La malattia di un famigliare può modificare gli equilibri di tutto il sistema, inevitabilmente è l'intera famiglia ad esserne in qualche modo colpita.
Nel momento in cui, il famigliare si ammala, i membri della famiglia possono tentare in diversi modi di aiutare il loro caro nell'affrontare il disturbo. Ma molto spesso, i famigliari del paziente, possono vedere frustrati i loro tentativi di aiuto, fino a sentirsi impotenti e isolati oltre che caricati da ulteriori responsabilità.
Quello che spesso, i membri di una famiglia arrivano a dirsi è: “abbiamo provato di tutto: il sostegno, il distacco, le arrabbiature, la determinazione; dopo tutto questo cosa possiamo ancora fare?”
Può emergere così il bisogno, anche per i familiari, di trovare un supporto e delle informazioni utili nella gestione della situazione.
Nella fase iniziale della malattia di un proprio famigliare, spesso il vissuto degli altri membri è di disorientamento e incomprensione, invece nel lungo termine la situazione viene vissuta come immodificabile ed accettata come un dato di fatto, cui bisogna solo adeguarsi.
Del resto, per un paziente il sostegno e l'aiuto dei suoi familiari possono essere molto importanti ma per essere efficaci richiedono un orientamento. Per aiutare il vostro famigliare possono essere utili alcuni suggerimenti e strategie che potrebbero integrarsi con l'eventuale percorso terapeutico del suo famigliare.
IL PRIMO PASSO: INFORMARSI
Un primo suggerimento è quello di cercare di non sentirsi intrappolati in un ruolo di cura eccessivo, ovvero non è necessario pensare di dover diventare “psicoterapeuti” del familiare con un Disturbo D’Ansia.
Il primo consiglio è quello di informarsi; per agire nel modo più adeguato, sarebbe opportuno:
sapere che è importante chiedere aiuto ad uno specialista psicoterapeuta
capire che un Disturbo d’Ansia è una malattia, e come tale, se curata, può guarire
E’ importante anche utilizzare le informazioni per tentare di sfatare tutti i pregiudizi o le convenzioni errate intorno alla figura dello psicologo/psicoterapeuta.
Non è il “medico dei pazzi” ed i parenti dovrebbero convincersene per primi e cercare di essere solidali con il paziente, sostenendo, o quanto meno non denigrando, la sua scelta di rivolgersi ad uno psicoterapeuta.
Sono questi gli obiettivi principali che si vogliono ottenere nel suggerire la lettura di questo articolo informativo. Importante non è dunque solo sapere cosa fare, ma anche cosa non fare.
COSA FARE
Cosa è possibile dunque fare quando un vostro familiare soffre di un disturbo d’Ansia?
Concedetegli lo spazio e il tempo per uscire dal suo problema
Ripetere di avere pazienza, che la terapia può avere tempi lunghi prima di fare effetto
credete ai sintomi che il vostro famigliare accusa
Anche se il paziente non fa passi avanti, cercate comunque di avere un atteggiamento di sostegno “non colpevolizzante”.
Trovate qualcosa di positivo in ogni esperienza. Se il vostro familiare riesce anche solo in parte a raggiungere un obiettivo consideratelo come una conquista piuttosto che un fallimento.
Sostenetelo nella sua autostima, non forzatelo nell'affrontare situazioni che potrebbero spaventarlo
Siate accettanti, ma non rassegnati, pensando che la persona colpita non potrà mai uscire dal proprio disturbo
Ricordate che la vostra ansia è giustificata: è normale essere preoccupati e persino a volte spaventati, quando una persona cara soffre di un disturbo d’Ansia.
