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venerdì 31 gennaio 2020

Attacco di panico: ti paralizza per farti rinascere



Comincia con un acuto senso di agitazione che colpisce senza motivo in un momento qualsiasi della giornata. Il cuore batte e il respiro diventa affannoso. Ci prende il terrore di un incombente (ma inesistente) pericolo. Tutto il mondo intorno è un nemico e il corpo si pietrifica. Così si manifesta l’attacco di panico, che certe volte si conclude addirittura con uno svenimento. Molte persone che soffrono di questi attacchi pensano quasi di essere possedute da un “mostro” che le assale d’improvviso e fanno di tutto per scacciarlo.

Cosa accade durante gli attacchi di panico

Recita un antico proverbio cinese: “Se hai delle forze e non le usi, prima o poi ti si rivolteranno contro”. Proprio questo succede nel disturbo da attacco di panico: si tratta dell'espressione patologica di una forza viva ma inutilizzata della nostra personalità che, a lungo repressa, ci si “scaraventa” contro come un’enorme onda oceanica. Esasperata dall’essere respinta, quest’onda energetica si esprime attraverso l’attacco di panico, che ci dà la sensazione di soffocare e di morire, anche se in realtà la violenza con la quale il disturbo ci investe è un potente richiamo alla vita.

Attacchi di Panico: ecco tutta l'energia della vita che non vivi

Se a furia di controllare le nostre reazioni, di dimostrarci “ragionevoli” difronte alle difficoltà, di evitare i coinvolgimenti emotivi, ci costringiamo a vivere un’esistenza in bianco e nero, l’attacco di panico,con la sua forza irresistibile, è già in agguato. Succede alle persone che sono sempre state pacate, posate e tranquille, e che, in mezzo alla folla di un supermercato o nella ressa di un autobus all’ora di punta, si sentono di punto in bianco mancare il respiro, iniziano a sudare, hanno palpitazioni, avvertono le gambe sempre più deboli. Dopo il primo sbandamento, spesso accompagnato dalla vergogna per quanto è accaduto, la persona colpita dall’attacco di panico cerca di farcela da sola, di mostrarsi forte, di combattere, di mettere a tacere il panico, magari rivolgendosi al medico e chiedendogli una pillola per guarire e per dimenticare.

Il panico ti indica la strada

In queste situazioni lottare è la cosa più sbagliata: quando si avverte che la crisi si avvicina, l’unica cosa da fare è non opporsi, cedere, assecondare il flusso. Bisogna lasciare che la paura, come un’onda, travolga le nostre abitudini e i nostri schemi mentali. La sua forza ci dà la sensazione di essere schiacciati e di morire. In realtà porta in primo piano il mondo interiore e le emozioni che abbiamo cercato di frenare. Il panico invita a lasciar andare il controllo razionale di tutte le proprie azioni e a farsi travolgere dal flusso dirompente delle emozioni e degli istinti. Arriva a salvarci quando non resistiamo più, quando nella vita imbocchiamo una strada che ci porta così lontano da noi stessi da farci diventare dei fantocci, dei personaggi falsi, inutili e addirittura dannosi.

Una valvola di sfogo da non ostruire

Non è facile accorgersi di questa valenza “salvifica” degli attacchi di panico, soprattutto quando il nostro modo di essere corrisponde alle aspettative degli altri e si conforma a uno stile di vita considerato “vincente”. I candidati più a rischio di questo disagio psichico sono gli individui che danno sempre il massimo, che non vengono mai colti in fallo, che si dicono sicuri di sé e della loro bravura, che sanno controllare i propri bisogni e, per paura di lasciarsi andare, rifuggono da esperienze a elevata intensità emotiva vincolando anche l’eros a prestazioni sempre più veloci, “efficienti” e asettiche. Come alibi per perpetuare uno stile di vita congelato, queste persone si convincono di “essere fatte così” e di non saper cambiare, anzi: di non poter cambiare. Il timore del cambiamento si associa allora a quello della libertà, duramente sacrificata sull’altare del “dover essere”: la paura di diventare protagonisti della propria vita, di potersi esprimere senza forzature, comprime l’energia vitale a tal punto, che solo la crisi di panico può farla circolare di nuovo.

Attraverso le paure affiora il desiderio di rinnovamento

Come osservava lo psichiatra Thomas Szasz, spesso i disagi come il panico e le paure rivelano il nostro desiderio di non diventare come tutti gli altri e di uscire dal “branco”, incarnano cioè il desiderio di svincolarci dal modello esterno, omologato e spesso banale, che la società impone a tutti. Conosciamo così poco il panico eppure ci ostiniamo a temerlo, a cercare di risolverlo, a guarirlo con qualunque mezzo, cerchiamo di zittirlo con gli psicofarmaci: non crediamo che quando dentro di noi si “coagula” il panico, c’è qualcosa che ci sta parlando, un’intelligenza profonda e sensibile che chiede divenire allo scoperto. Questa paura di impazzire, di morire, di essere annientati, in realtà può essere la voce segreta che ci vuole disincagliare dalla palude esistenziale nella quale ci siamo arenati. È come se, attraverso il panico, la nostra creatività cercasse di manifestarsi, volesse trovare un canale in una mente chiusa, troppo razionale, troppo organizzata e quindi come morta.

