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sabato 26 settembre 2020

Ansia nella relazione sentimentale: le possibili cause




Perché una relazione sentimentale genera ansia? I motivi possono essere molti, ma spesso dipende dall’incompatibilità del carattere dei due partner.

A provare ansia in una relazione sentimentale è sempre il partner più insicuro, mentre l’altro partner, quello dei due che viene costantemente bombardato dalle insicurezze della persona ansiosa, si trova spesso a sentirsi vittima di un comportamento irrazionale e ingestibile.

Purtroppo questo conflitto continuo non fa bene a nessuna delle due persone coinvolte nella relazione e, ovviamente, non fa bene alla relazione. Ne consegue che, nel momento il rapporto sentimentale tra due persone comincia a essere caratterizzato dall’ansia, si sta avviando verso la fine.

motivi per cui uno dei due partner può sviluppare una forte ansia in merito alla relazione sono molti. Spesso però vengono intensificati, quando non addirittura generati, da alcuni comportamenti dell’altro membro della coppia.

Quando questo accade si genera purtroppo un circolo vizioso in cui l’ansia di uno dei partner aumenterà in maniera esponenziale, rendendo sempre più frequenti e più intensi i comportamenti dell’altro che generano ansia.

Come si fa a riconoscere questa situazione prima che diventi completamente ingestibile? E quali sono le strategie da adottare per evitarla o venirne fuori?

• Come si comporta chi prova ansia in una relazione sentimentale?



• Quando il partner è sfuggente, è quello sbagliato



• Cosa si fa quando in una coppia c’è un partner ansioso e un partner evitante?



Come si comporta chi prova ansia in una relazione sentimentale?

All’interno di un rapporto d’amore, l’ansia si genera nel momento in cui uno dei due partner teme che il suo amore non sia corrisposto o che la sua fiducia sia mal riposta.

Naturalmente questi sentimenti sono tipici delle persone insicure o che manifestano comportamenti ansiosi anche in altri ambiti della propria vita, come quello professionale.

La paura più grande, naturalmente, è quella di perdere l’amore del partner, cioè che la relazione finisca o peggio ancora che si verifichi un tradimento.

Quando le persone portate a manifestare comportamenti ansiosi cominciano a convincersi che il partner le tradisca o che, peggio, abbia intenzione di tradirle, finiscono per diventare gelose e ossessive nel tentativo di controllare ogni spostamento e ogni azione del proprio compagno o della propria compagna.

Ovviamente ogni azione di controllo genera enormi picchi d’ansia: la persona che controlla sa perfettamente che sta violando la privacy dell’altro e sa anche che con ogni probabilità l’altro si arrabbierebbe moltissimo se dovesse scoprire di essere costantemente “monitorato” all’interno della propria relazione. Questi fattori ovviamente non fanno che aumentare l’ansia per il timore costante di essere scoperti mentre si controlla il partner.

Come se non bastasse, ad ogni atto di controllo il partner geloso sperimenterà il terrore di scoprire un effettivo tradimento e, quindi, proverà una fortissima ansia.

Questo carico emotivo negativodiventerà sempre più insostenibile nel corso del tempo e non farà altro che rendere sempre più complicata la relazione sentimentale tra i due partner.

Quando il partner è sfuggente, è quello sbagliato

Ogni volta che entriamo in una relazione sentimentale alcuni aspetti del nostro carattere vengono esaltati o esasperati mentre altri finiscono per essere messi in secondo piano.

Per questo motivo le persone si comportano in maniere molto diversa a seconda del partner che stanno frequentando in quel periodo. Una persona estremamente gelosa potrebbe trovare qualcuno che le faccia dimenticare la sua gelosia, una persona piuttosto timida potrebbe trovare un partner che riesca a farla uscire dal suo guscio e così via.

Purtroppo a venir fuori durante una relazione sono le parti peggiori di una persona, come le sue manie e le sue insicurezze più profonde.

Quando una persona ansiosa si innamora di una persona schiva e sfuggente si genera un corto circuito che genera comportamenti ansiosi sempre più frequenti i quali, a loro volta, genereranno comportamenti evitanti sempre più frequenti.

Le persone sfuggenti sono molto gelose della propria autonomia sia dal punto di vista pratico e logistico sia dal punto di vista strettamente emotivo e sentimentale.

Per questo motivo tendono a fornire informazioni molto scarse sui loro spostamenti, sui loro impegni quotidiani e addirittura sui propri progetti. 

Tendono anche a parlare poco o nulla di sé, preferendo parlare di argomenti neutri, leggeri e oggettivi, come il classico “parlare del tempo”.

