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mercoledì 10 marzo 2021

Ansia: tipologie e sintomi




Con la consulenza del professor Roberto Brugnoli, ricercatore di Psichiatria presso l’Università di Roma La Sapienza, II facoltà, scopriremo i diversi tipi di ansia. In questo modo sarà possibile definire ogni tipologia di ansia e diversificarla. 

L’abitudine è quella di definire “ansioso” chiunque viva in uno stato di perenne preoccupazione, ma è semplicistico. È fondamentale che il medico faccia una diagnosi, perché solo così si può mettere in atto una terapia mirata, farmacologica, psicoterapeutica o entrambe.

Ma è importantissimo che l’ansioso si voglia far aiutare, che arrivi al momento in cui decida di scrollarsi di dosso questo fardello che gli impedisce una vita normale. Esistono diversi tipi di disturbi d’ansia, esaminiamoli: ansiageneralizzata, disturbo da attacchi di panico, ansia sociale o fobia sociale, disturbo ossessivo-compulsivo.

Ansia generalizzata

Questo è il disturbo più diffuso e caratterizza quelle persone che si preoccupano esageratamente di tutto. È a metà strada tra un tratto caratteriale e un vero e proprio problema. È autolimitante perché fa vivere chi ne è colpito sempre in allarme, sempre come se da un momento all’altro dovesse succedere qualcosa, con possibili pericoli o insidie ovunque.

Si manifesta con palpitazione, respirazione accelerata, sudorazione, insonnia e comunque con una generalizzata sensazione di non vivere a pieno e serenamente la vita.

Disturbo da attacchi di panico

All’improvviso un attacco di ansia è talmente forte da diventare paralizzante. Alla sudorazione, alle palpitazioni, alla difficoltà di respirazione e a tutti gli altri sintomi fisici (neurovegetativi) si aggiunge il senso di morte, la paura che da un momento all’altro il cuore si fermi, che da quell’attacco non si uscirà vivi.

È una sensazione talmente forte e devastante che da quel momento in poi si mettono in atto tutta una serie di strategie per evitare un nuovo attacco, quindi ci si isola, spesso ci si chiude in casa per paura che gli spazi aperti, i luoghi affollati, lo stare insieme agli altri possa nuovamente innescare un episodio di panico.

Ansia sociale o fobia sociale

È la paura di essere giudicato dalla gente e va molto al di là del desiderio normale di essere ben considerati dagli altri. Si manifesta, per esempio, con la paura di entrare in un bar e chiedere un caffè per il timore che tutti ti guardino, o che la voce produca uno strano suono.

Impedisce di andare a una festa perché si teme di inciampare, di parlare in pubblico e balbettare. Lentamente quest’ansia così paralizzante porta all’isolamentodalla collettività, si sceglie di stare da soli e si rischia di cercare un illusorio conforto nell’abuso di alcool e di farmaci.

Disturbo ossessivo-compulsivo

Si verifica in presenza di ossessioni, paralizzanti e ripetitive. È la mania per l’ordine, la simmetria, la ritualità. La persona che ne è colpita pensa in continuazione se ha messo in atto strategie per avere il completo controllo della situazione.

Controlla infinite volte se il gas è chiuso, se l’interruttore è spento, se la serratura è a posto, ecc. Trova conforto in ritualità che non riesce a interrompere, come lavarsi le mani infinite volte, ripetere un numero definitivo di volte lo stesso gesto prima di passare al successivo e così via. Tutto questo genera uno stato di infinita ansia che rende impossibile una vita normale.


Dal Sito: piusanipiubelli.it


Ansia: tipologie e sintomi




Con la consulenza del professor Roberto Brugnoli, ricercatore di Psichiatria presso l’Università di Roma La Sapienza, II facoltà, scopriremo i diversi tipi di ansia. In questo modo sarà possibile definire ogni tipologia di ansia e diversificarla. 

L’abitudine è quella di definire “ansioso” chiunque viva in uno stato di perenne preoccupazione, ma è semplicistico. È fondamentale che il medico faccia una diagnosi, perché solo così si può mettere in atto una terapia mirata, farmacologica, psicoterapeutica o entrambe.

Ma è importantissimo che l’ansioso si voglia far aiutare, che arrivi al momento in cui decida di scrollarsi di dosso questo fardello che gli impedisce una vita normale. Esistono diversi tipi di disturbi d’ansia, esaminiamoli: ansiageneralizzata, disturbo da attacchi di panico, ansia sociale o fobia sociale, disturbo ossessivo-compulsivo.

Ansia generalizzata

Questo è il disturbo più diffuso e caratterizza quelle persone che si preoccupano esageratamente di tutto. È a metà strada tra un tratto caratteriale e un vero e proprio problema. È autolimitante perché fa vivere chi ne è colpito sempre in allarme, sempre come se da un momento all’altro dovesse succedere qualcosa, con possibili pericoli o insidie ovunque.

Si manifesta con palpitazione, respirazione accelerata, sudorazione, insonnia e comunque con una generalizzata sensazione di non vivere a pieno e serenamente la vita.

Disturbo da attacchi di panico

All’improvviso un attacco di ansia è talmente forte da diventare paralizzante. Alla sudorazione, alle palpitazioni, alla difficoltà di respirazione e a tutti gli altri sintomi fisici (neurovegetativi) si aggiunge il senso di morte, la paura che da un momento all’altro il cuore si fermi, che da quell’attacco non si uscirà vivi.

È una sensazione talmente forte e devastante che da quel momento in poi si mettono in atto tutta una serie di strategie per evitare un nuovo attacco, quindi ci si isola, spesso ci si chiude in casa per paura che gli spazi aperti, i luoghi affollati, lo stare insieme agli altri possa nuovamente innescare un episodio di panico.

Ansia sociale o fobia sociale

È la paura di essere giudicato dalla gente e va molto al di là del desiderio normale di essere ben considerati dagli altri. Si manifesta, per esempio, con la paura di entrare in un bar e chiedere un caffè per il timore che tutti ti guardino, o che la voce produca uno strano suono.

Impedisce di andare a una festa perché si teme di inciampare, di parlare in pubblico e balbettare. Lentamente quest’ansia così paralizzante porta all’isolamentodalla collettività, si sceglie di stare da soli e si rischia di cercare un illusorio conforto nell’abuso di alcool e di farmaci.

Disturbo ossessivo-compulsivo

Si verifica in presenza di ossessioni, paralizzanti e ripetitive. È la mania per l’ordine, la simmetria, la ritualità. La persona che ne è colpita pensa in continuazione se ha messo in atto strategie per avere il completo controllo della situazione.

Controlla infinite volte se il gas è chiuso, se l’interruttore è spento, se la serratura è a posto, ecc. Trova conforto in ritualità che non riesce a interrompere, come lavarsi le mani infinite volte, ripetere un numero definitivo di volte lo stesso gesto prima di passare al successivo e così via. Tutto questo genera uno stato di infinita ansia che rende impossibile una vita normale.


Dal Sito: piusanipiubelli.it


mercoledì 24 febbraio 2021

Ansia: tra parole e numeri ci sono gli esseri umani.




Se sono 19 milioni gli italiani che soffrono di ansia, se ogni anno aumentano i soggetti colpiti, se si abbassa vertiginosamente l’età e aumenta  l’intensità dei sintomi, e se la maggior parte delle persone, ne soffrono in silenzio… dobbiamo ammettere che qualcosa è andato storto.

Dobbiamo rivedere qualcosa, o forse più di qualcosa.

Personalmente suggerisco di partire rivedendo e correggendo quell’assurda comunicazione cattedratica, occorre ripristinare l’immagine nemica ed offensiva che viene suggerita a chi ne soffre attraverso i messaggi di divulgazione, e urgentemente, dobbiamo rivedere il metodo spicciolo e sbrigativo della somministrazione delle cure.

 

Oggi l’ansia sembra più un argomento da dibattito specialistico, sembra più uno slogan pubblicitario ai fini commerciali, che non un impegno tra operatori della salute e soggetti ansiosi.

 

Numeri e definizioni, tolgono il volto a questi esseri umani, esseri che si nascondono perchè si sentono difettosi e sbagliati rispetto agli altri, nel campo delle infinite competizioni.

Chi soffre d’ansia, molto spesso si aiuta con i consigli del web, ove apprende dalle definizioni più scientifiche ai rimedi “fuffa” dei santoni.

Bisogna parlare facile per arrivare al cuore di chi vorrebbe chiedere aiuto, ma si vergogna!

Ci vogliono metodi pratici facili da attuare, percorsi che diano immediato sollievo, ma che puntino alla risoluzione del disturbo, o quantomeno a ridimensionarlo notevolmente.

