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venerdì 4 settembre 2020

L'arte di saper ascoltare





Di solito siamo convinti di saper ascoltare l’altro senza la necessità di dover compiere uno sforzo di attenzione.

Tuttavia, la credenza che l’ascolto sia semplice ed automatico si rivela molto spesso erronea.

Fattori di natura cognitiva, emotiva e relazionale diminuiscono la nostra capacità di ascoltare veramente l’altro e comprendere pienamente quello che vuole comunicarci.

L’ascolto vero implica una partecipazione attiva e un interesse reale per colui che parla e per le sue parole.

Ascoltare è dare, non solo ricevere

Ascoltare non è solo udire quello che l’interlocutore dice ma è qualcosa di più.

Il dare autenticamente ascolto all’altro non è quindi né semplice, né automatico.

La difficoltà di ascoltare una persona non è associata, come si potrebbe pensare, ad una indisponibilità verso l’altro, ma scaturisce da atteggiamenti sbagliati nel rapporto comunicativo con lui.

Secondo i risultati di alcuni studi di psicologia della comunicazione, gli atteggiamenti che più impediscono la capacità di ascolto sono quelli valutativo, interpretativo, di consolazione, investigativoe risolutivo.

Atteggiamento valutativo

L’atteggiamento valutativo consiste in una posizione poco flessibile fondata su rigide convinzioni o su rigide norme morali.

Chi assume questo atteggiamento nell’ascolto si limita a filtrare le informazioni provenienti dall’altro sulla base dei propri schemi mentali, delle proprie convinzioni e dei propri principi ideologici.

In maniera prevenuta, non ascolta autenticamente chi parla ma si limita a esprimere giudizi di valore in base alle sue posizioni preconcette.

Atteggiamento interpretativo

L’atteggiamento interpretativo consiste nel focalizzare l’attenzione su ciò che è essenziale per sé stessie dal proprio punto di vista e non per chi parla.

Le cose che l’altro dice e le informazioni che sta comunicando vengono selezionate in base ai propri interessi e non in base al punto di vista del parlante.

Atteggiamento di consolazione

L’atteggiamento di consolazione si esplicita attraverso modalità comunicative tese a incoraggiare, rassicurare e consolare l’altro.

Si cerca di sdrammatizzare la situazione dell’interlocutore con l’obiettivo di rasserenarlo e tranquillizzarlo.

In realtà, con le modalità materne o paternalistiche tipiche di questo atteggiamento, spesso si inducono nell’altro atteggiamenti di dipendenza e di passività .

Atteggiamento investigativo

L’atteggiamento investigativo è caratterizzato da una quasi morbosasmania di indagare su aspetti della vita dell’altro.

Più che ascoltare, con questo atteggiamento si tende a far svelare achi parla le proprie informazioni personali.

La conseguenza è che questi ha la sensazione di subire un interrogatorio e attiva un atteggiamento difensivo e ostile.

Atteggiamento risolutivo

L’atteggiamento risolutivo consiste nel cercare di fornire subito una soluzione semplicistica anche senza avere le informazioni necessarie.

Questo atteggiamento induce in chi parla il convincimento che l’interlocutore più che comprenderlo vuole liberarsi di lui oppure che l’altro è una brava persona ma incapace di fornire aiuto.

L’accettazione dell’altro

Per alcuni aspetti, i risultati delle ricerche sulla comunicazione e l’ascolto sembrano confermare le tipologie di ascoltatore individuate nell’antica Grecia dal filosofo Plutarco:

l’esibizionista che approfitta del minimo pretesto per portare il discorso su sé stesso e su tematiche da lui preferite;

l’arrogante che ascolta accigliato e serioso palesando un forte distacco;

il malizioso che tenta di mettere in difficoltà l’altro con domande contorte e fuori luogo;

l’invidioso pronto a criticare ogni cosa sempre e comunque;

l’ignorante che pur non capendo nulla si nasconde dietro a spiccati sorrisi e ampi cenni di approvazione;

l’adulatore che è sempre pronto a lusingare l’altro;

l’ipocrita che recita continuamente la parte dell’ascoltatore perfetto.

