mercoledì 10 agosto 2016

Gianluca Grignani dopo le crisi: “Mi sto facendo aiutare”

Le ultime immagini di Gianluca Grignani risalgono a maggio, quando in preda al panico chiedeva aiuto in strada ai passanti. Per il cantante è stato necessario il ricovero, e soltanto adesso racconta con lucidità quei momenti: “Sono una persona molto ansiosa e mi capita che quest’ansia prenda il sopravvento sulla mia razionalità – ha spiegato a Diva e Donna – così se non mi aiuto con qualche farmaco ansiolitoco mi vengono gli attacchi di panico”.
 

Il percorso è ancora lungo, ma Grignani ce la sta mettendo tutta: “Mi sto facendo aiutare per superare queste ansie e debolezze anche per la mia famiglia e i miei figli”. E’ tornato anche ad esibirsi e chi parlava già di un suo ritiro deve ricredersi: “Voglio bene al mio pubblico e mi piace esibirmi dal vivo. 

Ora sto suonando in acustico in giro per l’Italia, a novembre andrò anche in Europa, per poi arrivare a due eventi di dicembre per i miei 20 anni di carriera a Milano e Roma”. 

Infine, qualche parola sui video che per settimane hanno circolato sul web e che lo mostravano delirante in strada: “E’ incredibile pensare che mentre stavo male certa gente si è preoccupata di riprendermi e buttarmi in rete”.

giovedì 21 luglio 2016

Attacchi di panico: ecco cosa succede se non vengono curati

Se gli attacchi di panico non vengono curati nel modo corretto o non vengono curati affatto, si rischia di incorrere in situazioni e peggioramenti che molto spesso risultato invalidanti per chi ne è affetto: ecco quali sono le conseguenze.
Gli attacchi di panico, se non vengono curati, possono concorrere a rendere la nostra vita un incubo. Spesso l’ansia può essere un fattore invalidante ed è bene rendersi subito conto di aver bisogno di un aiuto concreto, invece di chiudersi in se stessi e diventarne succubi. Ecco quali sono le conseguenze più comuni degli attacchi di panico cronici.


Paura di aver paura: entriamo in un circolo vizioso che si nutre di se stesso. Finiamo con il temere l'arrivo dell'attacco e rimaniamo vigili e ansiosi verso ogni cosa. Ci blocchiamo e tutto questo finisce per condizionare pesantemente la nostra vita e quella di chi ci sta intorno.

Insonnia: questo lato riguarda gli attacchi di panico notturni in particolare, ma non solo. Abbiamo paura di svegliarci in preda alla tachicardia, temiamo di morire soffocati per via di quel costante nodo in gola e le nostre notti diventa pesanti e prive di sonno.

Solitudine: è senz'altro una delle conseguenze peggiori. Tra ansia e paura di nuovi attacchi, smettiamo di uscire, di mostrarci, soprattutto se assieme a questi arriva anche l'agorafobia, ovvero la paura degli spazi aperti. Perdiamo non solo gli amici, ma in particolare la nostra capacità di relazionarci con gli altri.

Perdita del lavoro: non è così raro. Se allo stress derivato dalla difficoltà nel prendere sonno tutte le notti, aggiungiamo l'ansia della paura di aver paura e l'isolamento conseguente alla vergogna che proviamo al solo pensiero di avere un attacco in pubblico, forse il lavoro è anche una delle prime cose che rischiamo di perdere nella nostra vita.

Depressione: capita che gli attacchi di panico siano la conseguenza o l'avvisaglia. Il senso di inutilità che cominciamo a percepire quando questo problema diventa invalidante, può farci cadere in uno stato depressivo e anche in questo caso si apre un circolo vizioso dal quale è sempre più difficile uscire se non ci si cura adeguatamente e in tempo.

