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domenica 22 dicembre 2019

Terapia cognitivo comportamentale


Nel corso degli anni, la psicologia ha adottato svariati approcci per comprendere e affrontare il funzionamento umano. Ciascuno di essi con i propri approcci teorici e applicazioni pratiche. Da più di tre decenni, la terapia cognitivo comportamentale si è confermata come l’orientamento psicoterapico con più prove della sua efficacia.

La terapia cognitivo comportamentale si applica, con ottimi risultati, alle problematiche più diverse. Si tratta, infatti, di un’opzione estremamente efficiente e flessibile. Garantisce cambiamenti significativi in ​​tempi limitati e la pluralità di tecniche che racchiude le conferisce la flessibilità necessaria ad adattarsi ai problemi specifici e all’individuo.

Origini della terapia cognitivo comportamentale

Nel corso degli anni sono state diverse le correnti psicologiche che hanno prevalso in un dato momentoper poi cedere il passo ad altri approcci.

Due di questi (comportamentismo e cognitivismo) sono all’origine della terapia di cui ci occupiamo oggi. In primo luogo, pertanto, è necessario capire in cosa consistono.

Comportamentismo

Il comportamentismo concentra il suo interesse sul comportamento visibile. Il suo oggetto di studio è costituito unicamente dai comportamenti che l’individuo produce e che possono essere osservati e misurati.

Secondo tale corrente, i comportamenti sono risposte a determinati stimoli e aumentano o diminuiscono la loro frequenza in base alle conseguenze. Possiamo dunque modificare il comportamento di una persona variando le relazioni tra stimolo, risposta e conseguenza.

Ad esempio: il soggetto con la fobia dei cani ha associato i cani alla paura, pertanto scappa in loro presenza. Se riusciamo a interrompere tale associazione, i cani cesseranno di essere uno stimolo avverso e il soggetto smetterà di scappare. D’altro canto, se vogliamo che un bambino mangi più verdure, dovremmo premiarlo ogni volta che lo fa.

Cognitivismo

Questo approccio psicologico si concentra sullo studio delle cognizioni, ovvero dei pensieri o processi mentali. È interessato a comprendere il meccanismo realizzato dall’essere umano dopo aver ricevuto delle informazioni: come le elabora e come le interpreta.

Il fondamento del cognitivismo è che non percepiamo la realtà così com’è, ma per come siamo. Ognuno di noi, con i propri processi interiori, dà un significato diverso alla realtà che percepisce.

Ad esempio: chiamate un amico e non vi risponde. Potereste pensare che non abbia sentito la chiamata o che non vi vuole parlare perché non ne ha piacere. La realtà è la stessa, ma il processo interiore è decisamente diverso.

Terapia cognitivo comportamentale

La terapia cognitivo comportamentale si presenta come una combinazione delle due correnti precedenti, mettendo in relazione pensieri e comportamenti. Essa afferma che esiste una relazione intrinseca tra pensiero, emozione e comportamento e che i cambiamenti in una qualsiasi di queste tre componenti si ripercuoteranno sulle altre.

In tal senso, impiega tecniche molto diverse tra loro, volte a modificare uno dei tre elementi, sapendo che in tal modo interesserà l’essere umano nella sua interezza.

Ad esempio:

La ristrutturazione cognitiva è una tecnica che consiste nell’aiutare il soggetto a modificare le proprie convinzioni o pensieri. A tale scopo, lo si invita a valutare la veridicità dei suoi pensieri e a cercare alternative più adattive. Dopo aver cambiato il modo in cui si interpreta la realtà, cambia anche il modo di sentire e agire.

L’esposizione è una tecnica volta a modificare il comportamento. Il soggetto viene incoraggiato a smettere di evitare o sfuggire ciò che teme e ad affrontarlo. Quando cambia il proprio comportamento e affronta la situazione, ne comprova l’innocuità; immediatamente cambiano le sue convinzioni ed emozioni al riguardo.

