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mercoledì 10 marzo 2021

Ansia: tipologie e sintomi




Con la consulenza del professor Roberto Brugnoli, ricercatore di Psichiatria presso l’Università di Roma La Sapienza, II facoltà, scopriremo i diversi tipi di ansia. In questo modo sarà possibile definire ogni tipologia di ansia e diversificarla. 

L’abitudine è quella di definire “ansioso” chiunque viva in uno stato di perenne preoccupazione, ma è semplicistico. È fondamentale che il medico faccia una diagnosi, perché solo così si può mettere in atto una terapia mirata, farmacologica, psicoterapeutica o entrambe.

Ma è importantissimo che l’ansioso si voglia far aiutare, che arrivi al momento in cui decida di scrollarsi di dosso questo fardello che gli impedisce una vita normale. Esistono diversi tipi di disturbi d’ansia, esaminiamoli: ansiageneralizzata, disturbo da attacchi di panico, ansia sociale o fobia sociale, disturbo ossessivo-compulsivo.

Ansia generalizzata

Questo è il disturbo più diffuso e caratterizza quelle persone che si preoccupano esageratamente di tutto. È a metà strada tra un tratto caratteriale e un vero e proprio problema. È autolimitante perché fa vivere chi ne è colpito sempre in allarme, sempre come se da un momento all’altro dovesse succedere qualcosa, con possibili pericoli o insidie ovunque.

Si manifesta con palpitazione, respirazione accelerata, sudorazione, insonnia e comunque con una generalizzata sensazione di non vivere a pieno e serenamente la vita.

Disturbo da attacchi di panico

All’improvviso un attacco di ansia è talmente forte da diventare paralizzante. Alla sudorazione, alle palpitazioni, alla difficoltà di respirazione e a tutti gli altri sintomi fisici (neurovegetativi) si aggiunge il senso di morte, la paura che da un momento all’altro il cuore si fermi, che da quell’attacco non si uscirà vivi.

È una sensazione talmente forte e devastante che da quel momento in poi si mettono in atto tutta una serie di strategie per evitare un nuovo attacco, quindi ci si isola, spesso ci si chiude in casa per paura che gli spazi aperti, i luoghi affollati, lo stare insieme agli altri possa nuovamente innescare un episodio di panico.

Ansia sociale o fobia sociale

È la paura di essere giudicato dalla gente e va molto al di là del desiderio normale di essere ben considerati dagli altri. Si manifesta, per esempio, con la paura di entrare in un bar e chiedere un caffè per il timore che tutti ti guardino, o che la voce produca uno strano suono.

Impedisce di andare a una festa perché si teme di inciampare, di parlare in pubblico e balbettare. Lentamente quest’ansia così paralizzante porta all’isolamentodalla collettività, si sceglie di stare da soli e si rischia di cercare un illusorio conforto nell’abuso di alcool e di farmaci.

Disturbo ossessivo-compulsivo

Si verifica in presenza di ossessioni, paralizzanti e ripetitive. È la mania per l’ordine, la simmetria, la ritualità. La persona che ne è colpita pensa in continuazione se ha messo in atto strategie per avere il completo controllo della situazione.

Controlla infinite volte se il gas è chiuso, se l’interruttore è spento, se la serratura è a posto, ecc. Trova conforto in ritualità che non riesce a interrompere, come lavarsi le mani infinite volte, ripetere un numero definitivo di volte lo stesso gesto prima di passare al successivo e così via. Tutto questo genera uno stato di infinita ansia che rende impossibile una vita normale.


Dal Sito: piusanipiubelli.it


Ansia: tipologie e sintomi




Con la consulenza del professor Roberto Brugnoli, ricercatore di Psichiatria presso l’Università di Roma La Sapienza, II facoltà, scopriremo i diversi tipi di ansia. In questo modo sarà possibile definire ogni tipologia di ansia e diversificarla. 

L’abitudine è quella di definire “ansioso” chiunque viva in uno stato di perenne preoccupazione, ma è semplicistico. È fondamentale che il medico faccia una diagnosi, perché solo così si può mettere in atto una terapia mirata, farmacologica, psicoterapeutica o entrambe.

Ma è importantissimo che l’ansioso si voglia far aiutare, che arrivi al momento in cui decida di scrollarsi di dosso questo fardello che gli impedisce una vita normale. Esistono diversi tipi di disturbi d’ansia, esaminiamoli: ansiageneralizzata, disturbo da attacchi di panico, ansia sociale o fobia sociale, disturbo ossessivo-compulsivo.

Ansia generalizzata

Questo è il disturbo più diffuso e caratterizza quelle persone che si preoccupano esageratamente di tutto. È a metà strada tra un tratto caratteriale e un vero e proprio problema. È autolimitante perché fa vivere chi ne è colpito sempre in allarme, sempre come se da un momento all’altro dovesse succedere qualcosa, con possibili pericoli o insidie ovunque.

Si manifesta con palpitazione, respirazione accelerata, sudorazione, insonnia e comunque con una generalizzata sensazione di non vivere a pieno e serenamente la vita.

Disturbo da attacchi di panico

All’improvviso un attacco di ansia è talmente forte da diventare paralizzante. Alla sudorazione, alle palpitazioni, alla difficoltà di respirazione e a tutti gli altri sintomi fisici (neurovegetativi) si aggiunge il senso di morte, la paura che da un momento all’altro il cuore si fermi, che da quell’attacco non si uscirà vivi.

È una sensazione talmente forte e devastante che da quel momento in poi si mettono in atto tutta una serie di strategie per evitare un nuovo attacco, quindi ci si isola, spesso ci si chiude in casa per paura che gli spazi aperti, i luoghi affollati, lo stare insieme agli altri possa nuovamente innescare un episodio di panico.

Ansia sociale o fobia sociale

È la paura di essere giudicato dalla gente e va molto al di là del desiderio normale di essere ben considerati dagli altri. Si manifesta, per esempio, con la paura di entrare in un bar e chiedere un caffè per il timore che tutti ti guardino, o che la voce produca uno strano suono.

Impedisce di andare a una festa perché si teme di inciampare, di parlare in pubblico e balbettare. Lentamente quest’ansia così paralizzante porta all’isolamentodalla collettività, si sceglie di stare da soli e si rischia di cercare un illusorio conforto nell’abuso di alcool e di farmaci.

Disturbo ossessivo-compulsivo

Si verifica in presenza di ossessioni, paralizzanti e ripetitive. È la mania per l’ordine, la simmetria, la ritualità. La persona che ne è colpita pensa in continuazione se ha messo in atto strategie per avere il completo controllo della situazione.

Controlla infinite volte se il gas è chiuso, se l’interruttore è spento, se la serratura è a posto, ecc. Trova conforto in ritualità che non riesce a interrompere, come lavarsi le mani infinite volte, ripetere un numero definitivo di volte lo stesso gesto prima di passare al successivo e così via. Tutto questo genera uno stato di infinita ansia che rende impossibile una vita normale.


Dal Sito: piusanipiubelli.it


mercoledì 24 febbraio 2021

Spesso ansia e depressione viaggiano assieme. E così vengono confuse



Si tratta di due condizioni differenti ma che possono presentarsi anche insieme e che possono essere trattate contemporaneamente con la psicoterapia e i farmaci.

Spesso ansia e depressione viaggiano assieme, così talvolta vengono confuse anche da chi ne soffre. Nel linguaggio comune infatti i termini ansia e depressione sono facilmente usati per indicare in generale una condizione di malessere psicologico che interferisce con la vita quotidiana. Ma per gli psichiatri si tratta di due stati ben distinti, che tuttavia possono presentarsi in comorbidità, ossia essere presenti in una persona nello stesso momento. Ansia e depressione sono molto diffuse: circa il 30 per cento delle persone durante la vita avrà dei periodi segnati dall’ansia e quasi il 20 per cento sperimenterà periodi di depressione. Diversi studi indicano poi che circa il 70 per cento delle persone affette da depressione risponde anche ai criteri diagnostici di uno stato d’ansia e che quasi l’80 per cento di chi soffre di disturbi d’ansia avrà dei periodi di depressione lungo la sua esistenza.