Riservatevi degli spazi di svago per condividere momenti di gioia
COSA PUÒ ESSERE OPPORTUNO DIRE
Dimmi di cosa hai bisogno in questo momento
Puoi farcela, non importa come ti senti
Respira lentamente
Non la situazione o il luogo che ti creano disagio, ma il pensiero di non farcela in questo momento
Lo so che ciò che stai provando ora è doloroso, ma non è pericoloso
Tu sei coraggioso/a
COSA NON FARE
Cercate di non fare interpretazioni circa le sue necessità: chiedete direttamente quali sono i suoi bisogni e se richiesto, offrite il vostro aiuto
Non favorite l’evitamento: negoziate la possibilità di fare anche un piccolo passo in avanti, piuttosto che evitare completamente una situazione temuta.
Non fatevi prendere dal panico quando il vostro familiare non sta bene
Non prendetelo in giro se non riesce a fare qualcosa (es. entrare in un centro commerciale, guidare, andare da solo da qualche parte, intraprendere un viaggio, ecc. )
Non assecondate il familiare quando vorrebbe smettere la psicoterapia
Non sacrificate la vostra vita, accumulando risentimenti per ciò che ritenete di non poter fare, “a causa” del disturbo del familiare.
COSA NON DIRE
Non essere ansioso/a
Calmati
Devi reagire
Cerca di sforzarti
Non essere prigo/a
Vediamo se riesci a farcela (che vuol dire mettere alla prova la persona ansiosa)
Devi sforzarti di combattere contro questa situazione
Non essere ridicolo/a
E’ solo colpa tua
Non essere vigliacco/a
Altri suggerimenti:
MANTENERE LA ROUTINE FAMILIARE PER QUANTO POSSIBILE
In generale comunque è importante (soprattutto all’esordio del disturbo) non modificare eccessivamente la routine famigliare, facendo in modo che ciascun membro continui a fare la propria vita. Questo può essere di aiuto al paziente stesso. Avere intorno a sé un ambiente per quanto possibile normale, può aiutarlo a ricercare quella normalità ed equilibrio che ha momentaneamente perduto.
Una famiglia normale, con una propria vita parallela a quella del membro colpito da un Disturbo d’Ansia, è di maggior aiuto rispetto ad una famiglia tutta concentrata sul problema e frustrata dalla mancanza di tempo dedicato allo svago. Lo stesso paziente può anche aver bisogno di tempo per stare solo, per lavorare sul proprio disturbo, ed elaborare i contenuti che via via emergono durante il trattamento.
SOSTENERE LA TERAPIA
Questo significa appoggiare e dare fiducia agli accorgimenti terapeutici.
Se si sfiducia lo psicoterapeuta o psichiatra risulterà molto più facile che anche il vostro familiare rinunci a seguire quella terapia, con conseguenza che il percorso di cura potrebbe rallentare (se non andare incontro a peggioramenti) oppure i tempi di attesa per i miglioramenti potrebbero allungarsi
Questo tipo di appoggio è importante non solo all’inizio della trattamento ma durante tutto il percorso terapeutico. Sostenere il famigliare diventa fondamentale soprattutto quando ancora non si sono manifestati i miglioramenti ed il vostro caro può mostrare momenti di sconforto.
USARE UN PO’ DI HUMOUR
Un pizzico di ironia, intesa in senso positivo può aiutare a superare le difficoltà che inevitabilmente si presentano.
E’ un suggerimento banale, ma importante, in quanto aiuta a rendere alcuni comportamenti del familiare meno importanti ed a sdrammatizzarli. Naturalmente, è assolutamente vietata la presa in giro degli atteggiamenti del paziente o la minimizzazione del suo malessere.
Infine, si ritiene opportuno sottolineare che questi suggerimenti non hanno la pretesa di essere risolutori dei problemi che incontrate nel quotidiano con il familiare sofferente di un Disturbo d’Ansia. Tali indicazioni hanno l’obiettivo di favorire la riduzione delle tensioni e dei contrasti familiari che spesso ruotano attorno a questi disturbi, in modo da consentire un clima più favorevole per tutti e, in particolare, per permettere al paziente di affrontare al meglio il percorso di cura.
