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giovedì 19 novembre 2020

Forte attacco di ansia: cosa possiamo fare?




Come gestire un attacco di ansia

L’ansia è uno stato di agitazione, di timore, legata ad un oggetto o situazione aspecifico.

A differenza dello stress che ha un focus ben definito, l’ansia è più subdola e generica e perciò è più difficile da gestire. La sensazione di inquietudine è generata da un senso di malessere generico, per qualcosa che potrebbe avvenire, ma senza un’indicazione temporale precisa, per cui spesso scatena angoscia e paura.

L’ansia è il “dono” della nostra epoca, a causa di svariati fattori di progresso economico, sociale e culturale che hanno provocato come un’arma a doppio taglio benefici e limitazioni.
Come affrontare un attacco di ansia

È fondamentale, attraverso piccoli passi quotidiani, provare a sconfiggere l’ansia.

Ecco alcuni semplici esercizi che tutti possiamo mettere in pratica per contrastare un attacco di ansia:

  • Riconosci e accetta di avere l’ansia. Prendine consapevolezza, trova un canale per farla emergere e gestirla in maniera funzionale; altrimenti scaricherà sul corpo (mal di testa, tremore, insonnia, mal di stomaco..) e impatterà nel rapporto con gli altri e sul lavoro (scatti di ira, frustrazione, stanchezza, scarso rendimento, bassa concentrazione…).
  • Accorgiti e cambia. Impara a vedere con altri occhi ciò che hai attorno, sviluppa una visione positiva, fai leva sulle tue risorse. Un esercizio in questo senso può essere quello di stilare a fine giornata un diario della positività, ovvero scrivere almeno tre cose belle, di piccola entità, che ti sono accadute durante la giornata (un sorriso, una sorpresa, un evento inatteso, una telefonata..)
  • Proteggiti e limita. Rispetto al bombardamento mediatico sugli eventi del mondo, occorre selezionare le informazioni che ricevo, filtrare le fonti da cui provengono, limitare l’accesso a pochi minuti al giorno.
  • Ricorda che il nostro cervello sbaglia, utilizza delle strategie per risparmiare tempo che ci autoingannano e si focalizza solo sulle cattive notizie, dandone un peso maggiore.
  • Fermati e respira. È un esercizio tanto semplice quanto difficile. Nel ritmo frenetico della nostra giornata concedersi una pausa, concentrarsi sul corpo, su ciò che ci sta comunicando in quel momento, focalizzarsi sul respiro. In mindufulness si dice “stare nel momento presente”. Fare un esercizio di consapevolezza corporea permette di aprire la strada anche verso forme di consapevolezza più ampie, se è qualcosa che sentiamo utile per noi.
  • Contatta e condividi. Chiamate amici, colleghi, parenti, vicini…scrivete un messaggio, sfogatevi sui gruppi facebook, partecipate a gruppi di psicoterapia, chiamate una persona di fiducia, mandate segnali di fumo. Se avete necessità di sentire o vedere una voce amica fatelo. A volte anche solo una passeggiata e una chiaccherata possono lenire l’ansia, perché in quel momento la necessità è sfogarmi, e parlarne. Condividere e sentirsi supportati da qualcuno che non ci giudica e comprende come mi sento è essenziale.
  • Prenditi cura e riduci. Prendersi cura del corpo per prendersi cura della mente, lo dicevamo anche gli antichi. È un esercizio da non sottovalutare. Mangiare bene significa coccolarsi, dedicarsi del tempo per sé. Anche se si hanno solo pochi minuti di pausa pranzo, staccate il pc e il telefono, prendete una boccata d’aria, ritagliatevi una pausa per riposare e fare qualcosa che vi fa star bene, anche solo 10 minuti.

Sempre per imparare a gestire l’attacco di ansia, è importante mantenere almeno durante la settimana un’igiene del sonno perché il cervello ha bisogno di ricaricare le energie e il sonno perso non si recupera (chiedetelo alle mamme di bimbi neonati o a chi lavora su turni).

Fare attività fisica, anche poca se non siamo amanti del genere. 
Muoversi attiva le endorfine, gli ormoni della felicità.

  • Ridere e sorridere. Stare in una condizione di benessere allevia il dolore percepito, abbassa la pressione sanguigna, favorisce la rigenerazione cellullare. Ridere fa bene al corpo e alla mente, ci sono molti studi che hanno dimostrato scientificamente questo dato di fatto abbastanza obiettivo. Meno scontato è che dovremmo farlo più spesso, anche per piccole cose, per farlo diventare un atteggiamento.
  • Chiedere aiuto. Se si riconosce che l’ansia è troppa, che non è gestibile, che influenza le giornate, le relazioni, le amicizie, il lavoro, che è un peso insopportabile, che vi sta rovinando, non aver paura o vergogna a chiedere aiuto ad un professionista.

Il regalo più bello e coraggioso che si possa fare per sé e iniziare un percorso di sostegno per affrontare il proprio dolore e ritrovare la serenità.

martedì 7 luglio 2020

Ansia generalizzata, come riconoscerla e come curarla per non vivere nella preoccupazione costante


L'incertezza del futuro, la perdita del lavoro, la precarietà diventata regola hanno incrementato: stress, nervosismo, insonnia, ansia e depressione.


L'emergenza Covid-19 ha prodotto conseguenze rilevanti non solo in ambito clinico ed economico, ma ha anche lasciato significative ripercussioni psicologiche.


La vita di moltissime persone è stata completamente stravolta dalla pandemia e dalle misure adottate per limitare il contagio. L'incertezza del futuro, la perdita del lavoro, la precarietà diventata regola hanno incrementato: stress, nervosismo, insonnia, ansia e depressione.


In una società dove si viveva sull'onda della velocità e degli obiettivi da raggiungere, tutto all'improvviso si è fermato. Progettare il futuro, soprattutto economico e lavorativo, è diventato difficile.

Uno dei disturbi già molto presente nella popolazione, ma che dopo il lockdown è prepotentemente emerso, è il disturbo d'ansia generalizzata, detto anche DAG o GAD (Generalized Anxiety Disorder) (American Psychiatric Association, 2013).

La parola “ansia” deriva dal termine latino “anxius”che significa affannoso, inquieto e la radice di questo termine è quella del verbo latino “angere” che vuol dire stringere, soffocare.

L'ansia infatti si caratterizza come una condizione di tensione che si manifesta con timore, apprensione, attesa inquieta. Inoltre, ci sono alcuni correlati fisiologici come: tremori, sudorazione, palpitazioni, senso di affaticamento, difficoltà a respirare normalmente.

Tra le possibili cause e fattori di rischio per sviluppare il disturbo d'ansia generalizzata si evidenziano:

- esperienze negative o traumatiche (recenti o passate);

- esposizione prolungata a  fattori stressanti;

- malattie croniche e invalidanti;

- personalità evitanti, introverse e pessimiste;

- una componente genetica che aumenta il rischio di sviluppare il disturbo.

L'elemento centrale del disturbo è il rimuginio, ovvero il continuo pensare e ripensare agli eventi negativi che potrebbero capitare, con l'obiettivo di prevederli, prevenirli e prepararsi a affrontarli. Il rimuginio riguarda la preoccupazione verso eventi futuri, percepiti come pericolosi, per i quali l'individuo sente la necessità di prepararsi e di trovare le soluzioni possibili per gestire queste minacce.

I criteri diagnostici

I criteri diagnostici per il disturbo d'ansia generalizzata proposti dal DSM-5 (American Psychiatric Association, 2013) sono riassumibili  come segue:

- presenza di ansia e preoccupazioni eccessive, che si manifestano per la maggior parte dei giorni per almeno sei mesi. Presenza di almeno due ambiti diversi di preoccupazione;

- la persona ha difficoltà nel controllare la preoccupazione;

- l'ansia e la preoccupazione sono associate con almeno tre dei sintomi seguenti: irrequietezza, facile affaticabilità, difficoltà a concentrarsi o vuoti di memoria, irritabilità, tensione muscolare, alterazioni del sonno;

- l'ansia, le preoccupazioni e i sintomi fisici provocano una significativa riduzione della qualità di vita del soggetto;

- l'ansia non è dovuta agli effetti di una sostanza o a una condizione medica;

- il disturbo non è specificato da altre condizioni mediche di natura psichiatrica.

