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sabato 14 dicembre 2019

L’immensa paura che colpisce 1 donna su 10 la Tocofobia


L’immensa paura che colpisce 1 donna su 10 ha un nome ed è relativa alla paura del parto e del rimanere incinta| La Tocofobia: ne è affetta un numero consistente di donne in stato interessante, come si sviluppa e come rimediare

La nascita di un figlio è un evento, per le donne, importantissimo, l’unico che davvero cambierà la vita per sempre. Il passaggio da essere una cosa sola a due è un qualcosa di meraviglioso che accompagna la donna per il resto della sua vita e che non si può spiegare se non ci si passa. Si dice, quando una donna è incinta, essere in stato interessante o in dolce attesa. E di questo ne siamo sicure ma, per molte donne, l’attesa, o meglio, il parto, può diventare un ostacolo insormontabile, una vera e propria fobia che gli psicologi chiamano con il nome di Tocofobia! Ne è affetta una fetta consistente di donne in gravidanza e, spesso, non si conoscono le cause o i sintomi, o il perché questa fobia arrivi! Infatti, la tocofobia è spesso un problema sotto-diagnosticato e può non giungere all’attenzione del medico; in realtà, questa condizione è sorprendentemente comune e si stima che colpisca 1 donna su 10.

Scopriamo dunque, anzitutto cos’è, come comportarsi con essa riconoscendone i sintomi e come uscirne. Perché, alla fine di tutto, la ricompensa è abbracciare una nuova vita, vostro figlio!

Tocofobia | La paura del parto, cos’è?

Come abbiamo accennato, la gravidanza è un evento magico per molte donne e nonostante molte vivano questa condizione come un momento di gioia e come un’occasione per festeggiare, per molte altre la gravidanza e il parto sono fonte di ansia, oppure possono scatenare un mix di sensazioni. Per altre, questi eventi celano un vero terrore non solo di partorire, ma anche di rimanere incinte. Questo fenomeno è conosciuto come tocofobia.

Questa patologica paura condiziona molte donne, che eviteranno di rimanere incinte per il terrore che scatena in loro l’idea di affrontare una gravidanza e, in particolare, un parto. Nulla a che vedere con la fobia di essere madri, pur pianificando il cesareo dal principio per evitare il parto vaginale. In qualche caso, questo disturbo fobico è conseguenza delle implicazioni psicologiche e sociali correlate alla nascita di un bambino. Altre volte, la tocofobia può dipendere dall’idea di non riuscire a sopportare il dolore del travaglio.

La paura del parto può essere influenzata da esperienze traumatiche del passato (manovre ostetriche invasive, distacco placentare, taglio cesareo d’emergenza, aborti o gravidanze extra-uterine ecc.) e dall’ascolto di testimonianze di nascite difficili o complicate.

Di cosa ha paura la donna che soffre di Tocofobia

Nello specifico, la donna che soffre di tocofobia può avere paura ed essere terrorizzata da:

Travaglio e dolore ad esso associato: in qualche caso, la paura del parto è influenzata dall’idea di soffrire o riportare lesioni al tratto genitale; altre volte, questa forma di fobia è scatenata dal pensiero di ferire il bambino o provocarne addirittura la morte;

Dall’evento nascita vero e proprio: alcune donne sono terrorizzate dalla venuta al mondo di un bambino, fino ad arrivare ad evitarla, nonostante abbiano il desiderio di diventare madri. In tal caso, la tocofobia può essere enfatizzata dalle implicazioni psicologiche e sociali che conseguono alla nascita di un figlio.

Le donne che hanno paura di partorire naturalmente sono convinte di non riuscire ad affrontare i dolori del travaglio e/o di morire durante il parto.

Il riconoscimento della tocofobia e la stretta collaborazione tra le figure che assistono la gestante nel corso dei nove mesi di gravidanza (ostetrici, ginecologi e altri medici specialisti) contribuiscono a ridurne la gravità ed a garantire un trattamento efficace.

