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giovedì 26 novembre 2020

SENSO DI COLPA: COS'È E COME GESTIRLO EFFICACEMENTE



Il senso di colpa è un'esperienza emotiva sgradevole che si prova quando si ritiene di aver trasgredito ad una norma morale facendo soffrire altre persone o negando loro il nostro aiuto.

E' considerato, infatti, un'emozione morale e sociale, perchè si basa su un confronto con gli altri e l'ambiente esterno.

E' la manifestazione dell'empatia, poichè solo un individuo capace di mettersi al posto degli altri, può immaginarne la sofferenza.

Si configura, perciò, come un'emozione sana perchè aiuta a rispettare gli obblighi della vita in società.

Quando però, il senso di colpa, diventa eccessivo e prolungato, incrementa il rischio di sviluppare patologie mentali come la depressione e l'ansia cronica.

Il meccanismo principale che innesca il senso di colpa persistente è rappresentato dal desiderio di conseguire un controllo onnipotente sugli eventi di vita. Ad esempio, una donna che minaccia il patner di suicidarsi qualora venga interrotta la loro relazione, cerca di colpevolizzare il partner manipolando la relazione e negando la libertà di scelta che ognuno dei due ha.

In questo modo, la donna acquisisce un potere illusorio di controllo sul partner che la rassicura rispetto ad una realtà per lei angosciante: l'impotenza di fronte alle decisioni altrui. Qualora il partner accetti, più o meno consapevolmente, questa manipolazione, può percepire a sua volta un vissuto di onnipotenza che induce, però, nella relazione una sensazione di coercizione la quale limita fortemente la libertà affettiva di entrambi e quindi la soddisfazione di coppia.

Proprio perchè il senso di colpa eccessivo offre l'illusione di poter eliminare l'angoscia dell'incertezza, l'individuo che lo sperimenta trova difficile moderarlo.

Per gestire efficacemente il senso di colpa è, quindi, essenziale aiutare l'individuo a prendere coscienza del senso di limite ed impotenza, intrinseco alla nostra condizione umana, lavorando sui seguenti punti:

1) Rinunciare alle proprie fantasie di onnipotenza e accettare che spetta agli altri attribuirsi le conseguenze delle propie azioni. Ciò equivale a restituire agli altri le responsabilità di ciò che fanno, dei loro pensieri ed eventualmente del loro malessere. Poichè tutti hanno la libertà di scegliere, non è possibile imputare la responsabilità delle loro scelte a qualcun altro. Il ricatto affettivo descritto nell'esempio precedente, pone in evidenza la deresponsabilizzazione della donna che tenta di attribuire al partner il peso di un'azione che potrebbe compiere lei e rispetto alla quale, è di fatto, la responsabile.

2) Accettare di vivere in un mondo in cui non possiamo controllare ogni cosa, un mondo in cui la nostra influenza è senza dubbio reale, ma limitata.

3) Potenziare l'intelligenza emotiva: le nostre emozioni dipendono dalle nostre valutazioni personali, quindi la causa di esse va ricercata in noi stessi. Ossia: l'evento che attiva la nostra reazione emotiva viene definito detonatore, mentre la causa è il nostro modo di interpretare questo evento. Ad esempio: un dipendente completa a fatica un documento richiesto dal capo, che però, si limita a dargli un'occhiata veloce. Il dipendente prova frustrazione. Il detonatore di questa emozione è senza dubbio, l'atteggiamento del capo, ma la causa della frustrazione è la valutazione che fa il dipendente circa la situazione: il suo bisogno di riconoscimento professionale non è stato soddisfatto, perciò prova frustrazione.

Questa distinzione tra causa e detonatore è fondamentale per chi desidera imparare a gestire le proprie emozioni, in particolare il senso di colpa.

Infatti, un gran numero di persone pensa di subire le proprie emozioni, perdendo tutto il potere su di loro. Al contrario, riappropriandosi della causa di ciò che si prova e lavorando sulle nostre interpretazioni degli eventi, è possibile imparare a gestire efficacemente le emozioni ed il senso di colpa.

In questo modo, si è consapevoli di avere la scelta di agire, anzichè limitarsi a reagire passivamente, giungendo così a restituire al senso di colpa la sua funzione di regolatore sociale e morale.