Attacco di panico: tre regole per superarlo

Vivi in modo naturale

Se il panico ci tiene in ostaggio e condiziona la nostra esistenza, una ragione c’è: per questo dobbiamo chiederci se stiamo vivendo secondo la nostra natura, se lo stile di vita che stiamo seguendo è veramente adatto a noi. Nessun malessere guarisce lottandoci contro o, peggio, tentando di anestetizzarlo attraverso l’uso di farmaci: i disagi come la paura, l’ansia, il panico sono linguaggi che vanno ascoltati e compresi per poi seguirne le indicazioni. Ogni malattia, infatti, ci suggerisce -tra le righe - la via d’uscita.

Fai attenzione ai segnali

Facendo attenzione ai “segnali”, si può comprendere che l’attacco di panico arriva dopo una serie di ripetute rimozioni, di negazioni della rabbia, di rifiuti della tristezza e della frustrazione. Quando si vive troppo a lungo estranei a se stessi, il panico si manifesta con una serie di sintomi somatici e psichici ben definiti. Imparare a non nascondere a se stessi le proprie emozioni, i propri “no”, i propri desideri è il primo passo per disinnescare all’origine l’arrivo di nuovi attacchi.

Ritrova la semplicità

La vita è semplice: siamo noi che spesso la complichiamo fi no a trasformarla in un incubo. È un rischio che possiamo evitare, se adottiamo atteggiamenti mentali che ci aiutino ad allargare il nostro panorama esistenziale e ad accettare le novità e i cambiamenti. Il mestiere di vivere oggi sembra essere diventato un compito così difficile da richiedere cultura, sforzo, impegno, capacità di programmazione e uno schema di idee chiaro. In realtà, poche sono le cose di cui abbiamo bisogno per stare veramente bene, e non dobbiamo mai perderle di vista.

Dal Sito: riza.it 

giovedì 27 luglio 2017

Paure e ansia: cosa fare


Per sconfiggere ansia e paure è necessario cambiare mentalità, ecco un buon metodo.

Liberiamoci dalle gabbie dell'ansia!
Superare paure e ansia si può se si cambia mentalità

Esistono tecniche efficaci per superare il disagio che ci viene da paure e dall' ansia? Sì, purché cambiamo mentalità. Quando ci vengono a trovare queste emozioni che giudichiamo spiacevoli, solitamente tentiamo di scacciarle in tutti i modi, infatti siamo abituati a vedere il malessere come un veleno che ci intossica e che bisogna "sputare fuori" il prima possibile. In realtà ansia e paure non sono mostri da combattere, ma sono energie profonde che nascono dall'anima che ci sta inviando per evolvere. In ognuno di noi infatti esiste una parte invisibile, uno "spazio interno"che è il vero protagonista della nostra vita emotiva al quale dobbiamo imparare ad affidarci.

Da questo lato nascosto si originano le sofferenze, l' ansia prende corpo le paure. Questi stati emotivi hanno la funzione di portare a maturazione il nostro sviluppo creativo. Ecco perché le tecniche che qui vi suggeriamo non sono finalizzate a combattere le paure ma a incontrarle, a lasciare che dispieghino la loro carica trasformativa e vitale per svanire poi spontaneamente. Occorre allora "farsele amiche" accettare la presenza dell' ansia e delle paure, conoscerle imparando a fidarsi e a non temere i "mostri" che vengono ad incontrarci: sono loro il nostro tesoro.

Paure e ansia: ecco cosa fare

- Quando arrivano ansia e paure non cercare di scacciarle, il dolore non è mai inutile e porta sempre a una trasformazione profonda e salutare, al sorgere di una nuova consapevolezza, all'affiorare di desideri nuovi, alla realizzazione di cambiamenti che ci fanno crescere. Se impari ad accogliere il disagio come fosse un'amica ti accorgerai che presto qualcosa di nuovo accadrà dentro di te.

- Quando arriva il disagio, l' ansia o la paura resisti alla tentazione di reagire, di agitarti, di attivarti mentalmente. Non commentarlo, non giudicarlo e non cercarne mai le cause! Qualsiasi cosa tu faccia per scacciarlo ti porterebbe fuori strada.

- Quando l' ansia ti assale cerca una posizione comoda e lascia che il brutto pensiero si presenti e si espanda. Accogli le sensazioni che arrivano, limitati a constatarle senza commenti: "Ecco ora l' ansia mi è venuta a visitare". Cercale in punti precisi del corpo: forse nel petto trovi l'ansia, ma nella pancia è assente. Percepiscile senza dirti niente. Stai fermo e rilassato, avverti il dolore che si dilata fino a dissolversi. Poi lentamente riprendi a muoverti.