La maggior parte dei pazienti con disturbo d'ansia generalizzata riconoscono di trascorrere molto tempo della loro giornata preoccupandosi per cose di secondaria importanza. Le loro preoccupazioni tendono a riflettere una vulnerabilità nel senso di minaccia percepita (ad es.: “qualche cosa andrà male”) e la mancanza di risorse personali nel fronteggiamento delle situazioni (ad es.: “non sono in grado di farcela”).

Le cure

Riguardo alle cure per il disturbo d'ansia generalizzata si possono prevedere: psicoterapia, tecniche di rilassamento e trattamento farmacologico.

Attraverso la psicoterapia si possono affrontare in modo separato le varie situazioni in cui l'ansia si presenta tramite tecniche comportamentali e di ristrutturazione cognitiva.

Tecniche di rilassamento possono servire ad interrompere il processo di autoalimentazione dell'ansia e abbassare lo stato di tensione generale.

Riguardo alla terapia farmacologica per molto tempo le benzodiazepine sono state i farmaci di prima scelta nel controllo dei sintomi ansiosi e tuttora sono considerate il trattamento più indicato per il controllo rapido dell'ansia e per gestire le situazioni in cui non vi sia comorbidità con un disturbo depressivo.


Dal Sito: milleeunadonna.it



sabato 14 marzo 2020

Attacco di ansia e attacco di panico: ecco le differenze tra le 2 patologie



Spesso sentiamo dire o diciamo di aver attacchi di ansia o di panico, talvolta utilizzando le due parole come sinonimi e confondendone i veri significati.

Bene, forse esiste, ma ufficialmente “l’attacco d’ansia” non appare nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, ovvero il compendio dei criteri che i clinici usano per diagnosticare le malattie mentali. Gli psicologi e gli esperti del non hanno questo descrittore nel loro vocabolario, pertanto questo potrebbe significare qualsiasi cosa.

“Alcune persone potrebbero usare ‘attacco di panico’ e ‘attacco di ansia’ in modo intercambiabile“, afferma Lily Brown, direttore della ricerca con il Center for the Treatment and Study of Anxiety presso la Perelman School of Medicine dell’Università di Pennsylvaniaa Filadelfia, e altre persone potrebbero usare l’attacco d’ansia per descrivere sentimenti ansiosi che non raggiungono il livello di panico.

Nella nostra vita quotidiana spesso abbiamo sentimenti nervosi o ansiosi, soprattutto in forti momenti di crisi. Però, talvolta, vi sono persone che si stressano per eventi che non sono accaduti e le loro preoccupazioni sfuggono totalmente fuori controllo, avendo quello che spesso viene definito attacco di panico.

L’attacco di panico, come viene descritto nel compendio di psicologia, è “la risposta del corpo a un pericolo imminente, anche se non vi è alcuna evidente minaccia al benessere fisico della persona”.

Chiunque abbia mai avuto un attacco di panico afferma che quest’ultimo può essere paragonato a una montagna russa. Si accende all’improvviso, afferrando le sue vittime in estrema paura e angoscia fisica, sino a mozzare il fiato. Pochi minuti dopo, è finita.

Quando gli attacchi di panico, spiega il manuale di diagnostica, si verificano ripetutamente e la vita delle persone è presa dalla paura di avere il prossimo episodio di panico, potrebbe essere diagnosticato un disturbo di panico .

L’esperienza di chi lotta con l’ansia estrema è molto diversa. I sintomi dell’ansia, infatti, di solito non sono né rapidi né di breve durata. L’ansia tende a coinvolgere sintomi di basso grado che persistono per un periodo di tempo più lungo.

Se si è costantemente perseguitati dalle preoccupazioni, invece, potrebbe essere diagnosticato un disturbo d’ansia generalizzato (GAD). Questo disturbo è presente all’interno del noto compendio.

Dal Sito: newsicilia.it 



mercoledì 4 dicembre 2019

PERCHÉ L’ANSIA NON È DA COMBATTERE


Prima di capire perchè l’ansia non è “qualcosa da combattere”, dobbiamo capire innanzitutto di cosa si tratta e a cosa serve .
Quanti di noi hanno provato almeno una volta nella vita questa sensazione? Probabilmente quasi tutti noi e sicuramente molti si staranno chiedendo “com’è fatta davvero l’ansia?”

L’ansia è uno stato psico-fisico molto soggettivo anche se è caratterizzata da  alcuni aspetti tipici che si manifestano in ciascun individuo nella stessa maniera.

COS’È L’ANSIA?

L’ansia è uno stato di attivazione determinato dalla combinazione di emozioni quali la paura e la preoccupazione, associate ad una attivazione fisica ed alla percezione di minaccia. La minaccia può essere reale o immaginaria, può provenire sia dall’interno, sia dall’esterno dell’individuo.
Quindi può essere generata da un pensiero o da un’immagine dolorosa oppure da una situazione contingente.

ANSIA QUANTO BASTA!

L’ansia è necessaria ed indispensabile perchè ci permette di attivarci al punto giusto per ottenere una buona prestazione nei compiti che dobbiamo affrontare. Proviamo a pensare cosa accade al nostro corpo ed al nostro cervello poco prima di un esame universitario, di una gara sportiva o di una conferenza pubblica.
L’ansia ci permette di essere ben attivi, lucidi e prestanti, se è troppa può prendere il sopravvento su di noi e rovinare la nostra performance, se è poca rischiamo di non essere abbastanza concentrati e motivati.
E’ per questo motivo che non bisogna combattere l’ansia come se fosse un nemico da eliminare, bensì è importante saperla gestire e dosarla al punto giusto.

TROPPA ANSIA!

Quando l’ansia diventa troppa ci impedisce di svolgere le normali attività quotidiane, ci paralizza e prende il nome di ansia patologica. Sia l’attivazione fisica che quella cognitiva diventano eccessive e si possono manifestare i seguenti sintomi: sudorazione, tremolii, tachicardia, vertigini, svenimenti, fiato corto, nausea, sensazione di irrequietezza e rimuginio.
A questo punto è necessario intervenire per ridurre la sintomatologia e ripristinare il livello di ansia adeguato per un funzionamento normale.

Dott. ssa Camilla Pacassoni

sabato 16 novembre 2019

La differenza tra ansia normale e ansia patologica


L’Ansia è una reazione affettiva caratterizzata da vissuti di inquietudine, insicurezza, disagio psichico e fisico, che si sviluppa di fronte a situazioni di stress, e in particolare in condizioni di allarme di fronte alla minaccia di pericoli reali o simbolici.

Da un punto di vista fenomenico l’esperienza dell’ansia è costituita da uno stato di attesa apprensiva, con anticipazione di eventi negativi mal definiti verso i quali il soggetto si sente indifeso e impotente. In condizioni normali, l’ansia costituisce una reazione di difesa dell’organismo ( correlata all’istinto di conservazione), volta ad anticipare la percezione del pericolo prima che questo sia chiaramente identificato. Essa è accompagnata da un aumento della vigilanza e dell’attivazione di tutta una serie di meccanismi fisiologici che predispongono l’organismo alla difesa o alla fuga.

L’ansia, quindi, in condizioni normali è un ottimo sistema di allarme fisiologico utile alla sopravvivenza della specie.

