Visualizzazione post con etichetta Panico. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Panico. Mostra tutti i post

martedì 5 gennaio 2021

L'attacco di panico fa paura? Un aiuto viene dal senso del ritmo




È una crisi d'ansia acuta transitoria, non comporta danni alla salute. Ma attenzione, perché potrebbe trasformarsi in disturbo di panico e condizionare la quotidianità. Prima di tutto, fare respiri con regolarità.

Quando si parla di attacco di panico, s'intende una crisi d’ansia acuta, che si manifesta all’improvviso con una sintomatologia fisica ed emotiva, spesso senza stimoli che giustifichino la comparsa dei sintomi. Provoca un malessere intenso, e, se gli attacchi si ripetono, la quotidianità di chi ne soffre può essere compromessa, rendendo difficili semplici attività che fino a quel momento non creavano problemi. Ma cos’è davvero un attacco di panico? Come si manifesta, e soprattutto, come si cura? L’argomento è stato approfondito su un articolo apparso su Humanitasalute, con il contributo di Daniela Caldirola, psichiatra, specialista in disturbi d’ansia e panico in Humanitas San Pio X e ricercatore presso Humanitas University. Articolo che riportiamo di seguito integralmente.



Una crisi d'ansia acuta, ma transitoria


Un attacco di panico, la paura di morire
L’attacco di panico è un fenomeno che si presenta in maniera improvvisa e inaspettata, senza una diretta causa scatenante: può avvenire dal parrucchiere, mentre si fa la spesa, in qualsiasi momento e luogo, senza alcun preavviso. È caratterizzato da numerosi sintomi fisici, spesso molto intensi, accompagnati dalla paura di morire, perdere il controllo o impazzire. I sintomi raggiungono il picco d’intensità nell’arco di alcuni minuti e poi si risolvono spontaneamente. In alcuni casi possono però essere più prolungati o lasciare strascichi di malessere nelle ore successive. Pur essendo un fenomeno innocuo e senza dirette conseguenze sulla salute fisica, la sintomatologia dell’attacco di panico può essere tanto acuta da indurre la persona che ne fa esperienza a pensare di essere sul punto di morire per una qualche grave causa medica.  

Soffocamento, tachicardia... I sintomi dell'attacco di panico


L’attacco di panico si presenta con svariati sintomi fisici, tra cui difficoltà respiratorie (sensazione di mancanza di fiato o soffocamento), che sono i sintomi più frequenti, palpitazioni/tachicardia, dolore o fastidio al petto, sudorazione, tremore, formicolii o sensazione di intorpidimento, nausea o disturbi addominali, sensazione di sbandamento, di instabilità, di testa leggera o di svenimento, brividi o vampate di calore. 

Possono comparire anche sensazione di irrealtà (derealizzazione) o di sentirsi distaccati da se stessi (depersonalizzazione). In genere durante un attacco di panico la persona prova un’intensa paura di morire o di perdere il controllo o impazzire. Il fatto che l’attacco di panico possa essere erroneamente confuso, specialmente se la persona non l’ha mai vissuto prima, con un una patologia medica acuta, come un infarto del miocardio, un’aritmia, una crisi respiratoria, un ictus cerebrale, aumenta ancor di più il senso di terrore e rischio incombente.

Tuttavia, sappiamo che un attacco di panico si dissolve con la stessa velocità con cui si manifesta: può durare pochi minuti, ma questo non significa che debba essere sottovalutato il suo impatto emotivo. Per chi ha un attacco di panico in corso, cinque-dieci minuti sono percepiti come un’eternità.

Il rischio che l'attacco diventi disturbo di panico
L’attacco di panico è un fenomeno comune e di per sé innocuo. Si calcola che fino al 30% della popolazione può sperimentare in modo sporadico almeno un attacco di panico nella vita. In molti casi essi rimangono degli episodi isolati senza conseguenze, mentre in circa il 3%-4% della popolazione si sviluppa il vero e proprio Disturbo di Panico.



Questo disturbo è più comune nelle donne che negli uomini, con un rapporto di circa 2:1, e in genere insorge in età giovane adulta (20-30 anni). È una condizione clinica in cui gli attacchi si ripetono e chi ne soffre vive nel continuo timore che l’attacco possa ritornare, o che possa portare gravi conseguenze. Inoltre le persone affette hanno spesso sintomi fisici nella vita di tutti i giorni, anche al di fuori dell’attacco di panico, quali fatica a respirare, tachicardia, senso di instabilità, con un senso generale “di non essere in piena forma fisica”. 

Per questi motivi, la persona tende a modificare il proprio comportamento, per esempio sottoponendosi a ripetuti controlli medici nel timore di avere una malattia medica, o spesso limitando la propria libertà di movimento. Infatti la paura che i sintomi si manifestino in luoghi pubblici, in situazioni sociali, in luoghi chiusi, o, all’opposto, in spazi aperti, come centri commerciali, mezzi di trasporto, luoghi di lavoro, ascensori, strade/piazze, induce a evitare quei luoghi o quelle situazioni: pianificare e organizzare attività si fa sempre più difficile, la qualità della vita comincia sempre più a ridursi, la vita sociale, professionale e personale ne risulta invalidata. Se questa condizione è pervasiva, avremo un’agorafobia.    

Per uscire da un attacco di panico, cercare di ristabilire un ritmo regolare
È importante ricordarsi che, per quanto l’attacco di panico sia estremamente sgradevole, è un fenomeno transitorio, che scompare spontaneamente, non è un’emergenza medica e non comporta rischi per la salute fisica. Tentare di tenerlo presente quando capita l’attacco può contribuire a spegnere il circolo vizioso della paura che poi amplifica l’attacco stesso. È chiaro però che l’attacco di panico sia una condizione di allarme per la persona, per cui scattano dei meccanismi automatici difensivi, come per esempio andare in iperventilazione, cioè tentare di aumentare l’apporto d’aria con una respirazione frequente e superficiale, in risposta alla sensazione di soffocamento e mancanza d’aria tipica del panico.



Questa reazione però non è utile e innesca la cosiddetta alcalosi respiratoria, cioè un insieme di reazioni fisiche capaci di produrre delle sensazioni spiacevoli quali tremori, formicolii, sensazione di sbandamento e tachicardia che a loro volta incrementano la paura e quindi l’iperventilazione stessa, con ulteriore potenziamento dell’attacco.

È importante bloccare la risposta del nostro organismo all’allarme. Per far ciò, subito dopo che è scattato l’attacco si può controllare la respirazione cercando di ristabilire un ritmo regolare (per esempio immaginando un metronomo o un pendolo).

Si può anche provare a respirare in un sacchetto di carta, manovra che permetterà di evitare l’alcalosi respiratoria e le sue conseguenze, anche in presenza di una respirazione frequente e superficiale, perché induce a respirare la nostra stessa aria e quindi evita un’eccessiva eliminazione di anidride carbonica.

L’utilizzo di ansiolitici benzodiazepinici all’inizio dell’attacco non è raccomandato poiché questi farmaci iniziano a funzionare non prima di 15-20 minuti, quando l’attacco nella maggioranza dei casi è già scomparso da solo. Si rischia di creare una dipendenza psicologica, associando l’assunzione del farmaco alla risoluzione dell’attacco, che invece si è risolto spontaneamente.  

Consultare eventualmente uno specialista
Se la persona ha attacchi ricorrenti e sviluppa il disturbo di panico, con o senza agorafobia, è consigliato effettuare un colloquio con uno specialista psichiatra per valutare l’opportunità di intraprendere un trattamento specifico per bloccare gli attacchi e recuperare una piena libertà e serenità di vita.

I trattamenti di prima scelta consigliati dalle linee guida internazionali comprendono terapie farmacologiche, basate soprattutto sull’uso degli Inibitori Selettivi della Ricaptazione della Serotonina, e la terapia psicologica di tipo cognitivo-comportamentale, e offrono ottimi risultati.



In associazione a essi, è possibile migliorare la propria respirazione attraverso esercizi respiratorispecifici, utili soprattutto per le persone con sintomi respiratori durante o al di fuori dell’attacco di panico, così come possono essere intrapresi programmi personalizzati di attività fisica o di miglioramento della postura e dell’equilibrio, utili per le persone con sintomi di instabilità o sbandamento. 


L'attacco di panico fa paura? Un aiuto viene dal senso del ritmo




È una crisi d'ansia acuta transitoria, non comporta danni alla salute. Ma attenzione, perché potrebbe trasformarsi in disturbo di panico e condizionare la quotidianità. Prima di tutto, fare respiri con regolarità.

Quando si parla di attacco di panico, s'intende una crisi d’ansia acuta, che si manifesta all’improvviso con una sintomatologia fisica ed emotiva, spesso senza stimoli che giustifichino la comparsa dei sintomi. Provoca un malessere intenso, e, se gli attacchi si ripetono, la quotidianità di chi ne soffre può essere compromessa, rendendo difficili semplici attività che fino a quel momento non creavano problemi. Ma cos’è davvero un attacco di panico? Come si manifesta, e soprattutto, come si cura? L’argomento è stato approfondito su un articolo apparso su Humanitasalute, con il contributo di Daniela Caldirola, psichiatra, specialista in disturbi d’ansia e panico in Humanitas San Pio X e ricercatore presso Humanitas University. Articolo che riportiamo di seguito integralmente.