La «scala» Coronavirus

Senza contare che l’arrivo della pandemia Covid-19 ha generato nuovi stati ansioso-depressivi, dovuti sia al timore di contrarre la malattia, sia alla riduzione del supporto sociale e dei rapporti affettivi, tanto che il Department of Psychology della Christopher Newport University ha messo a punto uno specifico test, il Coronavirus Anxiety Scale.

I dubbi

«Eppure manca una chiara definizione del trattamento ottimale per la comorbidità di ansia e depressione» dice Jan Spijker del Depression Expertise Center di Nijmegen, in Olanda, in una revisione clinica pubblicata con alcuni collaboratori sulla rivista JAMA Psychiatry. «Dovremmo trattare di due disturbi in maniera sequenziale, prima uno poi l’altro, oppure in parallelo, simultaneamente? Dovremmo iniziare un singolo trattamento integrato focalizzato su entrambi i disturbi o un trattamento transdiagnostico mirato ai meccanismi sottostanti presenti in entrambe le condizioni?»

Le alterazioni neurobiologiche

In effetti, ansia e depressione possono sia rappresentare una risposta unica agli stessi eventi di vita, sia essere collegate ad alterazioni neurobiologiche simili, come uno sbilanciamento del sistema limbico cerebrale. Questa caratteristica fa sì che, trattando l’una, indirettamente, si potrebbe dire, inevitabilmente, anche l’altra inizia a migliorare seguendo lo stesso passo, come è stato dimostrato da recenti revisioni sistematiche.

Duplice effetto

«È vero che trattando la depressione con la psicoterapia si vedono migliorare i sintomi dell’ansia e che trattando il disturbo d’ansia con la terapia cognitivo-comportamentale si vedono migliorare i sintomi della depressione» dice ancora Spijker. Oggi sono disponibili anche farmaci che consentono di prendere due piccioni con una fava. Alcuni antidepressivi svolgono infatti un’azione anti-ansia, come gli inibitori della ricaptazione della serotonina (Ssri) e gli inibitori della ricaptazione di serotonina e noradrenalina (Srni). Secondo gli autori dello studio su JAMA Psychiatry «la psicoterapia può decidere di focalizzarsi sul disturbo più grave dei due, piuttosto che su entrambi allo stesso tempo. I dati indicano che un trattamento focalizzato sul disturbo più grave genera quasi inevitabilmente un simultaneo miglioramento dell’altro».

Sintomi diversi

Ansia e depressione hanno ciascuna sintomi propri, ma esistono anche sintomi che sono comuni a entrambe le condizioni. L’ansia è caratterizzata da una preoccupazione eccessiva rispetto agli eventi della vita, risposte di spavento esagerate, tensione muscolare, iperattività del sistema nervoso autonomo, che comporta tra l’altro un’accelerazione del battito cardiaco e della frequenza del respiro. La depressione è invece caratterizzata da umore depresso e da una sensazione di mancanza di speranza per il futuro, dalla perdita dei propri interessi, riduzione dell’appetito, rallentamento motorio, senso di inutilità e di colpa, pensieri foschi.

Sintomi in comune

Alcuni altri sintomi sono invece comuni sia all’ansia sia alla depressione. Ad esempio, una sensazione di facile irritabilità, che porta a scontrarsi con le altre persone, associata a una agitazione interiore che fa sì che non si riesca a stare ben in nessun posto. Molto marcata può essere la difficoltà di concentrazione, per cui anche un’attività potenzialmente rilassante come la lettura non riesce a essere di aiuto. Molto frequenti infine sono la sensazione di fatica psicofisica e l’insonnia. Quest’ultima può avere caratteristiche diverse in chi è depresso, che tende soprattutto a svegliarsi molto presto la mattina, e in chi è ansioso, che invece ha soprattutto difficoltà di addormentamento e risvegli notturni.


Dal Sito: corriere.it

Spesso ansia e depressione viaggiano assieme. E così vengono confuse



Si tratta di due condizioni differenti ma che possono presentarsi anche insieme e che possono essere trattate contemporaneamente con la psicoterapia e i farmaci.

Spesso ansia e depressione viaggiano assieme, così talvolta vengono confuse anche da chi ne soffre. Nel linguaggio comune infatti i termini ansia e depressione sono facilmente usati per indicare in generale una condizione di malessere psicologico che interferisce con la vita quotidiana. Ma per gli psichiatri si tratta di due stati ben distinti, che tuttavia possono presentarsi in comorbidità, ossia essere presenti in una persona nello stesso momento. Ansia e depressione sono molto diffuse: circa il 30 per cento delle persone durante la vita avrà dei periodi segnati dall’ansia e quasi il 20 per cento sperimenterà periodi di depressione. Diversi studi indicano poi che circa il 70 per cento delle persone affette da depressione risponde anche ai criteri diagnostici di uno stato d’ansia e che quasi l’80 per cento di chi soffre di disturbi d’ansia avrà dei periodi di depressione lungo la sua esistenza.


La «scala» Coronavirus

Senza contare che l’arrivo della pandemia Covid-19 ha generato nuovi stati ansioso-depressivi, dovuti sia al timore di contrarre la malattia, sia alla riduzione del supporto sociale e dei rapporti affettivi, tanto che il Department of Psychology della Christopher Newport University ha messo a punto uno specifico test, il Coronavirus Anxiety Scale.

I dubbi

«Eppure manca una chiara definizione del trattamento ottimale per la comorbidità di ansia e depressione» dice Jan Spijker del Depression Expertise Center di Nijmegen, in Olanda, in una revisione clinica pubblicata con alcuni collaboratori sulla rivista JAMA Psychiatry. «Dovremmo trattare di due disturbi in maniera sequenziale, prima uno poi l’altro, oppure in parallelo, simultaneamente? Dovremmo iniziare un singolo trattamento integrato focalizzato su entrambi i disturbi o un trattamento transdiagnostico mirato ai meccanismi sottostanti presenti in entrambe le condizioni?»

Le alterazioni neurobiologiche

In effetti, ansia e depressione possono sia rappresentare una risposta unica agli stessi eventi di vita, sia essere collegate ad alterazioni neurobiologiche simili, come uno sbilanciamento del sistema limbico cerebrale. Questa caratteristica fa sì che, trattando l’una, indirettamente, si potrebbe dire, inevitabilmente, anche l’altra inizia a migliorare seguendo lo stesso passo, come è stato dimostrato da recenti revisioni sistematiche.

Duplice effetto

«È vero che trattando la depressione con la psicoterapia si vedono migliorare i sintomi dell’ansia e che trattando il disturbo d’ansia con la terapia cognitivo-comportamentale si vedono migliorare i sintomi della depressione» dice ancora Spijker. Oggi sono disponibili anche farmaci che consentono di prendere due piccioni con una fava. Alcuni antidepressivi svolgono infatti un’azione anti-ansia, come gli inibitori della ricaptazione della serotonina (Ssri) e gli inibitori della ricaptazione di serotonina e noradrenalina (Srni). Secondo gli autori dello studio su JAMA Psychiatry «la psicoterapia può decidere di focalizzarsi sul disturbo più grave dei due, piuttosto che su entrambi allo stesso tempo. I dati indicano che un trattamento focalizzato sul disturbo più grave genera quasi inevitabilmente un simultaneo miglioramento dell’altro».