Dal Sito: www.riza.it
 

venerdì 7 luglio 2017

Ansia in ferie? Così te ne liberi


L’ansia da vacanza si manifesta con noia, nervosismo, paura del rientro, progetti per il futuro: per combatterla evita le aspettative e apriti all’avventura

“Quest’anno in ferie voglio staccare la spina, prendermi delle giornate per me. Stare tranquilla”.Ogni anno ripetiamo la solita cantilena, dimenticando che la vita non è mai “tranquilla” proprio perché è viva: se cerchiamo di immobilizzarla nei nostri schemi, evochiamo l’esatto contrario di uno stato di quiete, ovvero lo scatenarsi della tempesta interiore. A cosa mai servirebbe “staccare la spina e prendersi delle giornate per sé”? E come deve essere una giornata per te? A pensarci bene sembra molto stressante: “devi” rilassarti, “devi” interrompere tutte le solite attività, “devi” divertirti, “devi” trovare qualche attività alternativa alla solita routine, per poi, infine, rientrare nella routine! Insomma: una tortura! Se ti metti in testa di aver bisogno di “giornate per te”, ti prepari a star male perché stabilisci che queste giornate debbano essere migliori, come a dire che tutte le altre giornate della tua vita sono da buttare via! La vita non è così: non è staccare la spina, semmai collegarla a quella sorgente misteriosa che può accenderla e renderla elettrizzante!

Non rendere la vacanza uno stress mentale
L’ansia da vacanza è semplice da spiegare: le ferie estive chiudono il ciclo dell’anno e se non le usi per rigenerarti ma, “per stare tranquillo”, è facile che dopo la noia subentrino i brutti pensieri. “Cosa ho combinato nell’anno passato? I miei problemi, li ho risolti o sono ancora lì ad aspettarmi? E cosa farò al rientro?” È forte insomma la tentazione di “fare il punto”, cioè di far partire un “film mentale” fatto di bilanci e di buoni propositi. A questo punto la vacanza diventa motivo di stress mentale…di prima categoria! Specialmente durante gli ultimi giorni di permanenza la paura del ritorno a una quotidianità che ci spaventa, nella quale sentiamo di non essere felici, diventa insostenibile. Certo, vorremmo tornare dalla vacanza cambiando tutto e diciamo: “Basta! Da settembre... trovo un altro fidanzato, cambio amici, cambio lavoro, inizio la dieta!”. E via così…In realtà non sappiamo da dove cominciare e alla fine non cambiamo niente. Attenzione: non vuol dire che siamo deboli e senza forza di volontà, vuol dire che stiamo guardando le cose da una prospettiva sbagliata. Ecco come correggerla.

-Cambia (anche) il panorama interiore
Andare in vacanza non significa solo allontanarsi dai luoghi abituali, ma cambiare scenario mentale, uscire dalle coordinate psichiche che abiti quotidianamente. Le abitudini, i ritmi ripetitivi, la visione delle stesse cose e delle stesse persone, i soliti discorsi, le opinioni assorbite dall’esterno finiscono per mascherare la nostra personalità.
Quando tutto questo viene accantonato può capitare un vero e proprio “shock percettivo”: ci ritroviamo “denudati” da tutti gli orpelli, disponibili a un contatto puro con noi stessi e con il mondo, e finalmente possiamo scrollarci di dosso il personaggio nel quale ci eravamo identificati. Di fatto “dimentichiamo” chi credevamo di essere e torniamo nitidi, ripuliti da tutte le “scorie”, dai ruoli che ci impediscono di vivere. La riva del mare o i sentieri montani sono quindi solo lo sfondo di un cambio di sguardo interiore.

-Rifiuta la solita routine e renderai unica la tua vacanza
Se ti sta accadendo anche ora, significa che stai vivendo la vera vacanza: uno spazio vuoto, una discontinuità, una “rottura del tempo” e delle sequenze che nella vita quotidiana ti imprigionano. Il vuoto, infatti, dirige lo sguardo verso l’interiorità, rende la mente libera, ti fa incontrare te stesso. Solo se incontri il vuoto, la vacanza ti rigenera davvero. Se invece ti accorgi che la tua vacanza è dominata dalla routine non spaventarti, puoi correre subito ai ripari. Non è difficile rinunciare agli appuntamenti obbligati e ai riti di massa che finiscono per uniformare anche l’estate agli standard. L’estate è il tempo del rinnovamento!

