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sabato 15 agosto 2020

Il segreto della vera malattia di Robin Williams



La malattia che stava letteralmente distruggendo la vita di Robin Williams si chiama Demenza a Corpi di Levy, e venne scoperta solo con l’autopsia.

Nell’anniversario della morte di Robin Williams, a sei anni dalla scomparsa dell’attore, un documentario sull’ultima parte della sua vita, intitolato Robin’s Wish si appresta a fare finalmente chiarezza sulle cause della sua morte.

L’attore venne trovato privo di senso l’11 Agosto 2014 nella sua casa in California. L’attore venne dichiarato morto dai soccorritori appena due minuti dopo il ritrovamento del corpo.

Secondo le informazioni che trapelarono all’epoca, Williams morì per asfissia indotta per soffocamento: l’attore aveva scelto di togliersi la vita impiccandosi con una cintura fissata alla maniglia della porta della camera da letto, che era stata precedentemente chiusa a chiave.

Appena pochi giorni dopo la sua morte, la moglie scelse di rivelare che Robin Williams aveva scoperto poco tempo primo di essere affetto dal morbo di Parkinson.

Furono in molti a pensare che la scoperta di essere gravemente malato aveva influito in maniera molto negativa sull’umore dell’attore, che si pensava stesse combattendo con una fase depressiva particolarmente acuta.

Soltanto quando venne effettuata l’autopsia i medici si resero conto che, purtroppo, la depressione e il Morbo di Parkinson non erano le uniche patologie ad aver minato lo stato di equilibrio psicofisico dell’attore. I medici scoprirono che il suo cervello era affetto dalla Demenza da Corpi di Lewy, una malattia che influisce molto profondamente sull’umore e sulle percezioni della vittima.

La testimonianza della moglie Susan, che parlò della morte del marito nei giorni appena successivi all’avvenimento, fu assolutamente straziante.

La donna affermò che l’attore non faceva uso di droga, alcool o psicofarmaci e che da diverso tempo era “completamente pulito”. A dargli però un colpo da cui non si sarebbe più ripreso fu la perdita progressiva delle sue facoltà mentali e attoriali.

La Demenza da Corpi di Lewy infatti procura allucinazioni e altri stati di disagio mentale che, soprattutto negli ultimi giorni di vita, avevano portato l’attore a sperimentare insonnia, attacchi di panico, paranoia e perdita di memoria. 

Quest’ultima circostanza fu un colpo durissimo, dal momento che il lavoro di attore e di comico si basa in maniera profondissima sull’abilità mnemonica del soggetto. Come se non bastasse, Robin stava perdendo completamente il controllo della voce, altro fattore assolutamente insostenibile per lui che, da abilissimo imitatore, della voce aveva fatto un vero e proprio strumento.

“Se gli fosse andata bene avrebbe avuto magari tre anni di vita e sarebbero stati tre anni duri, probabilmente sarebbe stato internato” spiegò dolorosamente Susan.

Il regista dell’ultimo film di Williams, Una Notte al Museo, raccontò che mentre era impegnato nella realizzazione del film, Robin Williams gli confidò di “non sentirsi più lo stesso”: stava cominciando a comprendere che presto non sarebbe più stato in grado di recitare.

Proprio gli ultimi mesi della vita dell’attore, scanditi da una situazione clinica che andava via via aggravandosi e da sempre più forti difficoltà nello svolgere il proprio lavoro, saranno raccontati nel docufilm “Robin’s Wish”. Si tratta di un’operazione necessaria per spiegare finalmente al grande pubblico la verità su una morte che ha letteralmente spezzato il cuore a milioni di persone in tutto il mondo.

Dal Sito: chedonna.it

mercoledì 11 settembre 2019

Alessandro Gassmann malattia: «Se ho deciso di parlarne è perché spero serva a qualcuno!»