Un percorso di psicoterapia individuale può aiutare il soggetto sopraffatto dal senso di colpa a rinforzare la sua intelligenza emotiva ridimensionando il nucleo pervasivo del senso di colpa, identificato come uno dei principali meccanismi di innesco e mantenimento della depressione e dell'ansia.

Dal Sito: psicologionline

giovedì 25 giugno 2020

5 modi per liberarti dai sensi di colpa



Come puoi sbarazzarti dei sensi di colpa che spesso frenano o impediscono di farti raggiungere la tanto desiderata felicità?

Esistono 5 modi che possono aiutarti a lasciar andare i tuoi sensi di colpa.

1 – Eliminate le autocritiche distruttive

Per prima cosa dovete eliminare le autocritiche distruttive dai vostri pensieri e dalle vostre conversazioni. Dovere rifiutare in modo categorico ogni tipo di disapprovazione nei vostri confronti.

Allo stesso tempo non permettete agi altri di parlarvi in modo negativo. Se qualcuno vi critica, voi rispondete con molta calma: “Ti sarei grato se evitassi di parlarmi in questo modo, perché ciò che dici non è affatto vero”.

Il vostro subconscio assorbe di continuo informazioni le interiorizza trasformandole in vostre convinzioni. Se permettere a qualcuno di criticarvi e dire cose negative su di voi, il vostro subconscio finirà per accettarle come una valida informazione, rafforzando la vostra convinzione di inferiorità e il vostro senso di colpa.

2 – Rifiutatevi di biasimare gli altri

Dovete accettare la completa responsabilità della vostra vita di tutto quello su cui potete fare qualcosa.

Criticare e biasimare gli altri non fa altro che abbassare la vostra autostima e rafforzare il vostro senso di colpa.

3 – Impedite di farvi manipolare

Rifiutatevi di farvi manipolare dal comportamento degli altri che fa leva sul vostro senso di colpa.

Ogni volta che qualcuno fa o dice qualcosa per farvi sentire in colpa, e non vi opponete alle sue richieste, rafforzate il vostro senso di colpa e date il permesso a quella di persona di tornare a manipolarvi in futuro.

Dovete avere rispetto per i sentimenti e i bisogni degli altri, ma non dovete assolutamente sacrificare la vostra integrità emotiva.

4 – Rifiutatevi di discutere sulla colpa degli altri

Evitate sempre di spettegolare e parlare male degli altri. E, soprattutto, evitate di farvi coinvolgere da altri in questo tipo di discussioni.

Eliminate totalmente le dicerie e i pettegolezzi dalle vostre conversazioni. Dovete sempre tenere a mente che ogni cosa di cui parlate e a cui pensate, influenza il vostro subconscio e il vostro atteggiamento.

5 – Usate il Perdono per eliminare i sensi di colpa

Questo rappresenta il modo più potente ed efficace in assoluto. La pratica del perdono è, probabilmente, la tecnica più potente per costruire felicità, salute, abbondanza e relazioni perfette.

L’incapacità di perdonare si trova alla base della colpa, del risentimento e della maggior parte delle emozioni negative.

Essere arrabbiati con chi pensate vi abbia ferito è una delle cause principali delle malattie psicosomatiche.

Per la vostra massima realizzazione e liberare le vostre energie emotive, dovete assolutamente perdonare tutti coloro che vi hanno ferito in qualche modo. Dovete imparare a lasciar correre e allontanare la rabbia e il risentimento.

mercoledì 4 dicembre 2019

IL SENSO DI COLPA





Il senso di colpa è un’emozione complessa, cioè deriva dall’interazione dell’individuo con il mondo esterno. Si sviluppa a partire dall’età pre-scolare, quando comincia a delinearsi il tema della morale. La morale è l’insieme di valori secondo cui le persone distinguono ciò che è giusto da ciò che è sbagliato secondi principi religiosi, etici e giuridici.
Il senso di colpa ha una funzione ben specifica: serve per spingere l’individuo a mettere in atto comportamenti pro-sociali, a stimolare riflessioni sul comportamento adottato o che si vuole adottare, a spingere il soggetto a chiedere perdono o compiere gesti riparativi in caso di errore.