Il gioco delle parole libere: lascia emergere dal profondo un nuovo linguaggio
Ecco un semplice gioco che puoi fare anche in spiaggia, ma che può regalarvi un potere immenso: quello di spegnere le “solite frasi” e far emergere parole autentiche, capaci di rigenerare la mente. Procurati carta e penna: il primo passo è quello di individuare una parola chiave da cui partire. Scegli un tema generico, meglio ancora un ambito della vita in cui pensi di avere difficoltà: l’amore, il lavoro o la famiglia, i figli…Scrivi questa parola al centro della pagina, dopodiché inizia con le “libere associazioni” che annoterai sul foglio l’una sotto l’altra. Ad esempio: Amore: Rosso, Calore, Passione, Fuoco, Brucia, Paura…Quando arrivi al punto in cui non ti viene in mente più niente, prendi in mano il foglio e rileggi attentamente le parole che hai scritto. Attento, non devi “fare” niente di particolare: lo scopo non è arrivare a un responso razionale immediato, quindi evita interpretazioni affrettate, ma lascia depositare dentro di te i contenuti emersi, e accoglili senza commenti. Via via che ti divertirai in questo esercizio, imparerai sempre di più a mettere da parte le resistenze e ti accorgerai, anche con una certa sorpresa, che sgorgheranno spontaneamente termini inaspettati, un nuovo linguaggio che potrà far parte del tuo vocabolario quotidiano e che farà affiorare quello che senti e che ti occorre per davvero.

- Fallo 10 minuti al giorno
Fai questo semplice esercizio quando ti accorgi di ripetere sempre gli stessi discorsi, quando cerchi una soluzione che non arriva, o se hai la tendenza ad indagare troppo con la ragione il mondo dei sentimenti. È molto utile per sbloccarti. Per ottenere risultati dedicagli dieci minuti una volta al giorno per almeno due settimane. La vacanza, lontano dalle solite pressioni esterne, è il momento migliore per iniziare!

Dal Sito: www.riza.it

mercoledì 31 maggio 2017

I rimpianti sono zavorre: liberatene!


Quando siamo prigionieri dei rimpianti, la vita smette di scorrere fluida, come fossimo carichi di pesi inutili: se ti alleggerisci, ritrovi il sorriso
Ognuno di noi sa di aver commesso qualche errore. E sa anche che alcuni di questi sbagli hanno complicato le cose, mentre altri sono stati fondamentali per crescere, per capire meglio se stessi e gli altri, per evolvere. Si può dire che, senza alcuni errori, non ci saremmo mossi di un passo nello sviluppo della personalità. Ma, nonostante tutto, i rimpianti per non aver fatto la cosa giusta o per non aver agito in un certo modo, magari anche tanto tempo fa, possono diventare spiacevoli compagno di viaggio. Lo diventano, in particolare, in alcuni momenti molto negativi, di scoramento. Poi la consapevolezza torna e si affrontano le situazioni senza questo fardello del passato, e senza che faccia particolari danni.

I rimpianti generano falsi ricordi

I rimpianti occasionali sono così: un riportare la mente, inutile ma non troppo dannoso su un errore reale. Ma esiste una categoria molto più pericolosa: i falsirimpianti, specie quando costituiscono il modo principale di rileggere la propria storia. "Se soltanto avessi fatto; se soltanto fossi stato più attento, più sollecito; se soltanto avessi capito che quella era una grande occasione; se soltanto avessi detto quelle parole, se fossi intervenuto, se la sorte mi avesse aiutato, bastava un niente per, ero ad un passo dal…". Tutti questi presunti fatti del passato sono esageratamente ingigantiti. Chi è vittima del “se avessi” in realtà trasforma eventi del tutto normali in momenti cruciali in cui si sarebbe giocato il suo destino, percepito come negativo o incompleto. Ne ha per tutti: storie d’amore, lavoro, salute, singoli episodi. Qual è il vero scopo di questi rimpianti? Giustificare i problemi del presente.

Il passato non va reinventato

La vita, per chi ragiona così, smette di scorrere, altro che crescita ed evoluzione. Siamo ben lontani dallo stare nel presente: siamo immersi in un passato immaginario e in un destino alternativo e idealizzato, fatto di occasioni perse per sempre: quella relazione finita sarebbe stata “quella giusta”, quell'occasione di lavoro mancata avrebbe portato sicuramente al successo. Fatalismo, dubbi continui, fantasmi di fallimento, sommati tra loro, "gonfiano" i rimpianti e fanno fare scelte sbagliate. Se si vuole uscire da questo vicolo cieco di false interpretazioni, bisogna cambiare mentalità con rapidità e fermezza

La soluzione? Prendersi la responsabilità

La prima cosa da fare è comprendere che non esiste un passato alternativo che avrebbe potuto portare a un presente migliore. Certo, momenti in cui svoltare da una parte o dall'altra ci sono stati. Ma per chi vive dentro una mentalità passiva e perdente, alla fine, tutto sarebbe andato nello stesso modo inappagante, semplicemente passando da una strada diversa. Ed è un atteggiamento attivo anche ora: mentre idealizzi una trama che non si è mai compiuta, stai già sabotando il presente, stai già attivando la mentalità carica di rimpianti del “se soltanto avessi”. La frase invece va ribaltata: «Se soltanto avessi voglia di prendermi la responsabilità di ciò che mi accade». Perché i finti rimpianti non servono solo a giustificare lo stato negativo in cui crediamo di trovarci ci mettono anche “al sicuro” da ogni presa di coscienza capace di cambiare effettivamente le cose.