Quando questo meccanismo di difesa è mal regolato, l’ansia diviene una risposta sproporzionata o irrealistica a preoccupazioni relative all’esistenza o all’ambiente ed assume la connotazione di un vero disturbo mentale. In questo caso anziché favorire l’adattamento della persona all’ambiente lo peggiora e diviene necessario un intervento terapeutico.

L’ansia è patologica nel momento in cui risulta sproporzionata all’evento scatenante o quando si manifesta in assenza di motivi apparenti o quando si protrae nel tempo, ed è di intensità tale da interferire con il funzionamento normale dell’individuo. L’ansia ha una componente psichica ( senso soggettivo di apprensione, inquietudine, difficoltà di concentrazione, ruminazione, insicurezza, attesa penosa), una neurovegetativa (sudorazione,tachicardia, nodo alla gola, senso di soffocamento, vertigini, tremori, disturbi digestivi) e una motoria (tensione, irrequietezza, agitazione, a volte paralisi motoria).

Risulta doveroso effettuare una distinzione tra ansia e paura e tra ansia e angoscia.

L’ansia si distingue dalla paura poiché implica un senso di attesa per un pericolo futuro e indefinito e al contempo un senso di inadeguatezza alla situazione, mentre la paura è uno stato emotivo per un pericolo reale, esterno e coscientemente riconosciuto.

Un'altra distinzione che viene fatta in ambito clinico è quello tra ansia e angoscia. L’angoscia, rispetto all’ansia, è un vissuto emotivo disforico di malessere profondo caratterizzato da intensi fenomeni neurovegetativi determinato dal timore di un pericolo imprecisato e imminente di fronte al quale ci si sente disarmati e impotenti.

Risulta inoltre necessario distinguere tra:

Ansia Normale: E’ l’ansia che una persona normalmente può vivere nella vita di tutti giorni è una manifestazione naturale vitale e comune a tutte le persone che può scaturire da differenti fattori, come ad esempio da esperienze di separazione e di lutto o dalla presa di coscienza di caratteristiche di limitazione, cambiamento, e non onnipotenza della condizione umana. Questo tipo di ansia viene in genere controllata dalla persona “non disturbata” che ne fa un buon uso per stimolare il pensiero e l’azione costruttiva.

Perls afferma che questo tipo di ansia, da lui chiamata “oggettiva”, presuppone una struttura dell’Io stabile e funzionante, e ci motiva a superare gli ostacoli e ci stimola a ricercare una spiegazione al nostro vissuto favorendo in tal senso l’integrazione della personalità, l’adattamento all’ambiente e a prestare attenzione alla situazione presente e contestuale, in altre parole un buon principio di realtà.

Ansia patologica: Può essere contraddistinta da un vissuto di minaccia più o meno imminente e reale di disintegrazione , di annichilimento psichico, di instabilità profonda, di totale isolamento e castigo. Secondo Perls questo tipo di ansia non ci permette di stare nel presente, nel qui ed ora, e ci proietta nel “lì ed allora”.

Il criterio per distinguere l’ansia oggettiva da quella patologica è quello di valutare la tolleranza dell’individuo. La patologia subentra quando rende l’individuo incapace di difendersi.

Freud utilizzò il termine “psiconevrosi” per far riferimento ad una condizione individuabile in 4 differenti configurazioni cliniche( nevrosi d’ansia, l’isteria d’angoscia, la nevrosi ossessivo-compulsiva e l’isteria). Il termine aveva una connotazione descrittiva (per indicare un sintomo assai doloroso presente in un individuo in cui l’esame di realtà non è compromesso), sia con l’intenzione di indicare la presenza di un preciso processo etiopatogenetico (conflitti inconsci in grado di generare ansia e di condizionare l’impiego maladattativo di alcuni meccanismi di difesa, a cui si collega lo sviluppo dei sintomi).

La nevrosi d’ansia fa riferimento ad un disturbo più o meno strutturato nel quale l’ansia è il sintomo predominante. Essa si può descrivere come un disturbo caratterizzato da reazioni di apprensione e paura più o meno diffuse o croniche, con episodi acuti e ricorrenti durante i quali il soggetto è spaventato, si sente sicuro e impotente e presenta sintomi neurovegetativi molteplici. Tra une reazione acuta e l’altra il soggetto può essere relativamente asintomatico o presentare, in maniera persistente, uno o più componenti caratteristici del disturbo.

La nevrosi d’ansia si può manifestare in maniera

Cronica: Si contraddistingue da disordini psichici, disturbi corporei , quantitativamente minori all’ansia acuta ma con caratteristiche qualitativamente simili.

Acuta: caratterizzata da intense manifestazioni corporee come tachicardia, respiro spezzato, nodo alla gola, tremori ed un vissuto psicologico caratterizzato da un sentimento di catastrofe imminente, disperazione, compromissione delle funzioni cognitive e comportamentali.

Lo stato di ansia può iniziare in maniera graduale con vissuti generici di tensione, inquietudine, sconforto e disagio, oppure in maniera repentina e quindi con eclatanti manifestazioni di ansia acuta, a volte senza che esista una plausibile spiegazione a uno specifico fattore scatenante; altre volte come conseguenza di qualche evento personale o ambientale che lo scatena (lutto, abbandono,fallimento). I principali sintomi psicologici della nevrosi d’ansia sono la paura di svenire, di non farcela, di morire, di impazzire, di fare qualcosa di incontrollabile, che succeda, a sé o ad altri, qualcosa di catastrofico. Altri sintomi sono la sensazione di impotenza, di disintegrazione del sé, di perdita di significato, di annichilimento, di solitudine, accompagnati, a volte, da vissuti di depersonalizzazione e di derealizzazione.

I sintomi dell’ansia risultano presenti in molti disturbi psicopatologici e sul piano tassonomico, nella psicopatologia contemporanea essi vengono inquadrati nelle seguenti categorie:

Disturbo d’ansia generalizzata:Caratterizzata da una apprensività persistente, non collegata a uno specifico stimolo. Sfuma in un ansia di tratto nelle personalità ansiose;

Disturbo ossessivo-compulsivo: Caratterizzato da pensieri e immagini persistenti e da comportamenti ripetitivi ( per es., lavarsi le mani, riordinare, controllare) o azioni mentali.

Disturbo post-traumatico da stress: Caratterizzata da un evento traumatico che ha implicato morte o gravi lesioni.

Disturbo di Attacchi di panico: inteso come fenomeno parossistico, intenso, di breve durata, in cui il senso di pericolo è immanente, con imponenti sintomi vegetativi (respiro corto, affannoso, perdita di forze, vertigini, senso di mancamento).

lunedì 28 ottobre 2019

La persone ansiose non devono “calmarsi”, hanno solo bisogno di essere capite.


L’ansia è certamente uno dei disturbi mentali più comuni, ma anche, solitamente, uno dei più sottovalutati e malintesi.

Chi soffre di una condizione ansiosa non è una persona che semplicemente prova nervosismo, che so, di fronte a una prova d’esame all’università o quando deve andare a farsi visitare dal medico.

Quelle sono situazioni che, chi più chi meno, rendono nervosi tutti quanti. No, l’ansia è qualcosa di più “pesante” e può avere conseguenze serie sulla qualità di vita delle persone che ne sono colpite.

Tanto per capirci, la definizione dei “disturbi d’ansia” che troviamo su Wikipedia recita così: “I disturbi d’ansia sono un insieme di disturbi psicologici caratterizzati da forme di paura e di ansia ingiustificata o patologica che si accompagnano spesso a manifestazioni fisiche e che creano notevole disagio all’individuo”.

Per chi patisce questa condizione, situazioni che per le altre persone sono banali e per nulla o poco stressanti diventano dei veri e propri incubi. Per esempio tornare a casa quando è buio.

Chi si trova a convivere con una persona ansiosa sa che nella maggior parte dei casi le crisi sono passeggere e che l’unica strategia che si può adottare è aspettareche la persona si calmi da sé.

