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giovedì 26 novembre 2020

Stressata o ansiosa? Come capire la differenza e agire di conseguenza





Capire la differenza tra l'essere stressata o ansiosa è importante per affrontare questo stato d'animo e ritrovare vitalità!

Non c'è da meravigliarsi se siamo tutti costantemente sotto pressione e preoccupate, soprattutto in questo delicato periodo. Capire la differenza tra l'essere stressata e ansiosa e agire di conseguenza può aiutarti a superare vecchie paure e ad affrontare la vita con rinnovata energia. Non soccombere e prova a reagire. Sia lo stress quotidiano sia l'ansia sono sentimenti che tutti proviamo. La vita è come una giostra, fatta di alti e bassi, prove da affrontare e situazioni da gestire. Spesso frasi come "sono stressata" o "sono ansiosa" vengono usate indistintamente nelle nostre conversazioni, magari confidandoci con un'amica.

Differenze

Tendiamo a dare a entrambi i termini lo stesso significato. E, invece, ci sono differenze fondamentali trastress e ansia. Essere stressata non è come essere ansiosa: è importante che ne diventi consapevole per sapere come agire e gestirti al meglio. Nell'ansia predomina la paura, nello stress le preoccupazioni. Se pensi di non riuscire a farcela e uno dei due stati d'animo diventa così intenso da influire sulla qualità della tua esistenza è opportuno che ti rivolgi a un professionista. Ecco le principali differenze tra stress e ansia e come capire quando è il momento di chiedere un supporto esterno.

Stress e ansia

Lo stress è fisico e l'ansia è mentale. Pensa allo stress più come una manifestazione fisiologica di ciò che percepisci, come una minaccia esterna che ti schiaccia e opprime. Se hai una scadenza sul lavoro e non pensi di riuscire a rispettarla, anche impegnandoti 24 ore su 24, sei stressata. Senti la pressione, i tuoilivelli di cortisolo aumentano e il tuo corpo reagisce con un nodo allo stomaco, il battito cardiaco accelerato, il sudore freddo. Potresti persino sentire il bisogno di piangere. L'ansia, invece, riguarda più pensieri legati alla mente con sentimenti di preoccupazione, apprensione che ti confondono e annebbiano il cervello. L'ansia è la percezione che il mondo è troppo esigente e ti chiede sempre di più, portandoti a sopravvalutare una particolare minaccia e a sottovalutare la tua capacità di affrontarla.

Effetti e strategie

Sia l'ansia che lo stress hanno effetti simili e possono essere gestiti con le stesse strategie. Entrambi nascono dal troppo lavoro, dalla rottura di una relazione o da conflitti interpersonali e possono causare problemi cardiaci, asma, ipertensione, persino colesterolo alto. Condizioni di salute che possono peggiorare ancora di più se compare anche la mancanza di sonno. Quando la notte ti svegli di soprassalto e guardi il soffitto, girandoti nel letto presa dai pensieri negativi e facendo incubi. Una differenza tra lo stress e l’ansia è la loro proiezione nel tempo. L'ansia è spesso una risposta all'idea che qualcosa di brutto potrebbe accadere, quindi è più uno sguardo terrorizzato verso il futuro. Fortunatamente puoi gestire lo stress e calmare l'ansia. In che modo?

Non devi farti sopraffare. Quando hai la sensazione che la società e gli impegni quotidiani ti richiedono troppo, la prima reazione non deve essere di lavorare di più. È inutile. Più duramente spingi e più stress provi. Quindi la risposta è riconoscere che lo stress ha un impatto su di te. Fermati, prima che ti sfugga di mano.

Assicurati che le tue esigenze più elementari siano soddisfatte. Non aspettare di provare rabbia. Entra in contatto con la tua confort zone, amiche o amici più stretti, e racconta loro quello che ti sta divorando e ti lacera dentro. Ma soprattutto concediti e assicurati di far davvero spazio a un po’ di tempo libero per rilassarti e fare le cose che ti piacciono.

Meditare. Bastano pochi minuti ogni giorno. Scarica un'applicazione di meditazione o segui un corso di yoga, anche online. Prendere consapevolezza e contatto con il tuo corpo ti aiuterà ad essere più in sintonia con l'ambiente esterno e il modo in cui agisce su di te e le tue emozioni. Meditare e fare esercizi di yoga renderà più facile rilassarti, soprattutto se senti avvicinare lo stress.