Ferma la ricerca del colpevole

Non è facile ammettere con se stessi che questi rimpianti sono solo un alibi, ma è così. Quando nella vita attuale tutto sembra andare storto, la mente, in automatico, va nel passato alla ricerca del “colpevole” e lo rintraccia in eventi che, magari, sono già stati superati da tempo. Perciò, anche se può sembrare difficile, dobbiamo rinunciare alla nostra finta storia: se non è una vera e propria allucinazione, poco ci manca. È sicuramente frutto di una fantasia regressiva che vuole bloccarci a un livello di sviluppo ancora adolescenziale, e non possiamo permettere che prenda il sopravvento. Liberiamoci di questo falso passato, del senso di sfortuna e di inadeguatezza, che nutrono e tengono in vita i rimpianti. E soprattutto occupiamoci del presente senza l’ansia di affrontare in ogni istante una “sliding door” in cui si decide chissà quale futuro. Non è così: chi vive pienamente e in modo autentico sa che anche gli sbagli possono tradursi, sorprendentemente, in svolte vantaggiose.


Dal Sito: www.riza.it

giovedì 25 maggio 2017

Liberati dal buonismo, ti fa venire l'ansia


Mettersi sempre al servizio degli altri per paura di perderli o per essere “altruista” a tutti i costi conduce all’ansia: rompi lo schema e rinasci

La società contemporanea condanna senza appello l’egoismo: chi è egoista pensa solo a se stesso, si interessa esclusivamente del proprio tornaconto e non avrà mai niente da dare. Fin da piccoli ci insegnano a essere buoni, generosi, ad andare d’accordo con tutti. Il risultato di questo sforzo consiste spesso nell’inculcare il senso di colpa e una certa falsità nei rapporti umani, ma soprattutto apre le porte all'ansia: tutto questo dedicarsi agli altri per senso del dovere puntualmente non porta "risultati" soddisfacenti e questo ci fa sentire inadeguati e in perenne affanno, le condizioni ideali perché l'ansia si manifesti. Ma c’è un modo diverso di concepire l’egoismo. Al di là di quello che possa sembrare, in sé non è un difetto da correggere, o un mero sinonimo di insensibilità: utilizzato nel modo giusto può rappresentare una grande qualità, indispensabile per la nostra autorealizzazione.

Il buonismo è nemico del tuo istinto.

Grazie al sano egoismo realizzi te stesso

Se prima di un’azione ci interroghiamo su quanto davvero ci piaccia o ci prema, entriamo in contatto con le nostre esigenze più profonde, andiamo incontro alla nostra natura e al sano bisogno di autoaffermazione. Se invece ci imponiamo costantemente di prendere in considerazione solo le esigenze degli altri finiremo per entrare nel ruolo fasullo del “buono a ogni costo”, che a lungo andare ci starà stretto: cercheremo di continuo l’approvazione altrui, con il rischio di invischiarci in relazioni sbagliate e di essere manipolati, a tutto "vantaggio" dell'ansia. Al contrario un po’ di “sano egoismo” ci induce a contare sulle nostre risorse interne e ci aiuta a esprimere il massimo potenziale creativo. È un atteggiamento che promuove relazioni sane, limpide e senza secondi fini. Quando impariamo ad ascoltarci, mettiamo sullo sfondo i condizionamenti esterni e le cose accadono più spontaneamente: non abbiamo dubbi e titubanze, arriviamo dove vogliamo andare. Qui di seguito vi presentiamo tre piccole storie che spiegano meglio di tante teorie come sia semplice sfuggire alle gabbie dell'altruismo recitato e recuperare una più sana visione di noi stessi.

Il buonista? Fa male a sé e agli altri

Il vero amico non esige nulla

Da quando ho chiarito con Valentina le cose tra noi vanno decisamente meglio e non mi sento più “obbligata” nei suoi confronti e sempre in ansia. lei è l’amica che vorrebbero avere tutti, ti ricopre di mille attenzioni, si mette a disposizione senza riserve, ma l’inghippo c’è: pretende che tu con lei faccia lo stesso e sia sempre pronta e rispondere alle sue esigenze. A lungo andare mi sono sentita in trappola: le sue richieste si erano trasformate in un vero e proprio ricatto.
Così mi sono ribellata alle sue pressioni. Sul momento ho temuto di essere un po’ egoista, ma sorprendentemente il rapporto è migliorato! Lei ha capito e tra di noi ora è tutto più sincero e autentico e la mia ansia è solo un ricordo... 