Questa sera su Raiuno, alle ore 21.25 andrà in onda Gli ultimi saranno i primi, il film del 2015 diretto da Massimiliano Bruno, che ha per protagonisti Paola Cortellesi e Alessandro Gassmann, due interpreti molto amati dal grande pubblico, abituato a vederli a teatro, al cinema, oltre che in tv. Un mestiere non facile quello dell’attore, che deve fare i conti con lo stress, l’ansia della prestazione, i ritmi frenetici. Di tutto questo ha parlato di recente in un’intervista, rilasciata a Domenica Inlo stesso Alessandro Gassmann, che ha confidato di non aver intrapreso la via della recitazione per vocazione.

Alessandro Gassmann malattia: «Se ho deciso di raccontare la mia lotta è perché spero serva a qualcuno!»

«Ero un ragazzo schivo e chiuso, che amava stare molto da solo e nella natura. Mi ero anche iscritto ad agraria, poi è capitato questo mestiere e non ci credevo tanto, volevo solo essere indipendente!», ha dichiarato il figlio di Vittorio Gassmann, che ancora lotta con l’ansia e la paura del palcoscenico: «Continuo a essere spaventato, non tanto al cinema, ma al teatro perché faccio fatica a entrare in scena. Ho trovato la soluzione nel fare la regia. Per un attore che riesce ce ne sono diecimila che fanno la fame!». Vittorio Gassmann ha raccontato: «Mio padre mi ha obbligato a fare l’attore ed è stato quasi costretto da sua madre a farlo. Mia nonna era un’insegnante ebrea che lo iscrisse all’Accademia Silvio d’Amico a sua insaputa!». L’interprete romano 54enne, che ha esordito a 17 anni nel film autobiografico Di padre in figlio, scritto, diretto e interpretato con il padre Vittorio, ha detto a Mara Venier di soffrire ancora di attacchi di panico, anche se il tempo lo sta aiutando: «Con l’età sto migliorando!».

Ansia e attacchi di panico: «Paura che accada di nuovo, ma…», la confessione di Alessandro Gassmann

Già in passato Alessandro Gassmann aveva parlato dell’ansia che lo attanaglia. Intervistato da Ok Salute, questi aveva specificato che la prima esperienza con gli attacchi di panico gli è capitata nel 2002: «Ero a letto, un libro in mano, all’improvviso l’ansia che sale, un sudore freddo, il cuore che batte forte, più forte, sempre più forte. Un attacco di panico. Paura che accada di nuovo. E accade. Anni di lotta, durissima lotta!».

La scelta di entrare in terapia: «Dal punto di vista neurologico, ho sofferto di carenza di serotonina…»

Nel 2003 la scelta di entrare in terapia ed essere seguito da un neurologo: «Vedo il mio terapeuta una volta alla settimana, il neurologo che mi ha prescritto un trattamento, un nuovo ritrovato che incrementa la serotonina, al contrario degli ansiolitici non mi abbatte. Una pasticca la mattina di questo serotoninergico, punto. Sto proprio bene, era da tanto che non stavo così bene. Dal punto di vista analitico, il mio problema è stato definito disturbo d’ansia generalizzato. Dal punto di vista neurologico, ho sofferto di carenza di serotonina, quella che chiamano la molecola della felicità!», aveva dichiarato nel 2014 l’attore, che aveva poi concluso: «Ho dovuto farmi aiutare perché il disagio si era evoluto, era diventato troppo grande: attacchi di panico. Spiegarli non è facile. Ecco, è la stessa sensazione che provereste se entrasse nella stanza un animale feroce, all’improvviso. Vuole attaccarvi e voi non potete combatterlo. E allora monta la paura, il cuore esplode fuori dal petto, vi sembra di morire. Se ho deciso di raccontare la mia lotta con questo strano male, è perché spero che serva a qualcuno. Chi ne soffre pensa: “Oddio, sono matto”. La gente crede sia una malattia secondaria, magari un frutto dell’immaginazione. Invece no, ti sconvolge la vita. Ma vi assicuro è una cosa da cui si può guarire!». 