In ogni caso, non serve a nulla esortare alla calma, perché è come invitare chi soffre di raffreddore a smettere di starnutire.

L’unico atteggiamento produttivo per chi sta accanto a una persona ansiosa è la comprensione. Da fuori chi non soffre d’ansia si rende conto che le paure dell’ansioso sono infondate, ma la cosa peggiore è dirglielo, perché nella sua mente quelle paure sono invece anche troppo reali.

Dunque comprensione e anche aiuto medico, se serve. Se la persona ansiosa, come è probabile, non si rende conto che la sua condizione è patologica, un aiuto concreto può essere quello di indurla a farsi vedere da un medico.

Lo specialista nel caso potrà anche prescrivere dei medicinali (benzodiazepine a altri).

Dal Sito: pianetadonne.blog

sabato 10 agosto 2019

Ansia, come si manifesta? Ecco come ridurla in poche semplici mosse



L’ansia è un qualcosa che travolge e lascia inermi. Ma come riconoscerla e vincerla in poche semplici mosse?
I disturbi d’ansia sono fra i più diffusi al mondo e non vanno sottovalutati. L’ansia è uno stato emotivo, associato ad una condizione di allerta e paura nei confronti di tutto ciò che è all’esterno. Ma si può ridurre in qualche modo?

Che cos’è l’ansia?

I sintomi di questo stato emotivo sono vari e diversi vanno dal nervosismo all’apprensione, insonnia – crisi di pianto, dalla palpitazioni ai crampi allo stomaco fino all’apnea.

Questo stato arriva all’istante e quando arriva la maggioranza di noi vorrebbe liberarsene, ma più si cerca di non pensarci e più si rimane imprigionato.

Spesso si ricorre agli psicofarmaci per bloccare queste sensazioni negative, rischiando solo di bloccare il sintomo ma non di arrestare la causa. Esiste però un modo diverso per affrontare l’ansia e consiste nel considerarla un’alleata preziosa.

Bisogna sapere che di fatto ci allerta su un qualcosa che emotivamente ci crea uno stato emotivo di agitazione e paura.

I sintomi che si manifestano

I sintomi che la accompagnano sono psicosomatici specie nelle persone che soffrono d’ansia nelle forme croniche.

Tachicardia, cefalea, vampate di calore e sudorazione eccessiva sono alcune avvisaglie che qualcosa dentro di noi non sta funzionando a dovere.

Nella maggior parte dei casi l’ansia patologica è accompagnata da attacchi di panico, crisi acute caratterizzate da paura, palpitazioni e comportamenti disordinati ed afinalistici. Le cosiddette fobie sono invece atteggiamenti di paura reale ma non oggettiva per situazioni contestuali, o animali o altro.

Quando diviene patologica risulta essere necessario rivolgersi agli esperti del settore: occorre infatti un intervento professionale che possa aiutare la persona a gestire i sintomi così fastidiosi e invalidanti.

Il disturbo non solo è il più comune ma anche il terzo disturbo psichiatrico per diffusione.

La psicoterapia per i disturbi di tale entità è indubbiamente il trattamento principale. In particolar modo la terapia cognitivo comportamentale che ha mostrato tassi di efficacia elevatissimi nella cura dell’ansia e dei suoi disturbi.

Come gestire l’ansia?

Per affrontare l’ansia risulta essere necessario rompere gli schemi abituali, con la messa in atto di azioni opposte. E’ possibile?

La patologia risulta essere un meccanismo di difesa generato dall’individuo stesso di fronte a situazioni di pericolo.

Di solito situazioni stressogene, nel quale ci si ritrova imprigionati, come relazioni sbagliate, amori patologici, ideali utopistici o altro generano ansia.

E’ quindi necessario investire il proprio tempo in nuove attività in nuovi interessi, stimolando il cervello e arrivando dove di norma non possiamo arrivare.

venerdì 26 luglio 2019

Quando l’ansia è malattia oppure uno stato normale




A tutti è capitato di essere ansiosi di tanto in tanto. Ci si preoccupa per i figli, per la salute, per il lavoro, per le difficoltà finanziarie. Per alcune persone, tuttavia, l’ansia diventa così frequente, o così forte, che inizia a prendere il controllo delle loro vite. E’ in questi casi che lo stato d’ansia, quando inizia ad essere una malattia, che ci si deve preoccupare.

“Quando si formano pensieri cronicamente ansiosi, un atteggiamento depresso o sentimenti di immobilizzazione che sfociano anche in attacchi di panico, siamo di fronte ad una patologia che deve essere curata con la psicoterapia“, sottolinea Claudia De Masi psicologa di Roma specializzata in terapia breve strategica.

Come puoi sapere se la tua ansia quotidiana ha superato questo limite? Non è facile. I disturbi d’ansia si presentano in molte forme diverse – come attacchi d’ansia, fobia e ansia sociale – e la distinzione tra quella che possiamo definire “patologia” ed uno “stato normale”non è sempre chiaro.

Ecco un inizio: se si verificano regolarmente i seguenti sintomi, anche in parte, si consiglia di parlare con il proprio medico.

 

-cuore che in alcuni momenti corre all’ impazzata senza aver fatto sforzi, ma solo in seguito ad uno stato emotivo

-sudorazione eccessiva

-tremore e/o vertigini

-mancanza di respiro o sensazione di soffocamento

-sensazione di soffocamento

-dolore o fastidio al petto che può essere scambiato per infarto

-brividi o vampate di calore

-nausea o mal di stomaco

-senso di distacco dalle cose della vita

-apatia

-intorpidimento o sensazioni di formicolio

-paura di perdere il controllo o paura di morire

Tipi comuni di disturbi d’ansia includono:

-disturbo d’ansia generalizzato

-fobia sociale

-fobie specifiche

-disturbo ossessivo compulsivo

-attacchi di panico

-disturbo d’ansia da separazione

-agorafobia.

Il disturbo post-traumatico da stress è talvolta discusso come un tipo di disturbo d’ansia.

Altri tipi di disturbi d’ansia includono:

disturbo d’ansia indotto da sostanze / farmaci

disturbo d’ansia causato da una condizione medica

mutismo selettivo.

Cause dello sviluppo di ansia

Esistono numerosi fattori che contribuiscono allo sviluppo dell’ansia. I fattori potrebbero essere biologici –  genetici (storia familiare), tratti della personalità e chimica del cervello –  oppure possono essere eventi della vita, come traumi e stress a lungo termine, o una combinazione di questi fattori.

È importante sapere che l’ansia può essere una normale reazione a una situazione. Ognuno di noi è unico e risponderà in modo diverso quando esposto a fattori ambientali, sociali o psicologici.

Si ritiene che alcuni tipi di personalità abbiano maggiori probabilità di sviluppare stati d’ansia. Questi includono i perfezionisti, personalità sensibili e timide o persone con scarsa autostima.

Possiamo sperimentare più di un disturbo d’ansia o altri problemi di salute mentale contemporaneamente, ad esempio soffrire allo stesso tempo di depressione.

I rimedi e la terapia

L’ansia è estenuante dal punto di vista fisico ed emotivo. Cercare aiuto in anticipo significa che puoi iniziare ad avere un certo sollievo e recuperare prima. Ci sono molti professionisti, psicologi e psichiatri ad esempio, che trattano tutti i tipi di ansia.

Esistono molti trattamenti efficaci per l’ansia, dalla terapia cognitivo comportamentale a quella breve strategica. Esistono tecniche di rilassamento e, in casi gravi, ci sono i farmaci. Ci sono anche molte cose che puoi fare per aiutarti.

Spesso è una combinazione di cose che ci aiutano a migliorare, come:

un professionista della salute mentale ben preparato con cui ti senti a tuo agio a parlare

le giuste terapie psicologiche e mediche

sostegno da parte di familiari e amici

esercizio fisico e alimentazione sana

modi di apprendimento per gestire le sfide e lo stress, come la risoluzione strutturata dei problemi, la meditazione e lo yoga.

