lunedì 4 aprile 2016

Attacchi di panico, il corso per prevenirli

Ad aprile il via alla 29esima edizione che non contempla l'uso di farmaci nella cura del disturbo. La struttura delle lezioni, come iscriversi

PONTEDERA — "Tachicardia, sudorazione improvvisa, tremore, sensazione di soffocamento, dolore al petto, nausea, brividi o vampate di calore, paura di morire o di impazzire, sono solo alcuni dei sintomi che caratterizzano un attacco di panico - hanno spiegato dalla Asl - Chi ha provato questa esperienza la descrive come terribile, spesso improvvisa ed inaspettata. La paura di un nuovo attacco può diventare immediatamente forte e dominante. Il singolo episodio può portare facilmente in un vero e proprio disturbo di panico, più per paura della paura che altro. La persona si trova così invischiata in un circolo vizioso che spesso ha come conseguenza la "agorafobia", ovvero la paura di luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile o imbarazzante allontanarsi, o nei quali potrebbe non essere disponibile un aiuto, nel caso di un attacco di panico. L’evitamento di tutte le situazioni potenzialmente ansiogene diviene la modalità prevalente: il soggetto si trova schiavo del suo disturbo, dipendente dagli altri (familiari , “accompagnatori”) e può sviluppare una depressione secondaria".
A partire dal 4 aprile 2016, nel poliambulatorio di via Fleming a Pontedera, avrà inizio la 29esima edizione del “Trattamento non farmacologico del disturbo di panico”.
Il corso si articolerà in dieci sedute di gruppo, di due ore ciascuna, che si terranno ogni lunedì. Gli incontri saranno condotti da un medico psichiatra e da un infermiere della psichiatria. I partecipanti avranno la possibilità di avere informazioni sulla natura del disturbo; imparare tecniche utili a controllare i sintomi fisici degli attacchi acuti d’ansia (controllo del respiro e della tensione muscolare); addestrarsi ad affrontare attraverso l’esposizione graduale le situazioni temute o evitate; identificare e modificare le convinzioni errate alla base del disturbo.
La 28esima edizione si è recentemente conclusa con grande soddisfazione dei partecipanti, i quali hanno apprezzato, tra l’altro, la possibilità di parlare apertamente del loro disturbo con gli operatori e gli altri membri del gruppo, senza più considerare l’attacco di panico un “tabù”. L’equipe di lavoro è composta dalla dottoressa Laura Pellegrini e dagli infermieri Federico Giunti e Paola Galardini.
Per l’appuntamento ci si potrà rivolgere agli infermieri Giunti e Galardini dal lunedì al venerdì (8-20) telefonando allo 0587-273341.

Qui News Valdera 

lunedì 21 marzo 2016

Ansia: ecco i 6 tipi più comuni

L’Ansia è un disturbo molto frequente che spesso può sfociare in vere e proprie crisi di panico, ne esistono di diverso tipo: ecco quali sono i più comuni

L’ansia è uno stato d’animo con una valenza sempre negativa: chiunque la provi, infatti, associa un profondo senso di disagio. Spesso rientra nei sintomi degli attacchi di panico e della depressione, pochi però sanno che esistono diversi tipi di ansia: ecco i 6 più comuni.