Dal Sito: urbanpost.it 

sabato 17 agosto 2019

Raoul Bova: “La depressione? Ci sono dei momenti nella vita in cui sei solo davanti a Dio”



"Ho vissuto sempre in sottrazione, compravo le cose che non mi piacevano, che non erano quelle che desideravo, per essere rispettoso degli altri. Solo dopo ho capito che sono quello che sono, con gli stracci o con la Ferrari", ha raccontato l'attore
Una vita passa a a temere il giudizio degli altri, l’ansia di piacere a tutti, i momenti più difficili e il suo rapporto con Dio. È un Raoul Bova a cuore aperto quello che si è raccontato in un’intervista a Vanity Fair. L’attore si prepara a vestire i panni dello stilista Giorgio Armani nella nuova fiction Mediaset Made in Italy e intanto spiega come ha lavorato su di sé cambiando la prospettiva con cui era abituato a vedere le cose: “Se mi voglio comprare una cosa, lo faccio. Prima avevo l’ansia di prendere cose troppo fighe, non volevo che pensassero che ostentassi – confessa Raoul Bova -. Ho vissuto sempre in sottrazione, compravo le cose che non mi piacevano, che non erano quelle che desideravo, per essere rispettoso degli altri. Solo dopo ho capito che sono quello che sono, con gli stracci o con la Ferrari”.

Ma una componente fondamentale nella vita dell’attore è la Fede: “Sono credente e tutto ciò che ho lo devo a Lui. Ci sono dei momenti nella vita in cui affronti delle difficoltà e sei solo davanti a Dio“. Momenti che Bova è riuscito a superare anche grazie all’aiuto di uno specialista: “Il mio lavoro mi costringe all’autoanalisi, ma ho fatto anche delle sedute con un terapeuta per capire alcuni passaggi che non riuscivo a risolvere da solo. E consiglio a tutti – a chi si accorge di non avere più il controllo, a chi ha eccessi di pianto, a chi ha tanta rabbia, a chi non contiene le emozioni – di andare da un terapeuta che riordini le cose. Ho vissuto momenti pesanti. Il malessere mentale è al pari di quello fisico, la depressione non va sottovalutata perché ti porta a fare dei grossi danni alle persone che hai accanto”.

martedì 8 maggio 2018

Ryan Reynolds: 'Ho sempre combattuto con l'ansia'



Ryan Reynolds e Dwayne Johnson hanno parlato apertamente della loro lotta con i disturbi d'ansia, per sensibilizzare nei confronti di un problema troppo spesso taciuto.

Il personaggio più famoso di Ryan Reynolds al cinema è l’epitome del divertimento irriverente e disinibito, e anche l’uso che l’attore fa dei social ci rimanda l’immagine di una persona con un senso dell’umorismo davvero spassoso, ma anche lui combatte da anni con un problema comune a tantissime persone in tutto il mondo: l’ansia. Il divo di Deadpool ha infatti rivelato al New York Times: “Soffro d’ansia, ne ho sempre sofferto”.

Conosco quella più positiva, nel senso di ‘sono nervoso per questa cosa’, ma sono finito anche negli abissi dell’altro estremo, quello buio, che non è affatto divertente.

L’attore ha raccontato che ancora oggi è colto da un profondo nervosismo ed un senso di nausea prima di ogni apparizione ad un talk show, e quando lavorava sul set di Due ragazzi e una ragazza aveva l’abitudine di scherzare col pubblico prima delle riprese per canalizzare il panico che provava. Ancora, ha rivelato che quando era ventenne, spesso si svegliava nel pieno della notte “paralizzato” dall’ansia, preoccupato del suo futuro, un tunnel dal quale è uscito assumendo autonomamente delle medicine.

Ora gestisce l’ansia in modi diversi: durante la promozione di Deadpool 2 sta rilasciando molte interviste restando nel suo personaggio per aiutarsi a calmare i nervi. Ricorre spesso anche all’app per la meditazione Headspace e ricorda a se stesso che non appena emerge sul palco non è più preda del panico. “Quando si apre il sipario, entra in scena il testone che è in me, che prende il sopravvento e sparisce di nuovo appena torno dietro le quinte”.