A volte, quando siamo ansiosi, possiamo sentire sintomi che potremmo collegare ad altri problemi di salute. Una forte ansia può provocare dolore toracico, battito cardiaco accelerato, vertigini e persino eruzioni cutanee. A volte le persone ansiose pensano di avere un infarto e cià genera ancora piu’ ansia.

Dovresti sempre consultare un medico a prescindere, in modo che possano effettuare un controllo approfondito dei sintomi ed escludere qualsiasi altra condizione medica.

Quando siamo ansiosi, possiamo anche diventare iper-consapevoli del nostro corpo e dei dolori, delle minacce percepite e del pericolo. A volte, una volta che siamo consapevoli di un problema, possiamo diventare ‘iper-vigili’ nel controllare tutti i nervi e i dolori che sentiamo. Questo può trasformarsi in una maggiore preoccupazione accentuando lo stato d’ansia.

Dal sito: coreonline.it

sabato 25 maggio 2019

Disturbo ansioso depressivo misto – La Mente è Meravigliosa

Si accompagnano l’una all’altra, coesistendo come due lati oscuri della stessa moneta: ansia e depressione. Vivere sotto l’influenza totale di queste due condizioni causa un serio degrado della qualità della vita. Si tratta di un fatto ben noto nell’ambito della ricerca sulla salute mentale se consideriamo che circa il 60% delle persone afflitte da depressione soffrono anche di disturbi d’ansia. In questi casi si parla di disturbo ansioso depressivo misto


Non si può definire un problema banale, dal momento che i sintomi clinici associati al disturbo ansioso depressivo misto in molti casi rischiano la cronicizzazione. Vuoi perché non si è cercato un aiuto specializzato o perché non si è ricevuta una diagnosi valida e adeguata, è comune trovare pazienti che arrivano addirittura a elaborare pensieri suicidi.

Irritabilità, malessere, anedonia,senso di colpa, sentimenti negativi e disperazione… La vita quotidiana di una persona in balia dell’ansia e della depressione assomiglia a una palude di sabbie mobili: si sprofonda un po’ di più ogni giorno, in maniera lenta ma costante, fino ad affogare.

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Situazioni del genere sono molto complesse e per questo richiedono la migliore assistenza e i migliori approcci terapeutici, anche perché i casi sono in continuo aumento.

In questa realtà clinica coesistono diversi sintomi e aspetti che un professionista deve essere in grado di riconoscere il prima possibile.

“La felicità più grande non sta nel non cadere mai, ma nel risollevarsi sempre dopo una caduta.”

-Confucio-

Depressione e ansia

Il legame tra ansia e depressione è ben noto in ambito psicologico e psichiatrico. Esperti del settore come il Professor David Barlow, direttore del Center for Anxiety and Related Disorders dell’Università di Boston, ci dicono che le due patologie sembrano coinvolgere i medesimi processi cerebrali da un punto di vista neurobiologico.

Studi come quelli condotti alla Emory University di Atlanta, negli Stati Uniti, dimostrano tale affermazione. Sia l’ansia che la depressione hanno origine nel nostro cervello. Più precisamente, nell’amigdala: è qui che risiede il nostro “centro della paura”, e può capitare che questa struttura sia troppo reattiva. Ciò porta, ad esempio, a recepire qualsiasi evento o stimolo in maniera sproporzionata, accompagnandolo a emozioni negative molto intense.

Con la depressione la realtà ci appare come congelata, e ci sentiamo in un costante stato di impotenza che ci fa perdere la speranza. Tuttavia, questa paura eccessiva causa a sua volta un turbinio incessante di pensieri e di preoccupazioni per il domani, che portano con sé ulteriore ansia, angoscia e disperazione.

D’altra parte, secondo molti esperti, la causa alla base della particolare sensibilità di alcuni individui alla sofferenza, che porta a sviluppare questa condizione, sarebbe un fattore predisponente genetico. Ciò andrebbe a sommarsi al contesto che ci circonda e alla mancanza di strumenti quando si affrontano circostanze diverse.

Quali sono i sintomi del disturbo ansioso depressivo misto?

La prima domanda che può venire in mente è: se soffro di ansia e depressione, ho un disturbo psicologico? Bene, prima di rispondere, bisogna precisare che tutti siamo in qualche modo suscettibili alla comparsa di tali stati d’animo in determinati momenti.

Il problema è quando questi diventano persistenti e compaiono insieme. Le manifestazioni cliniche devono coesistere in maniera permanente (più di un mese) e nella stessa misura. È necessario inoltre che siano accompagnate da ulteriori sintomi come:

  • Problemi di concentrazione e di memoria.
  • Preoccupazione costante.
  • Pensieri fatalisti, pessimismo e disperazione.
  • Alterazioni del sonno.
  • Anedonia (mancanza di motivazione, vitalità, energia, ecc.).
  • Irritabilità e costante malumore.
  • Senso di inutilità, di colpa, bassa autostima e simili.
  • Costante stato di allerta accompagnato dalla sensazione che qualcosa di brutto sta per accadere.
  • Disturbi gastrointestinali.

D’altra parte, gli indicatori più eclatanti di questa condizione sono senz’altro alcuni stili di vita estremiche accomunano molti pazienti, come mancanza di igiene, ritiro sociale, incapacità di andare al lavoro e altro ancora.

I dati epidemiologici ci dicono che solo nel 50% dei casi viene diagnosticato nell’ambito delle cure primarie. A volte, infatti, i pazienti non si sottopongono regolarmente a controlli oppure non sono seguiti da professionisti specializzati.

Come si tratta il disturbo ansioso depressivo misto?

L’approccio terapeutico dipende da molte variabili, ma se c’è un fattore determinante, questa è la realtà personale di ciascun paziente. Ci sono individui, ad esempio, che presentano una sintomatologia lieve e possono dunque beneficiare al massimo da una terapia di tipo psicologico. Nei casi più gravi, però, l’approccio psicologico sarà coadiuvato da un intervento farmacologico.

È in ogni caso conveniente per i pazienti godere di un approccio multidisciplinare che includa, per esempio, anche forme di assistenza sociale e di psicoeducazione. La persona con disturbo ansioso depressivo misto ha bisogno del maggior sostegno possibile. Di seguito troviamo le strategie terapeutiche più comuni:

  • Terapia cognitivo-comportamentale, orientata alla ristrutturazione cognitiva, per ridurre l’ipervigilanza, la paura e l’ansia.
  • Tecniche di rilassamento.
  • Trattamento farmacologico (antidepressivi e ansiolitici).
  • Psicoeducazione: ai pazienti viene spiegata la loro situazioneinformandoli su cosa sono la depressione e l’ansia e quali strategie applicare per curarle e prevenirle.

Infine, vale la pena di soffermarsi su un aspetto in particolare: ormai tutti sappiamo che molte persone soffrono di ansia e depressione. Tuttavia, quando la loro intensità è tale da portare alla comparsa del disturbo ansioso depressivo misto, la situazione si complica ulteriormente e il problema, purtroppo, non sempre viene identificato in maniera adeguata.

È dunque buona norma rivolgersi sempre a un professionista specializzato per ottenere le migliori risposte, attenzioni e indicazioni.

Dal Sito: lamenteemeravigliosa.it

martedì 2 aprile 2019

Ansia: Conoscerla per non temerla


L’ansia è un’emozione fondamentale per la nostra sopravvivenza, ma può diventare un ostacolo al nostro benessere. Per questo è importantissimo imparare a conoscerla e a gestirla nel modo migliore per poter vivere bene e serenamente.

Molte delle persone che si rivolgono ad uno psicologo si presentano con una richiesta ben precisa: “Dottore, non voglio più sentirmi ansioso, avere questa sensazione di ansia che mi prende, non voglio avere ansia. Mi aiuti ad eliminare definitivamente l’ansia dalla mia vita”. In realtà, sappiamo bene che questo è un obiettivo irrealistico.