Ansia da panico: insorge con attacchi di estrema paura e causa disagio poiché giunge inaspettatamente e senza preavviso. Una caratteristica che la distingue è la paura di perdere il controllo sulle nostre azioni, impazzire o non essere in grado di prendere decisioni adeguate. In molti casi, poi, si parla di veri e propri attacchi di panico.
Ansia da stress: viene definita più tecnicamente disturbo da stress. La sua insorgenza è caratterizzata da reazioni eccessivamente ansiose rispetto a situazioni e stati emotivi stressanti. Iperattività, tensione, rabbia, disperazione, sono sintomi di questo tipo di ansia.
Ansia da ossessioni: spesso definito come disturbo ossessivo compulsivo, la sua insorgenza è caratterizzata da pensieri che noi stessi riusciamo a identificare come eccessivi o poco ragionevoli ma di cui non riusciamo a fare a meno o a liberarci. Un esempio è l'ossessione per l'ordine o per le malattie. Si è coscienti di questo tipo di ansia, ma non si riesce a trovare una via di fuga che ci renda indipendenti da essa.
Ansia da fobia: è definita come una paura immotivata, irrazionale e spesso incontrollabile nei confronti di una situazione, un'azione, un animale o degli oggetti. Viene classificata in due modi: fobia semplice e fobia sociale. La prima è la paura per un oggetto o una situazione, mentre con la seconda si teme il giudizio altrui, i luoghi affollati o una situazione che potrebbe comportare un'umiliazione.
Ansia da trauma:  viene definito come disturbo da stress post traumatico e, come dicono le parole stesse, è causata da un trauma vissuto nel passato e rimasto fra i ricordi. Gli eventi tragici possono riguardare lutti, violenze, incidenti gravi.
Ansia da pessimismo: questo tipo di ansia ha come caratteristica principale la negatività verso ogni pensiero o situazione. Infatti i pensieri ricorrenti sono pessimistici, catastrofici molte volte, si crede sempre che stia per succedere una qualche disgrazia, un evento che peggiorerà la nostra situazione.
Photo credit: Makkler0008/Shutterstock.com

Urbanpost.it 

Michele Iacovone 

domenica 13 marzo 2016

Depressione stagionale: a causarla potrebbe essere un gene

I ricercatori dell’Università della California hanno trovato la causa dell’insorgenza della depressione stagionale e dei disturbi legati al ritmo sonno-veglia, nello specifico l’insonnia: ecco di cosa si tratta

Quali sono le cause della depressione stagionale e dell’insonnia? La Scienza sembra aver trovato una risposta a questa eterna domanda. La causa, infatti, potrebbe risiedere nella mutazione di uno specifico gene. Ecco di cosa si tratta
La depressione stagionale affligge ogni anno migliaia di persone, in Europa ha preso piede ormai da molti anni e la sua diffusione è in rapida crescita. I sintomi più comuni della depressione stagionale includono ansia e, in alcuni casi, attacchi di panico. Spesso si presenta nei cambi di stagione dall’estate all’autunno e dall’autunno all’inverno. Infatti, una riduzione delle ore di sole ha effetti negativi sul metabolismo. Gli scienziati, ora, sono riusciti a trovare una speranza. La possibilità di combattere la depressione stagionale, infatti, potrebbe risiedere in uno specifico gene; nel dettaglio, potrebbe trattarsi del gene PER3. Nell’organismo la sua funzione è quella di regolare il ritmo sonno-veglia.
Uno studio condotto all’Università della California guidato dal dottor Louis Ptáček, ha evidenziato un possibile difetto di questo gene: una sua mutazione, infatti, sarebbe alla base dell’insorgenza della depressione stagionale e dell’insonnia. Lo studio è stato condotto sul DNA di una famiglia i cui membri avevano l’abitudine di andare a letto molto presto – attorno alle 19:30 – svegliandosi in piena notte – attorno alle 4:30. Da questo monitoraggio i ricercatori hanno scoperto la responsabilità del gene PER3.
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Urbanpost.it 

Michele Iacovone 

mercoledì 9 marzo 2016

Attacchi di panico: 7 miti da sfatare

Gli attacchi di panico sono un disturbo d’ansia sempre più comune fra la popolazione, in Italia ne soffrono almeno 10 milioni di persone, il primo modo per riuscire a sconfiggerli è la corretta informazione: ecco quali sono i luoghi comuni da sfatare