Le tecniche di rilassamento si concentrano sulle emozioni. In particolare, aiutano la persona a gestire autonomamente le proprie emozioni e il proprio livello di attivazione. Quando le emozioni cambiano, i pensieri diventano meno catastrofici e il comportamento passa dall’evitamento all’affrontamento.

La terapia cognitivo comportamentale è pertanto un approccio completo, flessibile ed efficace. Ottiene miglioramenti importanti in breve tempo e per un’ampia varietà di disturbi e problematiche. Si tratta, inoltre, dell’orientamento psicologico con più prove sperimentali che ne avvalorano l’efficacia. Tuttavia, quando si tratta di scegliere l’approccio terapeutico, è consigliabile informarsi sulle alternative disponibili e scegliere quello nel quale ci si riconosce maggiormente.



mercoledì 20 giugno 2018

​La psicoterapia cognitivo comportamentale: prove scientifiche di alta efficacia



Ansia, depressione, attacchi di panico, ossessioni, disturbi alimentari (anoressia, bulimia, ecc.) disturbi del sonno e sessuali.

Sono questi solo i più comuni tra i problemi psicologici che stanno assumendo proporzioni sempre più dilaganti, anche a Firenze, colpendo milioni di italiani che troppo spesso non sanno come affrontarli, come afferma il prof. Gabriele Melli, presidente dell’Istituto IPSICO di Firenze. I medici di base sono del tutto impreparati a riguardo e il più delle volte si limitano a prescrivere con leggerezza ansiolitici e antidepressivi, che talvolta aiutano ma difficilmente risolvono e che non sono affatto esenti da effetti collaterali talvolta importanti.

Nell’immaginario collettivo, come nelle rappresentazioni televisive e cinematografiche, la psicoterapia è vista come un processo lunghissimo, costoso e spesso poco efficace; viene erroneamente identificata come la vecchia psicoanalisi di Freud o Jung, in cui si passano anni stesi sul lettino a parlare della propria infanzia e a raccontare i propri sogni.

Oggigiorno invece le cose sono ben diverse! La psicoterapia è diventata a tutti gli effetti una scienza, sottoposta a rigide indagini empiriche, e gli approcci cognitivo comportamentali hanno mostrato una grande efficacia, spesso superiore a quella degli psicofarmaci, soprattutto per i disturbi d’ansia, ossessivo-compulsivi, depressivi, alimentari, del sonno e sessuali, oltre che per tutti i problemi relazionali, esistenziali e sociali anche se questi non culminano in un franco disturbo clinico.

La terapia cognitivo comportamentale è orientata allo scopo e al cambiamento (più che alla ricerca di presunte cause remote), relativamente breve (solitamente meno di un anno con sedute a cadenza settimanale), diretta e pragmatica. Il paziente ha un ruolo attivo nel suo processo terapeutico, che si svolge come una normale consulenza professionale vis-a-vis, e il terapeuta solitamente illustra i meccanismi che la ricerca scientifica ha mostrato essere alla base della genesi e del mantenimento del disturbo psicologico lamentato per poi fornire strategie e strumenti pratici volti a superarlo nel più breve tempo possibile.

Vi sono ormai centinaia di studi pubblicati sulle più prestigiose riviste scientifiche internazionali che testimoniano l’efficacia di questo tipo di approccio, ormai largamente offerto da psicoterapeuti specializzati anche sul territorio italiano, ma proprio per il suo largo successo molti professionisti dichiarano di praticare la terapia cognitivo comportamentale anche se provengono da una formazione diversa e non hanno adeguata esperienza e aggiornamento in tal senso.

Non esistendo purtroppo quasi alcun servizio pubblico che sia in grado di erogare servizi di buon livello di questo tipo, occorre rivolgersi a centri seri e qualificati, seppur privati, che garantiscano l’alta preparazione dei professionisti che operano al suo interno. La psicoterapia, infatti, può essere un’esperienza eccezionale, in grado di liberarci da problemi altamente invalidanti che abbassano, e talvolta distruggono, la qualità di vita; ma può essere anche un’esperienza estremamente deludente, oltre che costosa, qualora si incappi in professionisti o strutture che offrano servizi sulla base del proprio credo, delle proprie teorie e dei propri metodi, che non siano quelli di comprovata efficacia e raccomandati dalla comunità scientifica internazionale. 