PENSARLO È COME FARLO

Di norma il senso di colpa ha a che fare con “ciò che si è fatto”, talvolta però si può provare un senso di colpa anche in relazione a “qualcosa che si è pensato”. Ad esempio, pensate di trovarvi in una situazione in cui un vostro collega vi fa tremendamente innervosire, potreste trovarvi ad avere pensieri crudeli su di lui ed il solo pensiero potrebbe farvi sentire in colpa. Avere un pensiero del tipo “gli vorrei tirare un calcio” non corrisponde al comportamento “dare un calcio”, tuttavia ci si potrebbe sentire in colpa ugualmente. I pensieri sono solo pensieri, ma per alcune menti il solo pensare di compiere un’azione corrisponde a compierla, cioè infrangere una regola morale. Avvenuto il pensiero si genera il senso di colpa. La regola implicita che sottostà a tutto ciò è “non lo devo nemmeno pensare, altrimenti sono una brutta persona”.

2 TIPI DI SENSI DI COLPA

Esistono 2 tipi di senso di colpa: il senso di colpa deontologico e quello di tipo altruistico (Mancini e Gangemi, 2006).
1. Il senso di colpa deontologico si prova quando si infrange una regola morale, religiosa, giuridica “non dovevo farlo”, “ non si deve fare”, “non è giusto”.
2. Il senso di colpa altruistico è di tipo interpersonale, ha a che fare con l’empatia e si prova quando si è commesso un atto che ha provocato sofferenza a qualcuno o quando non si è fatto nulla per impedire la sofferenza altrui. “E’ tutta colpa mia!”, “Potevo evitarlo…”.

Dove si trova il senso di colpa nel cervello?

Studi scientifici dimostrano come le due tipologie di senso di colpa siano del tutto differenti tra loro, avendo origine in aree cerebrali diverse (Basile, 2011). Il senso di colpa deontologico nasce a livello della corteccia cingolata, area connessa anche all’emozione di disgusto, mentre il senso di colpa altruistico è connesso alle aree della corteccia prefrontale implicate nell’empatia.
Quando il senso di colpa si fa consistente, il soggetto si trova continuamente a rimuginare sul passato. Il passato invade la mente ed occupa il presente e la sofferenza aumenta ed insorgono rimproveri auto-riferiti “è tutta colpa mia”.





COSA FARE?

In psicoterapia spesso si indaga il senso di colpa, si impara a riconoscere l’emozione negativa, comprendendola ed accettandola in tutte le sue parti, ci si sperimenta e ci si allena a sentirsi imperfetti e fragili. La netta distinzione tra giusto e sbagliato poco a poco assume anche qualche sfumatura, in particolare la persona impara a distinguere tra ciò che è “giusto per sé stessi” e ciò che è “sbagliato per sé stessi” e non tra ciò che è giusto/sbagliato in termini assolutistici. il rimuginio e le autoaccuse svaniscono.
La doverizzazione lascia il posto alla flessibilità: “devo farlo” diventa “preferirei/potrei fare…”, cioè la persona diviene protagonista delle sue scelte e non vittima passiva di uno schema rigido e severo che distingue le esperienze del mondo in bianco e nero, bensì si prendono in considerazione le sfumature di grigio.


Dott. ssa Camilla Pacassoni



Dal sito: 

thestrangesituation.it



domenica 14 aprile 2019

Manipolazione e senso di colpa: La tecnica preferita dalle persone che si offendono per tutto

Da bambini ci è stato insegnato a scusarci. Ci hanno detto che era un segno di buona educazione, ed è probabile che in più di un’occasione, durante la nostra infanzia, ci siamo scusati senza essere pienamente consapevoli di cosa avevamo fatto di male. Di conseguenza, dentro di noi cominciò a crescere il seme della colpa.


Ma se scopri che spesso ti scusi senza sapere bene perché, semplicemente perché sai che in qualche modo le tue parole, atteggiamenti o azioni hanno infastidito qualcuno, è probabile che questa persona ti stia manipolando emotivamente, facendo leva sul tuo senso di colpa.