Fai qualcosa che ti appaghi ogni giorno. Trova il tempo, durante la giornata, di fare qualcosa che ti piaccia, da una corsa mattutina a una bella risata con un amico davanti a un caffè, fino a un corso di pittura. Assicurati che succeda e pianificalo nella tua lista dei preferiti: è un ottimo modo per combattere la sensazione di essere stressata.

Respira profondamente. Sembra così facile, eppure spesso ci dimentichiamo di farlo. Imposta la sveglia sul tuo telefono, e per una volta ogni due ore, fai tre respiri lentie profondi. Segnali così al tuo cervello che non ci sono minacce.

Terapeuta

Quando ci si deve preoccupare? Quando stress e ansia che devono essere temporanei, diventano cronici e influiscono sulla tua capacità di vivere la tua vita. A quel punto potrebbe essere il momento di parlare con terapeuta che possa aiutarti. Lo stress positivo non è nocivo, ma quando si mantiene nel tempo può trasformarsi in ansia, e questa può causare anche attacchi di panico che limitano enormemente la tua vita.

Dal Sito: donnamoderna.com

sabato 11 aprile 2020

Attacchi di panico e disturbi d'ansia. Sai riconoscerli?




Che cosa si intende esattamente per disturbi d'ansia?

Si tratta di un insieme di disturbi caratterizzati da un'ansia incontrollabile e sproporzionata rispetto alla situazione, che modifica in modo negativo la vita della persona. Fanno parte dei disturbi d'ansia non solo gli attacchi di panico, ma anche le fobie (paure immotivate), il disturbo ossessivo-compulsivo (idee o comportamenti che diventano rituali obbligati), il disturbo post-traumatico da stress e l'ansia generalizzata.

Quanto dura una crisi?

L'attacco di panico dura solitamente da pochi secondi a pochi minuti, fino a un massimo di 0,5-1 ora. Tuttavia, la persona perde la percezione del tempo e ha la sensazione che la crisi sia interminabile. L'attacco di panico si accompagna ad angoscia che crea ulteriore angoscia, in un circolo vizioso che si autoalimenta e sembra non arrestarsi mai. Gli attacchi di panico possono essere sporadici e occasionali oppure presentarsi con più frequenza (quotidianamente, settimanalmente o mensilmente). In questi casi, la persona soffre della cosiddetta sindrome da attacco di panico (DAP), che consiste in episodi ricorrenti seguiti da almeno un mese di preoccupazione persistente di avere altri attacchi.

Vi sono luoghi più a rischio per le persone che soffrono di attacchi di panico?

In un certo senso sì. Recenti ricerche hanno dimostrato che i luoghi molto affollati, caldi e poco ventilati, come i vagoni delle metropolitane, i treni nelle ore di punta e gli aerei, favoriscono le crisi di panico. Infatti, contengono alte concentrazioni di anidride carbonica che, secondi alcuni studi, è una delle cause degli attacchi di panico. I ricercatori hanno scoperto che se il tasso di anidride carbonica inalato con la respirazione è superiore alla soglia limite (1000 ppm), nelle persone geneticamente predisposte si attivano alcuni recettori del cervello che vanno a stimolare l'amigdala, una piccola regione a forma di mandorla che ha il compito di reagire con prontezza di fronte alle situazioni di crisi, per proteggere l'organismo. Quando è stimolata, come in questo caso, fa scattare velocemente una sorta di codice rosso, che coinvolge altre parti del cervello e sfocia in un attacco di panico violento. A quel punto, la persona viene travolta da un istinto insopprimibile, urgente: trovare una via di fuga per allontanarsi dal luogo in cui si trova e dove l'aria è diventata irrespirabile.

Che cosa succede dopo una crisi di panico?

Alla crisi acuta in genere segue un periodo di stanchezza e spossatezza: la persona sente la testa confusa, fa fatica a camminare e a mantenersi in equilibrio e ha percezioni annebbiate e sfuocate.

Il primo attacco viene ricordato come un momento di svolta. Sono tipiche degli individui che soffrono del disturbo frasi come "Da quel momento la mia vita è cambiata". In genere, dopo il primo attacco si verificano altri episodi, sempre improvvisi e occasionali, che aumentano di frequenza e intensità. L'ansia che possa ripetersi la crisi in situazioni simili a quella del primo episodio crea reazioni di isolamento, auto-limitazione e allontanamento dai luoghi ritenuti a rischio, che limitano la libertà personale.