Una crisi d'ansia acuta, ma transitoria


Un attacco di panico, la paura di morire
L’attacco di panico è un fenomeno che si presenta in maniera improvvisa e inaspettata, senza una diretta causa scatenante: può avvenire dal parrucchiere, mentre si fa la spesa, in qualsiasi momento e luogo, senza alcun preavviso. È caratterizzato da numerosi sintomi fisici, spesso molto intensi, accompagnati dalla paura di morire, perdere il controllo o impazzire. I sintomi raggiungono il picco d’intensità nell’arco di alcuni minuti e poi si risolvono spontaneamente. In alcuni casi possono però essere più prolungati o lasciare strascichi di malessere nelle ore successive. Pur essendo un fenomeno innocuo e senza dirette conseguenze sulla salute fisica, la sintomatologia dell’attacco di panico può essere tanto acuta da indurre la persona che ne fa esperienza a pensare di essere sul punto di morire per una qualche grave causa medica.  

Soffocamento, tachicardia... I sintomi dell'attacco di panico


L’attacco di panico si presenta con svariati sintomi fisici, tra cui difficoltà respiratorie (sensazione di mancanza di fiato o soffocamento), che sono i sintomi più frequenti, palpitazioni/tachicardia, dolore o fastidio al petto, sudorazione, tremore, formicolii o sensazione di intorpidimento, nausea o disturbi addominali, sensazione di sbandamento, di instabilità, di testa leggera o di svenimento, brividi o vampate di calore. 

Possono comparire anche sensazione di irrealtà (derealizzazione) o di sentirsi distaccati da se stessi (depersonalizzazione). In genere durante un attacco di panico la persona prova un’intensa paura di morire o di perdere il controllo o impazzire. Il fatto che l’attacco di panico possa essere erroneamente confuso, specialmente se la persona non l’ha mai vissuto prima, con un una patologia medica acuta, come un infarto del miocardio, un’aritmia, una crisi respiratoria, un ictus cerebrale, aumenta ancor di più il senso di terrore e rischio incombente.

Tuttavia, sappiamo che un attacco di panico si dissolve con la stessa velocità con cui si manifesta: può durare pochi minuti, ma questo non significa che debba essere sottovalutato il suo impatto emotivo. Per chi ha un attacco di panico in corso, cinque-dieci minuti sono percepiti come un’eternità.

Il rischio che l'attacco diventi disturbo di panico
L’attacco di panico è un fenomeno comune e di per sé innocuo. Si calcola che fino al 30% della popolazione può sperimentare in modo sporadico almeno un attacco di panico nella vita. In molti casi essi rimangono degli episodi isolati senza conseguenze, mentre in circa il 3%-4% della popolazione si sviluppa il vero e proprio Disturbo di Panico.



Questo disturbo è più comune nelle donne che negli uomini, con un rapporto di circa 2:1, e in genere insorge in età giovane adulta (20-30 anni). È una condizione clinica in cui gli attacchi si ripetono e chi ne soffre vive nel continuo timore che l’attacco possa ritornare, o che possa portare gravi conseguenze. Inoltre le persone affette hanno spesso sintomi fisici nella vita di tutti i giorni, anche al di fuori dell’attacco di panico, quali fatica a respirare, tachicardia, senso di instabilità, con un senso generale “di non essere in piena forma fisica”. 

Per questi motivi, la persona tende a modificare il proprio comportamento, per esempio sottoponendosi a ripetuti controlli medici nel timore di avere una malattia medica, o spesso limitando la propria libertà di movimento. Infatti la paura che i sintomi si manifestino in luoghi pubblici, in situazioni sociali, in luoghi chiusi, o, all’opposto, in spazi aperti, come centri commerciali, mezzi di trasporto, luoghi di lavoro, ascensori, strade/piazze, induce a evitare quei luoghi o quelle situazioni: pianificare e organizzare attività si fa sempre più difficile, la qualità della vita comincia sempre più a ridursi, la vita sociale, professionale e personale ne risulta invalidata. Se questa condizione è pervasiva, avremo un’agorafobia.    

Per uscire da un attacco di panico, cercare di ristabilire un ritmo regolare
È importante ricordarsi che, per quanto l’attacco di panico sia estremamente sgradevole, è un fenomeno transitorio, che scompare spontaneamente, non è un’emergenza medica e non comporta rischi per la salute fisica. Tentare di tenerlo presente quando capita l’attacco può contribuire a spegnere il circolo vizioso della paura che poi amplifica l’attacco stesso. È chiaro però che l’attacco di panico sia una condizione di allarme per la persona, per cui scattano dei meccanismi automatici difensivi, come per esempio andare in iperventilazione, cioè tentare di aumentare l’apporto d’aria con una respirazione frequente e superficiale, in risposta alla sensazione di soffocamento e mancanza d’aria tipica del panico.



Questa reazione però non è utile e innesca la cosiddetta alcalosi respiratoria, cioè un insieme di reazioni fisiche capaci di produrre delle sensazioni spiacevoli quali tremori, formicolii, sensazione di sbandamento e tachicardia che a loro volta incrementano la paura e quindi l’iperventilazione stessa, con ulteriore potenziamento dell’attacco.

È importante bloccare la risposta del nostro organismo all’allarme. Per far ciò, subito dopo che è scattato l’attacco si può controllare la respirazione cercando di ristabilire un ritmo regolare (per esempio immaginando un metronomo o un pendolo).

Si può anche provare a respirare in un sacchetto di carta, manovra che permetterà di evitare l’alcalosi respiratoria e le sue conseguenze, anche in presenza di una respirazione frequente e superficiale, perché induce a respirare la nostra stessa aria e quindi evita un’eccessiva eliminazione di anidride carbonica.

L’utilizzo di ansiolitici benzodiazepinici all’inizio dell’attacco non è raccomandato poiché questi farmaci iniziano a funzionare non prima di 15-20 minuti, quando l’attacco nella maggioranza dei casi è già scomparso da solo. Si rischia di creare una dipendenza psicologica, associando l’assunzione del farmaco alla risoluzione dell’attacco, che invece si è risolto spontaneamente.  

Consultare eventualmente uno specialista
Se la persona ha attacchi ricorrenti e sviluppa il disturbo di panico, con o senza agorafobia, è consigliato effettuare un colloquio con uno specialista psichiatra per valutare l’opportunità di intraprendere un trattamento specifico per bloccare gli attacchi e recuperare una piena libertà e serenità di vita.

I trattamenti di prima scelta consigliati dalle linee guida internazionali comprendono terapie farmacologiche, basate soprattutto sull’uso degli Inibitori Selettivi della Ricaptazione della Serotonina, e la terapia psicologica di tipo cognitivo-comportamentale, e offrono ottimi risultati.



In associazione a essi, è possibile migliorare la propria respirazione attraverso esercizi respiratorispecifici, utili soprattutto per le persone con sintomi respiratori durante o al di fuori dell’attacco di panico, così come possono essere intrapresi programmi personalizzati di attività fisica o di miglioramento della postura e dell’equilibrio, utili per le persone con sintomi di instabilità o sbandamento. 


martedì 1 dicembre 2020

Ansia, panico e paura: distinguerli ancor prima di gestirli




Ansia, panico e paura, l’importanza di una strutturata formazione. Negli anni ‘80 si cominciò a focalizzare nel nostro Paese quanto fosse necessario affrontare in maniera articolata una nuova organizzazione della protezione civile e della sicurezza, non solo dal punto di vista legislativo ed operativo, ma anche dal punto di vista relativo alla formazione psicologica.

L’essere umano infatti è sempre soggetto ad un continuo sforzo di adattamento nei confronti del suo ambiente psicosociale e ad un continuo plasmarsi bio-psicologico al mondo circostante (P. Pancheri, 1980).

Solitamente gli operatori d’emergenza sviluppano una cosiddetta soglia di tolleranza relativamente elevata nei confronti di tutte quelle situazioni che potrebbero mettere a rischio il loro equilibrio psicologico (Psicologia dell’emergenza, L. Pietrantoni, G. Prati, Il Mulino, 2009).

Fondamentale per ogni operatore sanitario e soccorritore è quello di riuscire a riconoscere, ancor prima che gestire, reazioni quali: ansia, panico e paura. Imparare a riconoscere le manifestazioni, comprendere la differenza tra paura e panico, riconoscendo i segnali quali:
• Palpitazioni
• Aumento della frequenza del respiro
• Capogiri

ANSIA: COS’È, COME SI MANIFESTA

L’ansia è una complessa combinazione di emozioni come apprensione e preoccupazione, ed è spesso accompagnata da sensazioni fisiche come palpitazioni, dolori al petto e/o respiro corto, nausea, tremore interno (Sconfiggi l’ansia. Manuale pratico per liberarsi da paure, fobie, panico e ossessioni, 2018 di Martin M. Antony, Peter J. Norton, S. Bianco, EIFIS ed.)

