragdoll, la famosa bambola di pezza che hanno ottenuto ottimi risultati con i bambini specialmente. Tutti i Ragdoll hanno un particolare carattere che li differenzia dagli altri comuni felini; loro sono dolcissimi e coccoloni e si legano in modo morboso alle persone, si instaura subito una bella amicizia e grande fiducia: il suo rilassarsi e abbandonarsi completamente nelle braccia del padrone ogni volta che viene preso in braccio aiuta tantissimo. Non graffia e non si stanca mai di essere accarezzato, non aggredisce. Il continuo contatto fisico con questo gatto, carezze e strofinii, produce in loro una meravigliosa melodia: il dolce suono delle fusa, che ha su noi effetti benefici e rilassanti. Ecco perché chi ha in casa un Ragdoll, dopo un po’ si sente diverso, più tranquillo e rilassato ed i bambini più sicuri si sé.

Scegliere l’esemplare giusto Benché sia utile sapere a priori su quali razze orientarsi, non è un elemento sufficiente per la scelta dell’animale più adatto ad accompagnare una persona con problemi fisici o psicologici. Ogni esemplare ha il proprio carattere, che può risultare anche fortemente diverso rispetto alla norma della razza. Inoltre, un cane o un animale troppo esuberante rischia di
essere difficile da contenere, soprattutto per chi ha problemi motori o invalidità sensoriali. Per questo, è bene scegliere un cane già adulto, di almeno 12 mesi, in modo che il suo carattere sia formato e che sia possibile valutarlo senza brutte sorprese.

Sandra Torasso

Dal Sito: lasentinella.gelocal.it

lunedì 20 febbraio 2017

Pet therapy: che cos’è e gli studi sull’efficacia.



La pet therapy oggi viene sempre più utilizzata nella cura dei bambini e degli anziani attraverso il coinvolgimento di animali.

Oggi la pet therapy si sta espandendo molto anche in Italia, con metodi ed applicazioni a tipologie di pazienti molto diverse tra loro. Crescono anche gli studi scientifici internazionali sull’efficacia di questi interventi. (Chiara Daldosso, OPEN SCHOOL STUDI COGNITIVI MILANO)

Pet therapy: che cos’è

Cani, cavalli, delfini e gatti possono aiutare molti pazienti a migliorare nelle aree emotive, sociali e comportamentali.

La comunicazione verbale tra terapeuta – di qualsiasi orientamento egli sia – e paziente, è il veicolo principale attraverso cui pensieri, emozioni e sofferenza trovano una forma condivisibile tra i 2. La pet therapy è una forma di terapia in cui il canale comunicativo più usato e sollecitato è quello dell’immediata espressione delle emozioni, in cui si attiva il sistema rettiliano, nel paziente come nell’animale.

La pet therapy in Italia viene riconosciuta come utilizzabile per la cura di anziani e bambini nel decreto ministeriale del 2003. Nel 2005 anche il comitato nazionale bioetico la riconosce.
Nel frattempo, nel 2004, nasce la ESAAT (European Society for Animal Assisted Therapy) che certifica la formazione degli operatori e definisce le linee guida del trattamento degli animaliimpegnati in tutte le attività di terapia, di assistenza e di educazione, affinchè venga sempre preservato il loro benessere.
In realtà gli animali sono impiegati nella cura di diverse patologie da molto più tempo ed oggi esistono molti tipi di quella che viene comunemente conosciuta come “pet therapy”.
Le origini della pet therapy

Da quando gli animali sono stati coinvolti nella cura di alcune patologie psicologiche e fisiche dell’uomo?
L’addomesticamento degli animali da parte dell’uomo ha origini molto antiche, ma solo all’inizio del XX secolo si capisce quanto la vicinanza degli animali possa sortire effetti positivi e terapeutici nella psiche umana ed in alcune patologie fisiche. Negli anni ’60 lo psichiatra infantile Boris Levinson nota gli effetti positivi della presenza del suo volpino nelle sedute con i suoi piccoli pazienti. Per primo conia il termine “pet therapy” e gli attribuisce valore scientifico attraverso i suoi studi.
Sulla scìa delle ipotesi di Levinson, negli USA si susseguono altre applicazioni: nella cura dei disturbi mentali e come “facilitatori di relazioni” per gli anziani.