Gli attacchi di panico sono un disturbo sempre più diffuso in Italia, le persone affette sono circa 10 milioni e il numero continua a crescere anno dopo anno. Conoscere il modo in cui insorgono, le cause che li scatenano o, ancora, come riuscire a fermali o prevenirli è solo l’inizio di un percorso che spesso dura anni. La strada da intraprendere, però, è quella della corretta informazione. Ecco allora i 7 miti più comuni da sfatare sugli attacchi di panico.
Scopri di più sugli Attacchi di Panico
Gli attacchi di panico non sono un vero disturbo: falso. La patologia di cui stiamo parlando è riconosciuta dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, questo disturbo, se non correttamente trattato e preso per tempo, può diventare cronico e peggiorare.
Dagli attacchi di panico non si può guarire: falso. Sono due le strade con le quali è possibile curarli, quella psicoterapeutica e quella farmacologica. Spesso, per non dire sempre, le due vanno a braccetto. Se con la psicoterapia, infatti, la remissione è garantita nel 70% dei casi, i farmaci specifici servono per aiutare questo percorso di guarigione, attenuando i sintomi e, in molti casi, aiutando il cervello a ritrovare il proprio equilibrio biochimico.
Durante gli attacchi di panico perdiamo il controllo delle nostre azioni: falso. Non è corretto definirlo una perdita vera e proprio di controllo sulle nostre azioni, invece si ha la sensazione di perdere il controllo di noi stessi. Si tratta quindi di una paura del soggetto di poter non controllare più se stesso e non una vera realtà clinica.


Gli attacchi di panico conducono alla pazzia: falso. Uno dei sintomi principali è chiamato depersonalizzazione; il soggetto prova un senso di estraneità nei confronti dell'ambiente e di se stesso. Molte persone pensano quindi di essere affetti da una grave patologia mentale. Gli attacchi di panico sono disturbi meno gravi rispetto al bipolarismo o alla schizofrenia, ma possono comunque essere estremamente invalidanti.


Per risolvere gli attacchi di panico basta seguire una dieta sana: falso. Bere meno caffè, smettere di fumare e fare attività fisica sono senz'altro utili e necessari per alleviare la tensione e diminuire lo stress, soprattutto quello lavorativo. Nonostante questo, tutte le attività sopra citate non sono in grado di curare gli attacchi di panico, per farlo è necessaria una terapia psicologica nella quale il soggetto esplora e comprende l'origine delle sue paure e delle sue ansie, in casi nei quali è necessario, si associa, come già indicato, la giusta terapia farmacologica.
Gli attacchi di panico derivano da traumi infantili: falso. La causa esatta della loro origine non è ancora del tutto nota agli esperti. Molti studi concordano sulla possibilità che questa derivi da una disfunzione dell'Amigdala, chiamata ipersensibilità dell'Amigdala, una struttura cerebrale posta in entrambi gli emisferi del nostro cervello. I fattori individuati sono due: il fattore biologico e il fattore psicologico e di norma si influenzano a vicenda.
Gli attacchi di panico possono dare luogo a un infarto: falso. I sintomi più comuni sono tachicardia, palpitazioni, sudorazione, tremori, paura di morire. Queste caratteristiche, però, non danneggiano il cuore e non si rischia quindi un infarto.


urbanpost.it 

Michele Iacovone 


venerdì 29 gennaio 2016

Attacchi di panico: una lettera struggente di una persona che ne ha sofferto per 12 anni

“La paura della paura, le ossessioni perché se la porta si chiude resto intrappolato, il terrore di uscire a cena, la paura di un concerto, i percorsi alternativi che studi per non prendere la metropolitana per andare al lavoro, cercare le uscite di sicurezza…”

La nostra sezione Benessere si è spesso occupata di attacchi di panico trattandosi di una disturbo massivamente diffuso nella società contemporanea che interessa molti lettori. Riceviamo spesso commenti e richieste di informazioni più approfondite sull’argomento. La vigilia di Natale, però, ho ricevuto una mail di una nostra lettrice che racconta in maniera davvero struggente cosa significhi convivere con questo tipo di disturbo, quello che può arrivare a “prendersi” e l’inferno che ne deriva. La parte più importante del suo scritto, però, è nel finale in cui viene dimostrato come sia possibile uscire da questo tunnel superando i retaggi legati a vergogna e alle cure farmacologiche che spesso, a causa di pressapochismo informativo e profonda ignoranza, vengono stupidamente demonizzate. Abbiamo quindi deciso di pubblicare questa testimonianza, su richiesta di chi l’ha scritta e rigorosamente in forma anonima, per dimostrare che il dolore privato spesso è un dolore comune a molti dal cui giogo è possibile liberarsi.