L’ansia è un’emozione NORMALE. Tutti noi la proviamo, in alcuni momenti della nostra vita. Quando dobbiamo affrontare un esame o un colloquio di lavoro, per esempio, sentiamo ansia. Quando organizziamo un incontro a cena con la persona che ci piace, nell’attesa proveremo ansia.

L’ansia ci mette in guardia dal pericolo (di farci male, di fare una figuraccia, di fallire), è perciò un’emozione molto utile!

A differenza della paura, l’ansia si manifesta in assenza di un pericolo nell’immediato. Riguarda infatti l’anticipazione di un evento rischioso, per cui è un’emozione che ci aiuta a prepararci ad affrontare una situazione immaginata, considerata complicata o pericolosa.

Il problema nasce, però, quando l’ansia diventa eccessiva, irrazionale, pervasiva.

Possiamo paragonare l’ansia all’antifurto della nostra automobile. Vorreste che non funzionasse più? Certo che no. L’allarme deve avvisarci qualora un ladro tenti di rompere un finestrino o vi siano altre situazioni di rischio. Se però un giorno l’antifurto si rompesse ed iniziasse a suonare continuamente, per tutto il giorno, senza motivo, a quel punto credo che chiamereste un meccanico per risolvere il problema. Con l’ansia succede la stessa cosa: deve “funzionare”, ma solo quando è necessario.

E allora cosa può fare uno psicologo? Può insegnare a gestire l’ansia, e di conseguenza fare in modo che non si presenti più così frequentemente e/o intensamente. I parametri che il terapeuta osserva per valutare il miglioramento dell’ansia sono principalmente 3: frequenza (provo ansia ogni giorno vs provo ansia ogni tanto), durata (questa ansia si trascina per ore/giorni vs per qualche minuto), intensità (su una scala da 0 a 100 la mia ansia è molto bassa vs molto elevata).

Quando l’ansia è eccessiva, irrazionale e incide notevolmente sulla nostra vita di tutti i giorni, si parla di DISTURBO D’ANSIA.

Secondo il DSM 5 (il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) esistono diversi disturbi d’ansia. I principali sono:

FOBIA SPECIFICA: paura eccessiva e irrazionale di un oggetto o una situazione specifici (es. animali, iniezioni, altezze, ecc.)

ANSIA SOCIALE: paura marcata relativa a una o più situazioni sociali, in cui è prevista l’interazione con gli altri o in cui si è sottoposti ad una valutazione (es. esame, colloquio di lavoro)

DISTURBO DI PANICO: riguarda episodi di ansia acuta e terrificante (in cui sembra che manchi il respiro, che stia arrivando un infarto, ecc.) che per lo più vanno a scemare nell’arco di 10-15 minuti, ma lasciano una preoccupazione costante di sperimentare altri attacchi e di subirne le conseguenze temute (impazzire, morire, avere un attacco cardiaco, ecc.). Può essere accompagnato da agorafobia (la paura di trovarsi in luoghi da cui può essere difficile fuggire in caso di attacco di panico, con relativo evitamento di tali luoghi).

DISTURBO D’ANSIA GENERALIZZATA: a differenza dell’attacco di panico, acuto e breve, il disturbo d’ansia generalizzata riguarda una preoccupazione costante relativa ad una quantità di eventi o attività (es. prestazioni lavorative, questioni economiche, possibili incidenti o malattie, ecc.). La persona non riesce a controllare la preoccupazione, che si manifesta anche attraverso uno stato di irrequietezza, tensione muscolare, alterazioni del sonno, facile affaticamento e/o difficoltà a concentrarsi.

In altre categorie del DSM 5, sono presenti altre problematiche legate all’ansia, tra cui:

ANSIA DI MALATTIA: la preoccupazione di avere o contrarre una grave malattia. L’individuo è costantemente in allarme riguardo il suo stato di salute e si pone in ascolto di qualsiasi (normale) cambiamento corporeo, interpretandolo come sintomo di una brutta malattia.

DISTURBO DA SINTOMI SOMATICI: la persona presenta uno o più sintomi somatici che procurano disagio significativo e portano ad alterazioni della vita quotidiana. Pensieri, sentimenti e comportamenti correlati ai sintomi somatici o legati a preoccupazioni relative alla salute sono eccessivi e costanti.

DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO: sono presenti ossessioni (pensieri, impulsi o immagini ricorrenti vissuti come intrusivi e indesiderati, per esempio timore di essere contaminati) e/o compulsioni (comportamenti ripetitivi che la persona si sente obbligata a mettere in atto per annullare l’ossessione, per esempio lavarsi continuamente le mani).

Molte persone si chiedono “perché proprio a me?”, “significa che non sono normale?”. E’ importante perciò normalizzare l’ansia, poiché anche quando si manifesta sotto forma di “disturbo” riguarda comunque un’esperienza frequente e comune. Non esiste una causa univoca nell’insorgenza di queste problematiche, si parla infatti di eziologia multifattoriale. Si considerano cioè la predisposizione genetica (se i miei genitori o i miei parenti stretti soffrono o hanno sofferto di un disturbo d’ansia io avrò una maggiore probabilità di svilupparne uno), i modelli familiari, gli eventi stressanti, le caratteristiche psicologiche della persona. Esistono quindi fattori predisponenti (es. la familiarità con un disturbo d’ansia), che però, affinché insorga un vero e proprio disturbo, devono incontrare dei fattori precipitanti (es. un evento stressante nel corso della vita) e dei fattori di mantenimento (che tengono in vita il problema).

L’ansia si manifesta attraverso 3 canali:

Fisiologico (sintomi fisici, manifestazioni corporee)

Cognitivo (i nostri pensieri)

Comportamentale (le azioni, ciò che facciamo)

Da un punto di vista fisiologico, le espressioni dell’ansia spaziano da quelle più comuni ad altre più bizzarre e inusuali. Si possono presentare sintomi a carico del sistema gastrointestinale (gastrite, reflusso esofageo, colite, ecc.), del sistema cardiovascolare (tachicardia, aritmie, extrasistole, ecc.), del sistema neuromuscolare (vertigini, tremori, rigidità, tensione muscolare, ecc.), sintomi dermatologici (es. orticaria, rossore, ecc.), respiratori (es. sensazione di mancanza d’aria, nodo in gola, ecc.), urinari (es. impulso continuo ad urinare, ecc.) Chiaramente l’ansia, riflettendosi sul corpo, mantiene ed aggrava ogni sindrome dolorosa. Per questo è importante lavorare per la riduzione dei livelli di ansia. L’ansia, tuttavia, non si esprime esclusivamente attraverso il corpo. Un ruolo fondamentale nell’insorgenza, nel mantenimento e nell’esacerbazione dell’ansia è giocato dai nostri pensieri.

Immaginate, per esempio, di dover partecipare ad un concerto affollato. La situazione può essere, per molti di voi, fonte di gioia ed entusiasmo. Per alcune persone, però, la situazione “concerto” causa emozioni sgradevoli, per esempio una forte ansia. Come mai? Se di fronte alla situazione “acquisto del biglietto per il concerto” la mia mente sarà attraversata da pensieri del tipo “finalmente vedrò il mio cantante preferito”, “che emozione ascoltare quella canzone dal vivo”, “passerò una bella giornata con i miei amici”, verosimilmente esperirò emozioni piacevoli. Ma se nella mia mente scorreranno pensieri come “oddio, potrei sentirmi male là in mezzo a tutta quella gente”, “e chi mi aiuterà se sverrò?” “avrei fatto meglio a non comprare i biglietti”, l’emozione che mi assalirà sarà principalmente l’ansia.

