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martedì 25 agosto 2020

Per risolvere un problema non devi concentrarti su di esso


Opporre resistenza a tutto quello che ti si presenta durante la giornata e che non ti piace, 

Del resto, se vuoi portare cambiamenti nella tua vita non ti resta che accettare la realtà di base che stai vivendo: una volta che avrai accettato il tuo presente potrai riuscire a costruire il tuo futuro in modo diverso. Se invece opponi resistenza a tutto quello che ti capita, stai sprecando la tua energia e la tua concentrazione su qualcosa che non vuoi

È come se ti mettessi a sfidare le leggi che regolano il nostro universo: se continui a pensare a una situazione che non ti piace stai anche continuando a donarle energia. E sarà proprio questa energia a dare forza a quella situazione. 

Può sembrare paradossale, ma anche tu dai spesso troppa importanza e attenzione a delle situazioni che non vorresti vivere ed è proprio questa concentrazione a renderle reali e tangibili nella tua esistenza.  

Carl Gustav Jung scrisse “Quello a cui opponi resistenza persiste” ed è proprio quello che succede. Per eliminare un problema non ti basta concentrarti su di esso affinché si risolva. Dovresti cercare di concentrarti sulla soluzione. Facciamo qualche esempio.

Se detesti la guerra, come spero che sia e come sicuramente dovrebbe essere, partecipare a dei comizi contro la guerra non aiuterà a farla cessare. Perché in questo caso staresti mettendo le tue energie in iniziative contro qualcosa. È molto più proficuo riporre tutte le tue attenzioni in eventi e manifestazioni a favore di qualcos’altro. Nel caso della guerra l’opposto è la pace: partecipa a iniziative a favore della pace.

Può sembrare che non ci sia molta differenza tra una cosa e l’altra, ma il problema è dove poni la tua attenzione: ponendola sulla soluzione emanerai energie positive che rafforzeranno l’alternativa pacifica alla guerra. 

Allo stesso modo, si possono fare tantissimi esempi: anziché essere contro l’esclusione, sii a favore dell’inclusione, anziché essere contro le abitudini malsane sii a favore di quelle sane. Questa teoria vale sia per le situazioni che per le persone. Il manager di Elvis Presley diceva che la pubblicità va bene sempre, buona o cattiva che sia. In fin dei fatti aveva ragione: Elvis nelle prime esibizioni ricevette numerose critiche a causa dei suoi movimenti considerati fuori luogo, eppure divenne la persona più conosciuta del mondo. 

Ecco che quindi anche i “cattivi” della storia e del nostro tempo, se ricevono troppe attenzioni diventano più potenti, a prescindere dalla fama che hanno. 

Infine oltre alle persone, il medesimo discorso può essere fatto anche per le emozioni e le sensazioni. Infatti, quando ti succede qualcosa di spiacevole nella vita potresti concentrarti sull’idea che il dolore passi alla svelta, ma è sbagliato. Anziché concentrarti sulla fine tristezza o sulla fine sofferenza, metti tutte le tue energie pensando alla felicità e al piacere, solo in questo modo riuscirai a migliorare la tua situazione emotiva

Quindi quando qualcosa nella tua vita, che sia una situazione, una persona o un’emozione, non ti è gradevole e ti sembra un problema, dovresti darle poco peso focalizzandoti su quello che vorresti essere

È importante che tu riesca a cambiare il tuo modello di pensiero, altrimenti rimarrai intrappolato sempre più spesso in dinamiche e circoli viziosi che non ti porteranno da nessuna parte. Se riuscirai a cambiare il tuo modello mentale riuscirai anche a essere padrone totale della tua realtà: sarai tu a decidere il tuo destino e il tuo futuro. 

Dal Sito: aprilamente.info 

venerdì 26 gennaio 2018

Cos’è la Mindfulness



Il termine Mindfulness è la traduzione in inglese della parola “Sati” in lingua Pali, che significa “attenzione consapevole” o “attenzione nuda”.

L’idiogramma cinese per “mindfulness” è “nian” (念) che è la combinazione di due caratteri diversi, ognuno dei quali ha il suo significato. La parte superiore dell’idiogramma significa “adesso”, mentre la parte inferiore significa “cuore” o “mente”. Letteralmente l’idiogramma completo indica l’atto di vivere il momento presente con il cuore.