Ho letto i vostri articoli sugli attacchi di panico (in particolare questo: Attacchi di panico come aiutare, 5 cose che dovete ricordarvi di dire a chi amate e che ne soffre) e ho provato un senso di sollievo. Sono una donna separata di 42 anni che soffre di questo male da 12 anni. Il senso di legittimazione che mi ha dato leggere tutti quei commenti di persone sconosciute che parlavano precisamente di quello che io provo ogni giorno, chiusa nella vergogna e nella solitudine di comunicarlo, mi ha fatto riflettere. Io non ho mai accettato di soffrire di una cosa tanto difficile da spiegare, in parte mi aspettavo che dicendolo a qualcuno non avrebbe capito. Per una volta nella vita, anche se in forma anonima, vorrei invece liberarmi e condividere con il mondo intero, protetta dall’anonimato, quello che una persona che soffre di attacchi di panico prova. Magari qualcuno troverà conforto nel riconoscersi, si sentirà meno solo e più “normale”. Altri, forse, che hanno persone che amano a fianco che ne soffrono potranno sforzarsi di capire quello che a loro pare indecifrabile.
La prima cosa che odio del panico è che è invisibile: un occhio pesto, un’allergia, persino un singhiozzo li puoi vedere ma il panico ti si agita dentro e ti fa scoppiare le bombe nel corpo senza dare alcun segnale esterno. Questo ti fa pensare che sei pazzo, perché è tutto nella tua testa, perché fuori non c’è niente, perché gli altri sono tranquilli. Questo fa anche credere agli stupidi, agli ignoranti, agli insensibili che tu finga. Come se ti piacesse il ruolo della malata.
Il panico ti lega a lui, ti sposa, ti entra sottopelle e non sparisce all’esaurirsi di un attacco. Nel frattempo resta l’ansia, iniziano i meccanismi perversi: la paura della paura, le ossessioni perché se la porta si chiude resto intrappolato, il terrore di uscire a cena, la paura di un concerto, i percorsi alternativi che studi per non prendere la metropolitana per andare al lavoro. La macchina che di colpo hai paura di guidare e il senso di umiliazione profonda che deriva dalla coscienza di essere diventato dipendente dagli altri. Da solo è impensabile, fa troppa paura. Se succede mentre guido? Se sbando e vado fuoristrada? Se succede in autostrada? I posti a teatro sempre vicini all’uscita di sicurezza, le scuse che ci si inventa per evitare un aperitivo, il terrore dei luoghi affollati e che manchi l’aria, la paura che venga un infarto mentre cammino. E’ come se si potesse avere una sorta di visione della morte senza morire davvero. L’ansia ti cambia, ti umilia, ti mette all’angolo, si mangia la tua personalità, si divora la tua vita. Tu non decidi più nulla, semplicemente vivi in punta di piedi per non svegliarla. E’ l’esperienza assoluta: nascere e morire insieme.
E poi la nascondi, te ne vergogni. Diventi bravissimo a mentire, a inventare le scuse migliori e più credibili per abbandonare una cena, una riunione, una festa. Non ti muovi senza un piano di emergenza per la fuga. Ho sbagliato, mi sono nascosta e mi sono vergognata a lungo. Mi sono colpevolizzata perché nonostante gli sforzi non passava, mi impegnavo ma non passava. L’anno scorso un’amica carissima, che ha capito senza che io le dicessi nulla, mi ha letteralmente trascinata da uno psichiatra. Già dalla prima seduta ho capito quanto tempo avessi perso: lui traduceva i miei sintomi e miei disagi come fossero la cosa più normale e più diffusa del mondo. Mi ha anche detto sorridendo che si tratta di una delle patologie più diffuse in assoluto e che quindi di cure ce ne sono davvero parecchie. Lo psichiatra mi ha detto che prima si cura l’urgenza, ovvero si fa rientrare l’attacco farmacologicamente e poi, quando sono serena, si lavora anche a livello terapico. Così abbiamo fatto. Mese dopo mese ho iniziato a smettere di soffrire, gli attacchi sono spariti anche se l’ansia generalizzata è rimasta. In 12 anni non avevo mai avuto una tregua di 10 mesi, ora facciamo anche terapia. Ho paura a dirlo, perché mi sembra troppo bello per poterci credere davvero, ma inizio a credere, per come stanno andando le cose, che curarsi e uscirne sia possibile. L’unica cosa che non è possibile è dimenticarli: non si torna mai più gli stessi dopo averne sofferto.
Grazie se pubblicherete questa lettera che spero di cuore possa servire ai tanti che conoscono questo dramma.”