Amare non vuol dire adattarsi

Quando ho conosciuto Mirko ho pensato subito che fosse la persona giusta per me. Così ho cercato di adattarmi a lui in tutto e per tutto. Mi sono proposta di seguirlo nelle sue frequenti uscite con gli amici. Il risultato? Pessimo. I suoi amici non mi piacciono e odio il calcio, mentre loro vanno sempre allo stadio. Ma quando gli ho parlato é stato un sollievo. Mi ha detto: “Ma dove sta scritto che dobbiamo fare tutto insieme?”. Aveva ragione! Ho ripreso a svagarmi con lo shopping, lasciandolo andare da solo con gli amici. Abbiamo scoperto di avere altre cose in comune e la relazione è molto migliorata! 

Gli altri non dipendono da te!

Da quando ho imparato a spegnere il cellulare prima di uscire di casa sto proprio meglio! Il tempo che dedicavo a me stessa era davvero poco. Adoro mio marito e i miei bambini, ma ero arrivata al punto di non sopportarli. Quando mi capitava di uscire con le mie amiche e lasciavo i bambini con lui, puntualmente mi chiamava per qualsiasi inezia. E io non resistevo al senso di colpa e mi affrettavo a tornare. Stavo esaurendo tutte le mie energie e un giorno esasperata ho provato ad essere irraggiungibile: è stato un toccasana, al ritorno mi sono accorta che erano “sopravvissuti” e io ero carica e di buon umore!

Dal Sito: www.riza.it

mercoledì 22 marzo 2017

La tua è depressione o solo tristezza?

Esagerare coi lamenti e affermare di essere in depressione al primo calo dell’umore inquina la psiche, la rendere fragile e la espone a disagi veri e propri!



Riconoscere e diagnosticare uno stato di depressione è importante, altrimenti non lo si può curare, lo si peggiora, lo si cronicizza. Ma è importante anche il suo opposto: non bisogna pensare di averlo quando non lo si ha! Oggi molti si fanno “auto-diagnosi” di depressione, di ansia, di panico... Basandosi su informazioni trovate su Internet o ascoltate da persone che ne soffrono, si sono convinte di avere “quel problema”. Basta osservare i modi in cui oggi spesso ci si esprime: si usa “sono depresso” per segnalare una transitoria tristezza o malinconia; “sono nel panico” per situazioni di normale difficoltà quotidiana; “è un delirio” di fronte a momenti di semplice stress o di sovraccarico di impegni... I termini psichiatrici sono entrati di prepotenza nel linguaggio, e il linguaggio a sua volta crea e potenzia stati d’animo e percezioni di sé.

Non abituarti allo schema del lamento

Si tratta solo di un colorito modo di esprimersi, quasi di una moda? Lo si fa per rendersi interessanti? Il lamento in fondo è uno schema comunicativo che funziona: crea attenzione, fa superare i silenzi imbarazzati quando incontri un conoscente. Può diventare un’abitudine di cui non ci si accorge. Ma il risultato è di non riuscire più a sentirsi “semplicemente” tristi, a vivere uno scoramento, ad attraversare una crisi: codifichiamo questi stati come depressione, come qualcosa che non va bene e non dovrebbe accadere. Non si riesce a sentirsi agitati, preoccupati o disorientati: parliamo subito di panico, di delirio, di “andare fuori di testa”. O sei normale, cioè funzioni senza perdere colpi, o sei malato, sei strano, sei “fuori”. Da un lato viene proposta la cultura del superuomo e della superdonna che non devono chiedere mai, dall’altro, appena c’è un problema psicologico o esistenziale, viene bollato come un malfunzionamento, ricorrendo magari agli psicofarmaci per tornare a “funzionare”.

Evita il “minestrone emotivo”

È necessario riappropriarsi dei propri stati d’animo per non trattare se stessi come dei malati. Non perché ci sia qualcosa di male nell’esserlo, ovviamente, ma perché a forza di farlo si finisce per cadere davvero in stati interiori di grande confusione e per peggiorare la qualità della vita nostra e quella di chi vive con noi. La prima cosa da fare è ricordarci di una cosa fondamentale: le nostre emozioni sono un evento del tutto naturale. La paura ad esempio fa parte naturalmente dell’esperienza umana. A volte diventa depressione o ansia, ma solo a volte. Nella maggior parte dei casi è uno stato d’animo spontaneo e inevitabile, e, al contempo, costituisce il necessario passaggio per un’evoluzione o una soluzione.
Non possiamo cioè negare un significato essenziale a ciò che, in realtà, ha una sua ben precisa funzione. Il prezzo, altrimenti, è quello di restare bloccati in una concezione di sé molto limitata, in cui ogni sentimento che devia da una norma appare come un problema da curare .