Negli anni ’80, Erica Friedmann, osservando per un anno pazienti dimessi dall’ospedale a seguito di problemi cardiaci, rileva una correlazione tra la sopravvivenza dei pazienti ed il loro possesso di animali domestici. In ricerche successive, la Friedmann scopre che non è necessario il contatto tra paziente ed animale, ma che basta l’osservazione dell’animale per indurre nel paziente cardiopatico la diminuzione della pressione, la regolarizzazione del battito cardiaco e della respirazione, il rilassamento del tono muscolare e delle espressioni del viso.
Nel 1992, mentre la pet therapy inizia a diffondersi anche in italia, Holcomb mette a punto un protocollo terapeutico per pazienti anziani: ne risulta che il livello di depressione cala con l’esposizione dei pazienti a uccellini e conigli.

Oggi la pet therapy si sta espandendo molto anche in Italia, con metodi ed applicazioni a tipologie di pazienti molto diverse tra loro. Crescono anche gli studi scientifici internazionali sull’efficacia di questi interventi. Prima di addentrarci nel merito è bene fare un po’ di chiarezza terminologica.

La prima importante distinzione da farsi è tra le Animal Assisted Activities (AAA), ovvero tutte quelle attività che migliorano la qualità della vita delle persone con handicap fisici o psico-fisici, e le Animal Assisted Therapies (AAT), veri e propri percorsi di terapia, che affiancati ad altri più tradizionali, hanno l’obiettivo di migliorare lo stato fisico, sociale, emotivo e cognitivo dei pazienti.
Le AAT possono essere usate, ad esempio, in carcere, a scuola, con pazienti psichiatrici, con anziani, con pazienti affetti da disturbi dello spettro autistico, con pazienti oncologici. Le sedute hanno fin dall’inizio un obiettivo terapeutico preciso e possono essere svolte in gruppo o individualmente. Dietro le quinte della progettazione di tali interventi vi sono quasi sempre equipe multidisciplinari composte da operatori specializzati, educatori, psicomotricisti, psicologi, medici, veterinari.

Le esperienze di pet therapy in Italia

In italia, onlus come Frida’s Friends dal 2012 si occupano di portare le AAA e le AAT in diversi contesti, con diversi pazienti e diversi obiettivi. Dalle scuole primarie, in cui attraverso i cani si riescono a creare contesti di maggiore inclusione tra i pari per i bimbi con difficoltà, alla Casa Pediatrica dell’ Ospedale Fatebenefratelli di Milano. In questo contesto, per i bimbi con disabilità gravi viene svolto un lavoro di riabilitazione sensoriale, in cui l’obiettivo può essere che il bimbo percepisca il contatto del muso del cane su un arto, o riesca a muovere un piedino e sorridere grazie alla presenza del cane.
In questa come in altre situazioni meno gravi (le ospedalizzazioni, i deficit cognitivi, i prelievi ematici), i cani che intervengono sono selezionati e monitorati dagli operatori, ma mai addestrati a fare qualcosa di specifico. Ogni cane (ed ogni altro animale impiegato nelle pet therapy) ha un temperamento specifico ed un suo modo di entrare in relazione con le persone, e viene lasciato libero di agirlo in quel dato momento.
L’impiego dei cani in contesti terapeutici ed educativi è stato dimostrato essere un fattore facilitante il raggiungimento degli obiettivi proprio perchè l’animale viene percepito dai bambini come un operatore non giucante e non portatore delle aspettative che invece caratterizzano spesso gli adulti umani (Friesen, 2010).

Questi setting dalle dinamiche libere e non del tutto prevedibili hanno come risvolto della medaglia una grande difficoltà di standardizzazione. Mettere a punto dei protocolli può significare, per alcuni operatori, snaturare il tipo di attività.

Gli studi sull’efficacia della pet therapy

La conseguenza più immmediata è che sebbene la pet therapy nei reparti pediatrici degli ospedali sia sempre più diffusa, ci sono ancora relativamente pochi studi scientifici che ne dimostrano l’efficacia. Nella Casa Pediatrica del Fatebenefratelli si stanno iniziando a raccogliere dati.
Lo racconta la Dott.ssa Beatrice Garzotto, responsabile e coordinatrice dell’attività: le prime rilevazioni fatte con il saturimetro rivelano che quando i bambini affrontano il prelievo ematico con il cane accanto, si regolarizza il battito cardiaco, la pressione arteriosa si abbassa e c’è una maggior ossigenazione del sangue rispetto a quando i prelievi vengono affrontati in condizioni classiche, senza il cane. Sono tutti indicatori fisiologici associati al livello di ansia.

Buoni risultati in questa direzione sono già stati riportati da Kaminski, Pellino e Wish, che nel 2002 hanno osservato un campione di 70 bambini e hanno usato come dato anche il livello dell’umore osservato dai genitori nei figli ospedalizzati.
A fronte di valori fisiologici immutati come la pressione sanguigna o il ritmo respiratorio, la presenza del cane può però far diminuire significativamente il livello del dolore percepito da bambini tra i 3 ed i 17 anni, in contesti ospedalieri e in alcuni momenti in cui il dolore è particolarmente forte (Braun, Stangler, Narveson, Pettingell, 2009).