Valeria Panzeri 

Urban Post 

lunedì 25 gennaio 2016

Attacchi di panico, i benefici dello sport

L'attacco di panico è una forte crisi di ansia che si manifesta con tachicardia, senso di oppressione al petto, vertigini e mancanza di respiro. Si tratta tuttavia, di una condizione curabile in vari modi.
Tra le cure possibili per questa forma di ansia ci sono i vari trattamenti psicoterapeutici, rimedi naturali, farmaci, ma soprattutto lo sport.
Recenti studi infatti hanno provato che l'assenza totale di esercizio fisico è strettamente correlata all'insorgenza degli attacchi di panico.
Questo avviene perchè nell'organismo c'è energia inutilizzata, energia che deve essere liberata in qualche modo in quanto il corpo è fatto per muoversi.
Lo sport inoltre abbassa i livelli di cortisolo, l'ormone dello stress e contribuisce quindi a ridurre gli attacchi. Inoltre lo sport abbassando i livelli di cortisolo riduce i problemi di concentrazione e di stanchezza.
E' come se l'organismo quindi avesse una buona dose di energia che cerca una via di fuga, ecco quindi che compaiono ansia, stress e, nei soggetti predisposti, attacchi di panico.
Quindi come prima cosa bisogna prevenire l'inattività muovendosi, anche semplicemente camminando e dedicandosi allo svolgimento di uno sport.
Lo sport aiuta l'organismo a rilasciare endorfine, gli ormoni del buonumore, ed a favorire un buon sonno, tutti fattori che riducono la probabilità di incorrere in un attacco di panico.
Ma quali sport è meglio praticare per prevenire o ridurre gli attacchi di panico?
Non è necessario dedicarsi a sport che prevedono un alto impatto, anzi, per cominciare basta semplicemente fare un po' di stretching alzandosi di tanto in tanto e allungando i muscoli.
Camminare, inizialmente per pochi metri, può darvi il là per iniziare a muovervi come anche andare in bicicletta, ma sempre cominciando in modo soft.
Basta scegliere un'attività che piace, anche andare a ballare va benissimo, praticare basket o yoga. Lo yoga è ideale per combattere gli attacchi di panico proprio perchè aiuta a controllare la respirazione e a rilassarsi.
Il nuoto può essere un buon metodo per combattere gli attacchi, anche se più intenso rispetto alla camminata o allo yoga, può comunque essere eseguito in modo lento trovando un proprio ritmo.
Lo jogging è insieme allo yoga uno dei metodi anti panico per eccellenza. Già il solo fatto di praticarlo all'aperto, alla luce, è un toccasana per chi soffre di disturbi d'ansia.
Per iniziare si può cominciare con un'attività da praticare nel tempo libero, magari nel fine settimana, un'escursione, una gita in bicicletta, una piccola corsetta in mezzo alla natura e poi con l'allenamento e l'abitudine queste attività possono anche essere estese ai giorni infrasettimanali, magari dopo il lavoro o la mattina appena svegli.

Giusy Capozzi 

 

mercoledì 25 novembre 2015

Attacchi di panico con la psicologa. Milano in testa

Combattere gli attacchi di panico, prima che diventino un problema, avvalendosi di una psicologa. Milano, una città prolifica per le professionalità esistenti.

 Troppe preoccupazioni, stress eccessivo, poco tempo a disposizione e incapacità di gestione delle emozioni, possono creare nei soggetti più sensibili stati di ansia che, se non arginati, possono portare agli attacchi di panico e, quindi, a vere e proprie patologie.
• Attacchi di panico – numeri e soluzioni
Recentemente, poiché il tenore di vita di ognuno di noi diventa sempre più stressante e con ritmi sempre più densi, i casi di attacchi di panico sono esponenzialmente aumentati. L’Italia non è esente da questo fenomeno negativo e, soprattutto, nelle città più urbanizzate si sono registrate molte richieste ai aiuto agli esperti: uno psicologo ha in media 5 pazienti che soffrono di attacchi di panico. La figura maggiormente scelta dagli italiani per la risoluzione di questi problemi è quella della psicologa; Milano sembra essere, insieme a Roma, la città in cui vi sono più studi specializzati che offrono soluzioni personalizzate.