Queste sono solo alcune delle conseguenze, forse fra le peggiori con cui rischiamo di scontrarci se non adottiamo subito una strategia contro questo mostro che, lentamente, ma inesorabilmente può divorarci. Uno psicologo, uno psichiatra o uno psicoterapeuta possono fare la differenza; ricordiamoci che le cure esistono e sono di due tipi, psicologica e farmacologica. Spesso se adottate assieme possono aiutarci a guarire del tutto.
Photo Credit: Pathdoc/Shutterstock.com

Michele Iacovone 

Urbanpost.it 

giovedì 19 maggio 2016

Eiffel65 - "Panico" ( Rough Mix Demo Version) [Lyrics Video]

Non so chi tu sia e che ci faccio qui?
mi sembra di aver preso in pieno un tir
è uno shock e crea un effetto wow
un bagliore di luce dopo un blackout
ma tu che ne sai? di cosa provo io..
vorrei vedere te qui al posto mio..
stesso club con la stessa house
e la solita gente ma sai alle volte
in un attimo è..
Panico
e sono in preda ad un attacco di panico
fino ad un minuto fa ero fantastico
ora ho un malessere psicosomatico
carico scarico… è un attimo e..
Panico
lascio passare questo senso di tragico
scende l’adrenalina e il tasso alcolico
ed è un miracolo se ora non vomito
carico scarico… lasciami un attimo
è andata così…meglio andare via
magari faccio un salto a casa tua
se dormo un pò mi perdonerai
non lasciarmi da solo non si sa mai (...)


mercoledì 11 maggio 2016

Attacchi di panico: le 10 cose cretine che dice la gente che non ha idea di cosa stia parlando

Le dieci cose che chiunque soffra di ansia o attacchi di panico si è sentito dire almeno una volta nella vita: frasi figlie di ignoranza davvero insopportabile.
 
Gli attacchi di panico sono una patologia altamente diffusa quanto seria. Purtroppo quando si parla di questo tipo di problematiche le persone che hanno la fortuna di non sperimentarle sulla propria pelle hanno la cattiva tendenza a dare opinioni, o ancor peggio, consigli non richiesti. Il fatto che questa malattia non abbia sintomi evidenti come la febbre o un ginocchio che sanguina non significa che chi la viva non stia tremendamente male. A peggiorare una situazione spesso compromessa ci si mettono proprio i giudizi continui e del tutto basati sul nulla di coloro che si improvvisano terapeuti di amici o parenti in difficoltà.
Sistematicamente, al posto che aiutare, queste sparate non fanno che alimentare il senso di essere “sbagliati” e “deboli” nei soggetti che soffrono di questa patologia. Se non avete una laurea in medicina evitatevi queste frasi e se proprio volete dare una mano accompagnate chi amate e si trova in difficoltà da un professionista, non si tratta di capricci e non basta la tanto millantata buona volontà. Ci vuole aiuto concreto e professionale.  
 
Ecco le frasi che almeno una volta nella vita chi soffre o ha sofferto di attacchi di panico e ansia cronica si è sentito dire. In quel momento ha pensato “Non bastava la sfiga di avere questa roba da gestire? Doveva pure toccarmi di sentire queste idiozie?“.
 
1 Ma di cosa hai paura? Non vedi che non succede niente? 
2 Sei tu che te li fai venire
3 Tieniti impegnato: chi ha tante cose da fare non ha tempo per farsi venire le paturnie
4 C è gente che ha dei problemi veri
5 Lo psicologo non serve a niente
6 I farmaci li prendono i pazzi, danno dipendenza e fanno male: curati con questo infuso di bacche che usava Nube Che Corre ne la signora del West.
7 Dai, calmati
8 Dipende solo dalla tua forza di volontà
9 È una moda
10 Vuoi fare la vittima. È un modo per attirare l’attenzione
 
 

domenica 1 maggio 2016

Attacchi di panico: quando la vergogna supera la realtà

L’attacco di panico è un mostro subdolo, un infiltrato che, lentamente, prende possesso della nostra vita ed entra dentro di noi senza chiederci il permesso. Può essere un giorno qualsiasi, un piovoso pomeriggio settembrino, una serata di calda estate, lui è lì che aspetta, che accumula e, lentamente, come un parassita, filtra nel nostro cervello e cambia il modo in cui percepiamo la realtà.