COME SI MANIFESTA L’ANSIA:

Essendo l’ansia uno stato di attivazione generale dell’organismo che si prepara ad affrontare un compito abbiamo bisogno della massima energia:
– Il cuore batte più velocemente
– Aumenta la pressione del sangue
– La temperatura aumenta
– Effetto del sudore freddo
– I riflessi devono essere pronti quindi:
– I nervi sono più tesi
– Si pensa solo al compito da affrontare
– Non si riesce a stare fermi

PAURA: COS’È, COME SI MANIFESTA

La paura è sentimento derivante dall’essere esposto, o dal pensare di esserlo, a presunte situazioni di pericolo, reputate dall’individuo come minacciose o dannose.

La paura è quindi causata dalla percezione cognitiva di una minaccia; ed è di solito accompagnata da un’accelerazione del battito cardiaco e delle principali funzioni fisiologiche di difesa. È una risposta emotiva a una minaccia imminente.

Si associa alla cosiddetta “reazione di attacco o fuga” (fight or flight reaction), una reazione fisiologica del corpo umano che, davanti a una situazione di pericolo, ci mette in condizione di prepararci, appunto, a combattere o a fuggire (fu descritta per la prima volta da Walter Bradford Cannon).

PANICO: COS’È, COME SI MANIFESTA

Il panico può essere ricondotto a un mero stato di terrore per lo più collettivo e improvviso, non dominato dalla riflessione, che nasce a fronte di un pericolo reale o presunto, portando irresistibilmente ad atti avventati o inconsulti. Un improvviso timore che nasce senza motivo apparente, accompagnato da tentativi frenetici atti a garantirsi la sicurezza.

COME SI MANIFESTA IL PANICO:

Il panico è una reazione ansiosa acuta ed improvvisa dovuta ad una situazione pericolosa inaspettata, l’organismo non si è preparato e va in eccitazione:
– Il cuore batte fortissimo (cuore in gola)
– L’aumento della pressione provoca vertigini
– Il viso impallidisce
– Difficoltà a respirare, senso di asfissia
– Tremori provocati dall’improvvisa stimolazione muscolare

Di conseguenza la mente non preparata va in confusione avvertendo:
– Sensazione di catastrofe imminente
– Paura di perdere il controllo
– Le azioni sono confuse e illogiche, i pensieri confusi

Il panico, perciò, è causato da tutte quelle situazioni minacciose e impreviste nelle quali l’organismo si ritrova e che per salvarsi necessita di reazioni rapide e senza troppo tempo di riflessione.

Va da sé che la ragione viene sostituita dall’istintività e dall’emotività che hanno reazioni più veloci. Ciò porta la persona ad una perdita del controllo volontario delle proprie azioni.

Il sostegno emotivo è indispensabile per comprendere gli stati d’animo, le emozioni delle persone e aiutarle a gestire l’ansia.

I fattori ansiogeni possono essere valutati o come minaccia o come sfida, secondo le opzioni di gestione a disposizione.

I sostegni emotivi tendono a stimolare le energie per affrontare ciò che si può e deve affrontare ed a dare sollievo quando l’evento catastrofico non può essere né modificato né controllato (Gestire la crisi. Tecniche psicologiche e comunicative in emergenza M. Rampin, L. Anconelli, Libreria Militare Editrice, 2015).

Articolo scritto dalla dottoressa Letizia Ciabattoni


venerdì 2 ottobre 2020

Attacchi di panico, come riconoscerli, perché vengono e come superarli



Il disturbo di panico è caratterizzato da frequenti attacchi di panico non legati a situazioni specifiche e dalla paura di soffrire altri attacchi.

I sintomi

Un attacco di panico è un attacco improvviso di forti sensazioni di intensa apprensione, terrore e disastro incombente, accompagnate da sintomi fisici quali dispnea, palpitazioni, nausea, dolori al petto, senso di soffocamento e asfissia, capogiri, sudorazione profusa e tremori. Altri sintomi che possono manifestarsi nel soggetto durante un attacco di panico sono il senso di depersonalizzazione (il sentirsi come fuori dal proprio corpo) e di derealizzazione (un senso di irrealtà del mondo), paura di perdere il controllo, di impazzire o persino di morire. Non sorprende che questi soggetti spesso riferiscano di sentire, al sopraggiungere di un attacco di panico, un irrefrenabile bisogno di fuggire, in qualunque situazione si trovino. I sintomi tendono a manifestarsi con grande rapidità e a raggiungere un picco di intensità nell'arco di 10 minuti.

Le cause

L'attacco di panico può essere visto come un malfunzionamento del sistema che presiede alla paura; sul piano fisiologico, la persona sperimenta uno stato di attivazione vegetativa dovuto al sistema nervoso simpatico, un livello di arousal che sarebbe una risposta appropriata ad un pericolo immediato che minacciasse la vita del soggetto. Ma poiché i sintomi non hanno una spiegazione oggettiva, la persona cerca in ogni modo di dare un senso alla propria esperienza; se incomincia a credere di stare per morire, perdere il controllo o diventare pazza, con ogni probabilità la sua paura aumenterà ulteriormente. Circa il 90% delle persone che soffrono di un disturbo di panico riferiscono di avere queste convinzioni ogni volta che sono colte da un attacco.

Quando sopraggiungono all'improvviso, gli attacchi di panico sono detti inaspettati; tali attacchi possono manifestarsi mentre il soggetto è rilassato o addirittura mentre dorme. Quando l'attacco è invece provocato da una situazione specifica, per esempio il guidare un'automobile, si parla di attacchi situazionali (Kring et al, 2008).

La diagnosi

Secondo il DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, quinta edizione, 2014) la diagnosi di disturbo di panico è possibile se sono presenti almeno 4 dei seguenti sintomi: palpitazioni o tachicardia, sudorazione, tremori, sensazione di fiato corto o di fatica nel respirare, sensazione di soffocamento, dolore retrosternale, nausea o dolori addominali, vertigini, sensazione di instabilità, testa leggera o sensazione di svenimento, brividi o vampate di calore, parestesie (sensazioni di formicolio o di intorpidimento), derealizzazione (sensazioni di irrealtà) o depersonalizzazione (sentirsi separato da se stesso), sensazione di perdita del controllo o di “impazzire”, paura di morire.

Le cause degli attacchi di panico possono essere molto diverse tra loro. In genere il primo attacco si verifica durante un periodo particolarmente stressante dell'individuo. Lo stress può essere dovuto ad un evento acuto oppure alla presenza di numerosi fattori concomitanti. Le principali cause di un attacco di panico possono essere: lutti, malattie gravi, cambiamenti importanti nella vita (matrimonio, lavoro, separazioni), periodi di iperlavoro o di scarso riposo, situazioni relazionali conflittuali, cambiamenti di ruolo a livello lavorativo (ad esempio, il pensionamento), traumi, problemi economici.

L'agorafobia

Gli individui con disturbo di panico mostrano determinate preoccupazioni  sulle conseguenze degli attacchi di panico. La preoccupazione per il prossimo attacco o per le sue implicazioni sono spesso associate con lo sviluppo di condotte di evitamento. Queste possono determinare una vera e propria agorafobia, nel qual caso viene diagnosticato il disturbo di panico con agorafobia. L'agorafobia (dal greco agorà, che significa “piazza del mercato”) viene definita come la paura di situazioni in cui potrebbe essere difficile o imbarazzante allontanarsi, nel caso sopraggiungesse un attacco di panico. Spesso il soggetto teme tutti i luoghi pubblici dove mostrare i sintomi dell'attacco di panico causerebbe grande imbarazzo. Tra le situazioni che più innescano questo tipo di fobia troviamo: guidare l'auto, attraversare un ponte, trovarsi in negozi o centri commerciali oppure in chiesa o in mezzo alla folla. Molti pazienti affetti da agorafobia sono incapaci di uscire di casa e quelli che ci riescono lo fanno con grave disagio.

La cura

Per curare il disturbo da panico si ricorre alla psicoterapia che in alcuni casi può non essere risolutiva a causa della cronicizzazione dei sintomi. Di pari passo alla psicoterapia si possono utilizzare: tecniche di rilassamento, meditazione mindfulness e EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing - Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari), un approccio terapeutico utilizzato per il trattamento del trauma e di problematiche legate allo stress, soprattutto allo stress traumatico. Si possono associare anche cure farmacologiche attraverso benzodiazepine e antidepressivi.


Dal Sito: milleunadonna.it

martedì 7 luglio 2020

La paura degli attacchi di panico


A volte i primi attacchi si verificano di solito in situazioni agorafobiche (come guidare da soli o viaggiare su un autobus in città) o in situazioni di affollamento come grandi magazzini, feste di piazza, concerti...