I sintomi della Tocofobia nelle donne

La paura del parto (tacofobia) può avere effetti negativi che vanno ben al di là del parto in sé. Così, richiedendo un cesareo programmato aumentano anche le probabilità che il parto si trasformi in un evento traumatico, così come la possibilità che insorgano problemi nel legame tra madre e figlio. La tocofobia è un disturbo d’ansia che condizione inevitabilmente la vita di chi ne soffre. Ciò che differenzia il disturbo fobico dalle solite angosce sperimentate dalle future mamme (che sono normali pensieri durante l’ultimo trimestre di gravidanza) è l’entità con cui si manifesta la paura del parto: alcune donne pensano che moriranno, altre immaginano un dolore insopportabile. La tocofobia è, dunque, una paura estrema.

Sintomi più comuni sono:

il disturbo del sonno,

gli attacchi di panico,

comportamenti elusivi,

ansia e depressione

l’idea di un bambino che cresce al loro interno risulta, per queste donne, profondamente inquietante.

la tocofobia può indurre la donna a sentirsi dissociata dal suo corpo durante l’esperienza del parto.

paura del parto per via vaginale

Difficoltà a concentrarsi sul lavoro o sulle attività quotidiane;

Incubi;

Pianto;

Svalutazione o riduzione dell’autostima;

Agitazione e nervosismo

Due forme diverse di Tocofobia

Esistono, all’interno della patologia, due forme diverse di tocofobia. Quella primaria e quella secondaria.

La tocofobia primaria

Si verifica nelle donne che affrontano il loro primo parto. In genere, la paura del parto è presente ancor prima del concepimento e può comportare la rinuncia a diventare genitore. È una paura particolarmente comune nelle donne, nelle adolescenti o nelle bambine che hanno subito abusi sessuali. A tal proposito, possono scatenarsi sintomi durante gli esami medici legati alla gravidanza a causa dell’insorgere di flashback relativi al trauma scatenante.

La tocofobia primaria può essere:

Sintomo di una depressione in corso;

Conseguenza di abusi sessuali subiti durante l’infanzia

 

La tocofobia secondaria

Si manifesta nelle donne che sono (state) già madri o che hanno vissuto una precedente gravidanza senza sintomi del problema. Può manifestarsi a seguito di un precedente parto traumatico, di cure per la fertilità non andate a buon fine, aborti spontanei, morte del feto, e nelle donne che non hanno mai partorito naturalmente per via vaginale.

In altri casi di tocofobia, il parto è stato regolare, ma viene percepito dalla donna come una violenza al suo corpo, tanto da portare ad un disturbo da stress post-traumatico, con conseguenze di depressione post-parto.

La tocofobia secondaria può presentarsi anche in seguito al rifiuto di poter scegliere la modalità di espletare il parto (es. con taglio cesareo o, se naturale, con anestesia peridurale).

Quali sono le cause dell’insorgenza della patologia?

Una delle possibili cause dell’insorgenza della patologie nelle donne incinte è la testimonianza trasmessa: cioè, la narrazione di parti particolarmente dolorosi. Sono state annoverate possibili cause come la precedenza esistenza di disturbi quali l’ansia o la depressione.

In generale, in tutti i casi compare una paura irrazionale di non saper gestire adeguatamente il dolore, perdita di controllo, mancanza di fiducia nel personale medico e un terrore esagerato per la propria vita o per quella del nascituro.

La tocofobia interessa molte donne che affrontano da sole l’imbarazzo e il parto. Si stima un’incidenza che oscilla tra il 2% e il 15% delle donne affette da tocofobia, 1 donna su 10 ne è affetta. La tocofobia colpisce un numero limitato di persone e va ben oltre le normali preoccupazioni che possono scaturire in una fase così importante come l’arrivo di un bambino. Ciononostante, in caso di timori irrazionali associati alla tocofobia, conviene affidarsi a un professionista per poter gestire i sintomi e affrontare in modo sano e positivo la gravidanza e il parto.

L’aspetto particolare è che questa fobia non è esclusiva delle donne. Anche molti uomini ne soffrono. Si sentono profondamente agitati dinnanzi all’incertezza del decorso della gravidanza e del parto delle proprie compagne. Questi uomini temono il momento del parto e cosa potrebbe succedere alla propria partner e al loro futuro figlio.

Conseguenze della Patologia

La tocofobia può avere gravi effetti negativi a breve ed a lungo termine (durante i 9 mesi di gravidanza e  anche dopo il parto), sia sulla futura mamma, che sul bambino.