Dal Sito: m.nove.firenze.it

martedì 15 maggio 2018

Attacchi di panico e disturbi d’ansia. 8 frasi che chi ne soffre vorrebbe dire alle persone care

Molte persone hanno vissuto in prima persona l’esperienza dell’attacco di panico. Pochi secondi (o nei peggiori dei casi iqualche minuto) possono essere in grado di sconvolgere una persona.

In una scala da 1 a 10 (dove 10 rappresenta le persone con il valore più alto di ansia), una persona con ansia generalizzata potrebbe posizionarsi tra il 5 e il 7, a seconda della sua attuale situazione di vita. Quando una persona supera questo valore fino a raggiungere un 8 o un 9, sperimenta quelli che sono noti come attacchi di panico.

Queste sono esperienze di ansia molto intense, che restano impresse nella memoria per molto tempo. La mente ed il corpo sono assaliti dalla percezione profonda delle paure umane più intense: la malattia, la follia, la morte. Questa esperienza così intensa e negativa raramente lascia le persone indifferenti anche a distanza di tempo. Molte settimane dopo ancora resta la “paura della paura“, che rende difficile la vita quotidiana, e quasi impossibili le attività che un tempo erano molto semplici.

L’attacco di panico inoltre arriva in modo improvviso e comporta non solo sintomi fisici ma anche sensazioni in grado di terrorizzare. Si tratta di sensazioni che le persone che non hanno mai provato un attacco di panico difficilmente possono capire.

Perchè la paura degli attacchi di panico aumenta l’intensità dei sintomi?

Gli attacchi di panico si auto-alimentano per colpa di pensiero di tipo catastrofico del tipo “Questa situazione potrebbe uccidermi” e generalmente includono alcune delle seguenti sensazioni o esperienze:

Dolori al petto

Nausea / crampi allo stomaco

Sensazione di vertigini o instabilità

Sensazione di irrealtà o di estraneità dal proprio corpo

Brividi o vampate di calore

Batticuore

Sensazione di respiro corto o asfissia

Parestesia (torpore o sensazione di formicolio)

Sudorazione

Tremore

Sensazione di soffocamento

Una volta che abbiamo avuto il nostro primo attacco di panico, immediatamente temiamo che capiti di nuovo e iniziamo a evitare le situazioni che potrebbero provocarne uno. La paura della paura entra in gioco, e il loop dell’ansia parte.

I pensieri più comuni tra chi soffre di attacchi di panico

Il noto sito Bored-Panda ha proposto a tutti i suoi lettori che soffrono di attacchi di panico di inviare le frasi che vorrebbero dire ai propri amici, partner e familiari per trasmettere i sentimenti più difficili da condividere. Ecco, tradotte in italiano, quelle più votate:

Non so mai quando verrà a prendermi, ma quando lo farà, per favore, supportami. (Dani H.)

Lo so che a te può apparire del tutto incomprensibile, ma per me è spaventosamente reale. (Page J.)

Lasciami il mio spazio ma, per favore, non dimenticarti di me. (Vickie B.)

Mi dispiace molto rifiutare un invito. Mi dispiace quando la mia ansia la paghi anche tu. (Melissa K.)

Quando non riesco a fare qualcosa nessuno ci soffre più di me, per favore cerca di capirlo. (Lindsey H.)

Soprattutto quando le cose vanno nella maniera migliore io sono sempre in attesa di qualcosa di orribile che potrebbe succedere. (Lindsay B.)

Per favore non dirmi che le cose che mi fanno paura sono sciocche. (Carla E.)

Non ti chiedo di risolvere il problema, ti chiedo di amarmi per come sono. (Carole O.)

La buona notizia però è che  esistono oggi delle strategie cognitivo-comportamentali che possono aiutare chi soffre a superare queste paure. Il primo passo importante verso la guarigione è quello di non sentirsi “strani” o “malati”.


DI ERNESTA-ZANOTTI

Dal Sito: psicoterapista.it