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mercoledì 9 dicembre 2020

Attacchi di panico notturni: cosa sono e come affrontarli




Sintomi e 
caratteristiche degli attacchi di panico notturni

Gli attacchi di panico sono un problema molto comune e si manifestano, nella maggior parte dei casi durante il giorno. Però possono giungere inaspettatamente anche nel corso della notte.

I sintomi più frequenti di questi risvegli improvvisi notturni sono un senso di profonda angoscia, tachicardia, sudorazione, mancanza di fiato, tremori, vampate di calore, dolore al petto.

Ne deriva che il soggetto avrà difficoltà a riaddormentarsi per il timore che queste sensazioni si possano ripresentare.

Ciò che distingue gli attacchi di panico notturni da quelli che si presentano di giorno è il livello di consapevolezza e di vigilanza. Di notte il soggetto si trova in una condizione di maggiore fragilità ed impotenza. In questa situazione di maggiore vulnerabilità le persone si spaventano particolarmente e possono arrivare a richiedere l’intervento medico temendo un attacco cardiaco o altre potenziali minacce di morte.

Di fatto gli attacchi di panico notturni comportano una forte angoscia ma non risultano dannosi per la salute fisica dell’individuo. In alcuni casi si sperimenta uno stato di allerta continuo, soprattutto nelle ore che precedono l’addormentamento, per la paura che i sintomi possano ripresentarsi. Si può arrivare a cercare di evitare e/o ritardare di andare a letto per non ripetere l’esperienza angosciante.

Il soggetto svilupperà in questo modo una tendenza ad avere un sonno più leggero e avrà una maggiore probabilità di risvegliarsi fino a manifestare veri e propri disturbi del sonno.

Prevalenza e caratteristiche degli attacchi di panico nella notte

Gli attacchi di panico notturni sono molto più frequenti di quello che si possa immaginare. Si stima che il 50-70% delle persone che soffrono di disturbo di attacchi di panicosperimentino, almeno una volta, un attacco di panico notturno. Questi individui mostrano livelli di preoccupazione più intensi per le crisi notturne.

Il DSM-5 classifica gli attacchi d’ansia notturni entro la più ampia categoria degli attacchi di panico inaspettati. Cioè che si verificano indipendentemente da fattori situazionali scatenanti (APA, 2013). Gli attacchi notturni non presentano sintomi diversi da quelli diurni.

Le ricerche

Secondo alcune ricerche (the fear of loss of vigilance theory; Tsao & Craske, 2003), chi soffre di panico notturno teme le situazioni in cui si riduce l’attenzione prestata agli stimoli esterni. Come nei momenti di relax e quindi anche durante il sonno. Infatti, in tali circostanze può essere più difficile prevedere e tutelarsi da eventuali pericoli.

Altri autori (Smith, Albanese, Schmidt & Capron, 2019) hanno ipotizzato che coloro che soffrono di crisi di panico notturne manifestino maggior intolleranza all’incertezza, ovvero reggano con maggiore difficoltà situazioni imprevedibili e incerte.

In questo caso il soggetto avrebbe più paura che durante la notte possa accadere un evento inaspettato a cui non è pronto a reagire. Rispetto a chi soffre di attacchi di panico esclusivamente diurni, chi ha attacchi notturni si sente anche meno capace di agire in situazioni imprevedibili.

Inoltre, chi sperimenta attacchi notturni teme maggiormente di essere incapace di proteggersi dalle spiacevoli conseguenze di eventi dannosi. Le ricerche sottolineano in aggiunta che il soggetto che soffre di crisi d’ansia notturne risulta essere più sensibile all’ansia, preoccupandosi del giudizio o del rifiuto altrui. Questo dato potrebbe significare che gli individui che hanno attacchi di panico notturni manifestino sintomi di ansia socialee temano quindi che la persona con cui dormono possa notare e giudicare negativamente le proprie difficoltà legate al sonno.