La vergogna è un monito che l'attacco di panico non manca di ricordarci. Quando siamo al parco con i nostri figli, quando spingiamo il passeggino lungo la strada di ghiaia accanto al naviglio. I nostri piccoli guardano i pesci, mentre noi speriamo di non vederli mai fare i conti con il mondo fatto di terrore, palpitazioni, tachicardie e visite mediche inutili che ci siamo creati. Perché non esiste umiliazione peggiore del trovarsi faccia a faccia con il panico mentre cerchiamo di passare una bella giornata, la nostra bella giornata, assieme agli amici. Cosa penserebbero di noi se ci vedessero boccheggiare, annaspare con gli occhi sbarrati e la paura di morire?
E allora inghiottiamo ogni cosa, diventiamo il serbatoio di noi stessi. Un barile che, prima o poi, è destinato a scoppiare sotto forma di sudore freddo, attacchi notturni ed elucubrazioni labirintiche senza vie di fuga. Non esiste nulla di più inumano dell'umiliazione ed è il regalo che l'attacco di panico ci lascia quando prende congedo in attesa di tornare. Questa non è una semplice battaglia, ma una guerra e noi dobbiamo alzare la testa e sconfiggere questo parassita a ogni costo. Dobbiamo parlarne, uscire allo scoperto, raccontare le nostre sensazioni e il nostro mondo interiore: la vergogna è il lucchetto con il quale il panico tenta di blindarci per sempre, ma abbiamo la chiave giusta e si chiama linguaggio. Molte persone si bloccano all'idea di provare vergogna per loro stessi, si sentono inadatte, troppo piccole e sole. Comunicare il nostro stato d'animo, invece, è il primo passo con cui si intraprende la via della guarigione. Parlatene con i vostri mariti, le vostre mogli, gli amici, i parenti, gli psicologici, urlate se lo sentite necessario, la salvezza può essere anche negli altri.
Photo Credit: Antonio Guillem/Shutterstock.com

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Michele Iacovone 

lunedì 4 aprile 2016

Attacchi di panico, il corso per prevenirli

Ad aprile il via alla 29esima edizione che non contempla l'uso di farmaci nella cura del disturbo. La struttura delle lezioni, come iscriversi

PONTEDERA — "Tachicardia, sudorazione improvvisa, tremore, sensazione di soffocamento, dolore al petto, nausea, brividi o vampate di calore, paura di morire o di impazzire, sono solo alcuni dei sintomi che caratterizzano un attacco di panico - hanno spiegato dalla Asl - Chi ha provato questa esperienza la descrive come terribile, spesso improvvisa ed inaspettata. La paura di un nuovo attacco può diventare immediatamente forte e dominante. Il singolo episodio può portare facilmente in un vero e proprio disturbo di panico, più per paura della paura che altro. La persona si trova così invischiata in un circolo vizioso che spesso ha come conseguenza la "agorafobia", ovvero la paura di luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile o imbarazzante allontanarsi, o nei quali potrebbe non essere disponibile un aiuto, nel caso di un attacco di panico. L’evitamento di tutte le situazioni potenzialmente ansiogene diviene la modalità prevalente: il soggetto si trova schiavo del suo disturbo, dipendente dagli altri (familiari , “accompagnatori”) e può sviluppare una depressione secondaria".
A partire dal 4 aprile 2016, nel poliambulatorio di via Fleming a Pontedera, avrà inizio la 29esima edizione del “Trattamento non farmacologico del disturbo di panico”.
Il corso si articolerà in dieci sedute di gruppo, di due ore ciascuna, che si terranno ogni lunedì. Gli incontri saranno condotti da un medico psichiatra e da un infermiere della psichiatria. I partecipanti avranno la possibilità di avere informazioni sulla natura del disturbo; imparare tecniche utili a controllare i sintomi fisici degli attacchi acuti d’ansia (controllo del respiro e della tensione muscolare); addestrarsi ad affrontare attraverso l’esposizione graduale le situazioni temute o evitate; identificare e modificare le convinzioni errate alla base del disturbo.
La 28esima edizione si è recentemente conclusa con grande soddisfazione dei partecipanti, i quali hanno apprezzato, tra l’altro, la possibilità di parlare apertamente del loro disturbo con gli operatori e gli altri membri del gruppo, senza più considerare l’attacco di panico un “tabù”. L’equipe di lavoro è composta dalla dottoressa Laura Pellegrini e dagli infermieri Federico Giunti e Paola Galardini.
Per l’appuntamento ci si potrà rivolgere agli infermieri Giunti e Galardini dal lunedì al venerdì (8-20) telefonando allo 0587-273341.