Secondo la definizione di Jon Kabat-Zinn, Mindfulness significa “porre attenzione in un modo particolare: intenzionalmente, nel momento presente e in modo non giudicante” (1994, p. 63).

Si tratta cioè di dirigere volontariamente la propria attenzione a quello che accade nel proprio corpo e intorno a sé, momento per momento, ascoltando più accuratamente la propria esperienza, e osservandola per quello che è, senza valutarla o criticarla.

La pratica di questo particolare “atteggiamento della mente”, che possiamo definire anche “consapevolezza”, deriva dal buddismo theravada, una delle due maggiori correnti del pensiero buddista, diffusa da 2500 anni in Asia meridionale e sudorientale, in particolare in Birmania, Cambogia, Laos, Sri Lanka e Tailandia, sia nell’ambiente monastico che laico.

L’utilizzo, da parte della medicina occidentale, di Mindfulness per la promozione della salute è invece un’acquisizione relativamente recente, iniziata negli anni ’70 negli Stati Uniti (vedi i protocolli Mindfulness based stress reduction).

Benchè l’origine della pratica mindfulness derivi dal pensiero buddista, non è necessario abbracciare la religione buddista per praticare lo sviluppo della consapevolezza. Essa è infatti una forma di meditazione non concettuale universalmente accessibile e non dipende da alcun sistema di credenze, né da alcuna ideologia.

Ma in cosa consiste praticamente Mindfulness?

Mindfulness è, nella pratica, una forma di meditazione, pertanto richiede tempo, energia, determinazione, fermezza e disciplina. Dal  punto di vista dei processi mentali essa si sostanzia nel prestare, nel momento presente, attenzione  a quattro elementi: il proprio corpo, le proprie percezioni sensoriali (fisiologiche, fisiche e psicologiche appartenenti agli ampi domini del piacevole, spiacevole, misto e neutro), le formazioni  mentali (ad es. la rabbia, il dolore o la compassione) e gli oggetti della mente (ogni formazione mentale ha un oggetto, si è arrabbiati con qualcuno e per qualcosa ecc…). L’osservazione di questi elementi della propria esperienza soggettiva avviene in uno stato di autentica calma non reattiva, nel quale si accetta ciò che viene osservato per quello che è, consentendo ai cambiamenti di avvenire naturalmente, senza ostacolarli né promuoverli ed evitando la solita resistenza o il solito giudizio che causano ulteriore sofferenza.

La meditazione del respiro

Il modo più efficace per cominciare a prestare questo tipo di attenzione è quello di osservare il proprio respiro, concentrandosi su di esso e rimanendo in osservazione di quello che accade mentre lo facciamo.  Indipendentemente dalle regioni corporee in cui si contestualizza il respiro, il compito mentale richiesto dalla mindfulness è quello di cercare e mantenere l’intensa consapevolezza delle sensazioni che accompagnano il respiro in quel particolare punto del corpo (narici, petto o pancia), momento dopo momento.

Quando, inevitabilmente, la mente tenderà ad allontanarsi dal qui e ora per focalizzarsi su pensieri lontani, nello spazio e nel tempo, mindfulness prevede che quei pensieri non vengano giudicati né inseguiti, ma che l’attenzione venga gentilmente riportata sul respiro.

In questo modo, si allena la mente ad essere più stabile e meno reattiva, e nello stesso tempo si impara ad accettare e coltivare ogni istante così come viene, accrescendo la propria capacità naturale di concentrazione.

L’esplorazione del corpo (body scan) 

Un altro modo per praticare mindfulness consiste nell’eseguire una rotazione sistematica della attenzione di consapevolezza nelle varie parti del corpo, con l’obiettivo di  “sentire” autenticamente ogni parte del corpo e soffermarsi su ciascuna di esse. La tecnica prende spunto da un’antichissima pratica yogica: lo yoga nidra. È un metodo che, se applicato in modo costante e sistematico, induce un completo rilassamento fisico, mentale ed emozionale.