Se ti chiedi spesso: cosa avrò fatto di sbagliato? In che modo l’avrò offeso? O ti scusi sempre con la stessa persona usando frasi come: “scusa se qualcosa che ho detto o fatto ti ha offeso”, probabilmente sei vittima di manipolazione.

Ed è anche probabile che dietro questa situazione ci sia una persona molto sensibile, che si offende per tutto ma cerca di incolpare gli altri. Questa persona di solito non sa gestire la differenza di opinioni o le critiche costruttive, quindi reagirà mettendosi sulla difensiva e cercando di minare la tua sicurezza.

I sottili segnali della manipolazione emotiva basata sul senso di colpa

– Punti sensibili. Ci sono persone che si arrabbiano ogni volta che tocchiamo determinati argomenti, punti sensibili che, indipendentemente da come li affrontiamo, generano sempre un’intensa risposta emotiva. Naturalmente, ci sono momenti in cui la cosa più saggia da fare è non toccare questi tasti, ma se le conseguenze ci riguardano direttamente, allora non avremo altra scelta che affrontare il problema o correremo il rischio che si trasformi in un “elefante in una stanza” terminando per generare una situazione di tensione che colpisce tutti. In questi casi, dobbiamo essere consapevoli che non siamo stati noi a provocare l’ira, l’altra persona si è arrabbiata perché non è in grado di affrontare determinate situazioni.

– Farti sentire male. Le strategie per farti sentire male possono essere molto diverse. Ci sono quelli che possono smettere di parlarti come punizione, evitando la tua presenza e/o rispondendo con monosillabi. Altri possono attaccarti direttamente, sostenendo che li hai fatti sentire male con le tue parole o azioni. Non c’è dubbio che tutti siano liberi di esprimere le proprie opinioni e sentimenti. In realtà, non c’è niente di sbagliato nel ricevere un feedback, sempre che l’obiettivo non sia quello di manipolarti per farti scusare facendoti sentire una cattiva persona.

– Rifiutarsi di affrontare il problema. Alcune persone, quando si sentono ferite, rifiutano di affrontare il problema. In alcuni casi è conveniente lasciare loro lo spazio di cui hanno bisogno per elaborare l’accaduto, ma altre volte è semplicemente una strategia per farti sentire in colpa. In pratica, rifiutandosi di parlare del problema diventano la tua vittima. Quando chiudono le vie del dialogo e della soluzione si condannano al ruolo di martire, facendoti assumere il ruolo del boia così che ti senti perennemente colpevole. Queste persone pretendono una “resa totale” e alle loro condizioni, non smetteranno finché non ti assumerai tutte le responsabilità per quello che è successo, anche se non ti appartengono.

– Minare la fiducia in te stesso. A volte, quando una persona si sente sopraffatta, reagisce mettendosi sulla difensiva e attaccando. È una reazione normale. Ma se ti trovi spesso in questa situazione e qualcuno ti attacca per farti sentire colpevole o inferiore, nel fondo quella persona sta cercando di manipolarti per ottenere il controllo facendoti sentire male, minando la tua sicurezza e la tua autostima.

Per offendere qualcuno si deve essere in due

Diamo per scontato che quando qualcuno si sente offeso, la colpa è nostra. L’abbiamo offeso con le nostre parole, atteggiamenti e/o comportamenti. In realtà, è vero solo in parte. Ogni offesa implica l’esistenza di “punti sensibili” nell’altro. Pertanto, ciò che può essere un’offesa per alcune persone, per altri non lo è.

Questo non ci scusa. Non dobbiamo diventare dei kamikaze della verità, dicendo la prima cosa che ci viene in mente pensando che l’altro dovrebbe elaborarla nel migliore dei modi. In ogni conflitto ci sono sempre due parti, quindi non è giusto attribuire la responsabilità solo a una di esse per farla sentire colpevole.

Siamo responsabili delle nostre parole, ma non di quello che intendono gli altri. Dobbiamo sforzarci di trasmettere il nostro messaggio nel miglior modo possibile, ma non siamo responsabili dei “punti sensibili” degli altri e, soprattutto, non siamo obbligati a tacere quando qualcosa ci riguarda direttamente solo perché l’altra persona è molto suscettibile. Dopo tutto, chi “troppo ingoia alla fine si strozza”.