Attacchi di panico notturni, pavor nocturnus e apnea notturna

Gli attacchi di panico notturni vanno distinti dal pavor nocturnus e dall’apnea notturna. Il Pavor Nocturnus è un disturbo del sonno molto comune nei bambini. Si verifica tipicamente nel sonno profondo e si manifesta come un risveglio improvviso. Spesso in preda a lacrime, forte ansia e sintomi vegetativi come tachicardia, sudorazione e respiro corto.

La prima differenza quindi tra attacco di panico e pavor nocturnus è l’ora in cui questi avvengono. Gli attacchi di panico in genere si presentano tra la mezz’ora e le tre ore dopo essersi addormentati, quindi nella fase del sonno non-rem.

Il terrore notturno avviene nella fase rem ed è legato ad un incubo e appena la persona si rende conto di aver fatto un brutto sogno si calma e riesce ad addormentarsi. Nell’attacco di panico ci sono solamente sensazioni angosciose, non c’è ricordo di un sogno e il soggetto non riesce facilmente a rilassarsi e riaddormentarsi.

Invece i risvegli causati da apnea del sonno non sono tipicamente caratterizzati da forte ansia. Però questo disturbo del sonno potrebbe avere un legame con  l’origine degli attacchi di panico notturni, influendo sulla frequenza cardiaca e sulla pressione sanguigna.

Possibili cause dell’attacco di panico notturno

Gli attacchi di panico notturnipossono essere condizionati dagli eventi e le situazioni che viviamo durante il giorno, dal consumo di droghe o alcol e dalla maggiore attivazione individuale legata alla presenza di un disturbo d’ansia.

Una condizione comune tra chi soffre di attacchi di panico notturno è lo stress con una conseguente maggiore produzione di adrenalina e cortisolo da parte dell’organismo. Così il soggetto vivrà una condizione di allerta continua, con una maggiore predisposizione ai risvegli in preda al panico.

Inoltre, la paura di avere altri attacchi di panico (paura anticipatoria) può ostacolare l’addormentamento, causando un peggioramento generale della qualità del sonno, lo sviluppo di disturbi del sonno e l’aumento del livello di stress.

Nonostante i ricercatori non abbiano ancora individuato con precisione le cause degli attacchi di panico notturni e diurni, è possibile identificare alcuni comuni fattori di rischio:

Fattori genetici/familiarità (membri della famiglia con una storia di attacchi di panico)

Tratti di personalità e disturbi psicologici sottostanti come ansia sociale, fobie etc…

Eventi di vita stressanti come perdita di lavoro, perdita di una persona cara, problemi familiari, separazione/divorzio etc…

Cosa fare e a chi rivolgersi per ricevere un aiuto

E’ molto difficile riaddormentarsi dopo un risveglio in preda al panico e aspettare che torni il sonno non è la soluzione migliore. Può essere invece utile alzarsi, ricorrere a tecniche di respirazione lenta e profonda o altre tecniche di rilassamento (es. yoga, training autogeno, rilassamento muscolare).

Per prevenire l’insorgere degli attacchi di panico è importante adottare uno stile di vita che consenta una migliore gestione dello stress, imparando a dedicare del tempo al piacere e alla cura personale.

E’ importante arrivare ad una corretta diagnosi, escludendo condizioni fisiche come problemi cardiaci o tiroidei, che possono presentare sintomi simili.

Una volta individuato il problema e intrapreso un trattamento adeguato, la guarigione si verifica in pochi mesi, ma potrebbe richiedere un tempo maggiore a seconda dello specifico caso.

La psicoterapia

La Terapia Cognitivo Comportamentale è il trattamento di prima scelta per il disturbo di panico e aiuta le persone a comprendere e gestire gli attacchi di panico.

La Terapia Cognitivo Comportamentale si pone l’obiettivo di modificare gli stili di pensiero disfunzionali e i comportamenti messi in atto in certe situazioni.

Può capitare che le persone nel tentativo di agevolare il sonno utilizzino strategie scorrette che non fanno altro che alimentare il problema (es. abuso di alcol e psicofarmaci o assunzione di bevande eccitanti come il caffè o drink energizzanti).