Qui News Valdera 

lunedì 21 marzo 2016

Ansia: ecco i 6 tipi più comuni

L’Ansia è un disturbo molto frequente che spesso può sfociare in vere e proprie crisi di panico, ne esistono di diverso tipo: ecco quali sono i più comuni

L’ansia è uno stato d’animo con una valenza sempre negativa: chiunque la provi, infatti, associa un profondo senso di disagio. Spesso rientra nei sintomi degli attacchi di panico e della depressione, pochi però sanno che esistono diversi tipi di ansia: ecco i 6 più comuni.

Ansia da panico: insorge con attacchi di estrema paura e causa disagio poiché giunge inaspettatamente e senza preavviso. Una caratteristica che la distingue è la paura di perdere il controllo sulle nostre azioni, impazzire o non essere in grado di prendere decisioni adeguate. In molti casi, poi, si parla di veri e propri attacchi di panico.
Ansia da stress: viene definita più tecnicamente disturbo da stress. La sua insorgenza è caratterizzata da reazioni eccessivamente ansiose rispetto a situazioni e stati emotivi stressanti. Iperattività, tensione, rabbia, disperazione, sono sintomi di questo tipo di ansia.
Ansia da ossessioni: spesso definito come disturbo ossessivo compulsivo, la sua insorgenza è caratterizzata da pensieri che noi stessi riusciamo a identificare come eccessivi o poco ragionevoli ma di cui non riusciamo a fare a meno o a liberarci. Un esempio è l'ossessione per l'ordine o per le malattie. Si è coscienti di questo tipo di ansia, ma non si riesce a trovare una via di fuga che ci renda indipendenti da essa.
Ansia da fobia: è definita come una paura immotivata, irrazionale e spesso incontrollabile nei confronti di una situazione, un'azione, un animale o degli oggetti. Viene classificata in due modi: fobia semplice e fobia sociale. La prima è la paura per un oggetto o una situazione, mentre con la seconda si teme il giudizio altrui, i luoghi affollati o una situazione che potrebbe comportare un'umiliazione.
Ansia da trauma:  viene definito come disturbo da stress post traumatico e, come dicono le parole stesse, è causata da un trauma vissuto nel passato e rimasto fra i ricordi. Gli eventi tragici possono riguardare lutti, violenze, incidenti gravi.
Ansia da pessimismo: questo tipo di ansia ha come caratteristica principale la negatività verso ogni pensiero o situazione. Infatti i pensieri ricorrenti sono pessimistici, catastrofici molte volte, si crede sempre che stia per succedere una qualche disgrazia, un evento che peggiorerà la nostra situazione.
Photo credit: Makkler0008/Shutterstock.com