Tutti i suddetti atteggiamenti impediscono l’ascolto attivo e l’atteggiamento di accettazione dell’altro: un modo di rapportarsi agli altri che non sentenzia, non colpevolizza, non approva e non disapprova.

L’atteggiamento di accettazione non si limita alla sospensione del giudizioma richiede il profondo rispetto dell’unicità e diversità dell’altro.

L’ascolto attivo implica un coinvolgimento e una partecipazione sia sul piano verbale sia sul piano non verbale (postura, gesti, sguardo, ecc.) ed è rivolto a comprendere autenticamente il racconto di chi parla.

L’atteggiamento di accettazione e l’ascolto attivo favoriscono un clima di fiducia e una reale comprensione dell’interlocutore.

Gli studi di psicologia della comunicazione hanno mostrato che un autentico interesse verso l’altro e la capacità di decentrarsi cognitivamente sono i due fattori più importanti per assumere un atteggiamento di ascolto attivo, ma che comunque una conoscenza delle tecniche di comunicazione verbale e non verbale (caratteristiche dell’eloquio, gestione delle pause, modalità di porre le domande, il tono della voce, lo sguardo, la postura del corpo, ecc.) può aiutare nel migliorare le proprie capacità di ascolto.

mercoledì 8 gennaio 2020

L’Arte Di Saper Ascoltare: Nessuno Ascolta Più, Tutti Vogliono Parlare


Viviamo nell’era della comunicazione veloce, trasversale, ma una breve osservazione ci basta a capire che la velocità non è sinonimo di genuinità. A volte la colpa di una cattiva comunicazione è da imputare ad un messaggio formulato male, carico di emozioni approssimative, di idee confuse o di pensieri indefiniti, altre volte siamo noi a peccare di superficialità sia nel parlare che nell’ascoltare. Perché anche l’ascolto è parte integrante del processo comunicativo. Senza l’ascolto, il dialogo diventa monologo. E se in questi tempi possiamo parlare di tutto con tutti, sono pochi quelli che sono ancora in grado di ascoltare veramente.

L’ascolto attivo è alla base di una comunicazione sana

L’ascolto autentico non è un processo passivo, è attivamente ricettivo: accogliamo e processiamo le informazioni ricevute dal nostro interlocutore (e non quelle prodotte dal nostro chiacchiericcio mentale), poniamo attenzione alle parole e ai silenzi, a ciò che viene detto e non detto e come queste cose non dette vengono espresse attraverso la posizione del corpo, le mimiche facciali, i sospiri,…

L’ascolto è una parte importante dell’interazione tra due persone. Se nessuno ascolta, la parola non ha nessuna utilità. Se nessuno accoglie l’informazione, quest’ultima perde di valore, di significato, perché ha senso solo se il messaggio crea un ponte tra le persone, un ponte tra me e l’altro. Se manca questo ponte, o se una “riva” viene a mancare, non c’è comunicazione, ecco perché saper ascoltare è importante tanto quanto sapersi esprimere.

L’ascolto può essere passivo, come quando ci limitiamo a sentire la voce dell’altro senza prestargli una reale attenzione, oppure può essere attivo, come quando accogliamo le informazioni ricevute dall’altro nella loro complessità, facendo attenzione all’intero spettro comunicativo del messaggio che ci viene dato: ascoltiamo la voce e le sue intonazioni, ascoltiamo le parole e anche le pause, i silenzi, ascoltiamo il corpo con i suoi gesti, le sue posizioni.