La paura degli attacchi di panico rende difficili e ansiogene tantissime funzioni che noi diamo per scontate come uscire di casa da soli, viaggiare in treno, autobus, aereo, guidare l’auto, stare in mezzo alla folla o in coda, e a volte anche rispondere al telefono pensando continuamente che ci possano comunicare qualcosa di disastroso. Ma come ha inizio un attacco di panico?
Gli attacchi sono più frequenti in periodi stressanti. Sono alcuni eventi di vita che possono essere imputati come fattori precipitanti, anche se non provocano necessariamente un attacco di panico. Tra gli eventi di vita riferiti come scatenanti un attacco di panico:
problemi familiari gravi
il matrimonio o la convivenza
la separazione
il lutto o la malattia di una persona significativa
aver subito qualche forma di violenza
problemi economici e lavorativi
A volte i primi attacchi si verificano di solito in situazioni agorafobiche (come guidare da soli o viaggiare su un autobus in città) o in situazioni di affollamento come grandi magazzini, feste di piazza, concerti…
Gli eventi stressanti esterni che abitualmente in una situazione di normalità non scatenano i sintomi dell’attacco di panico possono essere: il caldo, le condizioni climatiche umide, l’abuso di alcool caffeina, psicofarmaci, possono far insorgere sensazioni psicofisiche anormali. Queste anomalie vengono interpretate in maniera catastrofica, e aumentano il rischio di sviluppare attacchi di panico.
L’attacco di panico ha un inizio improvviso, raggiunge rapidamente l’apice entro 10 minuti e ha una durata molto variabile. I sintomi tipici degli attacchi di panico sono:
Dolore o fastidio al petto,Palpitazioni/tachicardia (battiti irregolari, pesanti, agitazione nel petto, sentirsi il battito in gola)
Brividi, sudorazione e vampate di calore.
.Parestesie (sensazioni di intorpidimento o formicolio)
Sensazioni di sbandamento, instabilità (capogiri e vertigini)
Sensazione di asfissia o soffocamento (stretta o nodo alla gola)
Sensazioni di derealizzazione (percepire il mondo esterno come strano e irreale, sensazioni di stordimento e distacco)
Sensazioni di depersonalizzazione (alterata percezione di sé caratterizzata da sensazione di distacco o estraneità dai propri processi di pensiero o dal corpo)
Tremori fini o a grandi scosse
Paura di perdere il controllo o di impazzire (come la paura di fare qualcosa di vergognoso in pubblico o la paura di scappare quando colpisce il panico o di perdere la calma).
Non tutti questi sintomi descritti sono necessari perché si tratti di un attacco di panico.  A volte nemmeno si riconoscono come sintomi di attacchi di panico e si pensa di avere una malattia fisica come un infarto o in generale problemi cardiovascolari. Vi sono molti attacchi caratterizzati solo o in particolare da alcuni di questi sintomi. La frequenza e la gravità dei sintomi possono variare ampiamente nel corso del tempo e delle circostanze. Evitare tutte le situazioni che potenzialmente sono ansiogene diventa la modalità prevalente ed il paziente diviene schiavo del panico. Costringerà  tutti i familiari ad adattarsi di conseguenza, a non lasciarlo mai solo o sola e ad accompagnarlo, accompagnarla praticamente da qualsiasi parte. Ma è veramente soltanto un momento di paura, rabbia, abbandono, mettersi in mostra ovvero bisogno di attenzioni come a volte viene diagnosticato in famiglia? Ho visto da poco una madre e figlia che parlando dei tic importanti della figlia, si è espressa dicendo “anche a me una mattina mi tremava l’occhio ma poi mi è passato”. Segno che né i tic della figlia e né le sue dichiarazioni di attacchi di panico sono serviti per far capire che il sintomo è soltanto la punta dell’icesberg. Che gli psicofarmaci possono eliminare il sintomo ma non la causa di questi attacchi che sono acuti e migliorare i tic che sono cronici. Ma la radice è la stessa: disagio di un qualche trauma psicoaffettivo che la ragazza non ha superato a livello del Sè profondo e che il corpo attraverso il Sè corporeo esprime sottoforma di questi disturbi. Parleremo dei tic e dei loro segreti…per intanto sappiate che a volte poche sedute terapeutiche possono liberare per sempre dagli attacchi di panico lasciandoti in compagnia di te stesso/stessa e dei tuoi buoni talenti.

Dal Sito: siciliareport.it

sabato 14 marzo 2020

Crisi di panico: dai sintomi alla cura





Le crisi di panico (o attacchi di panico) si registrano quando un forte e diffuso senso di paura e di ansia manifesta in assenza di reali motivi di pericolo. Sono crisi improvvise, imprevedibili e ricorrenti. Non hanno una durata prolungata: da pochi secondi a qualche minuto (fino a 10-15 minuti). Ma per la loro intensità sembrano, per chi ne soffre, non avere fine.

Velocemente si scatenano paure ataviche come quella di morire, impazzire, perdere totalmente il controllo, depersonalizzare quanto sta accadendo, fuggire dal luogo dove si sta manifestando il disturbo. La paura esterna diventa una paura interna e mette in dubbio la propria sopravvivenza mentale e fisica. Ma le crisi di panico non sono pericolose e quando vengono diagnosticate e trattate bene si risolvono nel 90% dei casi.


Crisi di panico: riconoscere i sintomi


La diagnosi di disturbo di panico (si chiamano così quando le crisi di panico sono ricorrenti e influenzano negativamente la vita della persona) è codificata dal DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali). L'attacco deve rispondere a precisi criteri. Per essere inserito nella categoria disturbo da panico, deve presentare un carattere cronico superiore ai 6 mesi e la paura, per almeno 1 mese, che si ripresenti la crisi).

La prima crisi può presentarsi già nel periodo della tarda adolescenza e ha una incidenza maggiore nelle donne. La crisi di panico mette in moto le reazioni del sistema somatico e cognitivo. Alcuni disturbi li abbiamo già anticipati. Ma sono importanti alcuni sintomi o sensazioni somatiche:


sensazione di perdita dei sensi

arrossamento del viso

ritmo cardiaco accelerato con sensazione di dolore al torace

palpitazioni

vertigini

formicolii a viso, mani, piedi

nausea

crisi di pianto

azzeramento della salivazione

senso di soffocamento, fame d'aria

iperventilazione

sensazione di sbandamento

sudorazione o brividi

tremori

sbalzi di pressione .


Crisi di panico: come si curano


Il trattamento delle crisi di panico è codificato da linee guida internazionali, contenute nel NICE, National Institute for Health and Clinical Excelence. Si tratta inn particolare di tecniche di rilassamento e protocolli di psicoterapia di tipo cognitivo-comportamentale. Come abbiamo visto, il pericolo non è reale: bisogna dunque lavorare sull'atteggiamento del paziente. Per esempio, aiutandolo a capire le reazioni del suo corpo in specifiche situazioni, individuando e riducendo le situazioni di stress, supportandolo nella prevenzione delle ricadute.

Possono essere prescritte anche terapie farmacologiche a base di antidepressivi (non provocano dipendenza) e di ansiolitici come le benzodiazepine (possono portare ad una dipendenza e vengono normalmente utilizzati solo all'inizio della terapia).

Dal Sito: dica33.it

mercoledì 8 gennaio 2020

Ecco tre modi per placare i pensieri e le emozioni negative


Ogni giorno veniamo a contatto con le nostre emozioni e i nostri pensieri che non sempre sono positivi. Ecco tre modi infallibili per placare le emozioni negative. 

La nostra vita è fatta di emozioni dalle mille sfumature, quelle bellissime piene di luce e che fanno battere il cuore e quelle buie che generano ansia, inquietudine e pensieri negativi. Le emozioni negative sono quelle che condizionano il nostro modo di vivere e di pensare e che innescano un vortice di ansia e paura che a volte toglie il fiato. 

Cosa fare per arginare questo genere di emozioni che mozzano il respiro che a volte ci tolgono anche la speranza nel futuro? Ecco tre modi per placare le emozioni e di conseguenza anche i pensieri negativi. Il segreto? Capire che tutto parte da noi e tutto può essere cambiato da noi stessi.

Tre modi per placare le emozioni e i pensieri negativi

Se siete tra quelli che ogni giorno debbono fare i conti con ansia, panico e un orda di pensieri negativi che riempiono la mente, ecco tre modi per placare le emozioni negative come rabbia, risentimento, paura, solitudine e preoccupazione. Tre strategie vincenti per accettare, capire e combattere questi stati emotivi che a volte possono diventare anche distruttivi.

Accettare

Accettare e capire che lo stato emotivo negativo appartiene ad un attimo che passerà, aiuterà a razionalizzare il momento e ad accettare che non sempre la vita può essere perfetta. Essere consapevoli che emozioni come la rabbia o la paura esistono e hanno fatto capolino nella nostra vita, ci aiuterà a vivere e a stare nel momento e a liberare le nostre paure più profonde.

Capire

Quando veniamo a contatto con i nostri pensieri negativi e con le nostre paure, una cosa che può aiutarci a superarle è capire da cosa e come sono nate. Quali sono le circostanze che hanno innescato l’emozione negativa? In questo modo, potremo analizzare in profondità noi stessi, capire come i nostri pensieri fluiscono e riescono ad influenzare la nostra vita.

Combattere

Una volta capita la natura dei nostri pensieri e anche la causa delle emozioni negative, si potranno combattere questi stati dell’anima, contrapponendo un pensiero positivo molto potente, un ‘mantra’ che possa allontanare il negativo che si è appropriato della nostra mente. Trovare una frase positiva che ci appartenga, sedersi o sdraiarsi in un luogo tranquillo e meditare queste parole piene di speranza e luce, aiuteranno ad allontanare i pensieri e le emozioni che hanno minato la nostra serenità e potranno guarirci interiormente.

Dal sito: chedonna.it

giovedì 12 dicembre 2019

Training autogeno: esercizi e benefici



Il training autogeno è una tecnica di rilassamento che può aiutare coloro che per diverse motivazioni sono affetti da stress e che vogliono avere un maggiore controllo del loro corpo

Il training autogeno è una tecnica di rilassamento terapeutico ideata nel ventesimo secolo dal neurologo Johannes Heinrich Schultz. Gli esercizi effettuati aiutano a rilassare profondamente la mente ed il corpo. 