Per diverso tempo, l’ansia è stata associata alla definizione “alterazione dello stato psichico-cognitivo-reattivo-comportamentale” ecco perchè chi ne soffre, non ne parla, si nasconde, ha paura di essere considerato mentalmente anomalo, difettoso nella cognizione e nelle reazioni. Sbagliato!

 

Abbiamo dovuto aspettare gli anni 90 e le grandi pacificazioni fra psicologia e umanesimo, per riportare l’ansia a puro campanello d’allarme, che ci mette in guardia dalle situazioni inadatte a noi.

Si, l’essere umano pensa sempre di essere sbagliato per qualcosa o qualcuno, o qualche ruolo, non pensa mai che altri, altre situazioni o persone possano essere inadatte a lui.

L’ansia è messaggera di una eccessiva disparità tra possibilità individuali e stile esistenziale.

negli anni abbiamo appreso che se viene combattuta, è una nemica molto cattiva, e che nel combattimento vince lei, vince e si porta via tutto: serenità, sorriso, rapporti umani, affetti…

Se invece viene accettata, compresa e utilizzata ai fini della propria crescita personale, può essere un grande strumento evolutivo.

 

Negli ultimi anni, meno di 10 purtroppo, l’approccio all’ansia, ed alle sue evoluzioni in crisi e attacchi di panico, è passato dalla nuda e cruda somministrazione di rimedi farmaceutici,

ai primi approcci olistici, naturali, non invasivi, alle più commerciali trovate del business.

Sto parlando delle discipline che meglio avvicinano l’ansioso, perchè vestite di comprensione, di attenzioni, di sostegno umano.

Sembra che la via convenzionale, abbia trattato l’ansioso come anomalo fino a ieri,

e che avendo assistito alla crescita virale del fenomeno espansivo,

oggi la stessa via convenzionale parla di ansia come una cosa quasi normale

“si e oggi come oggi tutti sono ansiosi”! “e troviamone uno che non soffre d’ansia, non ti suggestionare, e se proprio non ce la fai prendiamo qualcosina”!

“cerca di stare tranquillo, è stress”

Un pò in ogni caso, l’ansioso perde la sua individualità, anomalo in mezzo ai normali ieri, e anonimo in mezzo agli altri ansiosi oggi !

Abbiamo scoperto negli anni 2000 che lo sport aiutava molto i soggetti ansiosi di qualunque età, a ridimensionare gli episodi ansiosi, offrendo ai giovani l’opportunità di lavorare sul corpo, portare l’attenzione ai limiti del corpo, abbiamo scoperto poco dopo che attività alternative alla ginnastica, erano ancora più efficaci, dallo yoga alle arti marziali, la disciplina aveva un impatto positivo in termini di consapevolezza e cambiamento pratico individuale.

Abbiamo poi compreso come in tali approcci integrati, la respirazione e il controllo e l’espansione del respiro, fosse una “medicina invisibile” per spegnere le crisi quasi sul nascere. abbiamo imparato mille cose sulla relazione fra condensazioni psichiche e stati ansiosi, fino ad affinare le moderne tecniche di mindfulness, induzione immaginativa, auto e monoideismo.

Peccato che dove c’è sofferenza c’è sciacallaggio. E quindi sono proliferati i guru della guarigione, che hanno ridicolizzato e sminuito il lavoro di quelle figure che invece

stavano gettando linee guida importanti.

Bisogna denunciarlo prima o poi il fenomeno di chi si attacca alla debolezza degli ansiosi con il pendolino, o bisogna smascherare questi sciamani che curano le ansie con le piume di falco e qualche strano intruglio ai limiti della legalità ( per gli effetti psicotici che vorrebbero simulare alterazioni dello stato di coscienza). Prano guaritori che dell’energia conoscono solo quella per ricaricare lo smartphone che sono pronti a risucchiare il  problema in qualunque momento, con una mano libereranno dal male e con l’altra prenderanno 80 euro!

Poi i cristallomani, ops, quelli ci mettono i cristalli addosso, che promettono una cristalloterapia, abusando penalmente/ingannevolmente  del termine, per non parlare delle acque colorate e delle boccette dai mille colori, e a proposito di colori… le pennine luminose.

la lista sarebbe lunga ed io mi fermo qui,

perchè voglio riportare l’attenzione alle uniche scienze che possono cooperare davvero ovvero: scienza medica, scienze yogico-meditative (comparto delle vastissime scienze orientali) e scienze motorie.

Da Buon Perito conoscendo quella parte legale della medicina naturale, che ai più sfugge,, cerco di confrontarmi con altre figure che a vario titolo cooperano nel campo delle cure non invasive, nel supporto umano ai malati a lungo termine e soprattutto

della delicatezza di taluni argomenti e delle necessità di taluni individui di trovare approccio umano,informazioni corrette, veritiere, e di tutelare l’utenza dagli imbroglioni.

Eravamo 4 amici in chat, con me

Flavio Lassandro, Massoterapista/Chinesiologo, laureato in scienze motorie (attivo in studio professionale Acquaviva delle fonti)

Alessandra Leone istruttrice di Hatha Yoga e Yoga posturale Promotrice di benessere fisico a contatto con la natura attiva su  Cerignola.

Luciana Pigeon insegnante di Hatha Yoga, anche in gravidanza e post parto, sensibile alla fusione dello Yoga in Ayurveda e operatrice del suono, soprattutto a contatto con la natura

attiva su Policoro.

Diventa difficile parlare serenamente di come affrontare questi temi, a causa delle infiltrazioni di Qualunquismo, che hanno distolto le persone che soffrono di un disagio, dalla via dei buoni risultati.

E dunque bisogna ricondurre l’ansioso ad una più oggettiva comprensione di sè, capacità limiti, inclinazioni. Tutti possono avvicinarsi alla comprensione del messaggio che la loro ansia vuol portare dal piano più recondito e profondo, alla luce, e manifestare quella parte debole che nessuno è pronto ad accogliere in se stesso.

Per fare questo lavoro ci vuole aiuto, ci vuole sostegno, e tanta competenza.

Da qui vogliamo ripartire, a sostegno dei soggetti che soffrono d’ansia panico,

vogliamo partire riportandoli al rispetto di sè attraverso una buona igiene emotiva,

alla consapevolezza psicocorporea che solo yoga-meditazione-respiro-postura

possono ristabilire, e alla comprensione dei movimenti interiori,

che fanno di noi degli esseri simili e diversi contemporaneamente.

 

Ricordate che solo una perfezione suprema poteva dare all’essere

tanto potere e tanta fragilità contemporaneamente,

e che l’ansia viene solo a dirvi con quali occhi vi state guardando.

E se non riuscite a vedervi… chiedete aiuto!

Con voi, con le vostre ansie, con i piccoli e grandi progressi,

con i colleghi e con qualche nemico, ci sono sempre!

 

L. Calabrese

Perito Esperto  Consulente Medicina non Convenzionale

 

 Dal Sito: passalaparola.net

giovedì 4 febbraio 2021

Attacchi di panico: come intervenire e che aiuto dare





Gli attacchi di panico sono un disturbo sempre più comune tra le persone, anche quando non soffrono di particolari problemi di salute. Si tratta di una condizione di ansia o paura molto intensa che si manifesta senza un motivo preciso, spesso improvvisamente. L’intensità dell’attacco può essere tale da fare temere un attacco di cuore o un problema respiratorio.

Chi ha già sperimentato attacchi di panico, comunque, sa cosa succede durante un attacco, ne riconosce i sintomi e sa cosa deve fare. In ogni caso, anche una persona abituata a queste crisi può avere bisogno di aiuto. Soprattutto quando si trova in un luogo pubblico.

Cosa bisogna sapere sugli attacchi di panico e come si può intervenire per aiutare una persona durante un attacco? Gli esperti hanno stilato un elenco di situazioni tipiche e regole di comportamento.

L’attacco di panico è un breve ma intenso momento in cui si prova una forte ansia o paura che si manifesta all’improvviso, accompagnata da sintomi fisici ed emotivi. La reazione del corpo è simile a quella che si verifica di fronte a una grave minaccia, con la differenza che in caso di attacco di panico non esiste alcuna minaccia concreta né pericolo.

La sua origine, infatti, è senza motivo e spesso può essere la conseguenza di un lungo periodo di stress, di un trauma o di uno stato ansioso abituale che esplode in questo tipo di crisi.

Si dice che una persona soffre di disturbo di panico o disturbo da attacchi di panico quando è soggetta ad attacchi frequenti. In questi casi, la persona potrebbe cambiare abitudini o comportamenti per evitare quelle situazioni in cui potrebbe manifestarsi un attacco. Questo potrebbe condizionare pesantemente le sue relazioni sociali.