“AMO ASCOLTARE. HO IMPARATO UN GRAN NUMERO DI COSE ASCOLTANDO ATTENTAMENTE. MOLTE PERSONE NON ASCOLTANO MAI.”
(ERNEST HEMINGWAY)

Cosa possiamo imparare grazie all’ascolto

Ascoltare è un’arte che s’impara col tempo, che si perfeziona grazie all’esperienza. Ci permette non solo di diventare dei buoni ascoltatori ma dei migliori comunicatori. Ogni volta che prestiamo davvero attenzione all’altro e ci permettiamo di accogliere dentro di noi le informazioni che ci manda, il nostro mondo si arricchisce. Essere in posizione di ascolto rappresenta una grande opportunità di crescita: l’attenzione volta al nostro interlocutore ci permette di cogliere le sfumature che un ascoltatore superficiale avrebbe bellamente ignorato cogliendo un messaggio parziale, approssimativo e forse falsato del tutto. Ascoltando con attenzione l’altro si colgono con più facilità le diverse gradazioni emotive che si manifestano nell’esperienza della vita umana, si scopre l’altro facendo la differenza tra la persona reale che si esprime a noi e l’immagine mentale, statica, che abbiamo di lei. Ascoltare ci permette di rompere l’immagine e cogliere il costante cambiamento della persona che abbiamo di fronte a noi.

“PARLARE È IL MODO DI ESPRIMERE SE STESSO AGLI ALTRI. ASCOLTARE È IL MODO DI ACCOGLIERE GLI ALTRI IN SE STESSO.”
(WEN TZU)

Mettendosi in profondo ascolto dell’altro, si esce lentamente da una visione manichea del mondo e dell’esperienza che ne possiamo fare, scorgendo al di là delle differenze personali che potremmo vedere dopo un primo approccio piuttosto superficiale, una matrice comune a tutti noi che ci permette di comprendere l’altro e il suo sentire e di relazionarsi a lui con più autenticità, con più umanità.

Ascoltare significa creare spazio (e vale anche per l’ascolto interiore)

Il primo passo da compiere per mettersi in ascolto dell’altro è essere presente, con consapevolezza. Questo tipo di presenza richiede di calarsi nel momento, di scendere dalla mente al corpo, di attivare i propri sensi in quanto la comunicazione non si basa esclusivamente sulla parola detta, ma anche sul linguaggio del corpo e sul come si esprime questo messaggio, perciò non basterà aprire le orecchie e “stare a sentire” (basterebbe semmai ad un ascolto superficiale e passivo), bisognerà aprire anche gli occhi e il proprio essere all’altro, esserci; a volte, occorrerà anche aprire le proprie braccia per permettere all’altro di schiudersi, senza la paura di essere giudicato, o ferito.

È vero, può sembrare difficile mettersi in ascolto, e lo è ancora di più se non ci siamo mai messi in ascolto di noi stessi, se non ci siamo mai fermati a fare chiarezza sulle nostre emozioni, se non siamo mai riusciti a cogliere le sfumature tra le sensazioni, le emozioni, i sentimenti. Saper ascoltare è un’arte che si affina col tempo perché più siamo in grado di ascoltarsi e più riusciamo ad ascoltarci.

Più siamo in grado di creare spazio dentro di noi, per noi stessi e più saremo in grado di farlo anche per gli altri, perché non avremo la necessità di occupare spazio in continuazione come se non ci sentissimo ascoltati, accolti da nessuno (nemmeno da noi). Se sappiamo che ogni volta che ne abbiamo bisogno, siamo in grado di crearci una stanza interiore dove poter esprimerci senza la paura di sentirsi giudicati, o feriti (da noi stessi in primis), allora saremo in grado di non occupare con avidità lo spazio tra noi e l’altro con le nostre parole, di non riversarci in disordine tutti i nostri pensieri repressi come se fossero un fiume in piena: dopo esserci messi in ascolto di noi stessi, saremo in grado di accogliere il nostro silenzio per fare posto all’altro. Ed è in questo spazio che nasce il dialogo.

Dal sito: eticamente.net