Sintomi diversi

Ansia e depressione hanno ciascuna sintomi propri, ma esistono anche sintomi che sono comuni a entrambe le condizioni. L’ansia è caratterizzata da una preoccupazione eccessiva rispetto agli eventi della vita, risposte di spavento esagerate, tensione muscolare, iperattività del sistema nervoso autonomo, che comporta tra l’altro un’accelerazione del battito cardiaco e della frequenza del respiro. La depressione è invece caratterizzata da umore depresso e da una sensazione di mancanza di speranza per il futuro, dalla perdita dei propri interessi, riduzione dell’appetito, rallentamento motorio, senso di inutilità e di colpa, pensieri foschi.

Sintomi in comune

Alcuni altri sintomi sono invece comuni sia all’ansia sia alla depressione. Ad esempio, una sensazione di facile irritabilità, che porta a scontrarsi con le altre persone, associata a una agitazione interiore che fa sì che non si riesca a stare ben in nessun posto. Molto marcata può essere la difficoltà di concentrazione, per cui anche un’attività potenzialmente rilassante come la lettura non riesce a essere di aiuto. Molto frequenti infine sono la sensazione di fatica psicofisica e l’insonnia. Quest’ultima può avere caratteristiche diverse in chi è depresso, che tende soprattutto a svegliarsi molto presto la mattina, e in chi è ansioso, che invece ha soprattutto difficoltà di addormentamento e risvegli notturni.


Dal Sito: corriere.it

Che rapporto c'è tra ansia e Covid-19




Il 2020 è stato un anno difficile per tutta la popolazione mondiale. Questo soprattutto a causa del fatto che abbiamo dovuto affrontare un nuovo nemico, infido e invisibile, che ci ha costretti a modificare e non poco le nostre abitudini di vita: il Covid-19. Questo virus è riuscito a diffondersi in pochissimo tempo in ognuno dei 5 continenti e, specialmente in Europa e in Italia, ha prodotto notevoli danni, sia alla salute che all’economia. Ma non è assolutamente detto che il Sars-CoV2 possa causare problemi all’incolumità della persona solo se quest’ultima ha contratto il virus. Perché esistono anche una serie di altre complicazioni dovute già solo alla sua esistenza, come lo stato d’ansia che può comportare negli esseri umani.

Che cos’è l’ansia?

Prima di capire quale interconnessione ci sia, dunque, tra ansia e Coronavirus, è bene capire di cosa stiamo parlando. Con il termine ansia spesso e volentieri si intende un insieme di reazioni a livello cognitivo, psicologico o comportamentale che vengono sollecitate dalla percezione di uno o più stimoli avvertiti come minacciosi dalla nostra psiche e contro i quali non ci riteniamo in grado di poter reagire. Quindi può insorgere in ognuno di noi per diverse motivazioni ogni giorno ed è bene saper affrontare la questione, magari rivolgendosi ad uno psicologo per la cura dell’ansia a Roma o nella propria città, prima che possa trasformarsi da fattore saltuario a disturbo cronico. Lo stato ansioso di questi tempi è molto diffuso, già prima dell’insorgere del Covid-19, e questo può portare a problemi più gravi come ad attacchi di panico o paure di svariati tipi.

Che rapporto c’è tra ansia e Covid-19?

Ovviamente con la diffusione del Coronavirus l’ansia sta dilagando ulteriormente nel mondo. Questo a causa di tanti elementi collegati alla pandemia. Inizialmente lo stato ansioso si è presentato in ognuno di noi nel momento in cui per la prima volta si è sentito parlare del Sars-CoV2 in Cina. Poi è clamorosamente aumentato quando si hanno avute le prime notizie di casi in altri paesi al di fuori dell’Estremo Oriente. Da quel momento si pensi ai diversi lockdown cui siamo sottoposti nell’ultimo periodo. La privazione delle proprie libertà personali, la costrizione dentro le mura domestiche per lunghi periodi, soprattutto per chi vive da solo, i continui annunci in televisione su cosa fare e i bollettini con i numeri sempre crescenti del contagio, sono tutte componenti che non possono che aumentare l’ansia delle persone. Ma anche quando è possibile uscire bisogna stare attenti a diversi elementi. Tra i più comuni, ovviamente, il dover mantenere le distanze, con la paura che qualcuno non lo faccia. Il dover portare obbligatoriamente la mascherina, che a volte ci dimentichiamo di prendere in casa. Il dover sanificare continuamente le mani con i gel a soluzione alcolica. Aggiornarsi in tempo reale, per quanto riguarda l’Italia, sulla zona di appartenenza della propria regione. Rinunciare alle riunioni con amici e parenti. Insomma una serie di obblighi che poco più di un anno fa non pensavamo neanche potessero esistere e che, inevitabilmente, permettono spesso all’ansia di avere la meglio sulla nostra tranquillità.

Dal Sito: ilfaroonline.it

Che rapporto c'è tra ansia e Covid-19




Il 2020 è stato un anno difficile per tutta la popolazione mondiale. Questo soprattutto a causa del fatto che abbiamo dovuto affrontare un nuovo nemico, infido e invisibile, che ci ha costretti a modificare e non poco le nostre abitudini di vita: il Covid-19. Questo virus è riuscito a diffondersi in pochissimo tempo in ognuno dei 5 continenti e, specialmente in Europa e in Italia, ha prodotto notevoli danni, sia alla salute che all’economia. Ma non è assolutamente detto che il Sars-CoV2 possa causare problemi all’incolumità della persona solo se quest’ultima ha contratto il virus. Perché esistono anche una serie di altre complicazioni dovute già solo alla sua esistenza, come lo stato d’ansia che può comportare negli esseri umani.

Che cos’è l’ansia?

Prima di capire quale interconnessione ci sia, dunque, tra ansia e Coronavirus, è bene capire di cosa stiamo parlando. Con il termine ansia spesso e volentieri si intende un insieme di reazioni a livello cognitivo, psicologico o comportamentale che vengono sollecitate dalla percezione di uno o più stimoli avvertiti come minacciosi dalla nostra psiche e contro i quali non ci riteniamo in grado di poter reagire. Quindi può insorgere in ognuno di noi per diverse motivazioni ogni giorno ed è bene saper affrontare la questione, magari rivolgendosi ad uno psicologo per la cura dell’ansia a Roma o nella propria città, prima che possa trasformarsi da fattore saltuario a disturbo cronico. Lo stato ansioso di questi tempi è molto diffuso, già prima dell’insorgere del Covid-19, e questo può portare a problemi più gravi come ad attacchi di panico o paure di svariati tipi.

Che rapporto c’è tra ansia e Covid-19?

Ovviamente con la diffusione del Coronavirus l’ansia sta dilagando ulteriormente nel mondo. Questo a causa di tanti elementi collegati alla pandemia. Inizialmente lo stato ansioso si è presentato in ognuno di noi nel momento in cui per la prima volta si è sentito parlare del Sars-CoV2 in Cina. Poi è clamorosamente aumentato quando si hanno avute le prime notizie di casi in altri paesi al di fuori dell’Estremo Oriente. Da quel momento si pensi ai diversi lockdown cui siamo sottoposti nell’ultimo periodo. La privazione delle proprie libertà personali, la costrizione dentro le mura domestiche per lunghi periodi, soprattutto per chi vive da solo, i continui annunci in televisione su cosa fare e i bollettini con i numeri sempre crescenti del contagio, sono tutte componenti che non possono che aumentare l’ansia delle persone. Ma anche quando è possibile uscire bisogna stare attenti a diversi elementi. Tra i più comuni, ovviamente, il dover mantenere le distanze, con la paura che qualcuno non lo faccia. Il dover portare obbligatoriamente la mascherina, che a volte ci dimentichiamo di prendere in casa. Il dover sanificare continuamente le mani con i gel a soluzione alcolica. Aggiornarsi in tempo reale, per quanto riguarda l’Italia, sulla zona di appartenenza della propria regione. Rinunciare alle riunioni con amici e parenti. Insomma una serie di obblighi che poco più di un anno fa non pensavamo neanche potessero esistere e che, inevitabilmente, permettono spesso all’ansia di avere la meglio sulla nostra tranquillità.