Chi soffre abitualmente di attacchi di panico sa riconoscere i sintomi e sa come comportarsi quando si manifestano. Chi ha un attacco di panico per la prima volta si sente come se stesse per morire. Lo può confondere con un attacco di cuore o un altro grave problema di salute. Una sensazione a dir poco spaventosa, ma che una volta che si è imparato a riconoscerla fa meno paura.

Se chi è abituato agli attacchi di panico sa riconoscerli e come comportarsi, tuttavia può trovarsi in grave difficoltà e avere bisogno di aiuto. Pertanto, è importante sapere quali sono i sintomi di un attacco, come riconoscerli e come comportarsi per aiutare chi sta avendo un attacco.

sintomi più comuni dell’attacco di panico:

• paura intensa

• disperazione

• sudorazione o brividi

• tremore

• tachicardia

• difficoltà a respirare

• senso di soffocamento

• iperventilazione

• dolore al petto

• mal di testa o vertigini

• nausea

La differenza tra attacco di panico e una tipica risposta a una paura è che nel caso di un attacco di panico non esiste una minaccia effettiva o un pericolo concreto. Il corpo segnala un percolo che tuttavia non è presente. Si tratta dunque di unarisposta eccessiva probabilmente a uno stato diffuso di ansia o stress.

Se dovesse capitare di trovarci in presenza di una persona che sta avendo un attacco di panico, ecco cosa bisogna fare e non fare per aiutarla.

Restare calmi e cosa dire

Di fonte a una persona che ha un attacco di panico, la prima cosa da fare è mantenere la calma. È molto difficile, ma è quello da fare se si vuole essere veramente di aiuto. In ogni caso, dobbiamo sapere che gli attacchi di panico non durano molto. Solitamente, la fase acuta dell’attacco dura dai 5 ai 10 minuti. Come spiegano gli esperti.

Chi sta avendo un attacco di panico, tuttavia, potrebbe non rendersi conto del tempo e vivere quel momento come infinito. Pertanto è importante che chi è vicino sita calmo, non si faccia prendere a sua volta dal panico (!), e cerchi di rassicurare la persona. Avere paura, in queste situazioni, è assolutamente normale ma è importante mantenere il sangue freddo.

Provate a parlare alla persona per rassicurarla. Cosa dirle:

• che non la lascerete

• che l’attacco non durerà a lungo

• che è al sicuro.

Chiedete anche come poter essere d’aiuto e cosa potete fare. Chi soffre abitualmente di attacchi di panico, infatti, conosce i sintomi e ha dei metodi per superarli. Pertanto, anche quando si presta aiuto è importante farlo nel modo giusto, senza interferire con quello che la persona sta facendo per calmarsi. Durante un attacco, quando chiedete alla persona come aiutarla, questa vi potrebbe rispondere in malo modo. È assolutamente normale in una situazione del genere, preparatevi a questa eventualità, senza prendervela.

Se la persona rifiuta il vostro aiuto e vuole restare da sola, allontanatevi ma rimanete comunque nelle vicinanze in caso di necessità. Ditele che può contare su di voi se ne avesse bisogno.

Attenzione, però, alle parole usate. Una persona calma, con una voce rassicurante è di aiuto ma insistere nel chiedere se va tutto bene o dire di continuo “non ti preoccupare” può avere l’effetto contrario e aumentare l’ansia della persona che sta avendo un attacco.

Cosa dire alla persona per aiutarla

• chiedetele se vuole andare da un ‘altra parte (uscire da una stanza, allontanarsi da un luogo pubblico),

• ricordatele di respirare,

• distraetela con una conversazione leggera, a meno che vi dica che non vuole parlare.

Come comportarsi e quando chiamare aiuto

Durante un attacco di panico è difficile capire subito di cosa si tratti. I sintomi della persona che ne è vittima possono far pensare sul momento a qualcosa di più grave. Se la persona è abituata a soffrire di questi attacchi, sarà lei a rassicurare i presenti che sta avendo un attacco di panico e non qualcosa di pericoloso per la sua salute. In ogni caso i sintomi possono causare un forte disagio e la persona può avere bisogno di aiuto. Anche semplicemente di qualcuno che le stia accanto.

Non sta a noi capire cosa sta succedendo, ma possiamo offrire la nostra empatia, riconoscere l’angoscia di chi sta avendo un attacco di panico e dare il nostro sostegno.

Per aiutare la persona a calmarsi e riprendere il controllo di sé possono essere di aiuto:

• il contatto fisico, come tenere la mano (se la persona è d’accordo),

• dare alla persona un oggetto da tenere in mano,

• incoraggiarla a muoversi,

• incoraggiarla a ripetere frasi tranquillizzanti come “è terribile ma non mi farà male”,

• parlarle lentamente e con calma di luoghi o attività familiari.

Stare accanto alla persona che sta avendo un attacco di panico è molto più importante di quanto possa sembrare, anche se non si fa niente.

In alcuni casi, tuttavia, i sintomi potrebbero essere più gravi di quelli di un semplice attacco di panico. Ecco allora quando bisogna chiamare aiuto:

• il dolore al petto è come una pressione che non smette e si sposta alle braccia o alle spalle

• i sintomi continuano oltre i 20 minuti e non migliorano ma peggiorano,

• le difficoltà respiratorie non migliorano

• la pressione al petto dura più di un minuto o due.

Cosa evitare durante gli attacchi di panico

È fondamentale rispettare la persona che sta avendo un attacco di panicoe le sue esigenze. Non forzatela a fare qualcosa che non sente di fare. Se non gradisce le frasi di rassicurazione o altre forme di incoraggiamento, lasciate perdere. Anche la sola vicinanza può essere lo stesso di aiuto.

Dopo un attacco di panico una persona può sentirsi sfinita e avere bisogno di riposo. Assecondatela e non forzatela a fare quello che non si sente. Potrebbero saltare i programmi o gli impegni che avevate preso insieme. Pazienza.

Molto importante è non minimizzarequello che la persona prova durante un attacco di panico. Non fate paragoni con altre situazioni meno gravi che possono far sentire a disagio la persona. Un normale stato di ansia o di stress che tutti sperimentiamo normalmente non è la stessa cosa di un attacco di panico. Durante un attacco una persona può sentirsi completamente persa e incapace di gestire quello che le sta accadendo. Offrire compassione e aiuto è quello che possiamo fare. Fate molta attenzione alle parole e ai gesti, per evitare ulteriore disagio a chi sta già soffrendo.

Le persone che soffrono di attacchi di panico sono consapevoli di quello che accade loro durante un attacco, semplicemente non sono in grado di gestire le reazioni del loro corpo e la loro emotività.

Sono assolutamente da evitare le seguenti frasi:

• “Rilassati, non c’è niente di cui avere paura”,

• “Stai male per questo?”,

• “Cosa c’è che non va?”

Con queste parole, poco rispettose e per nulla empatiche, peggiorerete soltanto la crisi.

Sono da evitare anche i consigli superficiali o non richiesti. In primo luogo perché potremmo non sapere bene come intervenire e in secondo luogo perché chi soffre abitualmente di attacchi di panico saprà già come comportarsi e seguire una terapia se è già in cura. Se invece siete voi stessi ad avere già avuto attacchi di panico, allora potrete provare a dare qualche suggerimento i base alla vostra esperienza. Rispettare la sensibilità della persona, comunque, rimane fondamentale.

Dal Sito: universomamma.it

sabato 23 gennaio 2021

Ansia di ammalarsi e ipocondria. Come riconoscerle e cosa fare





L’ansia è l’emozione anticipatoria di un potenziale o presunto pericolo di ammalarsi. L’ipocondria, o disturbo da ansia di malattia, è una preoccupazione eccessiva e non giustificata. Meglio rivolgersi a uno specialista.

In questo periodo di incertezza, la paura di ammalarsi è più facilmente associata all’infezione da Covid-19. Questa però, per molte persone, non è l’unica malattia che genera timore. Come riconoscere l’ansia di ammalarsi? 


Conoscere l’ansia e la paura nei loro aspetti normali e patologici è particolarmente prezioso

Ne parla Giampaolo Perna, responsabile del Centro per i Disturbi d’Ansia e di Panico di Humanitas San Pio X, in un articolo di Humanitas Salute che pubblichiamo.


Come riconoscere l’ansia?
Come ha evidenziato uno studio condotto dal nostro Centro durante la prima fase della pandemia, il 90% delle persone ha paura di infettarsi, il 77% di infettare i propri cari e il 65% di morire da Covid-19. La paura che oggi ci invade è sempre esistita come modalità di difesa dai pericoli, ma in alcuni è diventata patologica: significa che anziché essere un’emozione utile per spingerci a effettuare visite di screening e attuare stili di vita preventivi (come nel caso della dieta o dell’attività fisica contro tumori, infarto, ictus), e applicare correttamente le misure di prevenzione del contagio da virus, diventa un’emozione capace di limitarci nella vita e nella quotidianità.