Il compito del terapeuta è guidare il paziente ad apprendere tecniche per gestire e ridurre i sintomi dell’ansia e talvolta la psicoterapia può essere coaudiuvata dall’uso di farmaci. I farmaci però dovrebbero essere utilizzati parallelamente a una terapia psicologica. La maggior parte dei pazienti trattati solo farmacologicamente ha infatti una ricaduta una volta terminata l’assunzione farmacologica.


Dal Sito: ipsico.it 

giovedì 26 novembre 2020

Stressata o ansiosa? Come capire la differenza e agire di conseguenza





Capire la differenza tra l'essere stressata o ansiosa è importante per affrontare questo stato d'animo e ritrovare vitalità!

Non c'è da meravigliarsi se siamo tutti costantemente sotto pressione e preoccupate, soprattutto in questo delicato periodo. Capire la differenza tra l'essere stressata e ansiosa e agire di conseguenza può aiutarti a superare vecchie paure e ad affrontare la vita con rinnovata energia. Non soccombere e prova a reagire. Sia lo stress quotidiano sia l'ansia sono sentimenti che tutti proviamo. La vita è come una giostra, fatta di alti e bassi, prove da affrontare e situazioni da gestire. Spesso frasi come "sono stressata" o "sono ansiosa" vengono usate indistintamente nelle nostre conversazioni, magari confidandoci con un'amica.

Differenze

Tendiamo a dare a entrambi i termini lo stesso significato. E, invece, ci sono differenze fondamentali trastress e ansia. Essere stressata non è come essere ansiosa: è importante che ne diventi consapevole per sapere come agire e gestirti al meglio. Nell'ansia predomina la paura, nello stress le preoccupazioni. Se pensi di non riuscire a farcela e uno dei due stati d'animo diventa così intenso da influire sulla qualità della tua esistenza è opportuno che ti rivolgi a un professionista. Ecco le principali differenze tra stress e ansia e come capire quando è il momento di chiedere un supporto esterno.

Stress e ansia

Lo stress è fisico e l'ansia è mentale. Pensa allo stress più come una manifestazione fisiologica di ciò che percepisci, come una minaccia esterna che ti schiaccia e opprime. Se hai una scadenza sul lavoro e non pensi di riuscire a rispettarla, anche impegnandoti 24 ore su 24, sei stressata. Senti la pressione, i tuoilivelli di cortisolo aumentano e il tuo corpo reagisce con un nodo allo stomaco, il battito cardiaco accelerato, il sudore freddo. Potresti persino sentire il bisogno di piangere. L'ansia, invece, riguarda più pensieri legati alla mente con sentimenti di preoccupazione, apprensione che ti confondono e annebbiano il cervello. L'ansia è la percezione che il mondo è troppo esigente e ti chiede sempre di più, portandoti a sopravvalutare una particolare minaccia e a sottovalutare la tua capacità di affrontarla.

Effetti e strategie

Sia l'ansia che lo stress hanno effetti simili e possono essere gestiti con le stesse strategie. Entrambi nascono dal troppo lavoro, dalla rottura di una relazione o da conflitti interpersonali e possono causare problemi cardiaci, asma, ipertensione, persino colesterolo alto. Condizioni di salute che possono peggiorare ancora di più se compare anche la mancanza di sonno. Quando la notte ti svegli di soprassalto e guardi il soffitto, girandoti nel letto presa dai pensieri negativi e facendo incubi. Una differenza tra lo stress e l’ansia è la loro proiezione nel tempo. L'ansia è spesso una risposta all'idea che qualcosa di brutto potrebbe accadere, quindi è più uno sguardo terrorizzato verso il futuro. Fortunatamente puoi gestire lo stress e calmare l'ansia. In che modo?

Non devi farti sopraffare. Quando hai la sensazione che la società e gli impegni quotidiani ti richiedono troppo, la prima reazione non deve essere di lavorare di più. È inutile. Più duramente spingi e più stress provi. Quindi la risposta è riconoscere che lo stress ha un impatto su di te. Fermati, prima che ti sfugga di mano.

Assicurati che le tue esigenze più elementari siano soddisfatte. Non aspettare di provare rabbia. Entra in contatto con la tua confort zone, amiche o amici più stretti, e racconta loro quello che ti sta divorando e ti lacera dentro. Ma soprattutto concediti e assicurati di far davvero spazio a un po’ di tempo libero per rilassarti e fare le cose che ti piacciono.