• Cosa sono gli attacchi di panico e quali sono le cause?
Gli attacchi di panico sono episodi improvvisi che si sviluppano senza motivo apparente. Provocano reazioni psicologiche ma, soprattutto, fisiche che possono generalmente spaventare il soggetto che può pensare non solo di aver perso il controllo, ma anche di avere un infarto in corso o di essere, addirittura, prossimo alla morte. È opportuno distinguere gli episodi isolati di attacchi di panico da un disturbo cronico e, quindi, in grado di invalidare la quotidianità del soggetto.
Le cause non si conoscono con certezza e variano da persona a persona. Tuttavia tre sono i fattori che, tendenzialmente, possono incidere: la genetica, il malfunzionamento di specifiche aree del cervello e lo stress eccessivo.

• Quali sono i sintomi degli attacchi di panico?
Solitamente i sintomi, come le cause, variano da soggetto a soggetto: talvolta un solo soggetto può avere un solo sintomo, oppure a fasi alterne anche più di uno.
I principali sintomi, sostanzialmente, sono: sudorazione eccessiva e improvvisa, battito cardiaco accelerato, tremore, iperventilazione, respiro corto, brividi, nausea, dolore cardiaco e crampi addominali.
È molto difficile comprendere la portata e la gravità di ciascuna manifestazione, durante un attacco di panico. Ma, nel caso in cui doveste riconoscere uno di questi campanelli di allarme, vi consigliamo di rivolgervi a uno specialista poiché trascurare una patologia di questa portata, può indurre chiunque a degenerare sino ad avere bisogno non solo di efficaci – ma blande - tecniche di rilassamento, ma anche un trattamento psicoterapeutico e farmacologico indispensabile.

Link:

Comunicati-Stampa.Net 

giovedì 12 novembre 2015

Ansia: 7 consigli per gestire un attacco di panico

Il centesimo attacco di panico è come il primo. E cioè non importa quante volte abbiamo sperimentato i sintomi odiosi - dolore al petto, pelle arrossata, batticuore e respiro difficoltoso: non appena si palesano, immediatamente temiamo di dover correre al pronto soccorso per un infarto o una crisi respiratoria. Insomma, sembra quasi impossibile fare tesoro dell'esperienza sugli attacchi di ansia.
E invece, quando tutto è finito e torniamo razionali, scopriamo ancora una volta che non siamo morti né abbiamo avuto bisogno del medico. Il passo successivo è cominciare a mettere in pratica delle mosse che ci aiuteranno a superare il prossimo attacco senza soccombere al terrore.
Ecco i passi da mettere in pratica. Non serviranno a fermare l'ansia, ma a gestirla nel modo migliore.
 


1. Accetta l'attacco di panico
E' impossibile fermare l'ansia con la forza di volontà. Quello che invece possiamo imparare è riconoscere i segnali dell'ansia. Dite a voi stessi: "Sto avendo un attacco".


2. Prendi nota
Una volta compreso che state avendo un attacco di ansia, prendete carta e penna e scrivete quello che state provando a livello fisico ed emotivo. Cercate di evitare pensieri catastrofici come "morirò", "sono solo e nessuno può aiutarmi", "potrei svenire". Annotare le sensazioni aiuta proprio a prevenire questi pensieri.


3. Respira
Il respiro corto è tipico dell'attacco di ansia. Cercate allora di respirare con la pancia. Allenatevi quando state bene così poi riuscirà più semplice.


4. Rilassati

Durante un attacco di ansia alcune parti del corpo si contraggono (mani, piedi, collo). Cercate di rilassare quelle parti.


5. Parla a te stesso
Una volta accettato il fatto che avete un attacco di panico, parlate a voce alta con voi stessi e dite: "Ho un attacco di panico". Oppure: "Non sverrò perché la mia pressione si sta alzando e mi terrà in piedi". O altre frasi che abbiano un potere rilassante.