Dal Sito: ilfaroonline.it

martedì 9 febbraio 2021

'Gola', la canzone-medicina di Chiara Crystal dopo gli attacchi di panico

Una 'canzone-medicina' dopo gli attacchi di panico. E' 'Gola' di Chiara Crystal, brano prodotto dal noto maestro Adriano Pennino che lavora da anni con molti big della musica italiana come Giorgia, Renato Zero, Ornella Vanoni e tanti altri. Venticinque anni, cantante, pianista, autrice e compositrice, con un diploma in danza moderna e un percorso di studi in Psicologia, Chiara Crystal riprende in mano la propria vita e si butta alle spalle un periodo difficile.

"Il brano ha un titolo diretto, perché fa riferimento alla mia esperienza personale, appunto: parla di attacchi di panico e della ricerca di luce, anche nell’ombra dei nostri fantasmi", dice l'artista. Ed è proprio su questa linea che è stato composto: "Una notte, in un periodo di difficoltà, risuonava nella mia mente questa melodia, con la voglia di buttare fuori ciò che sentivo e, allo stesso tempo, la voglia di superarlo a tutti i costi. 'Gola' la considero -racconta Chiara - una sorta di canzone/medicina che può essere 'ingerita' o meglio ascoltata quasi come una 'dose di coraggio' per trovare l’alba, la luce dopo aver guardato in faccia le proprie difficoltà e, di conseguenza, noi stessi".

"Il mio messaggio, infatti, è quello di vivere le difficoltà come segnale che deve spingerci a ricercare ciò che siamo, ad avere coraggio e forza di volontà per riuscire a sentire ciò che di bello c’è nelle nostre vite, senza aspettare che 'la paura finisca prima che sorge il sole' - dice Chiara - Nel brano e nel video è presente un elemento, lo specchio: guardarsi allo specchio e imparare ad accettarsi ed amarsi per tutto ciò che siamo, cela anche un messaggio diretto a chiunque ascolterà il brano, 'io sono come te, ci somigliamo' ed ancora 'se sono riuscita io a specchiarmi ed amare le mie difficoltà, puoi farlo anche tu'".


Dal Sito: adnkronos.com

giovedì 4 febbraio 2021

Attacchi di panico: come intervenire e che aiuto dare





Gli attacchi di panico sono un disturbo sempre più comune tra le persone, anche quando non soffrono di particolari problemi di salute. Si tratta di una condizione di ansia o paura molto intensa che si manifesta senza un motivo preciso, spesso improvvisamente. L’intensità dell’attacco può essere tale da fare temere un attacco di cuore o un problema respiratorio.

Chi ha già sperimentato attacchi di panico, comunque, sa cosa succede durante un attacco, ne riconosce i sintomi e sa cosa deve fare. In ogni caso, anche una persona abituata a queste crisi può avere bisogno di aiuto. Soprattutto quando si trova in un luogo pubblico.

Cosa bisogna sapere sugli attacchi di panico e come si può intervenire per aiutare una persona durante un attacco? Gli esperti hanno stilato un elenco di situazioni tipiche e regole di comportamento.

L’attacco di panico è un breve ma intenso momento in cui si prova una forte ansia o paura che si manifesta all’improvviso, accompagnata da sintomi fisici ed emotivi. La reazione del corpo è simile a quella che si verifica di fronte a una grave minaccia, con la differenza che in caso di attacco di panico non esiste alcuna minaccia concreta né pericolo.

La sua origine, infatti, è senza motivo e spesso può essere la conseguenza di un lungo periodo di stress, di un trauma o di uno stato ansioso abituale che esplode in questo tipo di crisi.

Si dice che una persona soffre di disturbo di panico o disturbo da attacchi di panico quando è soggetta ad attacchi frequenti. In questi casi, la persona potrebbe cambiare abitudini o comportamenti per evitare quelle situazioni in cui potrebbe manifestarsi un attacco. Questo potrebbe condizionare pesantemente le sue relazioni sociali.

Chi soffre abitualmente di attacchi di panico sa riconoscere i sintomi e sa come comportarsi quando si manifestano. Chi ha un attacco di panico per la prima volta si sente come se stesse per morire. Lo può confondere con un attacco di cuore o un altro grave problema di salute. Una sensazione a dir poco spaventosa, ma che una volta che si è imparato a riconoscerla fa meno paura.

Se chi è abituato agli attacchi di panico sa riconoscerli e come comportarsi, tuttavia può trovarsi in grave difficoltà e avere bisogno di aiuto. Pertanto, è importante sapere quali sono i sintomi di un attacco, come riconoscerli e come comportarsi per aiutare chi sta avendo un attacco.

sintomi più comuni dell’attacco di panico:

• paura intensa

• disperazione

• sudorazione o brividi

• tremore

• tachicardia

• difficoltà a respirare

• senso di soffocamento

• iperventilazione

• dolore al petto

• mal di testa o vertigini

• nausea

La differenza tra attacco di panico e una tipica risposta a una paura è che nel caso di un attacco di panico non esiste una minaccia effettiva o un pericolo concreto. Il corpo segnala un percolo che tuttavia non è presente. Si tratta dunque di unarisposta eccessiva probabilmente a uno stato diffuso di ansia o stress.

Se dovesse capitare di trovarci in presenza di una persona che sta avendo un attacco di panico, ecco cosa bisogna fare e non fare per aiutarla.

Restare calmi e cosa dire

Di fonte a una persona che ha un attacco di panico, la prima cosa da fare è mantenere la calma. È molto difficile, ma è quello da fare se si vuole essere veramente di aiuto. In ogni caso, dobbiamo sapere che gli attacchi di panico non durano molto. Solitamente, la fase acuta dell’attacco dura dai 5 ai 10 minuti. Come spiegano gli esperti.

Chi sta avendo un attacco di panico, tuttavia, potrebbe non rendersi conto del tempo e vivere quel momento come infinito. Pertanto è importante che chi è vicino sita calmo, non si faccia prendere a sua volta dal panico (!), e cerchi di rassicurare la persona. Avere paura, in queste situazioni, è assolutamente normale ma è importante mantenere il sangue freddo.

Provate a parlare alla persona per rassicurarla. Cosa dirle:

• che non la lascerete

• che l’attacco non durerà a lungo

• che è al sicuro.

Chiedete anche come poter essere d’aiuto e cosa potete fare. Chi soffre abitualmente di attacchi di panico, infatti, conosce i sintomi e ha dei metodi per superarli. Pertanto, anche quando si presta aiuto è importante farlo nel modo giusto, senza interferire con quello che la persona sta facendo per calmarsi. Durante un attacco, quando chiedete alla persona come aiutarla, questa vi potrebbe rispondere in malo modo. È assolutamente normale in una situazione del genere, preparatevi a questa eventualità, senza prendervela.

Se la persona rifiuta il vostro aiuto e vuole restare da sola, allontanatevi ma rimanete comunque nelle vicinanze in caso di necessità. Ditele che può contare su di voi se ne avesse bisogno.

Attenzione, però, alle parole usate. Una persona calma, con una voce rassicurante è di aiuto ma insistere nel chiedere se va tutto bene o dire di continuo “non ti preoccupare” può avere l’effetto contrario e aumentare l’ansia della persona che sta avendo un attacco.