Certo, il problema si presenta quando chi cerca di manipolarti è qualcuno che ti sta vicino, qualcuno importante di cui ti fidi. È difficile cadere nella rete della manipolazione di uno sconosciuto, ma quando ci sono di mezzo i sentimenti è più facile cedere. Se vedi che le tue parole possono aver ferito una persona che ami, è probabile che il tuo primo impulso sia quello di scusarti, anche se non sai bene perché.

Tuttavia, in questo modo perdi un’opportunità preziosa perché la vostra relazione cresca e, invece, contribuisci alla manipolazione e ai comportamenti infantili che finiscono per logorare qualsiasi tipo di relazione.

Le scuse devono essere un atto consapevole di assunzione della nostra responsabilità, né più né meno

Ci saranno stati dei momenti in cui sicuramente avremo sbagliato e ferito qualcuno, e abbiamo dovuto scusarci assumendo la nostra parte di responsabilità. Ma ci sono anche delle situazioni in cui non dobbiamo assumerci la responsabilità per la suscettibilità degli altri, se siamo sicuri di essere fedeli alla nostra essenza e di esprimerci nel modo più assertivo possibile.

Khalil Gibran disse: “un uomo deve essere abbastanza grande da ammettere i suoi errori, abbastanza intelligente da approfittarne e abbastanza forte da correggerli”. Questo significa che chiedere scusa deve sempre essere un atto consapevole, l’espressione di un processo riflessivo sull’accaduto, non un atto automatico con il quale dare potere all’altro perché ci manipoli emotivamente.

Infatti, si è visto che le scuse non sono poi così efficaci come pensiamo e spesso non servono a riparare una relazione danneggiata. Gli psicologi della Ohio State University hanno isolato i tre ingredienti essenziali perché le scuse siano efficaci:

1. Riconoscimento della responsabilità. Si tratta di riconoscere che abbiamo commesso un errore, per il quale dobbiamo innanzitutto essere consapevoli di cosa abbiamo fatto di sbagliato, non valgono le scuse generiche.

2. Offrirsi di riparare il danno. Significa riconoscere che siamo disposti a fare qualcosa per correggere il nostro errore. In un certo senso, è una dichiarazione di buona volontà ma, ancora una volta, deve essere basata sulla convinzione che abbiamo commesso un errore.

3. Esprimere pentimento. Si tratta di esprimere un pentimento sincero, che permetta all’altra persona di vedere che siamo profondamente dispiaciuti per l’accaduto.

Come affrontare questi tentativi di manipolazione?

1. Non pensarci troppo. 

Ruminare quello che è successo è una delle cose peggiori che puoi fare. Non solo influenzerà il tuo umore, facendoti sentire più irritabile, frustrato e/o arrabbiato, ma è anche più probabile che termini assumendo una colpa che non ti appartiene o sviluppi un atteggiamento negativo nei confronti dell’altro. Pertanto, evita di pensare eccessivamente all’accaduto.

2. Chiedi chiarimenti. È utile chiedere dei chiarimenti su quello che è successo. Puoi dire all’altra persona: “vedo che sei arrabbiato. Puoi spiegarmi perché ti senti così?” Puoi anche scusarti così:“mi dispiace che le mie parole abbiano provocato questa tua reazione, però mi piacerebbe sapere il motivo.”

3. Difendi il tuo diritto di esprimerti. È conveniente che ti assuma la tua parte di responsabilità. Ad esempio, potrebbe essere che il modo di esprimere quella verità non fosse il più appropriato, o che hai generalizzato troppo esprimendo un’idea. Ma per fermare sul nascere qualsiasi tentativo di manipolazione è importante che all’altra persona sia chiaro che hai il diritto di esprimerti per difendere le tue esigenze e/o punti di vista.