Perché è importante riconoscerla?
Conoscere l’ansia e la paura nei loro aspetti normali e patologici è particolarmente prezioso, specie durante una pandemia, poiché in una simile emergenza questa emozione prende il comando della nostra mente e del nostro corpo.

Da dove nasce l’ansia di ammalarsi?
L’ansia di ammalarsi può nascere da attacchi di ansia e panico che scatenano crisi di sintomi fisici così forti (respiratori, muscolari, cardiaci) da indurre nella persona la paura di avere qualcosa di grave, ma anche dalla tendenza a rimuginare troppo sugli eventi o dall’ossessione per la salute. Gestire l’ansia vuol dire innanzitutto affidarsi a informazioni corrette, non solo sul pericolo in corso, sia che si tratti dell’infezione da Covid-19, sia che si tratti di un tumore o qualsiasi altra malattia, ma anche sulle sensazioni che ci colpiscono.

Imparare a riconoscere l’ansia di ammalarsi
L’ansia può trasformarsi in stati ansiosi patologici e in fobie, se eccessiva e immotivata. Infatti, quando la paura di ammalarsi supera certi limiti e diventa una vera e propria ipocondria, è una patologia che rovina la vita di chi ne soffre e di chi gli sta vicino. Saper distinguere l’esordio, saper riconoscere se si tratta di un momento di paura, di ansia ragionevole oppure non coerente con il reale pericolo, è importante per far fronte al problema chiedere aiuto a uno specialista, specie se il risultato è una limitazione della propria vita.

Temere di ammalarsi è un’emozione utile se serve a mettere in atto azioni protettive o preventive che siano commisurate al rischio. Per poter rispondere in maniera appropriata ai potenziali rischi di ammalarsi, è fondamentale avere dei punti di riferimento chiari rappresentati dalle informazioni che si possono ottenere. Se la nostra ansia di ammalarci è normale, più chiare sono le informazioni, più pertinente sarà la nostra reazioneemotiva. Quando le informazioni non sono chiare, l’ansia aumenta tendendo e prevedere il peggio come sta accadendo in questa fase pandemica.

Ansia di ammalarsi e ipocondria: due definizioni
L’ansia di ammalarsi è l’emozioneanticipatoria di un potenziale o presunto pericolo futuro di ammalarsi; può comparire in maniera graduale e durare a lungo. Questa si manifesta con tensione muscolare, apprensione, necessità di controllo, e dipende dall’effettivo rischio presente e dai comportamenti di protezione che si mettono in atto.

L’ipocondria, o Disturbo da ansia di malattia, è una preoccupazione eccessiva e non giustificata dai fatti nei confronti della propria salutefisica, con la convinzione poco realistica ma molto forte che qualsiasi sintomo fisico sia il segnale di una grave malattia. Controlli e ricerche ripetute di informazioni sul web sulla malattiae le loro manifestazioni e l’evitamento delle situazioni che possano scatenare questa ansia accompagnano la quotidianità di queste persone.

martedì 5 gennaio 2021

L'attacco di panico fa paura? Un aiuto viene dal senso del ritmo




È una crisi d'ansia acuta transitoria, non comporta danni alla salute. Ma attenzione, perché potrebbe trasformarsi in disturbo di panico e condizionare la quotidianità. Prima di tutto, fare respiri con regolarità.

Quando si parla di attacco di panico, s'intende una crisi d’ansia acuta, che si manifesta all’improvviso con una sintomatologia fisica ed emotiva, spesso senza stimoli che giustifichino la comparsa dei sintomi. Provoca un malessere intenso, e, se gli attacchi si ripetono, la quotidianità di chi ne soffre può essere compromessa, rendendo difficili semplici attività che fino a quel momento non creavano problemi. Ma cos’è davvero un attacco di panico? Come si manifesta, e soprattutto, come si cura? L’argomento è stato approfondito su un articolo apparso su Humanitasalute, con il contributo di Daniela Caldirola, psichiatra, specialista in disturbi d’ansia e panico in Humanitas San Pio X e ricercatore presso Humanitas University. Articolo che riportiamo di seguito integralmente.



Una crisi d'ansia acuta, ma transitoria


Un attacco di panico, la paura di morire
L’attacco di panico è un fenomeno che si presenta in maniera improvvisa e inaspettata, senza una diretta causa scatenante: può avvenire dal parrucchiere, mentre si fa la spesa, in qualsiasi momento e luogo, senza alcun preavviso. È caratterizzato da numerosi sintomi fisici, spesso molto intensi, accompagnati dalla paura di morire, perdere il controllo o impazzire. I sintomi raggiungono il picco d’intensità nell’arco di alcuni minuti e poi si risolvono spontaneamente. In alcuni casi possono però essere più prolungati o lasciare strascichi di malessere nelle ore successive. Pur essendo un fenomeno innocuo e senza dirette conseguenze sulla salute fisica, la sintomatologia dell’attacco di panico può essere tanto acuta da indurre la persona che ne fa esperienza a pensare di essere sul punto di morire per una qualche grave causa medica.  

Soffocamento, tachicardia... I sintomi dell'attacco di panico


L’attacco di panico si presenta con svariati sintomi fisici, tra cui difficoltà respiratorie (sensazione di mancanza di fiato o soffocamento), che sono i sintomi più frequenti, palpitazioni/tachicardia, dolore o fastidio al petto, sudorazione, tremore, formicolii o sensazione di intorpidimento, nausea o disturbi addominali, sensazione di sbandamento, di instabilità, di testa leggera o di svenimento, brividi o vampate di calore. 

Possono comparire anche sensazione di irrealtà (derealizzazione) o di sentirsi distaccati da se stessi (depersonalizzazione). In genere durante un attacco di panico la persona prova un’intensa paura di morire o di perdere il controllo o impazzire. Il fatto che l’attacco di panico possa essere erroneamente confuso, specialmente se la persona non l’ha mai vissuto prima, con un una patologia medica acuta, come un infarto del miocardio, un’aritmia, una crisi respiratoria, un ictus cerebrale, aumenta ancor di più il senso di terrore e rischio incombente.

Tuttavia, sappiamo che un attacco di panico si dissolve con la stessa velocità con cui si manifesta: può durare pochi minuti, ma questo non significa che debba essere sottovalutato il suo impatto emotivo. Per chi ha un attacco di panico in corso, cinque-dieci minuti sono percepiti come un’eternità.

Il rischio che l'attacco diventi disturbo di panico
L’attacco di panico è un fenomeno comune e di per sé innocuo. Si calcola che fino al 30% della popolazione può sperimentare in modo sporadico almeno un attacco di panico nella vita. In molti casi essi rimangono degli episodi isolati senza conseguenze, mentre in circa il 3%-4% della popolazione si sviluppa il vero e proprio Disturbo di Panico.



Questo disturbo è più comune nelle donne che negli uomini, con un rapporto di circa 2:1, e in genere insorge in età giovane adulta (20-30 anni). È una condizione clinica in cui gli attacchi si ripetono e chi ne soffre vive nel continuo timore che l’attacco possa ritornare, o che possa portare gravi conseguenze. Inoltre le persone affette hanno spesso sintomi fisici nella vita di tutti i giorni, anche al di fuori dell’attacco di panico, quali fatica a respirare, tachicardia, senso di instabilità, con un senso generale “di non essere in piena forma fisica”. 

Per questi motivi, la persona tende a modificare il proprio comportamento, per esempio sottoponendosi a ripetuti controlli medici nel timore di avere una malattia medica, o spesso limitando la propria libertà di movimento. Infatti la paura che i sintomi si manifestino in luoghi pubblici, in situazioni sociali, in luoghi chiusi, o, all’opposto, in spazi aperti, come centri commerciali, mezzi di trasporto, luoghi di lavoro, ascensori, strade/piazze, induce a evitare quei luoghi o quelle situazioni: pianificare e organizzare attività si fa sempre più difficile, la qualità della vita comincia sempre più a ridursi, la vita sociale, professionale e personale ne risulta invalidata. Se questa condizione è pervasiva, avremo un’agorafobia.    