Cosa dire alla persona per aiutarla

• chiedetele se vuole andare da un ‘altra parte (uscire da una stanza, allontanarsi da un luogo pubblico),

• ricordatele di respirare,

• distraetela con una conversazione leggera, a meno che vi dica che non vuole parlare.

Come comportarsi e quando chiamare aiuto

Durante un attacco di panico è difficile capire subito di cosa si tratti. I sintomi della persona che ne è vittima possono far pensare sul momento a qualcosa di più grave. Se la persona è abituata a soffrire di questi attacchi, sarà lei a rassicurare i presenti che sta avendo un attacco di panico e non qualcosa di pericoloso per la sua salute. In ogni caso i sintomi possono causare un forte disagio e la persona può avere bisogno di aiuto. Anche semplicemente di qualcuno che le stia accanto.

Non sta a noi capire cosa sta succedendo, ma possiamo offrire la nostra empatia, riconoscere l’angoscia di chi sta avendo un attacco di panico e dare il nostro sostegno.

Per aiutare la persona a calmarsi e riprendere il controllo di sé possono essere di aiuto:

• il contatto fisico, come tenere la mano (se la persona è d’accordo),

• dare alla persona un oggetto da tenere in mano,

• incoraggiarla a muoversi,

• incoraggiarla a ripetere frasi tranquillizzanti come “è terribile ma non mi farà male”,

• parlarle lentamente e con calma di luoghi o attività familiari.

Stare accanto alla persona che sta avendo un attacco di panico è molto più importante di quanto possa sembrare, anche se non si fa niente.

In alcuni casi, tuttavia, i sintomi potrebbero essere più gravi di quelli di un semplice attacco di panico. Ecco allora quando bisogna chiamare aiuto:

• il dolore al petto è come una pressione che non smette e si sposta alle braccia o alle spalle

• i sintomi continuano oltre i 20 minuti e non migliorano ma peggiorano,

• le difficoltà respiratorie non migliorano

• la pressione al petto dura più di un minuto o due.

Cosa evitare durante gli attacchi di panico

È fondamentale rispettare la persona che sta avendo un attacco di panicoe le sue esigenze. Non forzatela a fare qualcosa che non sente di fare. Se non gradisce le frasi di rassicurazione o altre forme di incoraggiamento, lasciate perdere. Anche la sola vicinanza può essere lo stesso di aiuto.

Dopo un attacco di panico una persona può sentirsi sfinita e avere bisogno di riposo. Assecondatela e non forzatela a fare quello che non si sente. Potrebbero saltare i programmi o gli impegni che avevate preso insieme. Pazienza.

Molto importante è non minimizzarequello che la persona prova durante un attacco di panico. Non fate paragoni con altre situazioni meno gravi che possono far sentire a disagio la persona. Un normale stato di ansia o di stress che tutti sperimentiamo normalmente non è la stessa cosa di un attacco di panico. Durante un attacco una persona può sentirsi completamente persa e incapace di gestire quello che le sta accadendo. Offrire compassione e aiuto è quello che possiamo fare. Fate molta attenzione alle parole e ai gesti, per evitare ulteriore disagio a chi sta già soffrendo.

Le persone che soffrono di attacchi di panico sono consapevoli di quello che accade loro durante un attacco, semplicemente non sono in grado di gestire le reazioni del loro corpo e la loro emotività.

Sono assolutamente da evitare le seguenti frasi:

• “Rilassati, non c’è niente di cui avere paura”,

• “Stai male per questo?”,

• “Cosa c’è che non va?”

Con queste parole, poco rispettose e per nulla empatiche, peggiorerete soltanto la crisi.

Sono da evitare anche i consigli superficiali o non richiesti. In primo luogo perché potremmo non sapere bene come intervenire e in secondo luogo perché chi soffre abitualmente di attacchi di panico saprà già come comportarsi e seguire una terapia se è già in cura. Se invece siete voi stessi ad avere già avuto attacchi di panico, allora potrete provare a dare qualche suggerimento i base alla vostra esperienza. Rispettare la sensibilità della persona, comunque, rimane fondamentale.

Dal Sito: universomamma.it

sabato 23 gennaio 2021

Gli attacchi di panico in adulti e bambini: come riconoscerli ed evitarli



Gli attacchi di panico sono in aumento sia tra gli adulti che tra i bambini. Ma in cosa consistono? E come è possibile evitarli o prevenirli? Le risposte degli esperti.

Tra gli effetti a lungo termine del lockdown e della pandemia ci sono, purtroppo, i disturbi di ansia che sempre più spesso vengono diagnosticati sia tra gli adulti che tra i bambini.

La reclusione e la mancanza di interazione sociale in tutte le sue forme, dalla scuola all’attività sportiva alle uscite con i coetanei hanno destabilizzato moltissime persone.

E’ normale che un genitore si preoccupi per il proprio figlio, soprattutto se lo vede disorientato e sofferente.

Per parlare, però, di attacchi di panico c’è bisogno che ci sia una certa frequenza e non siano episodi isolati e poi vanno esclusi altri tipi di disturbi. Vediamo nello specifico in cosa consiste un attacco di panico.

Si parla di attacco di panico quando c’è un improvviso picco di terrore e di ansia, in assenza di un reale pericolo,che si protrae per la durata di almeno dieci minuti e che si associa anche ad altre manifestazioni.

Le manifestazioni che si associano al terrore riguardano sia la sfera psicologica che quella fisica. Tra queste menzioniamo

  • dolore a livello toracico
  • vertigini, tremori, tendenza all’instabilità o allo svenimento
  • paura dei sintomi e di morire
  • sensazioni di irrealtà, estraniamento o distacco dalla realtà
  • vampate di calore, sudorazione o brividi
  • nausea, vomito, mal di stomaco o diarrea
  • intorpidimento o sensazioni di formicolio
  • palpitazioni o tachicardie
  • respiro affannoso o sensazione asfissia e di soffocamento

In realtà per poter parlare di attacchi di panico, gli esperti spiegano che di questi sintomi psicofisici ne devono insorgere almeno 4.

Fino a qualche mese fa sembrava improbabile parlare di questo tipo di manifestazioni anche nei bambini o negli adolescenti che non attraversavano momenti particolarmente difficili, purtroppo sembrano ormai problemi che possono interessare tutti, a prescindere dall’età.

Nei giovanissimi, però, sono forse ancora più preoccupanti gli effetti. Gli attacchi di panico possono influire sul rendimento scolastico e sulle interazioni sociali, ma possono anche portare all’agorafobia (paura degli spazi aperti), alla reticenza ad uscire di casa e a svolgere attività quotidiane e ansia da separazionedai genitori.

Negli adolescenti possono portare a conseguenze ancora più drastiche come l’uso di sostanze stupefacenti e idealizzazione del suicidio e disturbi dell’umore.

Dunque, un problema da non sottovalutare. Inoltre, dagli studi finora condotti su questi disturbi associati alla pandemia e al lockdown, sembrerebbe che le famiglie dove i genitori stanno soffrendo di questo tipo di disturbi di ansia siano maggiormente a rischio perché i bambini e i ragazzi risentirebbero direttamente del problema dei genitori e delle loro preoccupazioni a livello economico e di salute.

Ciò che possono fare i genitori per aiutare i propri figli è innanzitutto cercare di fargli vivere una situazione familiare serena e di dargli la possibilità di esprimere le proprie emozioni senza reprimerle. Al momento dell’attacco, invece, l’unico modo per stargli vicino è quello di consolarlo e fargli sentire il proprio amore.

Bisogna comunque saper notare i segnali di allarme e rivolgersi prima al proprio pediatra, poi eventualmente a degli specialisti che sapranno dirvi di più.