Il problema è che molto spesso i comportamenti evitanti non nascondono nulla, non celano la voglia di tradire o il desiderio di rompere la relazione. Si tratta di abitudini che le persone evitanti hanno da sempre, che per loro non costituiscono affatto un problema ma una semplice normalità relazionale.

In genere le persone evitanti non amano il conflitto e, pertanto, hanno messo a punto varie strategie per evitarlo: la prima è semplicemente non rispondere nel momento in cui il partner tenta di generare un conflitto (arrivando alla classica situazione in cui uno dei due partner “litiga da solo”), la seconda è ignorare l’argomento che crea contrasto volontariamente, puntualmente, costantemente.

Inutile dire che queste strategie sono quanto di più dannoso possa esistere per la psicologia di una persona ansiosa, che ha bisogno di sviscerare tutti i conflitti nel tentativo di avere tutto perfettamente sotto controllo.

Cosa si fa quando in una coppia c’è un partner ansioso e un partner evitante?

Per quanto possa sembrare una banalità, l’unico modo per superare l’ansia nelle relazioni sentimentali è parlare apertamente dei problemi.

La situazione di empasse si sbloccherà unicamente nel momento in cui i due partner riusciranno a comprendere l’altro e le sue esigenze.

Le persone ansiose che sviluppano un attaccamento ansioso nei confronti del partner sono persone che non hanno mai affrontato (e quindi mai superato) i traumi infantili legati probabilmente a una sindrome dell’abbandono. Hanno bisogno di grande empatia e soprattutto di continue conferme da parte del partner.

Le persone evitanti hanno invece bisogno di molto spazio personale, sia a livello concreto sia a livello emotivo. Chi ha un partner evitante dovrebbe comprendere che non può pretendere messaggi romantici a tutte le ore, così come non può pretendere di conoscere tutti gli spostamenti del partner minuto per minuto come se la sua giornata fosse una telecronaca sportiva. Le persone evitanti hanno bisogno di sentirsi libere, assolutamente libere, come animali selvatici. Se riusciranno a convincersi che una relazione non comporta la fine della libertà personale, allora i partner evitanti diventeranno sempre più affettuosi e “vicini”, accorciando la distanza emotiva con l’altro poiché non si sentiranno più minacciati dalla sua presenza.

Dal Sito: chedonna.it

sabato 22 agosto 2020

Per essere felice devi allontanarti dalle persone negative



Anche a te nella vita sarà capitato di trovarti in compagnia di persone non proprio solari, anzi decisamente tossiche per la tua salute emotiva. Sono persone che a vario titolo cercano di affossare chi gli sta intorno: potrebbero farlo in modo esplicito, magari mostrandosi aggressive nei tuoi confronti o insultandoti, ma potrebbero anche utilizzare metodi più discreti come la manipolazione, il controllo o il ricatto emotivo. 

Esistono anche individui che per quanto non si possono definire a priori malvagi, sicuramente prediligono atteggiamenti scortesi e offensivi

Purtroppo, può capitare che le persone negative assumano comportamenti di facciata per nascondere la loro vera identità: a primo impatto potrebbero sembrarti persone affabili e gentili, capaci di aiutarti e di farti complimenti anche quando non te li meriti. In questi casi diventa più difficile identificarle e riconoscerle in tempo, potrebbe addirittura capitare che prima di vedere la loro reale natura tu abbia già stabilito un legame profondo con questi individui. 

Potrebbero essere amici, familiari o colleghi di lavoro, ma può capitare anche che tu, di queste persone, ti sia innamorato. Vivere una relazione con una persona tossica è estremamente problematico: il tuo affetto nei suoi confronti sarà sincero ma non sarà ricambiato. Nonostante ciò, il partner tossico, ti farà sempre credere di essere tu stesso il responsabile per tutto quello che di negativo capita alla coppia. Proprio per questo motivo è così difficile riuscire a liberarsi da loro giogo

Caratterizzare tutte le diverse personalità delle persone tossiche è ovviamente impossibile: dipende dalla situazione, dal tipo di rapporto e dalla storia personale di questi individui. Però possiamo trattare alcuni profili e darti un’idea delle situazioni da cui dovresti assolutamente allontanarti. 

Una delle tipologie di persone da cui devi prendere le distanze è quella che critica aspramente. Per fortuna è un atteggiamento piuttosto palese ed evidente, quindi non avrai difficoltà a riconoscerlo. Queste persone tendono a criticare chi hanno intorno non per stimolarlo a migliorare o per dargli il giusto consiglio, lo criticheranno solo per il gusto di farlo. Un po’ come se volessero vanificare tutti gli sforzi delle persone che hanno intorno.