Per uscire da un attacco di panico, cercare di ristabilire un ritmo regolare
È importante ricordarsi che, per quanto l’attacco di panico sia estremamente sgradevole, è un fenomeno transitorio, che scompare spontaneamente, non è un’emergenza medica e non comporta rischi per la salute fisica. Tentare di tenerlo presente quando capita l’attacco può contribuire a spegnere il circolo vizioso della paura che poi amplifica l’attacco stesso. È chiaro però che l’attacco di panico sia una condizione di allarme per la persona, per cui scattano dei meccanismi automatici difensivi, come per esempio andare in iperventilazione, cioè tentare di aumentare l’apporto d’aria con una respirazione frequente e superficiale, in risposta alla sensazione di soffocamento e mancanza d’aria tipica del panico.



Questa reazione però non è utile e innesca la cosiddetta alcalosi respiratoria, cioè un insieme di reazioni fisiche capaci di produrre delle sensazioni spiacevoli quali tremori, formicolii, sensazione di sbandamento e tachicardia che a loro volta incrementano la paura e quindi l’iperventilazione stessa, con ulteriore potenziamento dell’attacco.

È importante bloccare la risposta del nostro organismo all’allarme. Per far ciò, subito dopo che è scattato l’attacco si può controllare la respirazione cercando di ristabilire un ritmo regolare (per esempio immaginando un metronomo o un pendolo).

Si può anche provare a respirare in un sacchetto di carta, manovra che permetterà di evitare l’alcalosi respiratoria e le sue conseguenze, anche in presenza di una respirazione frequente e superficiale, perché induce a respirare la nostra stessa aria e quindi evita un’eccessiva eliminazione di anidride carbonica.

L’utilizzo di ansiolitici benzodiazepinici all’inizio dell’attacco non è raccomandato poiché questi farmaci iniziano a funzionare non prima di 15-20 minuti, quando l’attacco nella maggioranza dei casi è già scomparso da solo. Si rischia di creare una dipendenza psicologica, associando l’assunzione del farmaco alla risoluzione dell’attacco, che invece si è risolto spontaneamente.  

Consultare eventualmente uno specialista
Se la persona ha attacchi ricorrenti e sviluppa il disturbo di panico, con o senza agorafobia, è consigliato effettuare un colloquio con uno specialista psichiatra per valutare l’opportunità di intraprendere un trattamento specifico per bloccare gli attacchi e recuperare una piena libertà e serenità di vita.

I trattamenti di prima scelta consigliati dalle linee guida internazionali comprendono terapie farmacologiche, basate soprattutto sull’uso degli Inibitori Selettivi della Ricaptazione della Serotonina, e la terapia psicologica di tipo cognitivo-comportamentale, e offrono ottimi risultati.



In associazione a essi, è possibile migliorare la propria respirazione attraverso esercizi respiratorispecifici, utili soprattutto per le persone con sintomi respiratori durante o al di fuori dell’attacco di panico, così come possono essere intrapresi programmi personalizzati di attività fisica o di miglioramento della postura e dell’equilibrio, utili per le persone con sintomi di instabilità o sbandamento. 


L'attacco di panico fa paura? Un aiuto viene dal senso del ritmo




È una crisi d'ansia acuta transitoria, non comporta danni alla salute. Ma attenzione, perché potrebbe trasformarsi in disturbo di panico e condizionare la quotidianità. Prima di tutto, fare respiri con regolarità.

Quando si parla di attacco di panico, s'intende una crisi d’ansia acuta, che si manifesta all’improvviso con una sintomatologia fisica ed emotiva, spesso senza stimoli che giustifichino la comparsa dei sintomi. Provoca un malessere intenso, e, se gli attacchi si ripetono, la quotidianità di chi ne soffre può essere compromessa, rendendo difficili semplici attività che fino a quel momento non creavano problemi. Ma cos’è davvero un attacco di panico? Come si manifesta, e soprattutto, come si cura? L’argomento è stato approfondito su un articolo apparso su Humanitasalute, con il contributo di Daniela Caldirola, psichiatra, specialista in disturbi d’ansia e panico in Humanitas San Pio X e ricercatore presso Humanitas University. Articolo che riportiamo di seguito integralmente.



Una crisi d'ansia acuta, ma transitoria


Un attacco di panico, la paura di morire
L’attacco di panico è un fenomeno che si presenta in maniera improvvisa e inaspettata, senza una diretta causa scatenante: può avvenire dal parrucchiere, mentre si fa la spesa, in qualsiasi momento e luogo, senza alcun preavviso. È caratterizzato da numerosi sintomi fisici, spesso molto intensi, accompagnati dalla paura di morire, perdere il controllo o impazzire. I sintomi raggiungono il picco d’intensità nell’arco di alcuni minuti e poi si risolvono spontaneamente. In alcuni casi possono però essere più prolungati o lasciare strascichi di malessere nelle ore successive. Pur essendo un fenomeno innocuo e senza dirette conseguenze sulla salute fisica, la sintomatologia dell’attacco di panico può essere tanto acuta da indurre la persona che ne fa esperienza a pensare di essere sul punto di morire per una qualche grave causa medica.  

Soffocamento, tachicardia... I sintomi dell'attacco di panico


L’attacco di panico si presenta con svariati sintomi fisici, tra cui difficoltà respiratorie (sensazione di mancanza di fiato o soffocamento), che sono i sintomi più frequenti, palpitazioni/tachicardia, dolore o fastidio al petto, sudorazione, tremore, formicolii o sensazione di intorpidimento, nausea o disturbi addominali, sensazione di sbandamento, di instabilità, di testa leggera o di svenimento, brividi o vampate di calore. 

Possono comparire anche sensazione di irrealtà (derealizzazione) o di sentirsi distaccati da se stessi (depersonalizzazione). In genere durante un attacco di panico la persona prova un’intensa paura di morire o di perdere il controllo o impazzire. Il fatto che l’attacco di panico possa essere erroneamente confuso, specialmente se la persona non l’ha mai vissuto prima, con un una patologia medica acuta, come un infarto del miocardio, un’aritmia, una crisi respiratoria, un ictus cerebrale, aumenta ancor di più il senso di terrore e rischio incombente.

Tuttavia, sappiamo che un attacco di panico si dissolve con la stessa velocità con cui si manifesta: può durare pochi minuti, ma questo non significa che debba essere sottovalutato il suo impatto emotivo. Per chi ha un attacco di panico in corso, cinque-dieci minuti sono percepiti come un’eternità.

Il rischio che l'attacco diventi disturbo di panico
L’attacco di panico è un fenomeno comune e di per sé innocuo. Si calcola che fino al 30% della popolazione può sperimentare in modo sporadico almeno un attacco di panico nella vita. In molti casi essi rimangono degli episodi isolati senza conseguenze, mentre in circa il 3%-4% della popolazione si sviluppa il vero e proprio Disturbo di Panico.



Questo disturbo è più comune nelle donne che negli uomini, con un rapporto di circa 2:1, e in genere insorge in età giovane adulta (20-30 anni). È una condizione clinica in cui gli attacchi si ripetono e chi ne soffre vive nel continuo timore che l’attacco possa ritornare, o che possa portare gravi conseguenze. Inoltre le persone affette hanno spesso sintomi fisici nella vita di tutti i giorni, anche al di fuori dell’attacco di panico, quali fatica a respirare, tachicardia, senso di instabilità, con un senso generale “di non essere in piena forma fisica”. 

Per questi motivi, la persona tende a modificare il proprio comportamento, per esempio sottoponendosi a ripetuti controlli medici nel timore di avere una malattia medica, o spesso limitando la propria libertà di movimento. Infatti la paura che i sintomi si manifestino in luoghi pubblici, in situazioni sociali, in luoghi chiusi, o, all’opposto, in spazi aperti, come centri commerciali, mezzi di trasporto, luoghi di lavoro, ascensori, strade/piazze, induce a evitare quei luoghi o quelle situazioni: pianificare e organizzare attività si fa sempre più difficile, la qualità della vita comincia sempre più a ridursi, la vita sociale, professionale e personale ne risulta invalidata. Se questa condizione è pervasiva, avremo un’agorafobia.    

Per uscire da un attacco di panico, cercare di ristabilire un ritmo regolare
È importante ricordarsi che, per quanto l’attacco di panico sia estremamente sgradevole, è un fenomeno transitorio, che scompare spontaneamente, non è un’emergenza medica e non comporta rischi per la salute fisica. Tentare di tenerlo presente quando capita l’attacco può contribuire a spegnere il circolo vizioso della paura che poi amplifica l’attacco stesso. È chiaro però che l’attacco di panico sia una condizione di allarme per la persona, per cui scattano dei meccanismi automatici difensivi, come per esempio andare in iperventilazione, cioè tentare di aumentare l’apporto d’aria con una respirazione frequente e superficiale, in risposta alla sensazione di soffocamento e mancanza d’aria tipica del panico.