Dal Sito: aprilamente.info 

mercoledì 2 gennaio 2019

Mea culpa: perchè restiamo prigionieri dei sensi di colpa


         
Il senso di colpa è un fattore evolutivo utile a mantenere buoni rapporti con gli altri, a riflettere sui propri comportamenti e cercare di riparare agli errori in modo costruttivo. Può diventare però patologico quando blocca la persona impedendole di andare avanti o di realizzare i propri progetti personali, o quando la induce a punirsi privandosi di gioie e successi
A volte si tratta di un unico episodio del passato che continua a tormentare: «Non mi perdono per aver interrotto quella gravidanza», «Se fossi stato più attento non avrei causato quell’incidente», «Se l’avessi portata dal medico ora forse mia madre sarebbe viva». Altre volte sono azioni quotidiane meno drammatiche per cui tuttavia ci sentiamo in torto: «Dovrei passare più tempo coi miei genitori anziani», «Mando mio figlio al nido ma so che dovrei seguirlo io», «Se non metto gli altri al primo posto non sto bene io», «Non la amo più ma non posso lasciarla, le farei troppo male». Il senso di colpa è il sentimento spiacevole legato al pensiero di aver danneggiato o di poter danneggiare qualcuno e si accompagna a tristezza, vergogna, rabbia, disperazione. Di per sé è sano ed è un fattore evolutivo se diventa senso di responsabilità, utile a mantenere buoni rapporti con gli altri, a riflettere sui propri comportamenti e cercare di riparare agli errori in modo costruttivo. Può diventare però patologico quando blocca la persona impedendole di andare avanti o di realizzare i propri progetti personali, o quando la induce a punirsi privandosi di gioie e successi.

Il senso di colpa può estendersi in ogni direzione ed essere palesemente immotivato. Ci sono persone che si sentono in colpa per tutto e quasi chiedono scusa di esistere. In psicoterapia si tocca con mano quanto il senso di colpa possa essere radicato e resistente a ogni tentativo di smussarlo. Perché alcune persone ne restano prigioniere a dispetto di ogni argomentazione contraria?

Sentirsi in colpa paradossalmente può dare sollievo perchè costituisce un’espiazione per il dolore procurato; può essere un modo per avere la compassione e il perdono dagli altri; può suscitare simpatia e protezione negli altri facendo apparire come una vittima perennemente addolorata.

Bloccarsi nel senso di colpa evita la fatica di darsi da fare per maturare, riparare l’errore, migliorarsi in modo attivo e costruttivo, con la consapevolezza che il passato non si può modificare. Il senso di colpa patologico invece fa dire «è inutile, ho sbagliato tutto nella vita, è troppo tardi», impedendo a priori ogni azione riparativa.

Chi si sente in colpa per tutto spesso desidera dare una buona immagine di sé, di persona sempre disponibile e generosa, pronta ad aiutare gli altri. Dire di no a richieste e aspettative altrui fa sentire in colpa al pensiero di suscitare frustrazione e sofferenza nell’altro, ma soprattutto ciò che si teme è perdere l’approvazione e l’amore dell’altro. Abbandonare i sensi di colpa significa anche lasciar andare questa immagine idealizzata di sé, imparare a tollerare il disappunto e la delusione degli altri, guadagnandone relazioni più autentiche e dirette.

Per sciogliere i sensi di colpa patologici è necessario anche accettare che dietro l’apparente umiltà e bontà di chi chiede sempre scusa per tutto o si mette sempre al servizio degli altri possono nascondersi sentimenti più scomodi e meno nobili ma certamente umani: l’onnipotenza narcisistica del sentirsi al centro di tutto, per cui ogni cosa diventa «colpa mia», oppure l’ostilità e la rabbia che per compensazione portano al comportamento opposto, inducendo a dedicarsi eccessivamente agli altri. Non tutto dipende da noi, non è nostra responsabilità occuparci della felicità degli altri o soddisfare sempre le loro aspettative, evitando loro il confronto con la frustrazione e il dolore che è anche occasione di crescita. Prendersi il carico della felicità altrui dà una illusione di controllo ma richiede di rinunciare a parti di sé, espone all’insoddisfazione e al risentimento.

Liberarsi del senso di colpa patologicosignifica accettarsi e perdonarsi come essere umani che compiono continuamente errori e accogliere la parte di sé che cerca di esprimersi, di dire la sua, di  realizzarsi, di rivendicare i propri diritti e bisogni, senza temere che questo significhi essere egoisti e cattivi.



Dott.ssa Lucia Montesi

Psicologa Psicoterapeuta
Dal Sito: centropagina.it