Meditare. Bastano pochi minuti ogni giorno. Scarica un'applicazione di meditazione o segui un corso di yoga, anche online. Prendere consapevolezza e contatto con il tuo corpo ti aiuterà ad essere più in sintonia con l'ambiente esterno e il modo in cui agisce su di te e le tue emozioni. Meditare e fare esercizi di yoga renderà più facile rilassarti, soprattutto se senti avvicinare lo stress.

Fai qualcosa che ti appaghi ogni giorno. Trova il tempo, durante la giornata, di fare qualcosa che ti piaccia, da una corsa mattutina a una bella risata con un amico davanti a un caffè, fino a un corso di pittura. Assicurati che succeda e pianificalo nella tua lista dei preferiti: è un ottimo modo per combattere la sensazione di essere stressata.

Respira profondamente. Sembra così facile, eppure spesso ci dimentichiamo di farlo. Imposta la sveglia sul tuo telefono, e per una volta ogni due ore, fai tre respiri lentie profondi. Segnali così al tuo cervello che non ci sono minacce.

Terapeuta

Quando ci si deve preoccupare? Quando stress e ansia che devono essere temporanei, diventano cronici e influiscono sulla tua capacità di vivere la tua vita. A quel punto potrebbe essere il momento di parlare con terapeuta che possa aiutarti. Lo stress positivo non è nocivo, ma quando si mantiene nel tempo può trasformarsi in ansia, e questa può causare anche attacchi di panico che limitano enormemente la tua vita.

Dal Sito: donnamoderna.com

mercoledì 18 novembre 2020

Ansia e depressione da Covid-19, come comportarsi


Le restrizioni causate dall’epidemia di Coronavirus hanno fatto registrare un aumento di casi ansiosi e depressivi. Nell’articolo alcuni rimedi per superare le paure. 

Le nuove restrizioni per fasce regionali, hanno determinato un nuovo isolamento per le persone che, soprattutto in zona rossa, hanno il divieto di uscire di casa se non per motivi strettamente necessari. Non è possibile, ad esempio, far visita ad un amico, prendere un caffè in un bar o, semplicemente, passeggiare al parco. Questo, nel periodo appena trascorso, ha fatto registrare un aumento degli stadi depressivi negli over-50. I dati parlano del passaggio da uno stadio di solitudine ad uno depressivo almeno un caso su 5.

Lo studio

Uno studio condotto dall’University College di Londra e pubblicato sulla rivista The Lancet Psychiatry, ha analizzato un campione di 4200 individui e i primi dati hanno rivelato l’aumento del rischio di ammalarsi di depressione negli anni futuri, indotto proprio dalla condizione attuale. “Abbiamo visto che il sentirsi soli – ha spiegato Gemma Lewis, coordinatore dello studio – è un forte fattore di rischio per la depressione, più di quanto lo sia l’effettivo numero di contatti sociali di una persona. Quindi non è tanto importante il tempo trascorso in compagnia, ma quanto ci si sente effettivamente soli“.

I traumi più diffusi

Oltre alla depressione e all’aumento degli stati ansiosi, si sono registrati una serie di disturbi post traumatici da stress. Tra questi incubi, irritabilità, tachicardia, difficoltà del sonno, abuso di alcol e medicinali, calo dell’attenzione e attacchi di panico.

I rimedi

Per uscire da una condizione di stress emotivo e psicologico, prima che questo possa sfociare in una vera e propria patologia, è possibile ricorrere a piccoli rimedi. Innanzitutto, è necessario concedersi del tempo per metabolizzare l’accaduto in maniera obiettiva e riconoscere il disagio, senza provare vergogna per la condizione che si vive e senza aver fretta di ritornare alla normalità subito. Parlarne con qualcuno e condividere gli stati d’animo, magari con chi vive la stessa condizione, può essere un valido aiuto. Evitare di cercare ossessivamente notizie sui contagi o leggere articoli di esperienze traumatiche. Sul web girano tantissime fake news, che potrebbero alterare la verità e la percezione della realtà. Cercare, per quanto possibile, di riprendere i ritmi quotidiani e cercare nuovi hobby e opportunità per impiegare il tempo. Qualora la situazione dovesse persistere, è raccomandabile chiedere l’aiuto di un esperto, che saprà dare le giuste indicazioni per affrontare ansie e forme depressive.