E' una tecnica di rilassamento che aiuta le persone a raggiungere da sole questo stato di relax grazie a delle autosuggestioni che si riferiscono a sensazioni corporee come pesantezza, calore, freschezza e calma.

Il training autogeno è basato sull'autosuggestione: durante una giornata spesso ci si lascia influenzare dai messaggi e dalle informazioni ricevute e questo causa tensioni e stress che diventano a seconda dei casi difficilmente controllabili. 

Il training autogeno può essere praticato a scopo preventivo o per curare problemi come stress, ansia, insonnia. In base alle diverse necessità si può decidere di seguire lezioni individuali, di coppia o di gruppo. E' fortemente consigliato anche a chi pratica sport a livello agonistico o a chi svolge una attività lavorativa particolarmente stressante.

Obiettivi del training autogeno

- riportare equilibrio tra il sistema nervoso vegetativo e quello endocrino in virtù del fatto che entrambi sono influenzati dal visssuto emotivo
- modificare situazioni psico-patologiche attraverso il decondizionamento, migliorando vissuti psicologici
- indurre un benessere generale

All'inizio di una terapia è lo specialista che indica al paziente il metodo migliore per elaborare il vissuto che emerge durante i momenti di rilassamento e per sviluppare in modo adeguato la capacità personale di autosuggestionarsi.

La seduta di training autogeno inizia con una fase di raccoglimento per stabilire la calma, col paziente che si deve lasciare guidare dalla voce del terapeuta. Le condizioni per praticare il training sono una stanza silenziosa, riscaldata e con poca luce e vestiti comodi. E' fondamentale una respirazione profonda.

Posizioni del training autogeno

Posizione supina - E' la posizione che facilita di più il rilassamento: bisogna stendersi su un materassino con un cuscino sotto la testa e sotto le ginocchia per facilitare il rilassamento muscolare. Occhi chiusi, gambe divaricate e piedi rilassati verso l'esterno.

Posizione in poltrona - Bisogna scegliere una poltrona che abbia la giusta altezza da terra e braccioli e schienale. I piedi devono toccare il pavimento, le gambe devono essere leggermente aperte.

Posizione del cocchiere - Seduti su una panca o su uno sgabello senza schienale, leggermente accasciato.

Le fasi del training autogeno

- allenamento con esercizi di base
- modificazioni autogene: ciclo superiore
- allenamento alla meditazione autogena
- metodi di neutralizzazione autogena

Training autogeno inferiore - Esercizi

Nella prima fase di training autogeno biogna svolgere esercizi in sequenza che hanno come obiettivo quello di distendere muscoli, vasi sanguigni, cuore, respirazione, organi addominali e capo. 

Esercizio della pesantezza - Ha l'obiettivo di distendere tutta la muscolatura.

Esercizio del calore - Ha l'obiettivo di sperimentare la sensazione di calore, immaginando per esempio che un braccio diventi molto caldo. 

Esercizio del cuore - Ha l'obiettivo di regolarizzare l'attività cardiaca

Esercizio del plesso solare - Deve attivare la vasodilatazione nella zona addominale. 

Esercizio della fronte fresca - Ha l'obiettivo, diversamente dagli altri esercizi, non di vasodilatare ma di vasocostringere limitatamente alla testa. 


Training autogeno superiore - Esercizi

Visualizzazione del colore personale - Raggiunto un primo stato di concentrazione, bisogna scegliere una tonalità affettiva.

Visualizzazione dei colori dello spettro solare - Consiste nel visualizzare tutti i colori dello spettro solare capendo così il significato emotivo di ogni colore.

Visualizzazione - Visualizzare gli oggetti che compaiono nel campo visivo interiore che corrispondono a ricordi, sentimenti, contenuti inconsci che causano disturbi.

Visualizzazione di concetti - Esercizio che consiste nella visualizzazione di concetti astratti come la bellezza, l'amore e l'autonomia.

Visualizzazione di vissuti personali - Si lasciano arrivare dal profondo stati d'animo, esperienze ed avvenimenti che hanno condizionato la persona.

Visualizzazione di persone - Si viene invitati a visualizzare una persona ed a rapportarsi direttamente con la propria affettività e la capacità di relazionarsi con gli altri.

Dialogo con l'inconscio - Esperienza meditativa con il paziente che fa domande al proprio inconscio ed aspetta che dal profondo della sua psiche possano arrivare delle risposte adeguate. 

Le tecniche terapeutiche di training autogeno sono efficaci nei casi di: attacchi di panico, disturbi d'ansia, fobie, tic e balbuzie, disturbi del sonno, dipendenze da sostanze come il fumo, disturbi della sfera sessuale e disturbi alimentari.

Può essere inoltre efficace nei casi di: colon irritabile, gastrite, stipsi, colecistopatia, tachicardia, bradicardia, angina pectoris, dismenorrea, asma, disturbi della pelle. Il training autogeno è invece sconsigliato nei casi di ipocondria, profonda depressione.

I benefici psicofisici sono:

- autoregolazione delle funzioni corporee involontarie (apparato cardiocircolatorio, respiratorio e viscerale)
- migliorare la concentrazione e la memoria
- modificare la percezione del dolore

Training autogeno - Benefici sul lavoro e nello sport

- controlla l'aggressività
- maggiore efficienza
- miglioramento del rapporto con gli altri
- vivere meglio le difficoltà
- controllare lo stress
- vivere meglio la competizione
- migliorare le prestazioni sportive
- imparare a gestire l'iperattività nei bambini

giovedì 14 novembre 2019

Attacchi di panico: l’improvvisa paura di morire


Gli attacchi di panico, manifestazioni sempre più diffuse nella nostra società, sono episodi di ansia intollerabili e incontrollabili che hanno una durata massima di 20 minuti Arrivano all’improvviso, un  attimo prima, chi ne soffre, è sereno e quello dopo è in preda ad un’ansia incontrollabile. In realtà dietro ad un attacco di panico c’è sempre un fattore scatenante, solo che non lo si riesce a comprendere.

Sintomi degli attacchi di panico

I sintomi che si verificano durante un attacco di panico possono essere fisici o psicologici.

I principali sintomi fisici sono:

Tachicardia (ovvero battito cardiaco accelerato) e palpitazioni

Aumento improvviso della sudorazione con conseguenti brividi e vampate di calore

Tremori che possono arrivare a generare anche grandi scosse

Parestesia

Iperventilazione e sensazione di soffocamento

Sensazione di fastidio o dolore al petto

Nausea

Sbandamento e sensazione di instabilità con giramenti di testa

Derealizzazione e depersonalizzazione

Paura di perdere il controllo della situazione o morire

A livello psicologico invece i normali pensieri si modificano, sorge la paura che stia accadendo qualcosa di grave, come se quello provato fosse l’avvertimento di un infarto, di uno svenimento e di un’imminente morte. La principale conseguenza di tutto ciò è la caduta in un loop per cui la persona colpita teme che l’attacco di panico possa ri-verificarsi in qualsiasi momento. E così una semplice crisi si trasforma in disturbo di panico. Si comincia ad aver paura della paura stessa.

L’attacco di panico dipende da diversi fattori e i pensieri che si generano in questa situazione fanno sì che successivamente, i soggetti colpiti, scambino normali fattori fisici, come stanchezza o stress, per segnali di pericolo. Gli attacchi di panico rientrano all’interno dei disturbi d’ansia. Ci sono particolari eventi della nostra vita, come un trauma o uno shock, che possono generare episodi di panico.

Attacchi di panico: cosa fare?

È importantissimo trattare, fin da subito, gli attacchi di panico per evitare che questi rimangano latenti e portino ad un aumento dei normali livelli d’ansia e ad un disturbo vero e proprio. Ma cosa fare se si è da soli e si sta vivendo un improvviso attacco di panico?

Anche se molti esperti sostengono che le tecniche di rilassamento aiutano, quando ci troviamo di fronte ad un disturbo di panico non sono sufficienti. Serve supporto psicologico e terapeutico per capire a fondo cosa lo scatena e come superarlo.

Ci sono però delle cose che si possono fare per controllare una crisi nel momento in cui questa si verifica. Per prima cosa, è necessario ricordare che un attacco di panico non può avere nessuna conseguenza dannosa sul nostro corpo. Ciò che si prova in quel momento è, in realtà, una combinazione derivante dall’attività di un sistema nervoso particolarmente sensibile e la sua tendenza a sovrastimare la presenza di pericoli. Il problema è che il nostro organismo entra in difesa quando non c’è nessun pericolo da combattere, producendo adrenalina non necessaria.

È fondamentale rendersi conto che anche se si ha la sensazione di svenire questo non accadrà, provare a riavere il controllo sul proprio respiro e ripetersi che si tratta di un attacco di panico e non di un reale pericolo, non ci succederà nulla di male. Risulta molto utile sedersi, chiudere gli occhi e respirare profondamente per ristabilire un equilibrio. Sbadigliate e distendete il corpo dalla testa ai piedi, lo sbadiglio forza l’aria ad entrare nei polmoni e aiuta a ripartire da zero.