Mindfulness può essere praticata da seduti (sitting meditation) oppure camminando (walking meditation). Come afferma Kabat-Zinn, la posizione che si assume per meditare “è un atteggiamento esterno che ci aiuta a coltivare un atteggiamento interno di dignità, pazienza e autoaccettazione” (1991, p. 62).

La meditazione da seduti consiste nell’assumere una posizione seduta dignitosa, su una sedia o un panchetto da meditazione o per terra aiutati da un cuscino.

La meditazione camminata (adatta alle persone particolarmente agitate, come preparazione a quella seduta) consiste nel coltivare l’osservazione interna e la consapevolezza delle sensazioni, mentre si cammina, concentrandosi su ciascun passo.

Un’ulteriore modalità con cui può essere praticata mindfulness è l’hatha yoga, una serie di esercizi fisici della tradizione yogica più attenta all’aspetto corporeo, a cui si accompagnano l’attenzione sul respiro e l’atteggiamento generale di accettazione di ciò che siamo, così come siamo, qui e ora. Gli esercizi di hatha yoga insegnano a raggiungere l’armonia e l’integrazione tra mente e corpo, così come tra se stessi e l’ambiente.

La pratica non strutturata

Lo scopo finale della pratica mindfulness è quello di generalizzare ed estendere questa particolare modalità di “porre attenzione” a tutte le situazioni e i contesti della vita quotidiana. Si potrà pertanto coltivare la consapevolezza quando si guarda, si ascolta, si pensa, si parla, si cucina, si mangia o si lavora, nei momenti facili e in quelli difficili. Si tratta, dunque, di una progressiva e stabile trasformazione del nostro modo di essere, dell’acquisizione di una nuova abitudine mentale. Anche mentre camminiamo possiamo praticare la consapevolezza, prestando attenzione e gioendo di ogni passo, piuttosto che avere la mente rivolta verso la meta da raggiungere. Fermarsi e connettersi con il momento presente è possibile quando si scrive una e-mail, si naviga sul web, si lavano i piatti o si stende il bucato. Anche in questo istante leggendo questa pagina.

A cosa e a chi serve Mindfulness? 

Mindfulness serve a chiunque desideri, in salute o in malattia, trascendere le proprie limitazioni e raggiungere un livello più alto di benessere psicofisico.

La pratica costante della mindfulness si è infatti dimostrata efficace nella riduzione dello stresse delle patologie ad esso correlate, nel sollievo di sintomi fisici connessi a malattie organiche e, in generale, nella promozione di profondi e positivi cambiamenti dell’atteggiamento, del comportamento e della percezione di sè stessi, degli altri e del mondo.

Tali cambiamenti sono ravvisabili in:

  • una maggiore capacità di padroneggiare le situazioni difficili della vita,
  • un maggiore potere di gestione dei conflitti e dei problemi ordinari e straordinari,
  • un incremento dell’accettazione e della pazienza nei confronti del proprio stato di malattia o delle proprie infermità psicologiche e fisiche,
  • una nuova capacità della mente di sostituire le emozioni distruttive, che portano ansia e depressione, con modi di essere più costruttivi, che promuovono l’equanimità, l’amore e la saggezza.

L’importanza del gruppo

E’ auspicabile, per coloro che meditano, poterlo fare anche all’interno di un gruppo o “sangha”. Sangha è una parola in sanscrito che significa “comunità spirituale” e rappresenta uno dei tre pilastri dell’insegnamento e della filosofia buddista.

Il sangha è costituito da persone che non solo meditano insieme durante gli incontri pianificati, ma si impegnano anche nella pratica non strutturata, coltivando la consapevolezza nella vita quotidiana, praticando la resistenza alla fretta, ai modi disfunzionali e non sani di vivere, vivendo profondamente ogni istante.

Il gruppo è importante per diverse ragioni: serve a mantenere l’ autodisciplina, facilita l’apprendimento,  incoraggia ad andare avanti nelle situazioni difficili o nei momenti di demotivazione, è fonte di ispirazione e speranza di miglioramento, e può sanare sentimenti di isolamento e separazione, alla base di molta della sofferenza nella nostra società.

Dal Sito: www.istitutobeck.com