Lo stato ansioso della madre può ripercuotersi al momento del travaglio prolungandolo ulteriormente. Dopo il parto, invece, la donna può percepire il proprio corpo come un fallimento per aver reso necessaria un’episiotomia o manifestare conseguenze come l’incontinenza fecale o il prolasso esacerbato da un parto strumentale.

In mancanza di un percorso terapeutico che permetta di superare il disturbo, inoltre, la tocofobia potrebbe:

Presentarsi con caratteristiche peggiori nelle gestazioni successive;

Condizionare le donne al punto da spingerle ad evitare una gravidanza, rinunciando quindi ad avere un bambino desiderato, mediante:

L’adozione di una contraccezione rigida;

L’astensione dai rapporti sessuali;

La richiesta di una sterilizzazione permanente, come l’isterectomia.

La tocofobia può avere, quindi, un impatto negativo sul rapporto coniugale e familiare.

Come uscirne | Il trattamento terapeutico giusto

La psicoterapia e la terapia cognitivo-comportamentale sembrano funzionare bene in questi casi. La diagnosi precoce è fondamentale per comprendere i motivi alla base del proprio disagio ed inquadrare il problema all’interno della storia di vita della paziente, identificandone il significato e quantificandone la portata, quindi offrendo una possibilità di intervento adeguato.

Il corretto riconoscimento e la gestione della tocofobia con un percorso di psicoterapia permette di dare alla paziente la possibilità di affrontare e superare il problema. Mentre, la mancanza del trattamento predispone, invece, chi soffre di questa fobia al rischio di continuare ad evitare di intraprendere altre gravidanze, necessitare di un parto cesareo programmato ecc.

La terapia conglitivo-comportamentale è un  percorso insegna al soggetto ad affrontare e gestire i pensieri negativi e limitanti associati alla propria paura, attraverso l’esposizione graduale agli stimoli fobici. In questo modo, la persona affetta dal disturbo viene esposto alle situazioni temute con la possibilità di apprendere delle tecniche di autocontrollo capaci di ridurre l’ansia e la paura. A seconda della gravità del quadro clinico, poi, possono essere indicate altre diverse opzioni terapeutiche e tecniche di rilassamento (quali training autogeno, esercizi di respirazione, yoga, rilassamento progressivo ecc.), anche in combinazione tra loro.

In qualunque caso, gli studi eseguiti sull’efficacia di questi trattamenti sono scarsi, sebbene sembrino essere prova di una notevole diminuzione della paura nei pazienti, prima e dopo il parto. La medicina, oggigiorno, suggerisce un intervento con approccio multidisciplinare, che preveda un sostegno psicologico e ostetrico.

La mancanza di una corretta preparazione al parto, può contribuire ad accentuare la gravità della tocofobia. Quando esistono dei fattori che possono predisporre all’insorgenza del problema, quindi, è importante agire a livello di prevenzione, dedicando tempo alla comunicazione, soprattutto per quanto concerne l’esperienza della nascita del proprio bambino. In questo senso, frequentare un  corso di preparazione al parto può essere utile a ridurre l’ansia.

Il riconoscimento del disturbo nel primo trimestre di gravidanza è sufficiente, nella maggior parte dei casi, per intervenire con un breve periodo di psicoterapia, per sciogliere i conflitti interiori correlati al vissuto. Questo percorso ha l’obiettivo di indurre la paziente a razionalizzare la propria fobia, cercando di concentrarsi sulla possibilità di reagire ai pensieri ansiogeni e affrontare, così, il parto con serenità.



(Fonte: Mypersonaltrainer)

Dal Sito: chedonna.it 


mercoledì 17 luglio 2019

È ORA DI PARLARNE


A gennaio sono rimasta incinta…dapprima niente poi verso marzo le nausee e la difficoltà a bere acqua…ma fino a qui tutto nella norma. Mio marito mi dice che non sono particolarmente felice della mia gravidanza…a maggio mi sento svenire e inizio a pensare ripetutamente che potrebbe accadere di nuovo, a giugno infatti succede ancora e sono sempre più spaventata. Inoltre alcuni miei pensieri diventano ricorrenti, pensieri brutti come sentirmi male, svenire, pensieri che condizionano la mia vita, non vado più al mare da sola, non prendo più l’auto…passano i mesi e le cose peggiorano, sono preoccupata per la ferritina che continua a scendere, sono preoccupata di tutto…perdo i miei interessi e il gusto nel mangiare, eppure non ho più le nausee, perdo persino la parola, il sonno e trovo difficoltà ad organizzare il pranzo e la cena, le idee sono confuse e non mi sento più io.