Le nostre emozioni, infatti, non derivano direttamente dalla situazione che viviamo, ma sono mediate dai nostri pensieri. Per esempio, se salissi su un aereo agitata e con il pensiero “mi sentirò male”, nel momento in cui iniziassi ad avvertire un’accelerazione dei miei battiti cardiaci (sono in ansia, per forza il mio cuore aumenterà il battito, lui fa il suo lavoro!), potrei interpretare tale accelerazione come la prova del fatto che davvero io mi stia sentendo male. Si innescherà cioè un circolo vizioso di questo tipo: mi agito perché temo di sentirmi male, l’ansia (come è normale che sia!) accelera il mio battito cardiaco, io ascolto l’aumento del battito e lo interpreto come prova che ciò che temo è reale, cioè che mi sto davvero sentendo male; questo pensiero certamente non potrà tranquillizzarmi, anzi! Mi agiterò di più e il mio cuore batterà più velocemente, innescando un processo in cui ansia e sintomi fisici si rafforzeranno a vicenda.

Per capire quanto i nostri pensieri determinino le nostre emozioni e i nostri comportamenti, vediamo un altro esempio. Se prima di un colloquio di lavoro penserò “farò una figuraccia” oppure “non mi assumeranno mai”, la mia ansia non potrà che aumentare, influenzando la prestazione secondo quella che si chiama “profezia che si auto-avvera”. Porrò attenzione solamente ai miei sbagli, mi demoralizzerò facilmente al primo errore, eviterò di riprovarci, e alla fine probabilmente farò in modo che si verifichi davvero ciò che temo. Non c’è nulla di magico in questo processo, vi è solo la presenza di quella che si chiama “attenzione selettiva”, che si rifletterà negativamente sulla prestazione. Se modificassi il mio pensiero, trasformandolo in “è una prova difficile, non sarà facile superare il colloquio, ma sono preparato, cercherò di fare del mio meglio”, probabilmente le mie emozioni e, soprattutto, il mio comportamento, sarebbero diversi, perché sarei in grado di porre attenzione anche a segnali di piccoli successi, che mi darebbero la forza di andare avanti con grinta nel colloquio, o comunque potrei affrontare gli errori con uno spirito più costruttivo.

Oltre a sentire l’ansia sul corpo e dentro la mente sotto forma di pensieri catastrofici, essa è presente nella nostra quotidianità anche sotto forma di azioni che svolgiamo (o, più spesso, che NON svolgiamo!).

Una delle armi utilizzate dall’ansia per renderci suoi schiavi è l’EVITAMENTO. Facciamo un esempio. Se l’idea di salire su un aereo mi getta nel panico, probabilmente, dopo una complicata lotta interna in cui mi chiederò se sia meglio comprare il biglietto oppure no, alla fine opterò per l’evitamento: non comprerò il biglietto. Nell’immediato mi sentirò decisamente meglio, davvero sollevato! Mi dirò che è stata la scelta giusta, e l’ansia svanirà. Ma. C’è un “ma” bello grosso. L’ansia se ne andrà solo per qualche giorno. Dopo di che, alla prima occasione in cui mi si ripresenterà una situazione simile, l’ansia busserà nuovamente alla mia porta, e lo farà con più forza di prima. Perché succede questo? Perché evitando una situazione che ci fa paura, non metteremo mai in discussione i nostri pensieri catastrofici a riguardo, che si rafforzeranno. Affrontando invece la situazione temuta, mi renderò conto che non solo ciò che temo molto probabilmente non si verificherà (o lo farà con intensità minore e conseguenze molto meno dannose), ma soprattutto che l’ansia, ad un certo punto, finirà, perché L’ANSIA FINISCE SEMPRE.

Molte persone non sanno che l’ansia ha un andamento “a campana”. Inizia, si intensifica, raggiunge un picco e poi (e questa è la buona notizia) finisce! In genere questo processo dura qualche minuto, in alcuni casi mezz’ora o poco più. Ma l’ansia finisce sempre. L’importante è lasciarsi attraversare dalla sua “onda”. Se la evitiamo, si ripresenterà sempre più forte.

A causa dell’ansia, inoltre, NON SI PUO’ SVENIRE, MORIRE, IMPAZZIRE. Non esistono casi in letteratura di persone morte o impazzite a causa dell’ansia. Lo svenimento, inoltre, è incompatibile con l’ansia. Per svenire infatti deve esserci un calo di pressione, mentre quando siamo in ansia la nostra pressione sanguigna aumenta, così come la tensione muscolare, in quella che si chiama “reazione di attacco-fuga” (l’insieme delle modificazioni fisiologiche che il nostro organismo mette in atto per prepararci ad affrontare un pericolo reale o percepito).

Ma come si può guarire da un disturbo d’ansia? Esistono farmaci che possono aiutare a gestire l’ansia con efficacia, ma una volta sospesa l’assunzione, in genere le difficoltà si ripresentano. Perciò, è bene associare anche una psicoterapia, che attraverso varie tecniche permette di aiutare il paziente ad individuare e  modificare i pensieri ansiosi e a controllare le reazioni fisiologiche tipiche dell’ansia.

 

Dr.ssa Cinzia D’Esposito 

Dal Sito: positanonews.it

mercoledì 20 marzo 2019

Ansia e Alcool: il ruolo dell’ansia sociale nello sviluppo dell’alcolismo

Un recente studio mostra come l'ansia sociale è il maggior predittore dell'alcolismo rispetto agli altri disturbi d’ansia

L’alcolismo spesso costituisce una risposta alle situazioni che generano ansia. Tuttavia esistono diverse tipologie di disturbi d’ansia: qual è in particolare il ruolo dell’ansia sociale nell’uso o abuso di alcol?

Di tutti i disturbi d’ansia, l’ ansia sociale risulterebbe avere un effetto diretto sul rischio di sviluppare una dipendenza da alcol. Lo indica una nuova ricerca della Norwegian Institute of Public Health.


Attraverso la somministrazione di interviste semi-strutturate ad un campione di 2,801 gemelli adulti, i ricercatori del presente studio hanno valutato la correlazione tra alcolismo, disturbo di ansia sociale, disturbo d’ansia generalizzata, disturbo da attacchi di panico, agorafobia e fobie specifiche. Ciò che è emerso è che, tra le diverse tipologie di disturbi d’ansia, il disturbo di ansia sociale è quello che aveva una più forte correlazione con l’ alcolismo.

Nello studio, il disturbo di ansia sociale ha infatti predetto la presenza di sintomi collegabili all’ alcolismo in maniera nettamente superiore rispetto agli altri disturbi d’ansia. In aggiunta, questa tipologia di distubo è risultata correlata a un più alto rischio di sviluppare successivamente una dipendenza da alcol. Non è stato lo stesso per gli altri disturbi d’ansia.

Questi risultati suggeriscono che gli interventi tesi alla prevenzione o al trattamento dell’ ansia socialepotrebbero avere un ulteriore effetto benefico nella prevenzione dell’ alcolismo.

Secondo i ricercatori, è fondamentale riconoscere che molti individui che soffrono di questa tipologia di disturbo non sono in trattamento: questo vuol dire che abbiamo un potenziale sottoutilizzato, non solo per la riduzione dell’enorme quantità didiagnosi di ansia sociale, ma anche per la prevenzione di problemi relativi all’ alcolismo in comorbilità con tale disturbo. A tal proposito, la terapia cognitivo-comportamentalee le sue esposizioni controllate alle situazioni temute ha mostrato ottimi risultati.

Erica Benedetto

Dal Sito: stateofmind.it

mercoledì 13 marzo 2019

Ansia sociale: quando la timidezza prende il sopravvento

COS’È L’ANSIA SOCIALE

Tutti vogliamo fare bella figura e abbiamo paura di essere rifiutati, e un giusto grado di ansia ci aiuta a dare il meglio di noi stessi. Ma cosa fare se, anche nelle situazioni più comuni, ci sentiamo sempre sotto esame, con gli occhi degli altri costantemente puntati su di noi? Evitare le situazioni sociali risolve il problema nel breve periodo ma, alla lunga, si rivela controproducente.