Più nello specifico, secondo Sobo, Eng e Kassity-Krich, il fattore cognitivo sarebbe quello maggiormente influenzato: i pensieri negativi relativi al dolore percepito verrebbero affiancati e sostituiti da pensieri confortanti relativi all’essere in piacevole compagnia ed al sentirsi in un contesto più vicino a casa.

I pazienti ospedalizzati che ricevono pet-therapy avvertono anche un maggior livello di energia ed un abbassamento del livello di fatica, secondo lo studio di Bulette Coakley e Mahoney (2009).
Oltre ai cani, anche i cavalli, anch’essi animali che in natura vivono in branco e che quindi sono particolarmente abituati a relazionarsi con gli altri, sono sempre più spesso protagonisti di interventi a scopi terapeutici o educativi.

All’Ospedale Niguarda di Milano è attivo da anni il centro di riabilitazione equestre per persone con disabilità. Altri progetti, più propriamente ascrivibili nell’ambito AAT, partiranno al Fatebenefratelli con un pony che visiterà i bambini nel cortile ed in corsia.
Altri ancora, rivolti a pazienti psichiatrici e a donne con cancro al seno sono portati avanti dal Fienile Animato, un centro in provincia di Milano, in cui vengono impiegati cavalli e cani, talvolta insieme.

Alcune peculiarità metodologiche dell’approccio, che prevede setting in piccolo gruppo o individuali, sono che contrariamente a quanto avviene con i cani ad esempio, non vi è quasi mai contatto fisico tra paziente e cavallo. Inoltre il paziente entra in un’area erbosa in cui il cavallo (al massimo con capezza e longe) viene lasciato libero di pascolare ed, eventualmente, di cibarsi. Quest’ultimo aspetto in particolare è rilevante perchè consente al cavallo di “cedere” alla distrazione del cibo: un elemento molto significativo rispetto a quanto può rimandare l’animale in termini di dinamica relazionale, così come l’eventuale forte attivazione (corsa, imbizzarimento, ..).

Nel momento in cui il paziente entra nel perimetro del cavallo, dopo essere stato opportunamente preparato dal professionista, entra in relazione in maniera diretta e non mediata con il grande animale erbivoro. Entrambi possono provare le somatic experiencies della fuga, dell’attacco o del congelamento. Il terapeuta, al termine della seduta, aiuta il paziente a decifrare l’esperienza vissuta, accoglie le emozioni riportate e lo supporta nell’attribuzione di significato relativamente agli obiettivi terapeutici.

La presenza di un cane nei percorsi di supporto psicologico a donne con diagnosi di cancro al seno si è dimostrata favorire la comunicazione con i professionisti e quindi la partecipazione ed il coinvolgimento nella terapia, nello studio di White, Quinn, Garland, Dirkse, Wiebe, Hermann e Carlson (2015).

Le ultime tendenze in ambito di AAT ci dicono che da qualche tempo si sta facendo strada negli USA come in Europa, la Green Care: fattorie e contesti agricoli e rurali vengono usati nei programmi di promozione della salute fisica e mentale. In quest’ottica sono compresi non solo gli animali che abitualmente popolano le fattorie, ma anche la vegetazione ed il paesaggio stesso.
In tal senso uno studio fatto da Berget, Ekeberg e Braastad (2008) su un campione di 90 pazienti psichiatrici (schizofrenici, disordini affettivi, ansia e disturbi di personalità) usando la pet therapycon animali da fattoria, ha dimostrato un buon risultato in termini di aumento dell’auto-efficacia percepita e delle abilità di coping.

Conclusioni

In conclusione, in Italia non si è ancora giunti ad una regolamentazione chiara e unica per tutte le regioni. Di fatto queste attività non vengono riconosciute come terapie e quindi nella maggior parte dei casi non godono di finanziamenti degli enti sanitari pubblici, ma vengono portate avanti dalle onlus e da associazioni di volontariato.
Anche in merito alla dimostrabilità scientifica dell’efficacia ci sono ancora molti passi avanti da fare, ma meta-studi come quello di Nimer e Lundahl del 2007, che hanno considerato 250 ricerche, hanno rilevato che le AAT influenzano significativamente i risultati in 4 aree: le sindromi dello spettro autistico, le difficoltà fisiche, i problemi di comportamento ed il benessere emotivo. Le caratteristiche specifiche dei partecipanti e degli studi invece non si sono dimostrate significative.