Come si curano gli attacchi di panico

Gli attacchi di panico sembrano manifestarsi in condizioni di normalità. E’ vero, però, che alcuni eventi della vita possono risultare particolarmente stressanti e generare malessere psicologico e forme di somatizzazione, negli adulti come nei bambini, che risultano più inesperti ad affrontare le avversità e i cambiamenti della vita.

Tra i principali fattori di rischio degli attacchi di panico troviamo infatti

  • fonti di stress come un divorzio, un lutto, la nascita di un fratello o di una sorella, le ospedalizzazioni, le difficoltà scolastiche o di socialità
  • la presenza di disturbi di questo tipo in ambito familiare
  • una personalità più fragile e vulnerabile

L’approccio più utilizzato ed efficace per questo tipo di disturbo di ansia in medicina è quello cognitivo -comportamentale, come suggerito anche dai medici dell’ospedale Gaslini di Genova che hanno attivato un monitoraggio sulle famiglie e sui bambini dai 3 ai 18 anni. E’ nato infatti un ambulatorio dedicatoproprio alla prevenzione e al trattamento dei disturbi post traumatici. Proprio grazie ai risultati del monitoraggio si sta cercando di fare prevenzione su questo tipo di disturbi, per evitare che si associno ad altre patologie.

Vengono utilizzate anche delle cure farmacologiche, sulle quali però persistono delle perplessità. Tra queste antidepressivi e/o farmaci ansiolitici, che però agiscono sui sintomi e non sulle cause.

Gli altri disturbi nei bambini che possono creare confusione

Come abbiamo accennato, gli attacchi di panico devono essere diagnosticati da uno specialista perché i sintomi possono essere facilmente confusi con altri disturbi, soprattutto quando si manifestano di notte.

Di notte infatti molti bambini vanno incontro a risvegli più o meno bruschi, che però possono avere varie cause e definizioni:

  • gli incubi, cioè dei sogni in cui il bambino si sente minacciato
  • i terrori notturni e il sonnambulismo, in cui il bambino non si sveglia completamente e viene assalito da terrore o panico improvviso e inconsolabile, che però non viene ricordato al momento del risveglio
  • apnea ostruttiva del sonno, che ostruisce la respirazione durante la notte provocando risvegli, insonnia e sonnolenza

Per parlare di attacchi di panico notturni c’è bisogno innanzitutto di un risveglio completo, non legato a rumori improvvisi, e di una piena coscienza di ciò che sta accadendo. I sintomi poi sono quelli descritti per gli attacchi diurni, dalla tachicardia alla paura di morire.

Dal Sito: universomamma.it

martedì 5 gennaio 2021

L'attacco di panico fa paura? Un aiuto viene dal senso del ritmo




È una crisi d'ansia acuta transitoria, non comporta danni alla salute. Ma attenzione, perché potrebbe trasformarsi in disturbo di panico e condizionare la quotidianità. Prima di tutto, fare respiri con regolarità.

Quando si parla di attacco di panico, s'intende una crisi d’ansia acuta, che si manifesta all’improvviso con una sintomatologia fisica ed emotiva, spesso senza stimoli che giustifichino la comparsa dei sintomi. Provoca un malessere intenso, e, se gli attacchi si ripetono, la quotidianità di chi ne soffre può essere compromessa, rendendo difficili semplici attività che fino a quel momento non creavano problemi. Ma cos’è davvero un attacco di panico? Come si manifesta, e soprattutto, come si cura? L’argomento è stato approfondito su un articolo apparso su Humanitasalute, con il contributo di Daniela Caldirola, psichiatra, specialista in disturbi d’ansia e panico in Humanitas San Pio X e ricercatore presso Humanitas University. Articolo che riportiamo di seguito integralmente.



Una crisi d'ansia acuta, ma transitoria


Un attacco di panico, la paura di morire
L’attacco di panico è un fenomeno che si presenta in maniera improvvisa e inaspettata, senza una diretta causa scatenante: può avvenire dal parrucchiere, mentre si fa la spesa, in qualsiasi momento e luogo, senza alcun preavviso. È caratterizzato da numerosi sintomi fisici, spesso molto intensi, accompagnati dalla paura di morire, perdere il controllo o impazzire. I sintomi raggiungono il picco d’intensità nell’arco di alcuni minuti e poi si risolvono spontaneamente. In alcuni casi possono però essere più prolungati o lasciare strascichi di malessere nelle ore successive. Pur essendo un fenomeno innocuo e senza dirette conseguenze sulla salute fisica, la sintomatologia dell’attacco di panico può essere tanto acuta da indurre la persona che ne fa esperienza a pensare di essere sul punto di morire per una qualche grave causa medica.  

Soffocamento, tachicardia... I sintomi dell'attacco di panico


L’attacco di panico si presenta con svariati sintomi fisici, tra cui difficoltà respiratorie (sensazione di mancanza di fiato o soffocamento), che sono i sintomi più frequenti, palpitazioni/tachicardia, dolore o fastidio al petto, sudorazione, tremore, formicolii o sensazione di intorpidimento, nausea o disturbi addominali, sensazione di sbandamento, di instabilità, di testa leggera o di svenimento, brividi o vampate di calore. 

Possono comparire anche sensazione di irrealtà (derealizzazione) o di sentirsi distaccati da se stessi (depersonalizzazione). In genere durante un attacco di panico la persona prova un’intensa paura di morire o di perdere il controllo o impazzire. Il fatto che l’attacco di panico possa essere erroneamente confuso, specialmente se la persona non l’ha mai vissuto prima, con un una patologia medica acuta, come un infarto del miocardio, un’aritmia, una crisi respiratoria, un ictus cerebrale, aumenta ancor di più il senso di terrore e rischio incombente.

Tuttavia, sappiamo che un attacco di panico si dissolve con la stessa velocità con cui si manifesta: può durare pochi minuti, ma questo non significa che debba essere sottovalutato il suo impatto emotivo. Per chi ha un attacco di panico in corso, cinque-dieci minuti sono percepiti come un’eternità.

Il rischio che l'attacco diventi disturbo di panico
L’attacco di panico è un fenomeno comune e di per sé innocuo. Si calcola che fino al 30% della popolazione può sperimentare in modo sporadico almeno un attacco di panico nella vita. In molti casi essi rimangono degli episodi isolati senza conseguenze, mentre in circa il 3%-4% della popolazione si sviluppa il vero e proprio Disturbo di Panico.



Questo disturbo è più comune nelle donne che negli uomini, con un rapporto di circa 2:1, e in genere insorge in età giovane adulta (20-30 anni). È una condizione clinica in cui gli attacchi si ripetono e chi ne soffre vive nel continuo timore che l’attacco possa ritornare, o che possa portare gravi conseguenze. Inoltre le persone affette hanno spesso sintomi fisici nella vita di tutti i giorni, anche al di fuori dell’attacco di panico, quali fatica a respirare, tachicardia, senso di instabilità, con un senso generale “di non essere in piena forma fisica”. 

Per questi motivi, la persona tende a modificare il proprio comportamento, per esempio sottoponendosi a ripetuti controlli medici nel timore di avere una malattia medica, o spesso limitando la propria libertà di movimento. Infatti la paura che i sintomi si manifestino in luoghi pubblici, in situazioni sociali, in luoghi chiusi, o, all’opposto, in spazi aperti, come centri commerciali, mezzi di trasporto, luoghi di lavoro, ascensori, strade/piazze, induce a evitare quei luoghi o quelle situazioni: pianificare e organizzare attività si fa sempre più difficile, la qualità della vita comincia sempre più a ridursi, la vita sociale, professionale e personale ne risulta invalidata. Se questa condizione è pervasiva, avremo un’agorafobia.    