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Michele Iacovone 

domenica 13 marzo 2016

Depressione stagionale: a causarla potrebbe essere un gene

I ricercatori dell’Università della California hanno trovato la causa dell’insorgenza della depressione stagionale e dei disturbi legati al ritmo sonno-veglia, nello specifico l’insonnia: ecco di cosa si tratta

Quali sono le cause della depressione stagionale e dell’insonnia? La Scienza sembra aver trovato una risposta a questa eterna domanda. La causa, infatti, potrebbe risiedere nella mutazione di uno specifico gene. Ecco di cosa si tratta
La depressione stagionale affligge ogni anno migliaia di persone, in Europa ha preso piede ormai da molti anni e la sua diffusione è in rapida crescita. I sintomi più comuni della depressione stagionale includono ansia e, in alcuni casi, attacchi di panico. Spesso si presenta nei cambi di stagione dall’estate all’autunno e dall’autunno all’inverno. Infatti, una riduzione delle ore di sole ha effetti negativi sul metabolismo. Gli scienziati, ora, sono riusciti a trovare una speranza. La possibilità di combattere la depressione stagionale, infatti, potrebbe risiedere in uno specifico gene; nel dettaglio, potrebbe trattarsi del gene PER3. Nell’organismo la sua funzione è quella di regolare il ritmo sonno-veglia.
Uno studio condotto all’Università della California guidato dal dottor Louis Ptáček, ha evidenziato un possibile difetto di questo gene: una sua mutazione, infatti, sarebbe alla base dell’insorgenza della depressione stagionale e dell’insonnia. Lo studio è stato condotto sul DNA di una famiglia i cui membri avevano l’abitudine di andare a letto molto presto – attorno alle 19:30 – svegliandosi in piena notte – attorno alle 4:30. Da questo monitoraggio i ricercatori hanno scoperto la responsabilità del gene PER3.
Photo Credit: Photographee.eu/Shutterstock.com

Urbanpost.it 

Michele Iacovone 

mercoledì 9 marzo 2016

Attacchi di panico: 7 miti da sfatare

Gli attacchi di panico sono un disturbo d’ansia sempre più comune fra la popolazione, in Italia ne soffrono almeno 10 milioni di persone, il primo modo per riuscire a sconfiggerli è la corretta informazione: ecco quali sono i luoghi comuni da sfatare










Gli attacchi di panico sono un disturbo sempre più diffuso in Italia, le persone affette sono circa 10 milioni e il numero continua a crescere anno dopo anno. Conoscere il modo in cui insorgono, le cause che li scatenano o, ancora, come riuscire a fermali o prevenirli è solo l’inizio di un percorso che spesso dura anni. La strada da intraprendere, però, è quella della corretta informazione. Ecco allora i 7 miti più comuni da sfatare sugli attacchi di panico.
Scopri di più sugli Attacchi di Panico
Gli attacchi di panico non sono un vero disturbo: falso. La patologia di cui stiamo parlando è riconosciuta dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, questo disturbo, se non correttamente trattato e preso per tempo, può diventare cronico e peggiorare.
Dagli attacchi di panico non si può guarire: falso. Sono due le strade con le quali è possibile curarli, quella psicoterapeutica e quella farmacologica. Spesso, per non dire sempre, le due vanno a braccetto. Se con la psicoterapia, infatti, la remissione è garantita nel 70% dei casi, i farmaci specifici servono per aiutare questo percorso di guarigione, attenuando i sintomi e, in molti casi, aiutando il cervello a ritrovare il proprio equilibrio biochimico.
Durante gli attacchi di panico perdiamo il controllo delle nostre azioni: falso. Non è corretto definirlo una perdita vera e proprio di controllo sulle nostre azioni, invece si ha la sensazione di perdere il controllo di noi stessi. Si tratta quindi di una paura del soggetto di poter non controllare più se stesso e non una vera realtà clinica.