Dal Sito: atuttonotizie.it

martedì 10 novembre 2020

Burnout (Sindrome da Burn-Out): Cos’è? Cause, Sintomi e Terapia






Il burnout è un insieme di sintomi che deriva da una condizione di stress cronico e persistente, associato al contesto lavorativo.

La sindrome da burn-out dipende dalla risposta individuale ad una situazione professionale percepita come logorante dal punto di vista psicofisico. In tale contesto, l'individuo non dispone di risorse e strategie comportamentali o cognitive adeguate a fronteggiare questa sensazione di esaurimento fisico ed emotivo.

Pertanto, il lavoratore che ne è soggetto, arriva al punto di "non farcela più" e si sente completamente insoddisfatto e prostrato dalla routine quotidiana. Nel tempo, il burnout può condurre ad un distacco mentale dal proprio impiego, con atteggiamento di indifferenza, malevolenza e cinismo verso i destinatari dell'attività lavorativa. Il burnout non va sottovalutato, considerandone i sintomi passeggeri e poco importanti: la demoralizzazione e la negatività per il proprio contesto possono sfociare, talvolta, nella depressione e in altri disturbi più complessi da affrontare.

Le strategie per superare la sindrome da burn-out sono diverse e comprendono la psicoterapia cognitivo comportamentale, la modifica delle abitudini lavorative e l'adozione di misure utili a contrastare lo stress nella quotidianità.

Cos’è

Cos'è il Burn-out?

"Burn out" è un termine di origine inglese che letteralmente significa "bruciato", "esaurito" o "scoppiato".  Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il burnout è una sindrome derivante da stress cronico associato al contesto lavorativo, che non riesce ad essere ben gestito.

La sindrome del burnout è caratterizzata da una serie di fenomeni di affaticamento, delusione, logoramento e improduttività che sfociano in prostrazione e disinteresse per la propria attività professionale quotidiana.

Il Burnout è una sindrome

Nel maggio 2019, il burnout è riconosciuto come "sindrome" e, come tale, è elencato nell'11esima revisione dell'International Classification of Disease (ICD), il testo di riferimento globale per tutte le patologie e le condizioni di salute. L'Organizzazione Mondiale della Sanità definisce il burnout come un "fenomeno occupazionale" derivante da uno stress cronico mal gestito, ma specifica che non si tratta di una malattia o di una condizione medica.

Cosa non è il Burnout

Il burnout si riferisce soltanto al contesto lavorativo e, per definizione, non deve essere esteso ad altri ambiti della propria vita. Questo fenomeno occupazionale non va confuso, inoltre, con disturbi specificamente associati allo stress, come nel caso, ad esempio, del disturbo post-traumatico da stress, nonostante alcune manifestazioni possano essere condivise.

Non si può parlare di burnout, quindi, se:

Si è affetti da stress cronico in altre situazioni, come quelle familiari o relazionali;

Si soffre di:

Disturbi d'ansia e fobiespecifiche;

Disturbi dell'adattamento;

Disturbi dell'umore, fra cui la depressione.

Non si tratta di burnout quando lo stress lavorativo è solo temporaneo, prevedibile e limitato nel tempo e le reazioni all'impegno psicofisico regrediscono con brevi pause di recupero.

Cause e Fattori di Rischio

Burnout: quali sono le cause?

Il burnout va inteso come un processo multifattoriale che riguarda sia i soggetti (variabili individuali, come sesso, età e stato civile), che la sfera organizzativa e sociale nella quale lavorano. Questa forma di esaurimento è determinata da una condizione di stress cronico inserito in un contesto lavorativo e/o derivante da esso, nella quale viene percepito uno squilibrio tra richieste-esigenze professionali e risorse disponibili.