L'attacco di panico può associarsi ad altre paure?

Sì. L'attacco di panico spesso si accompagna alla fobofobia e all'agorafobia. La fobofobia è la paura di aver paura, ossia il terrore di poter rivivere quella sensazione di paura verificatasi durante l'attacco di panico. Ecco perché chi soffre di attacchi di panico fa il possibile per evitare i luoghi a rischio e trova tutte le scuse per non entrare in un locale dove teme di sentirsi male. L'agorafobia è la paura di allontanarsi da alcuni luoghi ritenuti rassicuranti per la paura di entrare in altri luoghi, dove vi è il timore di non trovare una vita di uscita o un soccorso adeguato in caso di attacco di panico.

Vi sono fasi della vita più delicate di altre per lo sviluppo di crisi di panico?

Gli attacchi di panico sono più frequenti in momenti particolari della vita, momenti che si potrebbero definire "di passaggio" da una fase all'altra. Uno dei periodi più a rischio è quello compreso tra la fine dell'adolescenza e l'inizio dell'età adulta: le persone cominciano ad assumersi le prime grandi responsabilità e a cercare una propria identità. Questa ricerca può comportare un senso di smarrimento e difficoltà, che potrebbero scatenare attacchi di panico. Lo stesso può succedere a metà della vita adulta: le persone iniziano a fare i primi bilanci fra aspettative e risultati ottenuti. Se ci si accorge, anche a livello inconscio, di aver trascurato una parte importante di sé per privilegiarne altre possono nascere le prime crisi. Anche la menopausa aumenta le probabilità di crisi di panico: infatti, oltre a comportare stravolgimenti dell'umore, causa una caduta del livello di estrogeni ed endorfine, ormoni e sostanze che aiutano a essere meno vulnerabili all'ansia e agli attacchi di panico.

È possibile prevenire il problema?

In un certo senso sì. Basta iniziare ad ammettere certi sentimenti e smettere di ignorare certe emozioni. Tutte le persone devono capire che avere delle paure è una cosa normale e addirittura naturale, che può capitare a tutti e che è insita nel proprio processo di crescita. Se si continua a non ammettere la paura dell'abbandono, della morte, del rifiuto e a nasconderla, soffocandola, prima o poi esploderà. Se, invece, si accetta il fatto di poterla provare, allora si inizia a capirla e a riconoscerla, per cui non è più necessario adottare strategie di "evitamento" (evitando i luoghi e i comportamenti di cui si ha inconsciamente paura): si diventa in grado di accogliere i cambiamenti perché si sa di poterli affrontare.


Dal Sito: dica33.it

martedì 6 novembre 2018

Depressione e ansia: quali differenze



La società odierna ci sottopone a sfide giornaliere che, in particolari condizioni ambientali e predisposizioni personali, possono intaccare il nostro equilibrio mentale e renderci ansiosi e/o depressi.

Nella vita capitano dei momenti in cui ci si sente sbagliati, carenti di qualcosa e senza forza di volontà. Ci si chiude in sé stessi e non si rivelano a nessuno questi stati d’animo per timore d’essere derisi e non capiti. Guardando gli altri si ha la sensazione di essere fragili e incapaci mentre tutti sfoggiano sicurezza e capacità di integrarsi in società. Può succedere che ci si senta ansiosi nell’affrontare situazioni apparentemente semplici, che la preoccupazione ci assalga in qualunque frangente rendendoci introversi e insicuri. Altre volte ci assale la tristezza e pensieri cupi continuano a ripetersi nella nostra mente e sembra di essere in un vortice di infelicità. Non bisogna sottovalutare queste condizioni, questi sentimenti possono essere indicativi di un disagio psichico che deve essere affrontato, perché possono essere dovuti a depressione e ansia: quali differenze ci sono tra queste patologie?

Depressione e ansia: epidemiologia

La depressione e l’ansia, disturbi estremamente frequenti al giorno d’oggi, hanno avuto negli ultimi decenni un incremento tale da essere considerate le malattie del secolo. Si stima che in Italia il 5,4% delle persone soffra di depressione, mentre l’ansia colpisce il 4,2% della popolazione. Risulta che la depressione si associa all’ansia grave nel 7% dei casi. Sono malattie che colpiscono maggiormente il sesso femminile e tendono ad essere più frequenti dopo i sessantacinque anni di età anche se nessuna fase della vita risulta risparmiata.