IL RUOLO DEI FAMILIARI DURANTE LE TECNICHE DI ESPOSIZIONE AGLI STIMOLI TEMUTI
Evitare alcuni luoghi o situazioni come ad esempio (i cinema, i centri commerciali, i supermercati, le feste, guidare, ecc) sono l’aspetto caratteristico di alcuni Disturbi d’Ansia - quali ad esempio il Disturbo di Panico con Agorafobia, oppure la Fobia Sociale. Tali comportamenti possono favorire l’instaurarsi di un rapporto di dipendenza dal familiare che assume il ruolo di accompagnatore. Il famigliare, ritenendo di ridurre, attraverso la sua presenza costante e protettiva, il livello di sofferenza del suo caro, in realtà, anche in modo non consapevole, rinforza il disturbo e le condotte di evitamento.
Infatti, in tal modo, non si permette al familiare di sperimentarsi come persona “efficace” nella gestione delle situazioni temute, aumentandone le sue difficoltà verso l’autonomia. E’ necessario, viceversa, apprendere modalità di risposta alternative, coerenti con gli interventi terapeutici, per riuscire a tranquillizzare il familiare/paziente e ridurre al minimo le condotte di evitamento.
Ad esempio una tecnica della psicoterapia cognitivo-comportamentale è quella far esporre gradualmente il paziente alle situazioni temute.
Tale intervento durante le fasi iniziali, prevede il coinvolgimento dei familiari, nel ruolo di accompagnatori durante le prime uscite.
La tecnica infatti prevede che, una volta fissati degli obiettivi finali, questi vengono graduati in sottopassaggi di difficoltà crescente, a partire dalla situazione più facilmente affrontabile.
L’impegno richiesto ai familiari è modesto e si limita ai primi passaggi che possono, tuttavia, richiedere di essere ripetuti per svariate volte. Infatti, la tecnica prevede che per passare al livello di difficoltà successivo, sia necessario ripetere l’esposizione più semplice, finchè il paziente non si sente a suo agio nella situazione, o comunque l’ansia arrivi a livelli accettabili.
In generale, gli accompagnatori dovrebbero comunque attenersi ai suggerimenti indicati nella pagine precedenti, per relazionarsi in modo costruttivo con la persona che soffre di un Disturbo d’Ansia (in particolare vedi il punto cosa fare e cosa non fare).
Soprattutto, non drammatizzare se le prime esperienze dovessero risultare difficoltose, ed il paziente non riuscisse proprio a portare a termine l’obiettivo previsto: l’importante è riprovarci, ed in tal senso l’appoggio solidale dell’accompagnatore (senza forzature eccessive) sarà fondamentale. In tal caso potrebbe essere utile dire:
ho visto che ti sei impegnato/a. Capisco le tue difficoltà. Io sono disponibile per quando vorrai riprovarci. Hai comunque avuto il coraggio di superare le tue paure iniziali ed hai provato ad affrontare la situazione. Questo è già un passo avanti.
Per i familiari partecipare ad alcune fasi del trattamento, può essere l’occasione di entrare attivamente in un processo di cambiamento che comunque li vedrebbe coinvolti.
Tale modalità di aiuto, attuata con la guida di un esperto, può confermare in piccola parte, il ruolo protettivo che hanno svolto fino a quel momento senza escluderli dal progetto di cambiamento del paziente.
D’altra parte, ciò restituisce gradualmente spazi di autonomia, sia per il paziente, sia per i familiari stessi, migliorando l’intesa familiare e la qualità di vita del paziente e dei suoi famigliari.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Baldini F. Homework un'antologia di prescrizioni terapeutiche. McGraw-Hill, Milano, 2004
Bara B.G. Nuovo Manuale di Psicoterapia Cognitiva. Bollati Boringhieri, Torino, 2005
Rovetto F. Panico: origini, dinamiche, terapie. McGraW-Hill, Milano, 2003
Nessun commento:
Posta un commento