La sindrome da burnout è sostenuta, quindi, da un vissuto di demotivazione, delusione e disinteresse. I ritmi intensi, le richieste pressanti e la responsabilità lavorativa in combinazione alla tendenza ad identificarsi con la propria professione, determinano spesso un grande investimento di energie e risorse che, nel tempo, può facilitare la comparsa di questa forma di esaurimento.

Variabili individuali

Fattori socio-demografici

Età: alcuni esperti del settore sostengono che l'età avanzata costituisca uno dei principali fattori di rischio di burnout; altri ritengono, invece, che i sintomi siano più frequenti nei giovani, le cui aspettative sono deluse e stroncate dalla rigidezza delle organizzazioni lavorative;

Stato civile: persone senza un compagno stabile sembrano essere più vulnerabili a sviluppare questa forma di esaurimento psico-fisico.

Differenza di genere: le donne sarebbero più esposte degli uomini al pericolo di soffrire di burnout.

Caratteristiche di personalità

Tendenza a porsi obiettivi irrealistici;

Personalità autoritaria o introversa (incapacità di lavorare in team);

Concetto di sé come indispensabile;

Abnegazione al lavoro, inteso come sostituzione della vita sociale;

Motivazione ed aspettative professionali elevate.

Fattori socio-ambientali e lavorativi

Un ambiente di lavoro non favorevole può portare a manifestazioni psico-fisiche, con un significativo impatto negativo sul benessere della persona. Il burnout può essere correlato a diverse componeneti della sfera lavorativa, di tipo organizzativo o correlati alla comunicazione e alla sicurezza sul luogo di lavoro, come:

Le aspettative connesse al ruolo:

Carico eccessivo di lavoro: se superiore alla capacità dell'individuo di farvi fronte può predisporre al burnout;

Mancanza di controllo sulle risorse necessarie per svolgere il proprio lavoro: sembra esservi un'associazione tra il burnout e la carenza di autonomia per attuare l'attività nella maniera che ritiene più efficace o le abilità di assumersi la responsabilità di decisioni importanti;

Valori contrastanti: l'incongruenza tra i valori dell'individuo e dell'organizzazione può tradursi nella pressione di una scelta tra ciò che si vuole fare e ciò che, invece, si deve fare;

Attività inadeguate rispetto alle competenze del lavoratore o aumento di responsabilità, senza la giusta compensazione;

Le relazioni interpersonali:

Difficili interazioni con colleghi o clienti;

Frequenti conflitti nella programmazione del lavoro o interruzioni;

Le caratteristiche dell'ambiente di lavoro:

Politiche sanitarie e di sicurezza inadeguate;

Bassi livelli di supporto ai lavoratori;

L'organizzazione stessa del lavoro:

Comunicazione e gestione insufficiente;

Compiti e obiettivi poco chiari;

Programmi che cambiano spesso;

Orari inflessibili e scadenze irrealistiche;

Partecipazione limitata o scarsa nei processi decisionali della propria area di lavoro.

A queste situazioni, si aggiungono:

Mancato riconoscimento (sia sociale, che economico) del risultato;

Assenza di equità (cioè la percezione di onestà e correttezza che favorisce soddisfazione e motivazione);

Presenza di rischi alti, come per i soccorritori o gli agenti di pubblica sicurezza;

Mobbing e molestie psicologiche.

Burnout: chi sono i soggetti più a rischio?

Inizialmente, la sindrome del burnout è stata correlata alle cosiddette "helping professions", cioè le professioni sanitarie e assistenziali che prevedono un contatto con le persone o deputate alla difesa, alla sicurezza pubblica ed alla gestione delle emergenze: infermieri, medici, insegnanti, assistenti sociali, operatori per l'infanzia, poliziotti e vigili del fuoco.

In seguito, si è riconosciuto che il burnout può associarsi a qualsiasi contesto lavorativo in cui esistano forti condizioni stressanti e pressanti (come, ad esempio, può accadere per le posizioni di grande responsabilità lavorativa) o implicazioni relazionali molto accentuate (es. avvocato, ristoratore, politico, impiegato delle poste, segretaria ecc.).

Sintomi e Conseguenze

Sindrome da Burnout: come si manifesta?