Un’altra tattica utile è pensare a una persona fidata, a cui si è particolarmente legati e che ci aiuta nei momenti di sconforto. Questo perché spesso l’attacco di panico riflette un profondo senso di solitudine. O ancora camminare, il movimento aiuta a liberarsi dell’adrenalina in eccesso. Infine, superato il primo momento cercate di occupare la mente, distraetevi e impegnatevi in qualcosa. È importantissimo spostare l’attenzione, dai pensieri catastrofici che si generano durante l’attacco di panico, a qualcosa di bello, che vi fa stare bene.

L’attacco di panico passa, non è nulla di pericoloso o dannoso, ma è solo la risposta (errata) del nostro corpo a una situazione di allarme generata da pensieri inconsci.

Se invece ci si trova davanti ad un persona con un attacco di panico in atto, le cose da fare sono:

Mantenere la calma e non agitarsi a propria volta, cosa che peggiorerebbe ulteriormente la situazione.

Accompagnare la persona in questione in un luogo più tranquillo dove farla sedere e respirare.

Cercare di parlare lentamente, usando un tono calmo e confortante.

La cura degli attacchi di panico

Le persone che solitamente soffrono di attacchi di panico, cercano di fuggire da situazioni e persone che possono provocarli. Assumono soluzioni che alla lunga possono rivelarsi limitanti (ad esempio portare sempre con sé dei medicinali da assumere in caso di attacco). Si inizieranno ad evitare anche azioni in cui si verifica una normale attivazione fisiologica dell’organismo, come bere un caffè o fare attività fisica. La paura di un nuovo attacco porta il soggetto a vivere in un perenne stato di ansia e irritabilità.

Una soluzione definitiva al disturbo di panico può essere la Terapia cognitivo comportamentale. Recenti studi hanno dimostrato come, grazie a questo metodo, l’80% dei pazienti si libera definitivamente degli attacchi di panico dopo un breve periodo di trattamento.

La terapia cognitivo comportamentale prevede il raggiungimento di 5 obiettivi fondamentali:

Scoprire quali sono le proprie fonti di stress ed eliminarle.

Lavorare sulla tolleranza dell’ansia, innalzandone la soglia, ristabilendo un senso di equilibrio e sicurezza.

Indebolire gli schemi di minaccia, paura e pericolo che sottostanno agli impulsi fisici e mentali.

Cercare di adottare una spiegazione alternativa realistica ai sintomi che causano paura e angoscia.

Smettere di evitare determinate situazione ma al contrario affrontarle senza paura.

Per raggiungere questi 5 obiettivi, questa terapia si avvale di: educazione al modello di Terapia Cognitiva del Panico, induzione dei sintomi in seduta con conseguenti compiti da svolgere a casa, ristrutturazione cognitiva degli esiti catastrofici più temuti delle sensazioni fisiche, esposizione graduata dal vivo e prevenzione delle ricadute.

La terapia cognitivo comportamentale vuole aiutare il paziente a capire che i sintomi fisici avvertiti sono la conseguenza di un alterato stato d’ansia. Non sono pericolosi. Questa nuova consapevolezza aiuta ad uscire dal circolo vizioso degli attacchi di panico.

Gli esercizi di esposizione enterocettiva servono a suscitare in seduta, delle sensazioni simili a quelle che si avvertono durante un attacco. In questo modo si allena l’abitudine a controllarli e vincerli, senza ricorrere alla fuga.

La ristrutturazione cognitiva invece, svolge due funzioni fondamentali: offre al paziente una spiegazione alternativa rispetto alle sensazioni fisiche esterne e interne provate durante l’attacco di panico. L’obiettivo è quello di far realizzare al soggetto che i suoi pensieri sono una conseguenza di un pensiero distorto sul fatto che i sintomi fisici siano dovuti a qualcosa di grave in atto. Anche l’esposizione in vivo è fondamentale nella terapia cognitivo-comportamentale, soprattutto quando il paziente evidenzia una agorafobia grave. L’obiettivo è imparare a gestire l’ansia.

Dal Sito: infocilento.it

domenica 3 novembre 2019

Attacco di panico, ecco i 7 modi per aiutare chi ne è colpito


Oltre il 13% delle persone è suscettibile agli attacchi di panico, che può essere molto intenso e angosciante. Quali sono i sintomi e come puoi rispondere al meglio?
Attacco di panico: ecco come fronteggiarlo al meglio.

Educa te stesso

Secondo la Mental Health Foundation, il 13,2% delle persone ha subito un attacco di panico.

Se conosci qualcuno che ne soffre spesso, può essere utile capire meglio cosa sono.

Gli attacchi possono durare da 5 a 30 minuti, con sintomi quali respirazione rapida, sudorazione, battito cardiaco accelerato, brividie nausea.

Stai calmo

“Se stai avendo un attacco di panico breve e improvviso, può essere utile avere qualcuno con te che ti rassicuri sul fatto che passerà“, afferma Paul Salkovskis, professore di psicologia clinica e scienze applicate all’Università di Bath dal SSN.

È importante gestire l’attacco e non cercare distrazioni; restare calmi può fornire conforto.

Sii rassicurante

Gli attacchi di panico possono essere molto angoscianti; alcune persone descrivono la sensazione di avere un infarto o che potrebbero morire. È importante rassicurare la persona che sta subendo un attacco di non essere in pericolo. I sintomi, attribuibili alla risposta di combattimento o fuga del corpo, in genere raggiungono il picco entro 10 minuti.

Incoraggia respiri profondi

Incoraggia la persona a respirare lentamente e profondamente – Consiglia di contare ad alta voce o di chiedere di guardarti mentre alzi con calma il braccio su e giù.

Fai attenzione a non essere sprezzante

Il tuo “non farti prendere dal panico” può essere ben intenzionato, ma cerca di evitare qualsiasi linguaggio e frasi potenzialmente sprezzanti.

Prova un esercizio di messa a terra

“Uno dei sintomi degli attacchi di panico può essere la sensazione irreale o distaccata“, afferma Martin Antony, professore di psicologia alla Ryerson University di Toronto, in Canada.

Le tecniche di radicamento, o altri modi per sentirsi connessi al presente, possono essere efficaci – La mente suggerisce di concentrarsi sulla trama di una coperta, annusare qualcosa con un forte profumo – e persino calpestare i piedi.

Chiedi loro di cosa hanno bisogno

Le persone spesso possono sentirsi esauste dopo un attacco di panico.

Chiedi delicatamente se vogliono un bicchiere d’acqua o qualcosa da mangiare. (La caffeina, uno psicostimolante, è da evitare e lo stesso vale per l’alcool).

In un secondo momento, quando si saranno ripresi, potresti chiedere loro cosa trovano utile durante o dopo un attacco.

domenica 27 ottobre 2019

Attacco di panico: come aiutare chi ne ha uno in corso



Attacco di panico, quali sono esattamente i sintomi? Ecco alcune semplici regole che ti permetteranno di aiutare qualcuno che soffre di un attacco di panico.
Probabilmente hai sentito il termine attacco di panico o conosci qualcuno, un collega, un amico o un membro della famiglia che ha già sofferto di una di queste crisi.

Quando vediamo qualcuno con palpitazioni, spasmi o tremori, sudori, dolori addominali o al torace, nausea, vomito, è probabile che stiano avendo un attacco di panico. Ecco cosa possiamo fare per aiutarli.

10 modi per aiutare qualcuno con un attacco di panico in corso

1) Se non sapevi che la persona in questione soffre di tanto in tanto di attacchi di panico, o se è la prima volta che gli succede e soprattutto se soffre di altri problemi medici come l’asma o il diabete, chiamare immediatamente aiuto.

2) Questo scenario è generalmente angosciante per la persona che vuole aiutare. Respira profondamente e cerca di mantenere la calma, sia per te stesso che per essere in grado di trasmetterla alla persona in preda al panico. Mantieni la voce calma, rassicurante e ferma, accompagnata da un linguaggio del corpo libero da movimenti bruschi.

3) Evita di dare ordini alla persona che è nel panico, chiedile se ha qualche medicina con se che solitamente prende per alleviare questi attacchi.

4) Non parlare dell’irrazionalità della paura dell’altra persona con commenti come “è solo nella tua immaginazione”, perché per la persona nel panico, la situazione che sta temendo è reale, minacciosa e incontrollabile.

Sentirsi fraintesi lo renderà solo più ansioso. Inoltre, se insiste sul fatto che morirà, dille che la crisi durerà per alcuni momenti, ma che è solo temporanea.

Potresti essere tentato a prendergli il braccio o la mano per mostrargli la tua presenza ma è meglio evitare di toccarla.

5) La persona può rimanere paralizzata o scappare, o persino provare a chiudersi in una stanza. Tende a sedersi sul pavimento e non vuole muoversi. In tal caso, dopo un pò offrigli di sedersi su una sedia o sul letto.

6) Incoraggiate continuamente la persona impanicata dicendole che sta andando molto bene e sta facendo progressi. Ponetele semplici domande come: qual è il colore della stanza in cui siamo, di che colore è la piastrella in modo che devi le sue paure su altre cose.

7) Ascoltala, lasciala parlare e invitala a rilassarsi. È importante che riesca a riprendere il controllo di se stessa.