I dati epidemiologici indicano che esiste una correlazione tra depressione e/o ansia e il livello socioeconomico. La depressione e l’ansia sono più frequenti in persone con basso grado di istruzione, nei disoccupati e in coloro che risultano inattivi. Malgrado l’elevato numero di persone affette da queste patologie, solo una minima parte fa ricorso allo specialista (lo psichiatra) e assume psicofarmaci.

Nella maggior parte dei casi, la malattia non viene diagnosticata correttamente e ciò determina una terapia non adeguata. Questi quadri clinici hanno un impatto importante nella vita delle persone, infatti i pazienti lamentano una riduzione della qualità della vita con ripercussioni sulle relazioni interpersonali, in ambito lavorativo e familiare, nei rapporti genitori figli.

La depressione e l’ansia determinano ricadute economiche notevoli in termini di:
giornate di lavoro perse: periodi in cui le persone sono in malattia perché non riescono ad affrontare il lavoro;
rendimento lavorativo: una persona depressa e/o ansiosa avrà una capacità di lavoro ridotta;
spesa sanitaria: costo a carico del servizio sanitario nazionale per visite specialistiche e terapie farmacologiche.
Nel linguaggio comune queste due condizioni sono frequentemente associate tra loro infatti si parla di “depressione ansiosa” e di “sindrome ansioso depressiva”, tuttavia sono condizioni cliniche distinte per cui analizziamo separatamente la depressione e l’ansia per individuare quali siano le differenze.

Depressione

La depressione, interessa un numero elevato di persone e si stima che la percentuale di pazienti sia destinata ad aumentare, presenta caratteristiche peculiari e non deve essere confusa con le reazioni psicologiche conseguenti a situazioni particolari e stressanti. Il paziente riferisce il suo stato d’animo in termini di tristezza, infelicità, sentirsi giù di morale.

I sintomi presenti in un paziente depresso sono:
basso tono dell’umore: il tono dell’umore è la capacità che ha l’uomo di adattarsi alle varie condizioni provando piacere in situazioni positive e tristezza in quelle negative. Quando viene persa questa plasticità ad adeguarsi, si avrà una deflessione dell’umore e si tenderà a vedere negativamente la realtà. È presente perdita di interesse in generale;
anedonia: incapacità a provare piacere per qualunque attività venga svolta;
alterazione del pensiero: ci si orienta verso una bassa stima di sé, senso di colpa. Possono essere presenti episodi di autolesionismo, tentativi di suicidio che talvolta vengono messi in atto col “suicidio allargato” che coinvolge le persone care;
rallentamento psicomotorio: interessa il movimento, il linguaggio, l’espressione del viso, la capacità di prendere decisioni. Il paziente presenta una riduzione importante dell’energia psichica che lo porta a non reagire (può essere fraintesa e confusa con una mancanza di volontà);
disturbi vegetativi: si ha profonda astenia, diminuzione della libido, insonnia, riduzione dell’appetito con dimagrimento e malnutrizione.

Depressione: la diagnosi

In presenza di un quadro clinico suggestivo si fa diagnosi di depressione. Vengono individuati diverse tipologie cliniche:
disturbo da disregolazione dirompente dell’umore: si presenta nei bambini e ragazzi fino ai diciotto anni d’età, presentano scatti d’ira esagerati rispetto alle cause, umore triste riscontrato a casa o a scuola;
disturbo depressivo maggiore: colpisce prevalentemente le donne e si caratterizza per il
basso tono dell’umore e almeno cinque delle seguenti condizioni che durano da due settimane almeno e si manifestano ogni giorno: perdita di peso o alterazioni nell’alimentazione, insonnia, astenia, pensieri negativi (inadeguatezza, incapacità e senso di colpa), incapacità a concentrarsi e a prendere decisioni, pensieri suicidari;
disturbo depressivo persistente: è una patologia cronica, colpisce individui giovani che possono presentare disturbo di personalità o fare abuso di sostanze. È presente umore depresso che persiste da almeno due anni e si associa ad almeno due delle seguenti condizioni: astenia, insonnia, alterazioni dell’appetito, pensieri negativi, difficoltà a concentrarsi;
disturbo disforico premestruale: si manifesta con labilità affettiva, umore depresso e irritabile, tendenza al conflitto. Possono essere presenti sintomi fisici quali stanchezza, gonfiore, dolori articolari e muscolari. Inizia la settimana che precede il ciclo e termina i primi giorni del ciclo mestruale;
disturbo depressivo da sostanze: conseguente all’assunzione o alla privazione di sostanze;
disturbo depressivo dovuto ad altra condizione medica: la depressione è associata ad una malattia medica o all’assunzione di farmaci:
malattie neurologiche: malattia di Parkinson, malattia di Huntington, ictus, sclerosi multipla, tumori;
infezioni virali (HIV);
farmaci: interferone, betabloccanti, anticoncezionali orali, corticosteroidi;
disturbi endocrini: morbo di Cushing, morbo di Addinson, patologie tiroidee.