La sindrome del burn-out caratterizzata da un rapido decadimento delle risorse psicofisiche e da un peggioramento delle prestazioni professionali.

Il burnout non si manifesta quasi mai in modo improvviso, ma è il risultato di un processo graduale che si sviluppa nel tempo. All'inizio, il lavoratore si trova a sostenere con forte impegno le mansioni che gli vengono assegnate, allo scopo di mantenere le proprie capacità di rendimento. Tuttavia, il forte carico di lavoro associato a poche fasi di riposo può tradursi in un vero e proprio sfinimento psichico.

Nella maggior parte dei casi il burnout, si sviluppa in modo subdolo: spesso, chi ne soffre non se ne accorge e considera normali i primi campanelli d'allarme, come insonnia, cefalea, mal di stomaco, insofferenza per i turni e poca motivazione per lo svolgimento dell'attività lavorativa.

Un segno caratteristico del burnout è che il lavoratore non riesce a recuperare nonostante le possibilità di riposo (la sera, nel fine settimana, in vacanza ecc.).



Caratteristiche del Burn-out

Le manifestazioni della sindrome da burnout sono numerose e varie, ma tre caratteristiche sono sempre presenti:

Senso di esaurimento o depauperamento delle energie

L'esaurimento emotivo è il sintomo centrale del burnout e consiste nel sentimento di essere svuotato e annullato dal proprio lavoro. Le persone colpite si sentono sfinite sul piano emotivo, fisico e mentale.

Aumento della distanza mentale dal proprio lavoro

Nel burnout, si manifesta un atteggiamento di distacco mentale dalle proprie mansioni con aumento dell'isolamento dal proprio lavoro con ridotta efficacia professionale. Inoltre, sono presenti sentimenti di negativismo o cinismo relativo al proprio impiego e nei confronti delle persone che richiedono o ricevono la prestazione o il servizio (colleghi, clienti, superiori).

Ridotta efficacia professionale

La ridotta realizzazione personale, la percezione della propria inadeguatezza al lavoro, la caduta dell'autostima e il sentimento di insuccesso nel proprio lavoro si traducono nel calo dell'efficienza personale: il lavoratore percepisce di diventare sempre meno efficiente, nonostante si impegni di più nelle proprie mansioni.

Burnout: sintomi fisici, psicoemotivi e comportamentali

Rispetto alla routine lavorativa quotidiana, il burnout si rende evidente con le seguenti manifestazioni psicologiche e comportamentali:

Mancanza di iniziativa;

Difficoltà a portare a termine i compiti;

Distacco emotivo e ridotto interesse verso il proprio lavoro;

Difficoltà nelle relazioni con gli utenti;

Demotivazione;

Alta resistenza ad andare al lavoro ogni giorno;

Rigidità di pensiero e resistenza al cambiamento;

Cinismo e atteggiamento colpevolizzante nei confronti degli utenti;

Assenteismo;

Depersonalizzazione;

Senso di frustrazione.

Dal punto di vista emotivo e cognitivo, i sintomi del burnout comprendono:

Difficoltà di concentrazione;

Bassa stima di sé;

Senso di colpa, fallimento, rabbia e risentimento;

Agitazione, irritabilità e nervosismo;

Infelicità;

Pianto frequente;

Indecisione;

Mancanza di attenzione;

Difficoltà a pensare in modo chiaro;

Mancanza di creatività;

Preoccupazione costante.

Per quanto riguarda i sintomi fisici, il burnot comporta:

Stanchezza;

Insonnia;

Tachicardia;

Mal di testa;

Nausea;

Inappetenza;

Dolori e problemi digestivi;

Senso di soffocamento;

Tremori;

Sudorazione alle mani;

Mal di schiena e tensioni muscolari;

Vertigini;

Ipertensione;

Disturbi sessuali o riproduttivi.