Faresti bene anche ad allontanarti da tutte le persone a cui evidentemente non sei simpatico. Si tratta d’individui che porteranno negatività nella tua vita, solo per il fatto che non ti comprendono o non ti apprezzano. Anche questo è un caso in cui la negatività è piuttosto evidente quindi non farai fatica a riconoscerla. È inutile sforzarsi di essere simpatico a queste persone, si tratta di un’affinità che non c’è. Non puoi farci nulla. In questi casi è importante concentrarti sul fatto che essere simpatici a tutti è semplicemente impossibile. Cerca di porre tutta la tua attenzione sulle persone che ti apprezzano e ti rispettano.

Tra le persone che dovresti allontanare rientrano anche gli approfittatori, ovvero coloro che tramite la tua compassione o il tuo senso di colpa, cercano di ottenere aiuto e benefici. Si tratta di personalità davvero tossiche che purtroppo riescono a dissimulare molto bene il loro carattere negativo sfruttando l’immagine della vittima. Questi individui cercheranno sempre di manipolarti per farti sentire in difetto o dipendente da loro. Sfrutteranno il tuo buon cuore per ottenere ciò che vogliono e per controllarti. Prima riuscirai ad allontanarti da questo tipo di persone, meglio sarà. Infine c’è un’altra tipologia di persone tossiche da cui dovresti prendere le distanze alla svelta: quelli che non escono mai dalla loro routine e dalla loro zona comfort. Sono individui incapaci di vivere la vita appieno, che hanno quasi paura di emozioni e avventure. Rimanendo legato a questi individui non riuscirai a esprimere tutte le tue potenzialità e farai pochissime esperienze di vita.


Dal Sito: aprilamente.info 

domenica 6 ottobre 2019

Ansia e depressione, l’evitamento come “protezione” e le relazioni interpersonali


Un senso di “vuoto”, come in un tunnel buio senza via d’uscita. È la sensazione provata dalle milioni di persone che soffrono di ansia o depressione. 
Si tratta di una condizione difficile, che affligge più o meno direttamente anche parenti e amici, costretti a convivere con il problema per aiutare chi vogliono bene a superare un momento difficile.

Non è una missione facile, perché problemi psicologici di questo tipo mettono in moto meccanismi di “auto-difesa” che portano all’allontanamento da ciò che può scatenare la “negatività” interiore. Lo conferma la psicologa clinica Livia Longo: “Chi soffre di ansia, sia come disturbo che come sintomi, o di depressione mette in atto una modalità di risposta alla vita: l’evitamento, che non riguarda solo le relazioni interpersonali ma anche il modo di vivere con l’esterno. Si evita tutto ciò che possa attivare il fattore ansiogeno o, nello stato depressivo, più in generale il contatto con l’esterno”.

Naturalmente ansia e depressione presentano delle diversità. Rispetto alla prima, per esempio, la seconda è caratterizzata da uno stato di “inerzia” maggiore, che rende molto difficile mantenere rapporti interpersonali e reagire agli stimoli provenienti dall’esterno: “Nel tratto ansioso è più ‘facile’ stabilire e mantenere delle relazioni amichevoli, perché chi soffre d’ansia tende a trovare delle ‘strategie’ per ovviare al proprio stress o tumulto interiore. Con lo stato depressivo è più complesso, perché la passività di chi ne soffre porta le persone attorno a lui/lei a essere molto angosciate e a reputarsi quasi ‘infermieri’. Per questo per stare vicino a un depresso serve molta forza”, commenta la dottoressa Longo.

Di fronte a un comportamento “altalenante”, l’allontanamento può essere una conseguenza. Chi soffre tende a chiudersi in se stesso nonostante abbia bisogno degli altri, convinto che nessuno possa comprendere. Avere intorno gente che “banalizza” il dolore, situazione che purtroppo spesso si presenta, non aiuta. Alcune frasi di circostanza rischiano perfino di attivare un meccanismo di protezione e auto-isolamento nella persona sofferente: “Il disagio, come il dolore, è molto soggettivo. Talvolta non si riesce a capire quanto per l’altro sia terribile quello stato e si tende a minimizzarlo. Dicendo ‘Dai, non fare così’, ‘Non ci pensare’ e cose simili, cerchiamo di ‘tirare su il mondo’ anche se in realtà per chi soffre il mondo è crollato“, spiega la psicologa.