Il fenomeno dell’ansia socialecolpisce dall’5 al 7 % della popolazione adulta. Si tratta di un numero elevato, che però non trova riscontro in quanti cercano effettivamente un aiuto psicoterapeutico. Questo avviene probabilmente a causa del nucleo psicopatologico di questa problematica, che si riferisce ad una condizione di ansia, ovvero di attivazione fisiologica (ad es. tachicardia, tremori, sudorazione, arrossamento, mal di testa, bocca secca, nausea, tensione muscolare), che viene provata nelle situazioni sociali in cui si è soggetti al giudizio degli altri. Probabilmente, chi soffre di ansia sociale, teme anche il giudizio del terapeuta, diventando così più difficile richiedere un aiuto.

In effetti, in numerosi contesti, la persona si sente come se fosse costantemente di fronte a una commissione d’esame, come se avesse sempre gli occhi degli altri puntati addosso, anche in situazioni che non obbligatoriamente prevedono un giudizio; ne sono esempi andare al ristorante, entrare dentro un negozio, chiedere un’informazione, conversare con i colleghi. Colui che soffre d’ansia sociale ha paura di comportarsi in maniera tale da poter essere umiliato oppure teme che gli altri si possano accorgere della sua ansia e giudicarlo per questo come debole, ridicolo e inadeguato.

Solitamente il disturbo insorge in adolescenza e nella prima età adulta e può essere secondario ad un evento traumatico (es: essere presi in giro di fronte a tutta la classe) o emergere in modo lento e graduale. Se non trattata è una problematica che si cronicizza a causa di una serie di meccanismi di mantenimento che spiegheremo più avanti.

DIFFERENZA TRA ANSIA SOCIALE E TIMIDEZZA

Come è possibile distinguere tra timidezza e ansia sociale? È possibile che le due condizioni siano l’espressione di fenomeni sullo stesso continuum? In effetti, la timidezza, è una condizione pervasiva e abituale che si esprime in diversi contesti dove vi è insicurezza per timore del giudizio degli altri, in cui si prova soggettivo sentimento di imbarazzo e vergogna. Questa definizione corrisponde in buona parte a quella di ansia sociale suggerendo che si tratti di intensità diverse della stessa condizione, anche se talvolta coloro che soffrono di ansia sociale, al di fuori delle situazioni temute, non sono timidi mostrando un normale attività sociale e un buon funzionamento. In ogni caso anche la timidezza patologica diventa limitante e necessita di un intervento terapeutico adeguato.

 

QUALI SONO LE CAUSE DELL’ANSIA SOCIALE?

Come già accennato, dal punto di vista psicologico, vi possono essere delle situazioni traumatiche che portano alla strutturazione del disturbo, solitamente questo avviene se vi è una personalità già timida o con bassa autostima. Oppure, il condizionamento, può essere determinato da un insieme di eventi, che si sommano, portando ad un’insorgenza graduale. Anche l’apprendimento per modellamento è spesso frequente in questi pazienti, che osservando i genitori o chi si prende cura di loro, acquisiscono determinati comportamenti di ritiro sociale, vergogna o imbarazzo.

A livello cognitivo le persone che soffrono di ansia sociale tendono ad interpretare gli stimoli ambigui come negativi, catastrofici e più probabili. Inoltre, è stato rilevato che quando vi è ansia tendono a ridurre l’attenzione agli eventi esterni, aumentando l’attenzione focalizzata su di sé, monitorando costantemente il proprio livello di performance e di attivazione emotiva, aspetto che porta ad un aumento dell’ansia stessa. Inoltre, vi è la tendenza a ricordare eventi negativi durante i momenti antecedenti la situazione temuta e a valutare secondo schemi disfunzionali le proprie performance, una volta che queste sono terminate.

Nelle storie di vita di questi pazienti ritroviamo genitori o figure di accudimento ansiose, ipercritiche, poco assertive, che tendono ad evitare le situazioni sociali per paura delle opinioni degli altri genitori. Inoltre, talvolta, ritroviamo l’uso dell’induzione della vergogna come metodo disciplinare.

QUALI SONO LE CONSEGUENZE DI QUESTO DISTURBO?

In assenza di trattamento il disturbo tende a diventare cronico, questo in quanto, per non andare incontro al giudizio dell’altro, la persona tenderà a mettere in atto una serie di strategie per evitare che ciò che teme (i sintomi d’ansia) si veda. Questi comportamenti vengono chiamati “protettivi”, perché messi in atto per affrontare le situazioni. Ad esempio, coloro che temono la sudorazione potranno tenere la giacca anche quando fa caldo, portando però al risultato di sudare ulteriormente. Le persone che soffrono di questo disturbo tendono inoltre ad evitare una serie di situazioni ansiogene, limitando così la loro qualità di vita, le loro amicizie, le relazioni sentimentali, la carriera e aumentando così l’idea di essere inadeguati, incapaci.

Spesso ritroviamo anche un incremento dell’uso di alcol e/o farmaci ansiolitici che vengono utilizzati come strumenti disinibitori o per controllare l’ansia, senza che vi sia però un reale cambiamento nell’immagine di sé.

COME AFFRONTARE IL DISTURBO

CONSIGLI PRATICI

Non possiamo evitare il giudizio degli altri: giudicare e avere opinioni sulle altre persone fa parte della natura umana. Ciò che dobbiamo tenere in considerazione è che il giudizio non può portare a nulla di catastrofico, in quanto sono solo opinioni e pensieri (per giunta condivisibili o meno), che non portano alle catastrofi immaginate.

Provare ansia è naturale, questa emozione è stata evolutivamente utile alla nostra sopravvivenza, in quanto segnalava i pericoli dell’ambiente e ci permetteva di metterci al sicuro. Non dobbiamo necessariamente combatterla. Provare ad accettarla è il primo passo per lasciarla andare.

Ricordiamoci che i nostri pensieri in merito agli eventi catastrofici, sono solo pensieri. Defonderci da essi ci aiuta a vederli per ciò che sono, meri oggetti della nostra mente.

L’unico modo per combattere ciò che temiamo è affrontarlo: le situazioni che sono per noi fonte d’ansia vanno vissute, per renderci conto che non saranno mai così catastrofiche come ce le siamo immaginate. Inoltre, l’esposizione, ha la funzione di osservare l’andamento “a campana” dell’ansia e sperimentarne una progressiva diminuzione che è un importante rinforzo al fine di esporsi nuovamente alla situazione.

 

AFFIDARSI AD UN PROFESSIONISTA

Ovviamente i consigli pratici appena elencati sono utili per coloro che provano una certa timidezza o lieve ansia sociale. Sicuramente vi sono degli aspetti che rendono più difficile che vengano messi in pratica, ad esempio, l’esordio in età precoce, la gravità della malattia, la presenza di altri disturbi, la bassa aspettativa rispetto al problema, un ambiente di sviluppo caratterizzato da coppie genitoriali apertamente criticanti, iperprotettive e svalutanti o evitanti socialmente, un temperamento inibito, una marcata e facile attivazione fisiologica, una decisa tendenza all’evitamento, un basso livello di autostima e di auto efficacia percepita, un basso livello di abilità sociali e un elevato numero di situazioni sociali temute, sono tutti aspetti che posso rendere difficile se non impossibile gestire autonomamente il problema.

Quando ciò accade è utile affidarsi ad un professionista della salute mentale, psicologo psicoterapeuta ad orientamento cognitivo comportamentale (l’approccio con maggiori evidenze scientifiche in merito all’efficacia del trattamento) che possa aiutare in un percorso adeguato per uscire dal problema.

Dal Sito: ilcorrieredellacitta.com