Sono disponibili dei test rapidi da somministrare al paziente per la valutazione del quadro clinico e dell’evoluzione (scala di autovalutazione di Zung).

Depressione: la terapia

La terapia della depressione si avvale di farmaci la cui prescrizione deve essere personalizzata tenendo conto delle variabili collegate:
al farmaco: efficacia, tollerabilità, sicurezza, formulazione;
al paziente: presenza di patologie associate e relativa interazione tra farmaci.

I farmaci prescritti per la depressione vengono suddivisi in:
inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI);
inibitori della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina (SNRI);
antidepressivi specifici serotoninergici e noradrenergici;
IMAO irreversibili e reversibili;
antidepressivi triciclici (sono scarsamente usati per i notevoli effetti collaterali).


La terapia farmacologica può essere affiancata dalla terapia psicologica che si avvale di diverse opzioni (psicoterapia, terapia comportamentale).

Ansia

L’ansia si caratterizza come una reazione emotiva esagerata di allarme verso situazioni quotidiane o personali, comporta modifiche del comportamento e sintomi fisici. Il paziente lamenta di sentirsi sistematicamente preoccupato per le situazioni quotidiane e si trova in uno stato di all’erta permanente nel timore che si verifichino eventi negativi. Questa condizione di ansia e preoccupazione si accompagna a sintomi viscerali quali aumentata frequenza cardiaca, affanno, sudorazione, vertigini, gola secca, nausea, vomito e diarrea.

Ansia: la diagnosi

Il colloquio con il paziente permette allo specialista di inquadrare il quadro clinico e di porre diagnosi di ansia. Si possono somministrare al paziente dei test di autovalutazione (scala di autovalutazione dell’ansia di Zung). Si riconoscono diversi quadri clinici:
disturbo d’ansia da separazione: colpisce i bambini che temono di perdere figure affettive quali i genitori;
disturbo di panico: attacco d’ansia improvviso con sintomi vegetativi, durata variabile da pochi secondi fino a un’ora. Forma particolare è l’agorafobia (paura della piazza);
mutismo selettivo: colpisce i bambini, si manifesta in relazione a situazioni stressanti (scuola);
fobie specifiche: ansia e paura immotivata verso animali, oggetti (siringhe), altezze o aerei;
disturbo d’ansia sociale: ansia e preoccupazione al pensiero di dover affrontare situazioni in cui si è esposti al giudizio degli altri (parlare in pubblico);
disturbo d’ansia generalizzato: è presente ansia, affaticabilità, tensione muscolare. Può essere presente ansia in concomitanza di patologie organiche (ipoglicemia, ipertiroidismo, scompenso cardiaco, aritmia, asma) o assunzione di farmaci/sostanze (corticosteroidi, insulina, ormoni tiroidei, salbutamolo, caffeina).

Ansia: la terapia

La terapia dell’ansia si avvale:
della psicoterapia: terapia cognitiva e psicoterapie psicodinamiche;
farmaci: inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI), inibitori della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina (SNRI), benzodiazepine.

Non sempre la depressione e l’ansia si manifestano con quadri clinici definiti. Infatti, oltre a presentare gravità variabile, si può avere una sintomatologia sfumata o l’associazione delle due condizioni con prevalenza dell’una o dell’altra. Il DSM V (Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi Mentali) codifica le caratteristiche peculiari di depressione e ansia permettendo di conoscere quali differenze le caratterizzino.


L’AUTORE: Anna Ucchesu


Dal Sito: .laleggepertutti.it