8) Aiutala a concentrarsi sul respiro inspirando ed espirando profondamente e lentamente con lei mentre conta i respiri ad alta voce. Prima due secondi ogni volta, poi tre, fino a quando non ne raggiungi cinque. Questo gli permetterà di rallentare la frequenza cardiaca.

9) Invitala a rinfrescarsi. Idratare collo e viso lo allevia molto, soprattutto se suda abbondantemente.

10) Accompagnala in ogni momento, fino a quando la crisi non passa. Se non ha medicine con lei e non riesce a calmarsi dopo 15 minuti, cerca assistenza medica. Il più delle volte, portarla in ospedale la renderà solo più ansiosa, quindi è meglio chiederle se desidera andare.

Vari studi riportano l’efficacia di farmaci e terapia mirat per modificare il comportamento.

Il paziente può quindi imparare tecniche che gli permetteranno di affrontare i suoi attacchi di panico, di mettere il dito sui pensieri automatici che li innescano, i falsi allarmi e infine di imparare a vedere che non rappresentano alcun pericolo reale seppur spiacevoli come sono.

Questi suggerimenti sono molto utili quando si tratta di aiutare queste persone, perché sono una soluzione rilevante per sapere come aiutare le persone che soffrono di attacchi di panico.

Dal Sito: chedonna.it

lunedì 23 settembre 2019

Ansia, fobia e attacco di panico: mi manca l’aria!


Quando manca il respiro

Oggi tratteremo tre alterazioni molto frequenti con il comune denominatore del respiro chiuso: l’ansia, la fobia e l’attacco di panico.

Sono condizioni di estremo disagio per chi ne soffre, possono modificare il corso delle giornate, ma anche influire sulle scelte, come l’evitare certe situazioni che innescano il malessere.

E’ bene fare chiarezza sulle reazioni del nostro corpo, così da circoscrivere il problema e affrontarlo con strumenti efficaci di consapevolezza.

Ansia

Iniziamo col dire che l’ansia non è una reazione anormale o patologica, bensì un’emozione di base necessaria alla sopravvivenza che potremmo definire quasi un «salvavita» in quanto attiva l’organismo e lo allontana dai pericoli.

Diventa anormale quando il rischio è assente e nonostante questo, l’organismo è messo in stato di allarme.

Caratteristica specifica è la sensazione di intensa preoccupazione, avvertiamo il corpo teso per l’allarme di qualcosa che potrebbe succedere anche molti anni dopo: per questo motivo produciamo una serie infinita di pensieri catastrofici.

La differenza con la paura è che in questo caso la reazione dell’organismo è di durata breve, e cessa quando il pericolo sparisce; l’ansia diventa disturbo d’ansia quando persiste per oltre 6 mesi.

Fobia

«Paure di demoni immaginari, o paure indebite di cose reali»

B. Rush, 1798

La fobia è una paura eccessiva per specifici oggetti o situazioni, rappresenta un sottogruppo dell’ansia. Sono due la caratteristiche principali:

1. l’ansia nasce solo in corrispondenza di una situazione specifica e non in altre;

2. quando ne siamo affetti cerchiamo strategie per evitare quelle situazioni.

Dunque parliamo di una manifestazione emotiva sproporzionata per qualcosa che non rappresenta una reale minaccia, l’evitamento poi, non fa altro che andare a confermare la pericolosità della situazione e prepara l’evitamento successivo.

Attacco di panico

E’ l’apice della crisi d’ansia, quasi come una diga che si rompe e rovescia acqua e detriti dappertutto, uno stato di estremo malessere fisico simile all’attacco cardiaco e alla morte imminente.

I sintomi che pur troviamo nelle due condizioni precedenti, qui si fanno estremi:

– Palpitazioni

– Costrizione al petto

– Cuore in gola

– Sudorazione

– Respiro bloccato

– Vertigini, nausee

– Diarrea

– Stordimento, confusione

Reazioni fisiologiche che raggiungono l’apice per poi scemare nel giro di 15 minuti, pur restando uno stato d’ansia sottostante.

Respiro rapido

Respirare è un’attività che funziona a prescindere da cosa facciamo o pensiamo, è controllata automaticamente dal cervello; ad azionarla è il muscolo del diaframma che si trova all’altezza dell’ombelico.

Una situazione di forte stress, come può essere l’ansia, la fobia o l’attacco di panico, irrigidisce il muscolo del diaframma e i polmoni fanno uno sforzo maggiore portando il respiro nella parte alta del torace, da qui i dolori intercostali e al petto.

Il centro regolatore si trova proprio nel diaframma, un muscolo poco conosciuto che può migliorare la qualità delle nostre giornate. Saper respirare bene tiene i parametri fisiologici nella norma, e ci sono tecniche mirate per gestire l’ansia generalizzata, per situazioni particolari come le fobie, o per l’attacco di panico.

Impariamo da subito che il respiro corto, stile cagnolino, ci provoca iperventilazione e di conseguenza tutte le reazioni sgradevoli sopra elencate.

Consapevolezza

Pendere coscienza di come respiriamo apre le porte sul funzionamento del corpo, non siamo vittime del nostro cervello, nessun demone si annida nei nostri pensieri.

Chiaramente, dietro ogni fobia o ansia vive la storia del nostro passato ma nell’immediato dobbiamo imparare a respirare… tutto il resto verrà naturalmente.

Dott.ssa Sabrina Rodogno

lunedì 16 settembre 2019

Come riconoscere e affrontare un attacco di panico


Attacchi di panico: come riconoscerli e affrontarli

Sempre più diffusi tra le persone di ogni età, gli attacchi di panico hanno sintomi confondibili con quelli dell'infarto. Ecco come accertarsi di cosa si tratta e affrontare la crisi.

Sempre più persone si presentano al pronto soccorso degli ospedali con sintomi improvvisi e violenti, che possono sembrare quelli dell’infarto: sensazione di oppressione al petto, dolore al torace, profonda inquietudine e sudorazione fredda, accompagnata a volte anche da nausea. In realtà si tratta di attacchi di panico.

L’attacco di panico è una reazione impropria del cervello che reagisce a certi stimoli entrando in “allarme pericolo di vita”, in assenza di questo reale rischio. Lo fa attivando tutte le reazioni che possono entrare in gioco quando si sta per morire in circostanze violente.

Al pronto soccorso viene effettuato innanzitutto un elettrocardiogramma per escludere che la problematica sia di natura cardiaca; viene anche misurata la pressione sanguigna e di norma, escluso che si tratti di un infarto, viene somministrato un farmaco tranquillante.

Cause

Può essere un lungo periodo di stress, ad esempio causato da un carico di lavoro eccessivo, a scatenare un attacco di panico; oppure questo stato può rappresentare la classica punta dell’iceberg di un disagio emotivo profondo che non riesce ad emergere da lungo tempo.

Come si manifesta

Ecco i principali sintomi dell’attacco di panico:

tachicardia

iperventilazione

tremore e brividi 

sudorazione fredda alternata a vampate

dolore al petto

nausea

sensazione di irrealtà (l’ambiente circostante assume contorni sfumati, sembra di essere in un sogno)

senso di morte imminente

Come comportarsi

In caso di attacco di panico, bisogna in primis escludere che si stia verificando davvero un infarto; per questo motivo è sempre bene accompagnare la persona in ospedale, dove verrà immediatamente accertata  la natura del problema.

La durata dell’episodio ci aiuta a capire di che cosa si tratti: in genere i sintomi dell’attacco di panico, infatti, durano circa una decina di minuti. 

Quando la persona interessata è giovane e non è soggetta a rischio infarto (né a ipertensione, sovrappeso, colesterolo alto, diabete, se sta sta iperventilando (respirazione corta e affannosa) le si può chiedere di respirare per circa un minuto in un sacchetto di carta, tipo quello del pane, con bocca e naso. Ripetere per quattro cinque volte, alternando un minuto di respirazione nel sacchetto, con un minuto fuori dal sacchetto.

Questa pratica dovrebbe aiutare a ripristinare una respirazione regolare, prevenendo il rischio che comporta l’iperventilazione di peggiorare la sensazione di soffocamento che si percepisce durante l’attacco di panico.

Da non fare

Evitare di chiedere alla persona di controllarsi, perché con l’attacco di panico non si fa altro che peggiorare la sua condizione psico-emotiva, in quanto la persona non è assolutamente in grado di prendere il controllo su di sé.

Evitare di farsi vedere spaventati dalla situazione e incapaci di fornire aiuto, per non peggiorare la condizione di fragilità emotiva della persona in quel momento.

Cercare di rimanere calmi e lucidi per affrontare al meglio la situazione.

Dal Sito: perugiatoday.it

sabato 27 luglio 2019

Siamo in tanti a soffrire di attacchi di panico, ma guarire si può




E' un disturbo che interessa circa l'8% della popolazione e colpisce una fascia di età sempre più bassa; è importante riconoscerlo e scegliere la terapia giusta per liberarsene. L'approccio più efficace ad oggi è una psicoterapia cognitivo-comportamentale.

di Carlotta Zanaboni Dina

Cinque milioni di italiani soffrono di attacchi di panico, un dato preoccupante almeno quanto il disturbo stesso! “Panico” deriva dalla mitologia greca, precisamente dalla figura di Pan, semidio dei pascoli, che veniva rappresentato con busto umano e gambe caprine. Il mito racconta che Pan era solito spaventare le ninfe del bosco, apparendo all’improvviso, e suscitando in loro un vero e proprio terrore paralizzante. Le ninfe che vi si erano imbattute ne rimanevano così colpite da sviluppare un forte timore per il ripetersi dell’incontro. Quindi, tornando a oggi, che cos’è un attacco di panico?