È un ottimo meccanismo di difesa. Ho pensato che se devi lanciarti da un dirupo, tanto vale volare.

Anche un altro divo del grande schermo ha rivelato i suoi problemi di ansia: Dwayne Johnson, conosciuto come The Rock, ha infatti confessato di combattere con la depressione in un’intervista a The Express e dopo che un fan lo ha ringraziato su Twitter dicendogli che trovava di grande aiuto sapere che anche un tipo famoso e parlasse apertamente di questo problema, l’attore ha risposto: “Amico, lo capisco. Tutti passiamo per quella melma e m***a del genere”.

Sii forte e assicurati di parlarne con la gente. Noi uomini tendiamo a tenerci tutto dentro. Non c’è vergogna nel cercare aiuto e voler star meglio.

I disturbi d’ansia sono tra i più comuni e spesso sottovalutati: tantissimi di noi ne soffrono, e molti non si rendono nemmeno conto del potere distruttivo di queste patologie, che vengono costantemente ridicolizzate a livello sociale, quando invece basta riconoscere i sintomi e parlarne con persone esperte per imparare a gestirle e non esserne sopraffatti.

Dal Sito: foxlife.it

mercoledì 10 gennaio 2018

Carlo Verdone si racconta: tra ipocondria e disagi psicologici


L’attore comico Carlo Verdone, attualmente reduce delle riprese dell’ultimo film “Benedetta Follia”, non ha mai nascosto di essersi ritrovato a necessitare dell’aiuto di uno psicologo al fine di superare le sue ipocondrie e i suoi disagi psichici.

Carlo Verdone, tra alti e bassi, è riuscito a diventare un’icona del cinema italiano comico velato, come caratterizzato dai suoi film, da una vena nostalgica che non ha mai nascosto, trasformandola in una sorta di firma professionale ad ogni nuova opera.

Per raccontare “Benedetta follia” l’attore si è lasciato intervistare dai programmi “Che tempo che fa” e “Verissimo”, ripercorrendo gli inizi della sua carriera nei primi anni ’80 e le crisi di panico dovute al successo immediato ottenuto dal pubblico, inaspettato e del tutto ingestibile in fase iniziale.

Carlo Verdone non ha mai nascosto di essersi ritrovato alle prese con l’ipocondria e i problemi psicologici che lo hanno portato successivamente a rivolgersi alle cure di un professionista.

“Durante la mia carriera è stato fondamentale l’aiuto di uno psicologo come Piero Bellanova che mi prescrisse una cura shock, diciamo. Ero talmente timido che facevo fatica anche ad uscire di casa e a prendere la macchina per andare a Vitinia, dove abitava Gianna, la mia fidnzata dell’epoca e futura moglie.

Lo psicologo mi disse che non dovevo affatto accorciare il percorso ma, anzi, dovevo allungarlo per affrontare le mie paure con coraggio. Così invece di uscire subito allo svincolo per Vitinia mi disse che dovevo andare fino ad Ostia, fare la rotonda e tornare indietro…” un metodo che, effettivamente, riuscì a dare i suoi frutti secondo il racconto dell’attore.

“Dopo No-stop la gente aveva iniziato a riconoscermi per strada e io reagì con una serie di attacchi di panico tremendi. Quando capitava non sapevo più cosa fare: vedevo tutto nero, andavo in iperventilazione, mi saliva l’ansia a mille. Facevo fatica a fare tutto. In quei momenti pensavo: ‘Ecco, lo vedi? Finalmente è venuta fuori tutta la tua inadeguatezza fisica e psicologica, non sarai mai in grado di fare questo lavoro seriamente” un disagio fortunatamente superato da Carlo Verdone.

Da
 Serena Baldoni
 

Dal Sito: www.esauriente.it