L’allontanamento non è una situazione voluta. A volte risulta l’unico modo per evitare di coinvolgere gli altri nella propria sofferenza o di dover comunicare uno stato emotivo che le parole non possono descrivere totalmente: “Spesso l’ansioso o il depresso allontana gli altri perché non si sente capito. Talvolta l’isolamento fa parte del quadro diagnostico, come la passività. Chi ha attacchi di panico ha sempre il timore o la sensazione di rovinare una giornata o una serata con una crisi improvvisa durante un momento di allegria. Si preferisce stare in casa per evitare di far soffrire o ‘deludere’ gli altri o di dare spiegazioni, visto che è molto difficile narrare il proprio dolore“.

La solitudine non è ciò che gli ansiosi e i depressi temono maggiormente. Quello che li terrorizza, in realtà, è rimanere soli con il loro disturbo per sempre e non poter avere relazioni interpersonali normali a causa di esso. Una vita intera con il timore di uscire, di lavorare, di mettersi in gioco… Un incubo che logora interiormente l’individuo: “La paura è che l’ansia o la depressione non se ne vada mai. Questi disturbi non riguardano tanto il sociale, quanto la profondità dell’io. Chi soffre si accorge della solitudine, perché evitando la genera. Essa, però, non è percepita tanto come abbandono (‘Gli altri mi hanno lasciata sola’), ma come il frutto di una reazione a catena generata dal proprio malessere personale – afferma la psicologa Longo – La paura, quando si prende consapevolezza del proprio stato, è che esso possa ostacolare qualsiasi forma di rapporto”.

Quando si hanno sostenitori al proprio fianco, può verificarsi anche qualcosa di diverso dall’allontanamento: la nascita di una dipendenza. A fare da “collante” nel rapporto tra il singolo e gli altri, però, non è solamente l’affetto, bensì la necessità di aiuto. Si tratta di una condizione complessa, che depressi e ansiosi affrontano in maniera diversa e che va valutata soggettivamente: “Chi ha una forte ansia spesso si trova a dare inizio a una piccola ‘dipendenza’ quando un amico cerca di dare supporto. Non si tratta però di una dipendenza affettiva, bensì di una dipendenza ‘da aiuto’. È come se, con l’ansia, venisse a mancare un arto o una parte di esso e l’amico diventasse una sorta di ‘sostituzione’ di quell’arto e servisse necessariamente per colmarne l’assenza. Per chi soffre di depressione, invece, la situazione è diversa, molto più complessa: per loro, infatti, è necessario avere qualcuno accanto, altrimenti è difficile sopravvivere”.

Che le alterazioni dell’umore siano problematiche sotto tanti punti di vista è evidente. Le difficoltà, però, non riguardano solo chi soffre, ma anche chi osserva dall’esterno e cerca di aiutare. Ogni disturbo naturalmente è a sé, ma esistono alcune “linee-guida” che possono essere utili, soprattutto di fronte a una crisi. La dottoressa Longo ne rivela alcune: “Anche una cosa apparentemente banale può attivare nella persona uno stato di agitazione tale da farla ‘scoppiare’ come una pentola a pressione. Gli unici consigli che gli esperti possono dare è di non sminuire mai ciò che la persona sente e di evitare le frasi fatte (‘Dai, ora ti passa’, ‘Stai tranquilla’). È sempre meglio prendere consapevolezza, assieme alla persona sofferente, di ciò che sta accadendo e ‘stare nell’ansia’ con lei fino a quando non passa. Cercare di tranquillizzare è inutile, perché così la crisi ansiogena rischia paradossalmente di alimentarsi”.

Altro consiglio fondamentale è quello di rivolgersi a figure professionali competenti in caso si riveli necessario: “Si prende coscienza della propria ansia/depressione innanzitutto osservando i sintomi, compresi attacchi di panico e/o alcuni malesseri fisici (il nostro corpo ci dice tanto). Quando questi non ci fanno godere anche solo al 70% la vita di tutti i giorni, bisogna chiedere aiuto. Come gestire la situazione? Se non si conosce uno psicologo, si può andare dal medico di base per un consiglio. Con lo psicologo poi si può iniziare un percorso di terapia personalizzato. L’esperto sceglierà se collaborare con uno psichiatra, in caso la persona mostri un disturbo avanzato e necessiti di un sostegno farmacologico”.

E per quanto riguarda le persone care? “A loro si richiede molta pazienza. Ci sono casi in cui durante il percorso terapeutico si organizzano incontri con i familiari per ‘educarli’ a gestire la potenza con cui le problematiche vengono fuori nella quotidianità”, spiega la psicologa Livia Longo, confermando che il supporto di famiglia e amici, con l’aiuto terapeutico del professionista, può essere un ottimo inizio per aiutare la persona sofferente a tornare nel miglior stato di salute possibile.

Dal Sito: newsicilia.it