Gli attacchi di panico conducono alla pazzia: falso. Uno dei sintomi principali è chiamato depersonalizzazione; il soggetto prova un senso di estraneità nei confronti dell'ambiente e di se stesso. Molte persone pensano quindi di essere affetti da una grave patologia mentale. Gli attacchi di panico sono disturbi meno gravi rispetto al bipolarismo o alla schizofrenia, ma possono comunque essere estremamente invalidanti.


Per risolvere gli attacchi di panico basta seguire una dieta sana: falso. Bere meno caffè, smettere di fumare e fare attività fisica sono senz'altro utili e necessari per alleviare la tensione e diminuire lo stress, soprattutto quello lavorativo. Nonostante questo, tutte le attività sopra citate non sono in grado di curare gli attacchi di panico, per farlo è necessaria una terapia psicologica nella quale il soggetto esplora e comprende l'origine delle sue paure e delle sue ansie, in casi nei quali è necessario, si associa, come già indicato, la giusta terapia farmacologica.
Gli attacchi di panico derivano da traumi infantili: falso. La causa esatta della loro origine non è ancora del tutto nota agli esperti. Molti studi concordano sulla possibilità che questa derivi da una disfunzione dell'Amigdala, chiamata ipersensibilità dell'Amigdala, una struttura cerebrale posta in entrambi gli emisferi del nostro cervello. I fattori individuati sono due: il fattore biologico e il fattore psicologico e di norma si influenzano a vicenda.
Gli attacchi di panico possono dare luogo a un infarto: falso. I sintomi più comuni sono tachicardia, palpitazioni, sudorazione, tremori, paura di morire. Queste caratteristiche, però, non danneggiano il cuore e non si rischia quindi un infarto.


urbanpost.it 

Michele Iacovone 


venerdì 29 gennaio 2016

Attacchi di panico: una lettera struggente di una persona che ne ha sofferto per 12 anni

“La paura della paura, le ossessioni perché se la porta si chiude resto intrappolato, il terrore di uscire a cena, la paura di un concerto, i percorsi alternativi che studi per non prendere la metropolitana per andare al lavoro, cercare le uscite di sicurezza…”

La nostra sezione Benessere si è spesso occupata di attacchi di panico trattandosi di una disturbo massivamente diffuso nella società contemporanea che interessa molti lettori. Riceviamo spesso commenti e richieste di informazioni più approfondite sull’argomento. La vigilia di Natale, però, ho ricevuto una mail di una nostra lettrice che racconta in maniera davvero struggente cosa significhi convivere con questo tipo di disturbo, quello che può arrivare a “prendersi” e l’inferno che ne deriva. La parte più importante del suo scritto, però, è nel finale in cui viene dimostrato come sia possibile uscire da questo tunnel superando i retaggi legati a vergogna e alle cure farmacologiche che spesso, a causa di pressapochismo informativo e profonda ignoranza, vengono stupidamente demonizzate. Abbiamo quindi deciso di pubblicare questa testimonianza, su richiesta di chi l’ha scritta e rigorosamente in forma anonima, per dimostrare che il dolore privato spesso è un dolore comune a molti dal cui giogo è possibile liberarsi.