Cogli tutte le sfumature presenti in te

Prima di dire: “Sono depresso, sono nel panico”, tratteniamoci. Non cediamo al lamento e all’esternazione continua. Piuttosto soffermiamoci su ciò che proviamo. Osserviamo le emozioni e gli stati d’animo: tristezza, perdita di senso, demotivazione, umor nero, nervosismo, paura, tensione, angoscia, smania, insofferenza, stanchezza, prostrazione, preoccupazione, rifiuto. Ci sono tante parole per definire come stiamo: usiamole. Non mettiamole tutte nel calderone dei due o tre termini psichiatrici che conosciamo. Cerchiamo di riconoscere quale parola meglio si addice a quel momento, e lasciamo che quel momento viva, anche se è spiacevole. È ovvio che se, ad esempio, la prostrazione dura un mese, bisogna fare una visita da uno specialista, ma la maggior parte dei nostri stati d’animo non sono patologici e, se lasciati vivere, svolgono il loro compito: farci essere in sintonia con la realtà.

Meno confidenze

Non creare o partecipare a “club” di persone che si sentono in sintonia a causa di stati “depressissimi” o “impanicati”: il compiacimento e il continuo parlarsi addosso amplifica il malessere.

Più attenzione a sé

Osserva con più attenzione le tue emozioni. Valuta se sono consone agli eventi e alle situazioni. Impara man mano a non intervenire sulle emozioni negative, anche intense, ma a osservarle e ascoltarle. Hanno sicuramente dei suggerimenti da darti.

Trova aiuti mirati

Se il tuo disagio si presenta con frequenza e per un periodo prolungato, quantificabile in almeno tre mesi, è comunque necessario fare una visita specialistica da uno psicologo per avere un’opinione esterna.


Dal Sito: Riza.it

mercoledì 8 marzo 2017

Ansia: per fermarla torna a immaginare.


Quando ci sentiamo preda dell'ansia e la vita sembra senza scopo, l'immaginazione può venirci in soccorso, come quando eravamo bambini.

L’ansia, l’insoddisfazione, la mancanza di uno scopo: sensazioni sgradevoli che tutti provano almeno una volta nella vita. Possiamo affrontarle in molti modi; uno dei più efficaci consiste nel rinunciare a capire la causa dell'ansia con la razionalità, ma affidarsi al mondo della fantasia, dell'immaginazione. Si tratta di un esercizio molto semplice: in questo articolo pubblicato qualche tempo fa troverai descritto in che modo utilizzare la narrazione qui proposta come percorso di autocura... 

L'ansia ti fa sentire in prigione...

Sono solo...mi trovo in una grande città... in una strada affollata…guardo i negozi, le vetrine...mi attrae l’attenzione anche un’insegna dimessa...C'è scritto "Vi racconto il futuro, il passato lo conoscete voi..”...Ho bisogno di sapere...di speranze... di mandare via la mia ansia, la sensazione di angoscia che mi attanaglia...scrollo la testa…proseguo...Continuo a camminare, a un tratto vedo un negozio con i frutti colorati della terra...ne sento il profumo: mandarini gialli, l’arancione di clementine e aranci , mele di tutti i colori... barbabietole rosse, melanzane viola… come vorrei che il mondo, il mio mondo fosse così bello, colorato quasi di fiaba….

... ma puoi evadere con la mente...

Così, senza accorgermene entro proprio in quel mondo…sembra quello di Alice nel paese delle meraviglie…grandi fiori gialli e blu più alti di me…farfalle coloratissime mi passano sopra incuriosite: è questo quel che cercavo?…Al mio passare urto una pianta che rovescia su di me la rugiada della mattina…sono tutto bagnato e infreddolito… c’è un po’ di vento, le foglie si scuotono…mi arriva acqua da tutte le parti…Cerco di ripararmi sotto la corolla di un grande fiore azzurro alto il doppio di me… mi appoggio al suo gambo e sento all’improvviso qualcosa strusciarmi sulle le gambe: sono grossi viticci del fiore…si stringono attorno alle gambe…resistenti…tenaci… sono sorpreso, poi mi irrito…non riesco a liberarmi…il fiore si muove, la corolla si china su di me…I petali si chiudono intorno…ora ho paura…sarà un fiore carnivoro…ma dove sono capitato? Sento degli spruzzi sulle gambe…bruciano…sono chiuso, prigioniero…

...lasciare fluire l'immaginazione...