Per uscire da un attacco di panico, cercare di ristabilire un ritmo regolare
È importante ricordarsi che, per quanto l’attacco di panico sia estremamente sgradevole, è un fenomeno transitorio, che scompare spontaneamente, non è un’emergenza medica e non comporta rischi per la salute fisica. Tentare di tenerlo presente quando capita l’attacco può contribuire a spegnere il circolo vizioso della paura che poi amplifica l’attacco stesso. È chiaro però che l’attacco di panico sia una condizione di allarme per la persona, per cui scattano dei meccanismi automatici difensivi, come per esempio andare in iperventilazione, cioè tentare di aumentare l’apporto d’aria con una respirazione frequente e superficiale, in risposta alla sensazione di soffocamento e mancanza d’aria tipica del panico.



Questa reazione però non è utile e innesca la cosiddetta alcalosi respiratoria, cioè un insieme di reazioni fisiche capaci di produrre delle sensazioni spiacevoli quali tremori, formicolii, sensazione di sbandamento e tachicardia che a loro volta incrementano la paura e quindi l’iperventilazione stessa, con ulteriore potenziamento dell’attacco.

È importante bloccare la risposta del nostro organismo all’allarme. Per far ciò, subito dopo che è scattato l’attacco si può controllare la respirazione cercando di ristabilire un ritmo regolare (per esempio immaginando un metronomo o un pendolo).

Si può anche provare a respirare in un sacchetto di carta, manovra che permetterà di evitare l’alcalosi respiratoria e le sue conseguenze, anche in presenza di una respirazione frequente e superficiale, perché induce a respirare la nostra stessa aria e quindi evita un’eccessiva eliminazione di anidride carbonica.

L’utilizzo di ansiolitici benzodiazepinici all’inizio dell’attacco non è raccomandato poiché questi farmaci iniziano a funzionare non prima di 15-20 minuti, quando l’attacco nella maggioranza dei casi è già scomparso da solo. Si rischia di creare una dipendenza psicologica, associando l’assunzione del farmaco alla risoluzione dell’attacco, che invece si è risolto spontaneamente.  

Consultare eventualmente uno specialista
Se la persona ha attacchi ricorrenti e sviluppa il disturbo di panico, con o senza agorafobia, è consigliato effettuare un colloquio con uno specialista psichiatra per valutare l’opportunità di intraprendere un trattamento specifico per bloccare gli attacchi e recuperare una piena libertà e serenità di vita.

I trattamenti di prima scelta consigliati dalle linee guida internazionali comprendono terapie farmacologiche, basate soprattutto sull’uso degli Inibitori Selettivi della Ricaptazione della Serotonina, e la terapia psicologica di tipo cognitivo-comportamentale, e offrono ottimi risultati.



In associazione a essi, è possibile migliorare la propria respirazione attraverso esercizi respiratorispecifici, utili soprattutto per le persone con sintomi respiratori durante o al di fuori dell’attacco di panico, così come possono essere intrapresi programmi personalizzati di attività fisica o di miglioramento della postura e dell’equilibrio, utili per le persone con sintomi di instabilità o sbandamento. 


L'attacco di panico fa paura? Un aiuto viene dal senso del ritmo




È una crisi d'ansia acuta transitoria, non comporta danni alla salute. Ma attenzione, perché potrebbe trasformarsi in disturbo di panico e condizionare la quotidianità. Prima di tutto, fare respiri con regolarità.

Quando si parla di attacco di panico, s'intende una crisi d’ansia acuta, che si manifesta all’improvviso con una sintomatologia fisica ed emotiva, spesso senza stimoli che giustifichino la comparsa dei sintomi. Provoca un malessere intenso, e, se gli attacchi si ripetono, la quotidianità di chi ne soffre può essere compromessa, rendendo difficili semplici attività che fino a quel momento non creavano problemi. Ma cos’è davvero un attacco di panico? Come si manifesta, e soprattutto, come si cura? L’argomento è stato approfondito su un articolo apparso su Humanitasalute, con il contributo di Daniela Caldirola, psichiatra, specialista in disturbi d’ansia e panico in Humanitas San Pio X e ricercatore presso Humanitas University. Articolo che riportiamo di seguito integralmente.



Una crisi d'ansia acuta, ma transitoria


Un attacco di panico, la paura di morire
L’attacco di panico è un fenomeno che si presenta in maniera improvvisa e inaspettata, senza una diretta causa scatenante: può avvenire dal parrucchiere, mentre si fa la spesa, in qualsiasi momento e luogo, senza alcun preavviso. È caratterizzato da numerosi sintomi fisici, spesso molto intensi, accompagnati dalla paura di morire, perdere il controllo o impazzire. I sintomi raggiungono il picco d’intensità nell’arco di alcuni minuti e poi si risolvono spontaneamente. In alcuni casi possono però essere più prolungati o lasciare strascichi di malessere nelle ore successive. Pur essendo un fenomeno innocuo e senza dirette conseguenze sulla salute fisica, la sintomatologia dell’attacco di panico può essere tanto acuta da indurre la persona che ne fa esperienza a pensare di essere sul punto di morire per una qualche grave causa medica.  

Soffocamento, tachicardia... I sintomi dell'attacco di panico


L’attacco di panico si presenta con svariati sintomi fisici, tra cui difficoltà respiratorie (sensazione di mancanza di fiato o soffocamento), che sono i sintomi più frequenti, palpitazioni/tachicardia, dolore o fastidio al petto, sudorazione, tremore, formicolii o sensazione di intorpidimento, nausea o disturbi addominali, sensazione di sbandamento, di instabilità, di testa leggera o di svenimento, brividi o vampate di calore. 

Possono comparire anche sensazione di irrealtà (derealizzazione) o di sentirsi distaccati da se stessi (depersonalizzazione). In genere durante un attacco di panico la persona prova un’intensa paura di morire o di perdere il controllo o impazzire. Il fatto che l’attacco di panico possa essere erroneamente confuso, specialmente se la persona non l’ha mai vissuto prima, con un una patologia medica acuta, come un infarto del miocardio, un’aritmia, una crisi respiratoria, un ictus cerebrale, aumenta ancor di più il senso di terrore e rischio incombente.

Tuttavia, sappiamo che un attacco di panico si dissolve con la stessa velocità con cui si manifesta: può durare pochi minuti, ma questo non significa che debba essere sottovalutato il suo impatto emotivo. Per chi ha un attacco di panico in corso, cinque-dieci minuti sono percepiti come un’eternità.

Il rischio che l'attacco diventi disturbo di panico
L’attacco di panico è un fenomeno comune e di per sé innocuo. Si calcola che fino al 30% della popolazione può sperimentare in modo sporadico almeno un attacco di panico nella vita. In molti casi essi rimangono degli episodi isolati senza conseguenze, mentre in circa il 3%-4% della popolazione si sviluppa il vero e proprio Disturbo di Panico.



Questo disturbo è più comune nelle donne che negli uomini, con un rapporto di circa 2:1, e in genere insorge in età giovane adulta (20-30 anni). È una condizione clinica in cui gli attacchi si ripetono e chi ne soffre vive nel continuo timore che l’attacco possa ritornare, o che possa portare gravi conseguenze. Inoltre le persone affette hanno spesso sintomi fisici nella vita di tutti i giorni, anche al di fuori dell’attacco di panico, quali fatica a respirare, tachicardia, senso di instabilità, con un senso generale “di non essere in piena forma fisica”. 