Ho letto i vostri articoli sugli attacchi di panico (in particolare questo: Attacchi di panico come aiutare, 5 cose che dovete ricordarvi di dire a chi amate e che ne soffre) e ho provato un senso di sollievo. Sono una donna separata di 42 anni che soffre di questo male da 12 anni. Il senso di legittimazione che mi ha dato leggere tutti quei commenti di persone sconosciute che parlavano precisamente di quello che io provo ogni giorno, chiusa nella vergogna e nella solitudine di comunicarlo, mi ha fatto riflettere. Io non ho mai accettato di soffrire di una cosa tanto difficile da spiegare, in parte mi aspettavo che dicendolo a qualcuno non avrebbe capito. Per una volta nella vita, anche se in forma anonima, vorrei invece liberarmi e condividere con il mondo intero, protetta dall’anonimato, quello che una persona che soffre di attacchi di panico prova. Magari qualcuno troverà conforto nel riconoscersi, si sentirà meno solo e più “normale”. Altri, forse, che hanno persone che amano a fianco che ne soffrono potranno sforzarsi di capire quello che a loro pare indecifrabile.
La prima cosa che odio del panico è che è invisibile: un occhio pesto, un’allergia, persino un singhiozzo li puoi vedere ma il panico ti si agita dentro e ti fa scoppiare le bombe nel corpo senza dare alcun segnale esterno. Questo ti fa pensare che sei pazzo, perché è tutto nella tua testa, perché fuori non c’è niente, perché gli altri sono tranquilli. Questo fa anche credere agli stupidi, agli ignoranti, agli insensibili che tu finga. Come se ti piacesse il ruolo della malata.
Il panico ti lega a lui, ti sposa, ti entra sottopelle e non sparisce all’esaurirsi di un attacco. Nel frattempo resta l’ansia, iniziano i meccanismi perversi: la paura della paura, le ossessioni perché se la porta si chiude resto intrappolato, il terrore di uscire a cena, la paura di un concerto, i percorsi alternativi che studi per non prendere la metropolitana per andare al lavoro. La macchina che di colpo hai paura di guidare e il senso di umiliazione profonda che deriva dalla coscienza di essere diventato dipendente dagli altri. Da solo è impensabile, fa troppa paura. Se succede mentre guido? Se sbando e vado fuoristrada? Se succede in autostrada? I posti a teatro sempre vicini all’uscita di sicurezza, le scuse che ci si inventa per evitare un aperitivo, il terrore dei luoghi affollati e che manchi l’aria, la paura che venga un infarto mentre cammino. E’ come se si potesse avere una sorta di visione della morte senza morire davvero. L’ansia ti cambia, ti umilia, ti mette all’angolo, si mangia la tua personalità, si divora la tua vita. Tu non decidi più nulla, semplicemente vivi in punta di piedi per non svegliarla. E’ l’esperienza assoluta: nascere e morire insieme.
E poi la nascondi, te ne vergogni. Diventi bravissimo a mentire, a inventare le scuse migliori e più credibili per abbandonare una cena, una riunione, una festa. Non ti muovi senza un piano di emergenza per la fuga. Ho sbagliato, mi sono nascosta e mi sono vergognata a lungo. Mi sono colpevolizzata perché nonostante gli sforzi non passava, mi impegnavo ma non passava. L’anno scorso un’amica carissima, che ha capito senza che io le dicessi nulla, mi ha letteralmente trascinata da uno psichiatra. Già dalla prima seduta ho capito quanto tempo avessi perso: lui traduceva i miei sintomi e miei disagi come fossero la cosa più normale e più diffusa del mondo. Mi ha anche detto sorridendo che si tratta di una delle patologie più diffuse in assoluto e che quindi di cure ce ne sono davvero parecchie. Lo psichiatra mi ha detto che prima si cura l’urgenza, ovvero si fa rientrare l’attacco farmacologicamente e poi, quando sono serena, si lavora anche a livello terapico. Così abbiamo fatto. Mese dopo mese ho iniziato a smettere di soffrire, gli attacchi sono spariti anche se l’ansia generalizzata è rimasta. In 12 anni non avevo mai avuto una tregua di 10 mesi, ora facciamo anche terapia. Ho paura a dirlo, perché mi sembra troppo bello per poterci credere davvero, ma inizio a credere, per come stanno andando le cose, che curarsi e uscirne sia possibile. L’unica cosa che non è possibile è dimenticarli: non si torna mai più gli stessi dopo averne sofferto.
Grazie se pubblicherete questa lettera che spero di cuore possa servire ai tanti che conoscono questo dramma.”

Valeria Panzeri 

Urban Post