Questa reazione però non è utile e innesca la cosiddetta alcalosi respiratoria, cioè un insieme di reazioni fisiche capaci di produrre delle sensazioni spiacevoli quali tremori, formicolii, sensazione di sbandamento e tachicardia che a loro volta incrementano la paura e quindi l’iperventilazione stessa, con ulteriore potenziamento dell’attacco.

È importante bloccare la risposta del nostro organismo all’allarme. Per far ciò, subito dopo che è scattato l’attacco si può controllare la respirazione cercando di ristabilire un ritmo regolare (per esempio immaginando un metronomo o un pendolo).

Si può anche provare a respirare in un sacchetto di carta, manovra che permetterà di evitare l’alcalosi respiratoria e le sue conseguenze, anche in presenza di una respirazione frequente e superficiale, perché induce a respirare la nostra stessa aria e quindi evita un’eccessiva eliminazione di anidride carbonica.

L’utilizzo di ansiolitici benzodiazepinici all’inizio dell’attacco non è raccomandato poiché questi farmaci iniziano a funzionare non prima di 15-20 minuti, quando l’attacco nella maggioranza dei casi è già scomparso da solo. Si rischia di creare una dipendenza psicologica, associando l’assunzione del farmaco alla risoluzione dell’attacco, che invece si è risolto spontaneamente.  

Consultare eventualmente uno specialista
Se la persona ha attacchi ricorrenti e sviluppa il disturbo di panico, con o senza agorafobia, è consigliato effettuare un colloquio con uno specialista psichiatra per valutare l’opportunità di intraprendere un trattamento specifico per bloccare gli attacchi e recuperare una piena libertà e serenità di vita.

I trattamenti di prima scelta consigliati dalle linee guida internazionali comprendono terapie farmacologiche, basate soprattutto sull’uso degli Inibitori Selettivi della Ricaptazione della Serotonina, e la terapia psicologica di tipo cognitivo-comportamentale, e offrono ottimi risultati.



In associazione a essi, è possibile migliorare la propria respirazione attraverso esercizi respiratorispecifici, utili soprattutto per le persone con sintomi respiratori durante o al di fuori dell’attacco di panico, così come possono essere intrapresi programmi personalizzati di attività fisica o di miglioramento della postura e dell’equilibrio, utili per le persone con sintomi di instabilità o sbandamento. 


Ansia: quando il cuore sta per “scoppiare”



Quando il livello di ansia diventa incontrollabile, il cervello interpreta che c'è un rischio dalquale fuggire così attiva una reazione. Solo chi ha sperimentato in prima persona gli attacchid'ansia può comprendere cosa si prova nel corso del verificarsi di un simile episodio. Gli attacchi di panico (detti anche crisi di panico) sono episodi diimprovvisa ed intensa paura o di una rapida escalation dell'ansia normalmente presente. Sono accompagnati da sintomi somatici e cognitivi. Ad esempio palpitazioni, sudorazione improvvisa, tremore, sensazione di soffocamento, dolore al petto, nausea, vertigini, paura di morire o di impazzire, brividi o vampate di calore. Questo momento critico può colpire non solo chi soffre del disturbo in modo cronico ma anche chi non ne soffre. A tutti gli effetti si tratta di un disturbo classificato nel manuale diagnostico dei disturbi mentali (DSM-V). Chi soffre di attacchi di ansia può viverli sia sporadicamente sia periodicamente.

Quali sono i sintomi dell'ansia?Diversi fattori possono scatenare un attacco di ansia. Come ad esempio: una situazione stressante, un evento dal grande impatto emotivo, unepisodio traumatico o anche le feste Natalizie. Dai racconti di chi hasperimentato un simile episodio, emerge che si ha la sensazione che si stia permorire. Si fa riferimento alla sensazione di: cuore che sta per scoppiare. Mail quadro dei sintomi fisici ed emotivi risulta alquanto variegato. Si deveprecisare che si tratta di una forma di crisi, perché in linea di massima l'ansia è una sensazione che ha un’utilitàper gli uomini. Di fatto è un campanello di allarme che segnala unaminaccia.

Quando l'ansia diventa un problema? Quindi un livello di ansia equilibrato spinge ad essere piùefficaci nella quotidianità. Invece il problema sorge quando il livello diansia diventa incontrollabile. In tal caso il cervello interpreta che c’è unrischio dal quale fuggire il prima possibile. Così, attiva una reazione di tipo organico con rilascio di adrenalina nel sangue, accelerazione del cuore, aumentodella pressione sanguigna. Allo stesso tempo la mente invia pensieri negativiche peggiorano la crisi in atto. Perciò, la persona si trova ad affrontare un attacco di ansia. Spesso può risultare più allarmante se chi ne è testimone nonsa cosa sta succedendo e non sa come comportarsi. La sintomatologia degli attacchi di ansia

Diversi fattori e situazioni personali possono innescare gli attacchi di ansia. Ad esempio alcune persone hanno paura di volare, altrepossono soffrire di paure come l'agorafobia o l’aracnofobia. Talvolta unattacco di ansia può nascere in una situazione di grande impatto emotivo. Secondo uno studio condotto all'Università di Seoul, il disturbo psicologico avolte rivela un'origine genetica. Per quanto riguarda il quadro dei sintomi sideve distinguere tra due piani di manifestazioni. Infatti si evidenzianosintomi emotivi quali: nervosismo, tensione, difficoltà di concentrazione, sentimentinegativi, sensazioni di apprensione, paura incontrollabile, pensierifatalistici.

Le caratteristiche del disturbo di panico La caratteristica essenziale del disturbo da attacchi dipanico è la presenza di attacchi ricorrenti e inaspettati. Questi sono seguitida almeno 1 mese di preoccupazione persistente di avere un altro attacco dipanico. La persona si preoccupa delle possibili implicazioni o conseguenzedegli attacchi d'ansia e cambia il proprio comportamento in conseguenza degliattacchi. Principalmente evita le situazioni in cui teme che essi possanoverificarsi. Il primo attacco di panico è generalmente inaspettato, cioè simanifesta “a ciel sereno”, per cui il soggetto si spaventa enormemente e, spesso,ricorre al pronto soccorso. Poi possono diventare più prevedibili. Mentre tra i sintomifisici si individuano di solito: vertigini, sudorazione, tremori e tic, tensionemuscolare, mal di testa, iperventilazione, minzione frequente, mal di stomaco, stanchezzae debolezza, frequenza cardiaca accelerata, aumento della pressione sanguigna difficoltàa respirare e sensazione di un attacco di cuore. Gli attacchi di ansia possono essere collegati alla depressione se si palesano difrequente. Di fatto l'ansia e la depressione derivano dal comune senso diincapacità di controllo. In genere l'ansia e la depressione sono due disturbidiversi. A volte però uno stato ansioso può essere un sintomo depressivo.

Come affrontare un attacco di ansiaNon è semplice superare questa crisi. Per affrontare gliattacchi di ansia è necessario affrontare i sintomi emotivi e razionalizzare lapaura ed il senso di minaccia. Quindi per soccorrere una persona che ha unattacco d'ansia si deve per prima cosa fare appello alla calma. Poi si può aiutarlo a respirare magari slacciando i vestiti che lo opprimono. Inoltre è bene portarlo in un posto all'aperto per farlo respirare meglio. Nel caso poidi iperventilazione si deve farlo respirare attraverso un sacchetto. Inmancanza di questo mezzo lo si può motivare a respirare come se stessesoffiando su una candela. In più è d'aiuto il sostegno delle parole. Quindioltre a ripetergli ‘tutto va bene’ si deve usare un tono pacato. È importanteregolare la respirazione per riportare la calma. Se i sintomi non si risolvonoin breve tempo ed il polso resta accelerato meglio chiamare un’ambulanza. Soprattutto se la persona soffre di: malattia cardiaca, diabete, obesità.

Cura del disturbo dipanico: Psicoterapia per gli attacchi di panico. Nella cura degli attacchi di panico con o senza agorafobia edei disturbi d'ansia in generale, la forma di psicoterapia che la ricercascientifica ha dimostrato essere più efficace è quella“cognitivo-comportamentale“. Si tratta di una psicoterapia relativamente breve, a cadenza solitamente settimanale, in cui il paziente svolge un ruolo attivo nella soluzione del proprio problema. Insieme al terapeuta, si concentra sull'apprendimento di modalità di pensiero e di comportamento più funzionali alla cura degli attacchi di panico. Ciò nell'intento di spezzare i circoli viziosi del disturbo. Per panico e agorafobia, una cura a base di terapia cognitivo comportamentale è altamente raccomandabile e di prima scelta.Sostanzialmente è controindicato affidarsi ai farmaci o ad altre forme dipsicoterapia senza intraprendere questa forma di trattamento. L'intera comunitàscientifica ha infatti dimostrato essere la più efficace per la cura deldisturbo di panico. 