Mi divincolo con tutta la forza che ho e riesco a strappare i viticci che mi serrano le gambe…cado... cerco di rompere i petali del fiore…ci riesco...si apre una fessura e ne striscio fuori…il fiore si scuote…sembra infuriato….
Mi allontano con le gambe molli per lo spavento…non è un posto ideale…bello ma pericoloso….Ma dal fiore non sono uscito solo io, c’è anche un oggetto rotondo… rotolato fuori dalla sua prigione…Lo guardo, lo prendo in mano. È pesante, assomiglia a un grande uovo…pian piano diventa trasparente mentre lo tengo tra le mani e...incredibile: dentro c’è un neonato, che galleggia in un liquido opalescente… 

...E sentire l'ansia tramontare

Riesco solo a fissarlo stupito…adesso il liquido ha riflessi d’oro…all’improvviso il neonato apre gli occhi e mi osserva….uno sguardo intenso e consapevole…ha gli occhi del mio stesso colore...mi guarda con curiosità…dolcemente…poi abbassa le palpebre e si riaddormenta…come può essere? Sembra che si affidi completamente a me, senza paura… Sento che quel bambino, venuto da chissà dove, è molto importante…come se il destino mi avesse portato fin lì per farmelo trovare… sento che è parte di me…anzi… “è” me... così, ricomincio il cammino, tenendo in mano il grande uovo trasparente con dentro il bambino… non voglio separarmene…non sopporto neanche l’idea… ora so che il mio compito è questo: custodirlo, proteggerlo…aspetterò con pazienza e amore che l’uovo, quando sarà il suo tempo, si rompa…sarà come se io stesso venissi al mondo…Dove sono ora l’ansia, il timore, l’insoddisfazione? Io non le sento…so che lui ha scelto me e io scelgo lui…cresceremo insieme…sarà bellissimo… lo scopo nella mia vita...sono io stesso….è come se mi fossi svegliato da un sonno…ora vedo…ora sento… la mia vita è tra le mie braccia e me ne prenderò cura…

Dal Sito: www.riza.it

venerdì 17 dicembre 2010

La felicità è lontana dal pensiero

La felicità si allontana quando la mente è piena di pensieri. Ciò accade perché utilizziamo nel modo sbagliato le nostre risorse naturali. Ogni volta che ci fissiamo su un problema, non solo non troviamo la soluzione ma ci allontaniamo sempre più dalla felicità, senza considerare che è proprio uno stato di serenità e felicità naturale a farci trovare la soluzione giusta.

Che fare? Consigli ed esercizi per ritrovare la felicità perduta
Uno degli esercizi più semplici per contattare le proprie risorse interiori, capaci di produrre da sole la felicità senza aspettarla dall'esterno o dal futuro, consiste nel "camminare senza pensieri". Si tratta di una particolare forma di meditazione che si attiva attraverso il corpo. Prova a fare così.
In un momento qualsiasi della giornata, mettiti a camminare e porta l'attenzione sui tuoi passi, sul senso di fatica che avverti nelle gambe; cammina senza una meta precisa, mantenendo l'attenzione esclusivamente sul corpo. Devi solo camminare: pian piano un senso di leggerezza mentale crescerà in te, come se i pensieri perdessero peso. Il camminare ti slega dalla staticità del ragionamento, svincolandoti da quelli che consideri i tuoi problemi e favorendo uno stato di benessere. A questo punto porta la tua attenzione sulle sensazioni che provi: ti sembrerà di accogliere con grande ricettività i dettagli del paesaggio su cui l'occhio si posa, i profumi che arrivano, i suoni e i colori. Questo sguardo naturale apre le porte alla felicità.

Osserva in modo distaccato le emozioni e la felicità arriverà da sé
Più ci identifichiamo in un'emozione, per esempio la rabbia o la tristezza, più finiamo col credere che quello stato sia permanente. Ma il potere di un'emozione dipende "da dove la osserviamo": da molto vicino io divento la mia tristezza. Da un po' più da lontano, le cose cambiano: a distanza è più facile comprendere che io non sono "solo" la mia tristezza. Io sono anche tante altre emozioni, felicità compresa. Prova a osservare il tuo stato emotivo  come fossi uno spettatore esterno, soffermandoti su particolari che prima non avevi notato: dove ti trovi, come sei vestito... Passa poi a cercare la tua rabbia o la tristezza nel corpo: in che punto del corpo si condensa, come si muove, se martella, se pulsa, se è sorda. Continua a osservare, guardando l'evento da lontano, sempre più lontano. L'emozione che provi si trasforma in uno stato che vive in un punto di te, ma che non ti riassume. C'è posto quindi anche per la felicità.
Cerchi la felicità? Fai qualcosa di inutile
È opinione comune che per ottenere la felicità si debba fare qualcosa. Questa mentalità non tiene conto degli ingredienti essenziali della felicità: la spontaneità, l'assenza di finalità, il vivere nel presente. Rifletti: le cose che fai sono sempre in qualche modo utili a qualcosa? E se non sono utili ti senti strano, quasi in colpa perché stai facendo qualcosa che magari ti dà felicità ma "non serve"? È importante che tu introduca ogni giorno nel tuo tempo una o più azioni che non contengano alcuna forma di finalità. Qualcosa che ti piace fare ma che non fai mai proprio perché ti pare inutile. Invece il cervello ne ha bisogno per liberarsi dalla zavorra dell'utilitarismo e produrre spontaneamente la felicità.
(Riza)