Ormai sono un contenitore, il mio unico segno di vita viene dal pancione: è mio figlio che punta i piedini e spesso singhiozza. Per il resto mi sento morta e invidio tutti gli altri che vivono, parlano…

…chiamo la mia psichiatra e mi prescrive cipralex. Mio marito è preoccupato per il bambino, io non so come andare avanti, giorno e notte sono uguali per me. So di non potermi curare veramente perché i farmaci farebbero male a “lui” ma io non sto bene e mi chiedo come potrò accudirlo…passano i mesi e spero ogni giorno che questo male mi abbandoni invece no.

Arriva il giorno del parto e sono lucida, faccio tutto il travaglio a casa poi in sala parto esce il bambino in un’ora. Almeno in questo sono stata capace. Passo i tre giorni in ospedale sperando che qualcuno si renda conto che sto male invece mi trattano come fossi “normale”. Solo mia madre si rende conto del problema e mi assiste tutto il tempo che può, mi lava, mi dà speranza…

…finalmente torno dalla mia psichiatra e vengo ricoverata in una clinica psichiatrica, devono assicurarsi che io non compia gesti estremi. Sì, perché ho iniziato a soppesare anche l’idea del suicidio. Mia mamma è con me, mi fa mangiare, mi spinge a prendermi cura di me. Mio figlio è a casa con mio marito ed i miei suoceri, so che è in buone mani perché io non sono capace di accudirlo, non riesco neanche per me stessa…

Esco dalla clinica e sto ancora male, dovranno passare altri tre mesi prima che la cura farmacologia faccia i primi effetti. Arriva Natale e sto così così, a gennaio trovo una valida psicoterapeuta, nel giro di poche settimane mi torna la parola e faccio la mia prima uscita: una pizza in compagnia, la seconda per vedere il presepe vivente con mio figlio e mio marito.

Vorrei tornare a lavoro…Per fortuna ho avuto il congedo per la maternità altrimenti dove sarei andata in quelle condizioni?

Sì, perché c’è anche il lavoro da portare avanti oltre che la famiglia. Ad agosto sono stata convocata per scegliere la destinazione dei miei primi anni di contratto a tempo indeterminato, dovrei svolgere l’anno di prova ma se ne parla l’anno scolastico prossimo e spero di uscire da questo vortice. Alla convocazione molti sono felici perché vedono realizzarsi il sogno di una vita io invece vorrei rimandare tutto a quando riuscirò ad apprezzarlo e invece non si può perché la vita va avanti che io lo voglia o no.

Comunque arriva febbraio ed io sto abbastanza bene, la terapia funziona e mi sembra un miracolo anche se ci sono alcuni effetti collaterali e alcuni sintomi residui di quella bestia di depressione.

Ho la macchina nuova e sono soddisfatta, con qualche timore a marzo torno a lavoro, ci sono ancora alcuni sintomi da eliminare, la terapia va integrata. A scuola non mi sento più un’aliena e non provo più invidia per le persone “normali”.

È luglio, ho ottenuto il trasferimento presso quella che considero “la mia scuola”, finalmente mi godo le feste, ho ritrovato il piacere di mangiare, di leggere un buon libro e di passeggiare sul lungomare con il mio bambino. Adoro il suo sorriso, vorrei essergli accanto sempre e vederlo crescere, vorrei essere sempre presente per lui e soprattutto “funzionante”.

La Dottoressa è stata chiara: non ci sono garanzie che ciò che mi è capitato non possa accadermi di nuovo, però la terapia che sto facendo è una buona forma di prevenzione.

Con qualche collega e qualche amica ho parlato di questo disturbo, qualcuno ha capito qualcun’altro lo ha sottovalutato. Nel ricordo di quanto accaduto mi godo ogni momento perché ho riscoperto tutti i piaceri più semplici della vita.

Ogni tanto temo una ricaduta o che mio figlio possa vivere un’esperienza simile – avrà base genetica questo disturbo? – però una piccola parte di me è tornata a pensare al futuro e a fare progetti ed è fiduciosa, dovesse ricapitare avrei la pazienza di aspettare che la terapia faccia effetto, perché è così, perché nessuno conosce bene la causa ma questi disturbi esistono e sinceramente sarebbe anche ora di parlarne.