Dal Sito: ragusanews.com

mercoledì 9 dicembre 2020

Attacchi di panico notturni: cosa sono e come affrontarli




Sintomi e 
caratteristiche degli attacchi di panico notturni

Gli attacchi di panico sono un problema molto comune e si manifestano, nella maggior parte dei casi durante il giorno. Però possono giungere inaspettatamente anche nel corso della notte.

I sintomi più frequenti di questi risvegli improvvisi notturni sono un senso di profonda angoscia, tachicardia, sudorazione, mancanza di fiato, tremori, vampate di calore, dolore al petto.

Ne deriva che il soggetto avrà difficoltà a riaddormentarsi per il timore che queste sensazioni si possano ripresentare.

Ciò che distingue gli attacchi di panico notturni da quelli che si presentano di giorno è il livello di consapevolezza e di vigilanza. Di notte il soggetto si trova in una condizione di maggiore fragilità ed impotenza. In questa situazione di maggiore vulnerabilità le persone si spaventano particolarmente e possono arrivare a richiedere l’intervento medico temendo un attacco cardiaco o altre potenziali minacce di morte.

Di fatto gli attacchi di panico notturni comportano una forte angoscia ma non risultano dannosi per la salute fisica dell’individuo. In alcuni casi si sperimenta uno stato di allerta continuo, soprattutto nelle ore che precedono l’addormentamento, per la paura che i sintomi possano ripresentarsi. Si può arrivare a cercare di evitare e/o ritardare di andare a letto per non ripetere l’esperienza angosciante.

Il soggetto svilupperà in questo modo una tendenza ad avere un sonno più leggero e avrà una maggiore probabilità di risvegliarsi fino a manifestare veri e propri disturbi del sonno.

Prevalenza e caratteristiche degli attacchi di panico nella notte

Gli attacchi di panico notturni sono molto più frequenti di quello che si possa immaginare. Si stima che il 50-70% delle persone che soffrono di disturbo di attacchi di panicosperimentino, almeno una volta, un attacco di panico notturno. Questi individui mostrano livelli di preoccupazione più intensi per le crisi notturne.

Il DSM-5 classifica gli attacchi d’ansia notturni entro la più ampia categoria degli attacchi di panico inaspettati. Cioè che si verificano indipendentemente da fattori situazionali scatenanti (APA, 2013). Gli attacchi notturni non presentano sintomi diversi da quelli diurni.

Le ricerche

Secondo alcune ricerche (the fear of loss of vigilance theory; Tsao & Craske, 2003), chi soffre di panico notturno teme le situazioni in cui si riduce l’attenzione prestata agli stimoli esterni. Come nei momenti di relax e quindi anche durante il sonno. Infatti, in tali circostanze può essere più difficile prevedere e tutelarsi da eventuali pericoli.

Altri autori (Smith, Albanese, Schmidt & Capron, 2019) hanno ipotizzato che coloro che soffrono di crisi di panico notturne manifestino maggior intolleranza all’incertezza, ovvero reggano con maggiore difficoltà situazioni imprevedibili e incerte.

In questo caso il soggetto avrebbe più paura che durante la notte possa accadere un evento inaspettato a cui non è pronto a reagire. Rispetto a chi soffre di attacchi di panico esclusivamente diurni, chi ha attacchi notturni si sente anche meno capace di agire in situazioni imprevedibili.

Inoltre, chi sperimenta attacchi notturni teme maggiormente di essere incapace di proteggersi dalle spiacevoli conseguenze di eventi dannosi. Le ricerche sottolineano in aggiunta che il soggetto che soffre di crisi d’ansia notturne risulta essere più sensibile all’ansia, preoccupandosi del giudizio o del rifiuto altrui. Questo dato potrebbe significare che gli individui che hanno attacchi di panico notturni manifestino sintomi di ansia socialee temano quindi che la persona con cui dormono possa notare e giudicare negativamente le proprie difficoltà legate al sonno.

Attacchi di panico notturni, pavor nocturnus e apnea notturna

Gli attacchi di panico notturni vanno distinti dal pavor nocturnus e dall’apnea notturna. Il Pavor Nocturnus è un disturbo del sonno molto comune nei bambini. Si verifica tipicamente nel sonno profondo e si manifesta come un risveglio improvviso. Spesso in preda a lacrime, forte ansia e sintomi vegetativi come tachicardia, sudorazione e respiro corto.

La prima differenza quindi tra attacco di panico e pavor nocturnus è l’ora in cui questi avvengono. Gli attacchi di panico in genere si presentano tra la mezz’ora e le tre ore dopo essersi addormentati, quindi nella fase del sonno non-rem.

Il terrore notturno avviene nella fase rem ed è legato ad un incubo e appena la persona si rende conto di aver fatto un brutto sogno si calma e riesce ad addormentarsi. Nell’attacco di panico ci sono solamente sensazioni angosciose, non c’è ricordo di un sogno e il soggetto non riesce facilmente a rilassarsi e riaddormentarsi.

Invece i risvegli causati da apnea del sonno non sono tipicamente caratterizzati da forte ansia. Però questo disturbo del sonno potrebbe avere un legame con  l’origine degli attacchi di panico notturni, influendo sulla frequenza cardiaca e sulla pressione sanguigna.

Possibili cause dell’attacco di panico notturno

Gli attacchi di panico notturnipossono essere condizionati dagli eventi e le situazioni che viviamo durante il giorno, dal consumo di droghe o alcol e dalla maggiore attivazione individuale legata alla presenza di un disturbo d’ansia.

Una condizione comune tra chi soffre di attacchi di panico notturno è lo stress con una conseguente maggiore produzione di adrenalina e cortisolo da parte dell’organismo. Così il soggetto vivrà una condizione di allerta continua, con una maggiore predisposizione ai risvegli in preda al panico.

Inoltre, la paura di avere altri attacchi di panico (paura anticipatoria) può ostacolare l’addormentamento, causando un peggioramento generale della qualità del sonno, lo sviluppo di disturbi del sonno e l’aumento del livello di stress.

Nonostante i ricercatori non abbiano ancora individuato con precisione le cause degli attacchi di panico notturni e diurni, è possibile identificare alcuni comuni fattori di rischio:

Fattori genetici/familiarità (membri della famiglia con una storia di attacchi di panico)

Tratti di personalità e disturbi psicologici sottostanti come ansia sociale, fobie etc…

Eventi di vita stressanti come perdita di lavoro, perdita di una persona cara, problemi familiari, separazione/divorzio etc…

Cosa fare e a chi rivolgersi per ricevere un aiuto

E’ molto difficile riaddormentarsi dopo un risveglio in preda al panico e aspettare che torni il sonno non è la soluzione migliore. Può essere invece utile alzarsi, ricorrere a tecniche di respirazione lenta e profonda o altre tecniche di rilassamento (es. yoga, training autogeno, rilassamento muscolare).

Per prevenire l’insorgere degli attacchi di panico è importante adottare uno stile di vita che consenta una migliore gestione dello stress, imparando a dedicare del tempo al piacere e alla cura personale.

E’ importante arrivare ad una corretta diagnosi, escludendo condizioni fisiche come problemi cardiaci o tiroidei, che possono presentare sintomi simili.

Una volta individuato il problema e intrapreso un trattamento adeguato, la guarigione si verifica in pochi mesi, ma potrebbe richiedere un tempo maggiore a seconda dello specifico caso.

La psicoterapia

La Terapia Cognitivo Comportamentale è il trattamento di prima scelta per il disturbo di panico e aiuta le persone a comprendere e gestire gli attacchi di panico.

La Terapia Cognitivo Comportamentale si pone l’obiettivo di modificare gli stili di pensiero disfunzionali e i comportamenti messi in atto in certe situazioni.

Può capitare che le persone nel tentativo di agevolare il sonno utilizzino strategie scorrette che non fanno altro che alimentare il problema (es. abuso di alcol e psicofarmaci o assunzione di bevande eccitanti come il caffè o drink energizzanti).

Il compito del terapeuta è guidare il paziente ad apprendere tecniche per gestire e ridurre i sintomi dell’ansia e talvolta la psicoterapia può essere coaudiuvata dall’uso di farmaci. I farmaci però dovrebbero essere utilizzati parallelamente a una terapia psicologica. La maggior parte dei pazienti trattati solo farmacologicamente ha infatti una ricaduta una volta terminata l’assunzione farmacologica.