Per questi motivi, la persona tende a modificare il proprio comportamento, per esempio sottoponendosi a ripetuti controlli medici nel timore di avere una malattia medica, o spesso limitando la propria libertà di movimento. Infatti la paura che i sintomi si manifestino in luoghi pubblici, in situazioni sociali, in luoghi chiusi, o, all’opposto, in spazi aperti, come centri commerciali, mezzi di trasporto, luoghi di lavoro, ascensori, strade/piazze, induce a evitare quei luoghi o quelle situazioni: pianificare e organizzare attività si fa sempre più difficile, la qualità della vita comincia sempre più a ridursi, la vita sociale, professionale e personale ne risulta invalidata. Se questa condizione è pervasiva, avremo un’agorafobia.    

Per uscire da un attacco di panico, cercare di ristabilire un ritmo regolare
È importante ricordarsi che, per quanto l’attacco di panico sia estremamente sgradevole, è un fenomeno transitorio, che scompare spontaneamente, non è un’emergenza medica e non comporta rischi per la salute fisica. Tentare di tenerlo presente quando capita l’attacco può contribuire a spegnere il circolo vizioso della paura che poi amplifica l’attacco stesso. È chiaro però che l’attacco di panico sia una condizione di allarme per la persona, per cui scattano dei meccanismi automatici difensivi, come per esempio andare in iperventilazione, cioè tentare di aumentare l’apporto d’aria con una respirazione frequente e superficiale, in risposta alla sensazione di soffocamento e mancanza d’aria tipica del panico.



Questa reazione però non è utile e innesca la cosiddetta alcalosi respiratoria, cioè un insieme di reazioni fisiche capaci di produrre delle sensazioni spiacevoli quali tremori, formicolii, sensazione di sbandamento e tachicardia che a loro volta incrementano la paura e quindi l’iperventilazione stessa, con ulteriore potenziamento dell’attacco.

È importante bloccare la risposta del nostro organismo all’allarme. Per far ciò, subito dopo che è scattato l’attacco si può controllare la respirazione cercando di ristabilire un ritmo regolare (per esempio immaginando un metronomo o un pendolo).

Si può anche provare a respirare in un sacchetto di carta, manovra che permetterà di evitare l’alcalosi respiratoria e le sue conseguenze, anche in presenza di una respirazione frequente e superficiale, perché induce a respirare la nostra stessa aria e quindi evita un’eccessiva eliminazione di anidride carbonica.

L’utilizzo di ansiolitici benzodiazepinici all’inizio dell’attacco non è raccomandato poiché questi farmaci iniziano a funzionare non prima di 15-20 minuti, quando l’attacco nella maggioranza dei casi è già scomparso da solo. Si rischia di creare una dipendenza psicologica, associando l’assunzione del farmaco alla risoluzione dell’attacco, che invece si è risolto spontaneamente.  

Consultare eventualmente uno specialista
Se la persona ha attacchi ricorrenti e sviluppa il disturbo di panico, con o senza agorafobia, è consigliato effettuare un colloquio con uno specialista psichiatra per valutare l’opportunità di intraprendere un trattamento specifico per bloccare gli attacchi e recuperare una piena libertà e serenità di vita.

I trattamenti di prima scelta consigliati dalle linee guida internazionali comprendono terapie farmacologiche, basate soprattutto sull’uso degli Inibitori Selettivi della Ricaptazione della Serotonina, e la terapia psicologica di tipo cognitivo-comportamentale, e offrono ottimi risultati.



In associazione a essi, è possibile migliorare la propria respirazione attraverso esercizi respiratorispecifici, utili soprattutto per le persone con sintomi respiratori durante o al di fuori dell’attacco di panico, così come possono essere intrapresi programmi personalizzati di attività fisica o di miglioramento della postura e dell’equilibrio, utili per le persone con sintomi di instabilità o sbandamento. 


Il dramma di Laura Chiatti: "gli attacchi di panico sono tornati"





La bellissima attrice umbra Laura Chiatti, moglie di Marco Bocci e madre di due splendidi bambini, torna a parlare di un problema che la affligge da anni.

Laura Chiatti, volto tra i più apprezzati nella rosa delle attrici italiane, è tornata a parlare di un problema con cui deve fare i conti da anni: gli attacchi di panico. La Chiatti aveva superato la malattia dopo essere stata in cura da uno specialista ma dopo un anno difficile, in cui sia suo marito Marco Bocci, sia sua madre, sono stati male, l’attrice è ripiombata in questo terribile male, da troppi sottovalutato.

Credeva di essersi liberata per sempre da questo peso, e invece, dopo un anno pesantissimo, gli attacchi di panico sono tornati più prepotenti che mai nella vita di Laura Chiatti: “L’anno scorso sia Marco sia mia madre sono stati molto male. Adesso è tutto risolto, ma qualcosa si è comunque rotto: l’utopia per cui le cose brutte non accadono mai a te”.

Un problema ancora troppo sottovalutato e colpisce moltissime persone. Non c’è una vera e propria soluzione, o meglio c’è ma bisogna cercarla all’interno di se stessi con la guida di uno specialista. “Mi curo con la bioenergetica e con la psicoterapia. E’ sbagliato pensare di potercela fare sempre senza farsi aiutare, un errore in cui noi donne cadiamo spesso. Lavoriamo, ci occupiamo della casa, della famiglia: un sovraccarico di responsabilità che può schiantarti fisicamente” ha dichiarato l’attrice.

Nonostante suo marito Marco Bocci la aiuti e la sostenga nelle faccende quotidiane e con la crescita dei due figli della coppia, Enea e Pablo, l’attrice umbra dichiara: “Quando metti al mondo un figlio capisci per la prima volta che cos’è l’amore. Pensi: ah, ma allora è questo che aspettavo da sempre. Passiamo anni a cercare l’uomo o la donna della vita, non sapendo che solo un figlio ti porterà quell’amore che ti stacca la pelle. Ma il prezzo, ed è questo che tolgono, è che tu passi totalmente in secondo piano. Tu, i tuoi bisogni, il tuo lavoro“.


ck12.it

Charli D'Amelio svela: "Ho attacchi di panico, ma sto cercando di uscirne"

Charli D’Amelio svela: “Ho attacchi di panico frequenti, ma sto cercando di uscirne” – il suo toccante racconto



Nonostante il successo, i 100 e oltre milioni di follower su TikTok, la vita di Charli D’Amelio non è solo rose e fiori. Come molte ragazze della sua età, anche lei vive momenti difficili, di fragilità, che non ha mai nascosto al suo pubblico. Sia prima che dopo il boom sui social, Charli ha avuto a che fare con alcuni problemi psicologici, legati anche al disturbo alimentare contro cui ha lottato nei mesi passati.

Ospite del podcast Here For Itdell’amica Avani Gregg, Charli ha raccontato che alcuni problemi che l’affliggono da quando è bambina, nonostante la terapia che sta seguendo con un terapeuta, ancora la affliggono:

Avevo degli attacchi di panico così brutti in terza elementare. Questo è quello che è successo in passato, ed è ciò che mi ha colpito fino a letteralmente tre settimane fa. Mi ha fatto così male che non volevo parlarne. Piangerò per tre giorni di fila e non sono nemmeno più Charli!

La terapia “sta facendo la differenza”, ha sottolineato Charli nell’intervista, che ha sottolineato cosa le succede quando gli attacchi di ansia cercano di imporsi su di lei e cosa pensa delle persone che la giudicano:

Sono solo una persona emotiva che non funziona correttamente. […] Non sono me stessa, e non so cosa prende il sopravvento, ma è tutto così ammassato che sto cercando di uscirne tutto in una volta, ed è davvero difficile. Soprattutto quando ritieni che tutti abbiano un invito speciale a dire qualcosa su di te.

Charli D’Amelio si conferma nuovamente un modello da seguire, una “stella” dei social molto più vicina alla terra che al cielo!

Dal Sito: webboh.it