Carla

Dal blog: La mia oasi



venerdì 28 aprile 2017

Attacchi di panico in gravidanza: cosa fare


Attacco di panico in gravidanza? Non sottovalutare mai il problema, soprattutto, nello stato in cui ti trovi. Ecco i rimedi per cercare di sconfiggere gli stati di ansia e di panico

Attacco di panico in gravidanza? Non sottovalutare mai il problema, soprattutto, nello stato in cui ti trovi. Ecco i rimedi per cercare di sconfiggere gli stati di ansia e di panico

Attacco di panico: cosa sono

L’attacco di panico è un disturbo d’ansia caratterizzato da ricorrenti attacchi di tremori, paura, brividi e stati di malessere che possono condurre anche a complicanze. Esso può condurre a significativi cambiamenti comportamentali; inoltre, non sempre è possibile prevederli adeguatamente, possono cogliere alla sprovvista. Di solito, i soggetti ansiosi e preoccupati sono quelli più a rischio di essere colpiti da un attacco imprevisto di timore, ansia e paura. Possono verificarsi ad ogni età ed ad ogni stato o condizione in cui si versa, compreso lo stato di gravidanza.

Attacco di panico in gravidanza: sintomi

Per chi è in stato di gravidanza, occorre attenzionare e monitorare i sintomi che si manifestano e possono cogliere all’improvviso:

Mancanza di respiro e iperventilazione

Palpitazioni o battito cardiaco accelerato

Dolore o fastidio al petto

Tremore o senso di agitazione

Sensazione di soffocamento

Sensazione di irrealtà o sensazione di essere staccati dall’ambiente intorno

sudorazione

Nausea o mal di stomaco

Sensazione di vertigini, senso di stordimento, o sensazione di svenimento

Intorpidimento o sensazione di formicolio

Vampate di calore o brividi di freddo

Paura di morire

Le donne in gravidanza che soffrono di questi disturbi di panico, mostrano una serie di intensi episodi di estrema ansia, i quali durano una decina di minuti ma possono arrivare anche a 20 minuti. I sintomi più comuni di un attacco includono battito cardiaco accelerato, sudorazione, vertigini, dispnea, e iperventilazione e pensieri di morte imminente, oltre al rischio e terrore di avere un aborto spontaneo.
Attacchi di panico in gravidanza: cause

Una donna di gravidanza può essere colpita alla sprovvista da un attacco di panico per diversi motivi riconducibili al fatto di essere già un soggetto stressato ed ansioso oppure dalle alterazioni ormonali che influenzano la regolazione delle emozioni, oltre a svolgere un importante ruolo nelle sensazioni fisiche. Il solo pensiero di diventare mamma può cagionare stress, il fatto di non sentirsi pronte o all’altezza di sapere badare al bambino, può influenzare lo stato emotivo e di stress della donna.

Attacchi di panico in gravidanza: ecco come fare

Come procedere a rimediare con gli attacchi di panico? Per prima cosa occorre imparare a riconoscere gli attacchi di panico e a procedere con esercizi di rilassamento e di respirazione profonda: esercizi di yoga, rilassamento muscolare ed iperventilazione consentono di alleviare lo stato d’ansia. Inoltre, è bene non sempre essere negativi ma pensare in maniera positiva, cogliendo anche i lati belli e felici della nascita del bambino è un buon rimedio per gestire lo stress ed alleviare le paure.

Rivolgersi ad uno psicoterapeuta che ci ascolti e ci consigli durante lo stato di gravidanza sicuramente è, nella maggioranza dei casi, una valida soluzione insieme alla riscoperta profonda degli affetti e sentimenti materni. Infine, anche il recarsi a visite e controlli in maniera costante è sicuramente un rimedio utilissimo per calmierare lo stato d’ansia ed il timore che qualcosa possa andare storto durante la gravidanza o all’indomani della nascita del bambino. Anche, il regime alimentare della futura mamma gioca un ruolo di prim’ordine dato che la stessa debba assumere tutti i principi e macro-nutrienti utili da assicurare al bambino ed a sé il giusto apporto calorico. Evitare di fumare, bere alcolici, assumere droghe e psicofarmaci.

Dal Sito: www.notizie.it