È uno stato d’intensa paura che raggiunge il suo picco nel giro di 10 minuti, spesso accompagnato dalla preoccupazione di avere altri attacchi e da comportamenti quali l’evitare situazioni simili a quella in cui si è sperimentato il primo episodio. Se ad esempio il panico di una giovane donna si è presentato la prima volta in un centro commerciale in compagnia di un’amica, è probabile che da quel momento in poi quella donna limiterà le sue visite di quel luogo o eviterà del tutto i centri commerciali. È possibile addirittura che la frequentazione dell’amica possa subire dei cambiamenti, a seconda della gravità del caso.

Come si riconosce l’attacco? Sintomi fisici e cognitivi

Durante l’attacco si sperimentano sintomi psicosomatici (come aumento del battito cardiaco, respirazione accelerata o aumento della sudorazione) oppure sintomi cognitivi come paura di morire o di impazzire, senso di sbandamento o di “testa leggera”. È dunque un apparente disturbo fisico, quando invece sottende un disturbo psicologico. Infatti tipicamente il paziente chiama un’ambulanza o si reca al Pronto soccorso; in queste circostanze il disturbo si esaurisce prima dell’incontro con il medico, che è allora in grado di confermare la diagnosi e disincentivare visite di controllo con il presentarsi di successivi attacchi.

 

Il disturbo da panico: quando ci pensiamo sempre o quasi

È quando gli episodi si fanno più frequenti che si parla di “disturbo di panico”, cioè una condizione d’ansia per cui la persona in seguito a tali stati rimane preoccupata, per almeno un mese, di averne altri e delle conseguenze che potrebbero insorgere. In secondo luogo, è possibile identificare un’alterazione del comportamento sulla base della convinzione che si possano prevenire altri momenti di terrore. La persona allora cercherà di controllare ogni sua azione e di avere a disposizione un accompagnatore, reputando erroneamente che l’altro possa prevenire o alleviare nuovi attacchi. Nei periodi in cui si è affetti dal disturbo, ogni azione fuori dalla routine spaventa e sarà raro vedere il soggetto sbilanciarsi su decisioni importanti o in là nel tempo, come intraprendere viaggi o procedere a cambiamenti lavorativi.

Chi colpisce? Età dell’insorgenza sempre più precoce

Il paziente-tipo è un adulto di età compresa fra i 25 e i 45 anni, più spesso donna e residente in città, con familiarità per disturbi affini o sottoposto a stress. Attualmente il disturbo si sta facendo sempre più precoce: sono gli insegnanti delle scuole superiori coloro che riportano spesso i primi segnali. Scelte comuni da affrontare per chi fosse interessato da questi problemi sono l’eventuale comunicazione della diagnosi ad amici e parenti e, altre volte, ai responsabili della propria scuola o luogo di lavoro. L’obiettivo è evitare di essere etichettati come assenteisti quando invece si è impossibilitati a muoversi da un posto all’altro con facilità. Il problema, infatti, può essere accompagnato dalla paura per gli spazi aperti e affollati o per quelli piccoli, stretti, da cui sembra mancare una veloce via di fuga. La gravità del disturbo porta a distinguere tra chi semplicemente preferisce un mezzo di trasporto a un altro perché suscita meno disagio o non ama le code alla cassa di un negozio e chi si trova a vivere “barricato” in casa, convinto di trovarsi nel luogo sicuro per eccellenza. Rimarrà perplesso il paziente che, con questa convinzione, vivrà d’un tratto un attacco anche in casa. Sono, appunto, convinzioni o comportamenti erronei a mantenere il disturbo.

La psicoterapia si pone dunque l’obiettivo di “smussare” gradatamente questi comportamenti fino ad abbandonarli, sostituendoli con pensieri  realistici e riportando la vita alla normalità (che, ahimè, non prevede la possibilità di controllare completamente ciò che ci accade). La persona vivrà una nuova libertà, quando prima si trovava costretta a rinunciare a impegni piacevoli o a dipendere da un accompagnatore, e sarà in grado di tornare a svolgere le proprie attività con programmi ampi e a lungo termine.

La soluzione c’è

Come scegliere la psicoterapia? Quella più indicata secondo le evidenze scientifiche internazionali è la cognitivo-comportamentale. Ha durata media, ovvero per un disturbo di panico di media-recente insorgenza si possono mettere in conto circa 8-12 mesi di trattamento a cadenza settimanale. È comunque complicato poterlo prevedere prima di incominciare. Fondamentale è rivolgersi allo specialista non appena si avvertono i sintomi e provare a non rimandare gli appuntamenti. Per quanto riguarda il “fai da te” è bene che il paziente si informi sulla patologia accedendo a fonti serie, grazie all’aiuto del proprio medico di medicina generale. Difatti, non di rado si verifica un rifiuto rispetto al voler conoscere da vicino questo problema; viceversa, si può verificare un eccesso di approfondimento sulla materia, senza che la persona sappia discernere le fonti. Se nel paziente complesso sono necessarie terapie farmacologiche, oltre alla psicoterapia, nei casi molto blandi e iniziati da poche settimane lo psicologo tratta il problema illustrando alla persona il funzionamento dei meccanismi che stanno alla base di questo disagio. Per questo motivo anche la prevenzione, a partire dalle scuole secondarie di primo grado, meriterebbe di essere affrontata apertamente e senza avere inutili “timori”!

Dal sito: aleteia.org 

lunedì 24 giugno 2019

Attacchi di panico in pubblico, ecco le semplici cose da fare per gestire la crisi



Attacchi di panico in pubblico, cosa sono e i consigli degli esperti per evitare che la situazione possa precipitare

Avere un attacco di panico in pubblico è una delle esperienze più terrificanti che possa capitare ad un essere umano, come si legge in un articolo pubblicato sul sito Healthline. Sono stati individuati diversi modi per poterli affrontare adeguatamente, evitando che la situazione possa precipitare. Nell’articolo si parlano dei consigli della dott.ssa Kristin Bianchi, psicologa del Centro per l’ansia e il cambiamento comportamentale del Maryland.

“In genere – ha dichiarato la dottoressa Bianchi al sito Healthline – è più angosciante per le persone avere attacchi di panico in pubblico che in casa perché fra le mura amiche c’è un accesso più facile alle attività rilassanti e alle persone che possono darci aiuto. Inoltre, a casa, le persone possono sperimentare i loro attacchi di panico in privato senza temere che qualcun altro se ne accorga e ci chieda cosa non va“.

IL TIMORE DEL GIUDIZIO ALTRUI

Molti suoi pazienti riferiscono la paura di ‘fare una scenata’ durante un attacco di panico pubblico. Insomma c’è il timore che altri possano pensare che sei fuori di testa.  La prima cosa da fare è quella di portare con sé un kit di oggetti utili come pietre lisce, oli essenziali, un braccialetto o collana di perline da toccare o un libro da colorare per distrarsi.

LE COSE DA FARE PER GESTIRE LA CRISI

Spesso può capitare che l’attacco di panico possa arrivare in un posto affollato. Allora sarà necessario trovare un luogo privo di rumore e più tranquillo per aspettare che la crisi passi da sola. Meglio preferire un luogo dove c’è più spazio e più aria. Magari indossando delle cuffie per allontanare il rumore.

Facciamo dei respiri profondi, evitando di andare in iperventilazione. Quindi inspiriamo col naso ed espiriamo con la bocca in modo profondo. Se l’attacco di panico è così grave e non può essere gestito allora devi chiedere aiuto a qualche persona che si trova vicino a te.

NON AVERE TIMORE DI AFFIDARSI ALL’ASSISTENZA DI UN ESTRANEO

“Non c’è un modo preciso per chiedere aiuto durante un attacco di panico – prosegue la dottoressa Bianchi – poiché la persona media per strada probabilmente non saprebbe cosa fare in risposta a una richiesta di aiuto per qualcuno che ha un attacco di panico, può essere utile annotare su una scheda in anticipo ciò che potrebbe potenzialmente essere necessario ad un estraneo in un tale evento “.

E’ molto più efficace spiegare in anticipo che stai avendo un attacco di panico e hai bisogno di assistenza. Quindi specifica che tipo di assistenza hai bisogno, come prendere in prestito un telefono, chiamare un taxi o chiedere indicazioni alla struttura medica più vicina.

AFFIDARSI AD UN BRAVO PSICOLOGO PER USCIRE DAL ‘TUNNEL’

La dottoressa incoraggia i clienti a rimanere dove sono quando si trovano in questa situazione e ad impegnarsi in qualsiasi atto di auto-cura disponibile. Gli attacchi di panico non uccidono e bisogna sempre pensare che non si sta rischiando la vita.

E’ importante, nelle ore successive, affidarsi ad un bravo psicologo che saprà valutare gli opportuni interventi e terapie da fare per desensibilizzare i pazienti e ‘destrutturare’ le paure di chi soffre di attacchi di panico.

Dal Sito: centrometeoitaliano.it