Dal Sito: ipsico.it 

venerdì 2 ottobre 2020

Giovanni Allevi: "Così combatto la mia ansia con la musica"

Fame d’aria: una sensazione che chi soffre di disturbi di ansia e di panico conosce bene. In Italia, stando ai dati Eurodap (Associazione europea disturbi da attacchi di panico) ne soffre circa il 79% della popolazione. Tra questi, l’enfant terrible della musica classica contemporanea, Giovanni Allevi. Compositore, direttore d’orchestra e pianista, si è esibito nei teatri più prestigiosi del mondo, dalla Carnegie Hall all’Auditorium della Città Proibita di Pechino. Jeans, T-shirt, scarpe da ginnastica, tra i templi di Paestum, dove ha incontrato i giovani giurati del Giffoni Film Festival, dice: «Mai rinunciare alle proprie passioni. È l’unica via per la felicità».

Non ha mai fatto mistero di essere un ansioso. Come è riuscito a contenere l’ansia?
«L’ansia è insopportabile, e in alcuni periodi sfocia nel panico. Credo sia dovuta al fatto che io e il mondo contemporaneo proprio non ci troviamo. Non riesco a condividere questo senso di competizione, il culto dell’apparire, l’idea che bisogna mostrare il successo, l’idolatria per i numeri. Il risultato è un senso di inadeguatezza e la fame d’aria. Io credo che noi esseri umani siamo infiniti, creature della natura il cui unico dovere è dare tutti noi stessi».

La musica può rappresentare una terapia?
«Sono convinto del potere liberatorio della musica, della sua capacità di far rivivere parti nascoste di noi, di risvegliare emozioni. La fragilità è il nocciolo profondo dell’essere umano ed è un’assurdità far finta che non sia così».

Quando è nata la passione per la musica?
«Ero il secondogenito e passavo molto tempo da solo. A casa c’era un pianoforte chiuso a chiave, che poteva suonare solo mia sorella e mio padre, musicista severo nei modi, mi aveva vietato di toccarlo. Tutto è iniziato da un divieto e il pianoforte si è trasformato in una ossessione finché un giorno ho trovato la chiave e ho
iniziato a suonarlo di nascosto. Ancora oggi, davanti ai tasti, provo la stessa emozione di paura e desiderio».



Dopo La musica in testa e altri quattro libri aspettiamo Revoluzione. Di cosa parlerà?
«La mia editor storica, mi ha confidato che Revoluzione è un libro sfaccettato, che si offre a diversi livelli di lettura. Potrei dire che è un testo di filosofia, dove il mio pensiero si esprime attraverso un linguaggio analitico rigoroso, oppure si abbandona all’immaginazione. Ma è anche una favola dai risvolti umani, o un’indagine sull’aspetto borderline della personalità di chi vive l’insofferenza per lo status quo, proiettato nella
ricerca spasmodica del nuovo».

Che cosa rappresenta per lei la scrittura?
«Nel corso degli anni si sono ingigantite le aspettative sulla mia figura artistica. Scrivere mi permette di non impazzire e di dare ai miei pensieri uno sfogo, una collocazione. Invece, davanti alla musica non ho alcun controllo: è pura ispirazione».

Il Covid ha stravolto le nostre vite. Come ha trascorso il lockdown?
«Dopo lo sconforto del vedere annullati i concerti e le tournée, ho deciso di avventurarmi in qualcosa che pensavo fosse lontano dalle mie corde: un ciclo di dirette web
tra pianoforte e filosofia, vincendo la timidezza. Il risultato è stato inaspettato. Gli incontri sono stati seguitissimi, pur affrontando aspetti tecnici della musica, o sfociando nell’astrofisica».

Secondo lei, come potrà rialzarsi il mondo dell’arte?
«Il mondo dell’arte, della cultura, della letteratura torneranno ad
essere presi in considerazione dalla gente. Se il mondo culturale non si chiuderà, ma saprà interpretare le tensioni, vivrà una stagione straordinaria di rinascita».

A cosa sta lavorando?
«Ho ripreso i concerti in Italia. Già dai primi appuntamenti mi sento pervaso da un senso di riconoscenza nei confronti del pubblico. Ho temuto che tutto sarebbe finito per me e ora vedere tutta questa gente mi commuove. Non poterla abbracciare mi stringe il cuore. Forse perché non ho mai interrotto il contatto con il pubblico. Grazie alle dirette web si stanno moltiplicando gli appuntamenti ai festival letterari e ai concerti. Ho deciso di affrontarli dando tutto me stesso».

Un posto in cui si sente a casa?
«Nella metro di Milano c’è una panchina che ho eletto a mio studio. Spesso ci vado, per sentirmi vicino al mondo, per sognare che tutte quelle persone, che entrano ed escono trafelate dai vagoni, ascoltino le mie note. Lo faccio per salvare la mia musica dal rischio di isolarsi. Quando le forme ideali ed astratte incontrano la vita reale, il risultato è sublime»

Dal Sito: repubblica.it

"Come riconoscere l’attacco di panico?": il parere dell'esperta


Spesso negli studi di psicologi, psicoterapeuti, medici, arrivano pazienti che credono di soffrire di attacchi di panico, confondendoli con degli stati d’ansia. Dal punto di vista clinico, panico e ansia hanno caratteristiche diverse e sintomi specifici, che è bene conoscere per poter attivare delle risposte appropriate.

Paura, Panico, Ansia

Il sentimento di paura appartiene alla vita e, anche se tendiamo a dargli una connotazione negativa, è molto importante in quanto auto-segnale necessario per la sopravvivenza e per l’integrità dell’Io. Quando la paura supera una certa soglia, diventa terrore, poi, panico, in quest’ultima condizione il soggetto vive una sensazione di morte imminente, un timore improvviso e irrefrenabile che non gli permette di valutare la situazione o di trovare soluzioni. Spesso la reazione al panico è il freezing (immobilizzazione-congelamento), una reazione difensiva di isolamento dalla realtà (percepita come pericolosa), meccanismo simile a quello di alcuni animali che si fingono morti per ingannare il predatore.

L’ansia, invece, è descritta come una sensazione di malessere intenso, una preoccupazione per un evento imminente o futuro. Può avere connotazioni positive in alcune situazioni perché prepara il soggetto ad affrontare l’evento aumentando l’attenzione e la concentrazione (es. esame, colloquio di lavoro), diventa invalidante, invece, quando la preoccupazione è eccessiva rispetto all’evento o è immotivata.

Se supera il limite del funzionamento adattivo della persona, si parla di disturbi d’ansia.

Che cos’è l’Attacco di Panico

la caratteristica principale dell’attacco di panico è la sua comparsa, arriva come un fulmine a ciel sereno e non ha connessione con la realtà, non vi è un pericolo reale imminente. Destabilizza totalmente la persona che non riesce a capire cosa gli sta accadendo. Nella sua breve durata, di pochi minuti, rompe l’equilibrio psico-corporeo tramite una scarica di noradrenalina nel sistema nervoso. La noradrenalina è un ormone che viene rilasciato in situazioni di stress psico-fisico e comporta una risposta corporea di allarme, negli attacchi di panico la sua scarica è così alta da provocare: palpitazioni o tachicardia, sudorazione eccessiva, tremori o scossa, sensazione di soffocamento, dolore o fastidio al petto, nausea, dolori addominali, sensazioni di torpore o formicolio, derealizzazione o depersonalizzazione, paura di perdere il controllo o di impazzire o di morire.

Ansia o Attacco di panico?

La durata dell’attacco di panico è una discriminante importante rispetto agli stati di ansia, oltre all’intensità. Gli stati di ansia sono meno intensi e possono durare a lungo. Altro elemento di distinzione è che gli attacchi di panico non sono correlati ad un evento esterno, sono improvvisi e non prevedibili.

Paura della Paura

Data la forte sofferenza e disagio provati in quei momenti, i soggetti che soffrono di attacchi di panico, iniziano a sviluppare una paura per quando e dove potrà avvenire il prossimo attacco di panico. Questo li porta a evitare tutte quelle situazioni che immaginano possano scatenare attacchi di panico, iniziano a limitare in modo consistente la vita.

Quando gli attacchi di panico diventano ricorrenti e sussiste una preoccupazione persistente di averne altri e rispetto alle implicazioni che possono comportare e vi è un radicale cambiamento della quotidianità.  si parla di Disturbo di Panico (DSM V).

In queste situazioni è importante un aiuto psicoterapico associato a un farmaco antidepressivo (sotto prescrizione medica) che aiuta nella gestione degli allarmi interni. Il primo passo è quello di prenderne consapevolezza e recuperare la capacità critica “mettendo occhi” sul proprio sé.

Dott.ssa Eleonora Abbate

Psicologa – approccio corporeo analitico reichiano


Dal Sito: 24live.it