6. Ritorna al presente
E' molto difficile tornare nei luoghi dove si è sperimentato un attacco di panico, ma cercate di farlo. Un po' alla volta.


7. Cerca aiuto

Molto spesso l'attacco di ansia è soltanto psicologico e non vi sono problemi di salute sottostanti. Consultate un cardiologo per essere rassicurati - soprattutto se temete l'infarto e poi consultate uno psicoterapeuta che vi aiuterà a superare il problema con l'ansia. 


L' Huffington Post.it 

giovedì 5 novembre 2015

Amore vero o dipendenza d'amore?

Nella dipendenza affettiva, ciò che viene sperimentato come amore diventa una droga

Cos'ė l'amore?

L’amore rappresenta il bisogno e la capacità di trascendere noi stessi e, insieme ad un altro, creare una realtà nuova. A volte, però, questo delicato equilibrio si altera creando una frattura tra il dare e il ricevere, tra il proprio confine e lo spazio condiviso. Se ciò accade, l'amore può trasformarsi da un'occasione di crescita e arricchimento ad una gabbia di dolore.
Questo è quello che succede quando si entra in una dipendenza affettiva.
Ė però d’obbligo una premessa quando si parla di dipendenza affettiva: ognuno di noi è dipendente in qualche misura dagli altri, ognuno di noi ha bisogno di approvazione, di empatia, di conferme e ammirazione da parte degli altri per sostenerci e per regolare la nostra autostima.
Dunque, la dipendenza affettiva è una forma di amore negativo caratterizzata da assenza cronica di reciprocità nella vita affettiva nelle sue manifestazioni di coppia, in cui un individuo, “donatore d'amore a senso unico”, vede nel legame con l'altra persona, l'unico scopo della propria esistenza e il riempimento dei propri vuoti affettivi, creando malessere psicologico e/o fisico, piuttosto che benessere e serenità, come dovrebbe essere.
L'amore nasce dall'incontro di due unità, non di due metà. Solo se si percepisce nella sua completezza è possibile donarsi senza annullarsi, senza perdersi nell'altro. Chi è affetto da dipendenza affettiva, non essendo autonomo, non riesce a vivere l'amore nella sua profondità e intimità.
La paura dell'abbandono, della separazione, della solitudine generano un costante stato di tensione e i propri bisogni e desideri individuali vengono negati e annullati sfociando in una relazione simbiotica. La dipendenza affettiva, diversamente da quanto a volte si manifesta all'evidenza, non è un fenomeno che riguarda una sola persona, ma è una dinamica a due.
A volte il partner del “dipendente affettivo” è un soggetto problematico, che maschera la propria dipendenza affettiva con una dipendenza da droga, alcol o gioco d'azzardo. In questo caso i problemi del compagno diventano la giustificazione per dedicarsi interamente all'altro bisognoso, non prendendosi il rischio di condurre un'esistenza per sé. Altre volte la persona amata è rifiutante, sfuggente o irraggiungibile, per esempio sposata o non interessata alla relazione. In entrambi i casi quello che seduce è la lotta: la dipendenza si alimenta del desiderio di essere amati proprio da chi non ci ricambia in modo soddisfacente, e cresce in proporzione al rifiuto.
La persona che ha una dipendenza affettiva di solito soffoca ogni desiderio e interesse individuale per occuparsi dell'altro, ma inevitabilmente viene delusa e il suo amore prende anche la forma del risentimento. Allo stesso tempo non riesce ad interrompere la relazione, amando troppo e non rendendosi conto che questo comportamento distrugge l'amore che richiede invece autonomia e reciprocità.
L'amore diventa quindi come una droga.
I sintomi più rilevanti per riconoscere questo problema possono essere: gelosia, vergogna, senso di inferiorità e rabbia nei confronti del partner, annullamento di sé, abbassamento dell’autostima e paura di solitudine, terrore dei cambiamenti, paura della lontananza e dell' abbandono, come della separazione.
In realtà, i sintomi possono essere ben più complessi e comprendono anche l’idealizzazione del partner, sottomissione caratteriale, tendenza ad assumersi colpe, bisogno di controllo nei confronti della persona amata, ansia ed attacchi di panico, pensiero ossessivo della perdita della dolce metà.
Cosa si può fare se si pensa di soffrire di dipendenza affettiva o se pensiamo che qualche nostro caro ne soffra?
Il primo passo verso il superamento del problema è riconoscere di avere un problema. Poi, si deve chiedere aiuto. Ė essenziale porre la propria salute e il proprio benessere come priorità su tutto il resto. La guarigione dalla dipendenza affettiva non prevede sempre l’allontanamento dalla persona che crea dipendenza, ma l’acquisizione dell’autonomia affettiva che manca, in modo tale che si creino dei rapporti realmente desiderati, sani, produttivi e non portati avanti soltanto per il pensiero di non poter esistere senza di essi. 

 Come scrive Robin Norwood, in "Donne che amano troppo": "Quando essere innamorate significa soffrire, stiamo amando troppo".

  ernestina fiore
Targatocn.it 

giovedì 29 ottobre 2015

Turchese per l'ansia e viola contro gli attacchi di panico, il colore che cura

Roma, 23 ott. -(AdnKronos) - Da ciò che si mangia al trucco, dagli elementi d'arredo allo sfondo del pc, dalle sfumature del mare ai verdi del bosco, dai riflessi del cristallo al muro di casa, dagli abiti al sole che ogni giorno porta luce nelle nostre vite. "Tutto intorno a noi è colore e influenza i nostri stati emotivi. Senza colore (buio) - spiega Sara Cicolani, esperta di cromoterapia emozionale - è stato accertato che il nostro umore peggiora notevolmente. Ci sono numerosi studi che dimostrano la connessione tra stati depressivi e chi lavora senza luce o tra chi indossa occhiali scuri da sole per troppe ore al giorno. Dato che il colore influenza notevolmente i nostri stati emotivi - spiega Cicolani -basterebbe veramente poco per essere sempre con una giusta dose di buon umore nonostante le mille peripezie che la vita quotidiana ci impone".


Possiamo infatti sfruttare i vari effetti che, a nostra insaputa, il colore ha sui nostri stati d'animo. "Ci sono dei colori che ci aiutano moltissimo a cambiare in poco il nostro umore e sono i cosiddetti colori caldi: giallo, oro, arancio". Ma in realtà ogni moderno malessere sembra avere un colore 'curativo'.

"Altri colori - spiega Cicolani - ci aiutano a metterci in contatto con le nostre discordanze emozionali quotidiane così tipiche di questo periodo storico tra cui la paura di non essere amati, la fame d'amore (rosa/cristallo); gli sbalzi d'umore (oro); il senso d'inadeguatezza (porpora); il sentirsi scarichi e senza energie (verde luminoso); l'ansia (turchese); avere mille paure (celeste acqua); essere facilmente manipolabili (viola scuro), essere freddi, distaccati e intolleranti (mix di viola scuro, rosso, rosa, verde); l'inclinazione a rimandare in continuazione (rosso ambrato); il senso di frustrazione (arancio chiaro); gli attacchi di panico (viola scuro, celeste acqua, oro, cristallo)".

Se invece vogliamo eliminare tutti i troppi pensieri che ci rovinano le giornate "basterà usare le tonalità del blu 'annacquato', blu chiaro, celeste acqua, turchese, azzurro.... Insomma blu non troppo scuro perché altrimenti ci deprimiamo".

E ancora, grigio per disintossicarsi dal mondo; arancio chiaro se ci si sente frustrati; verde mare contro le reazioni violente e negative; rosso ambrato per combattere l'indecisione; blu contro il mal di testa.

Se poi volessimo creare all'interno della nostra casa una stanza della meditazione"tutte le tonalità del viola e l'oro aiutano le attività meditative - spiega Cicolani - e il riconnetterci con il nostro lato spirituale". Tutti i toni del viola "dal viola scuro al porpora per la meditazione trascendentale, mentre l'oro se ci interessa una meditazione meno introspettiva e più proiettata verso l'esterno".
Focus.it