Complicanze

La sindrome da burnout è una situazione di forte disagio per il soggetto e può comportare diverse conseguenze nella vita quotidiana dell'azienda. Gli effetti negativi del burnout si ripercuotono, infatti, nell'ambiente di lavoro e finiscono con il coinvolgere anche l'utenza, a cui viene offerto un servizio inadeguato. Il lavoratore dimostra di non tollerare colleghi, clienti e superiori con insofferenza, atteggiamenti critici, aumento della conflittualità e altri comportamenti negativi.

Il burnout può condurre, inoltre, il soggetto ad un abuso di alcol, cibo, farmaci o sostanze psicoattive. Se non s'interviene, si possono verificare isolamento, autolesionismo e impoverimento della vita di relazione, disturbi d'ansia, crisi di panico e depressione.

Diagnosi

Come viene stabilita la diagnosi di burnout?

La diagnosi del burnout è stabilita da un professionista competente in materia (medico del lavoro, psichiatra, psicologo ecc.) quando il soggetto manifesta i sintomi fisici, psicologici e comportamentali tipici della sindrome.

Per comprendere l'entità della patologia e stabilire un adeguato piano di intervento, vengono intrapresi dei colloqui, per raccogliere informazioni relative al livello di compromissione delle funzioni generali ed alle caratteristiche con cui si manifesta il burnout (da quanto tempo e con quale intensità). Questa valutazione ha, inoltre, l'obiettivo di trovare i collegamenti tra il disagio sperimentato dal paziente ed i fattori che scatenano o contribuiscono a mantenere la sindrome del burnout.

L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha fornito direttive e criteri di riferimento ai medici per diagnosticare la sindrome del burnout. Al contempo, lo stesso organismo sta per intraprendere lo sviluppo di linee guida basate sull'evidenza del benessere mentale nei luoghi di lavoro.

Trattamento e Rimedi

Quali interventi sono previsti in caso di Burnout?

La risoluzione del burnout prevede un approccio sia a livello organizzativo, che a livello individuale.



Innanzitutto, l'intervento deve favorire una maggiore consapevolezza del problema nella propria vita professionale, quindi il soggetto che ne soffre deve riconoscere i fattori responsabili dello sviluppo e del mantenimento dell'esaurimento psicofisico. Inoltre, è necessario comprendere le relazioni esistenti tra il comportamento personale, il proprio vissuto ed il contesto di vita e lavorativo.

Successivamente, le strategie per affrontare il burnout prevedono la modifica del comportamento e degli atteggiamenti in coerenza a quanto acquisito. In aggiunta a tale cambiamento, può essere necessario un periodo di psicoterapia.

Se s'interviene tempestivamente con un'adeguata assistenza medica o psicologica, si evita che si inneschino meccanismi più complessi e difficili da gestire. Sul luogo di lavoro, il burnout può essere affrontato chiedendo sostegno al proprio superiore, al reparto risorse umane oppure all'ufficio competente dell'azienda. Al contempo, è possibile accrescere il supporto sociale, non solo di colleghi e amici, ma anche dei familiari, cercando di bilanciare al meglio il rapporto lavoro-vita privata.

Psicoterapia per il Burnout

Gli interventi psicoterapeutici, come quello cognitivo-comportamentale, contribuiscono a migliorare la prognosi del burnout, tenendo conto della complessità della patologia e della specifica individualità del soggetto.

Questo percorso è finalizzato a fornire al paziente informazioni chiare e specifiche sul suo disturbo (es. sintomi, decorso ecc.), per aiutarlo a gestire la sintomatologia che comporta e:

Favorire un adeguato esame di realtà;

Ripristinare le funzioni principali della persona;

Ridurre le difficoltà sociali, cognitive e psicologiche;

Favorire il superamento degli episodi sintomatici in modo costruttivo per giungere ad un nuovo equilibrio.

Prevenzione

Come prevenire il Burnout

Rispettare le proprie esigenze (sonno, cibo, attività fisica ecc.) e risposare a sufficienza nei momenti di recupero dopo il lavoro: l'importante è ritagliarsi del tempo per fare ciò piace;

Fissare obiettivi ragionevoli, senza pretendere troppo da sé stessi;

Quando la mole di lavoro sembra davvero eccessiva, definire le priorità con il vostro superiore oppure, se è possibile, delegare ad altri alcune delle mansioni da portare a termine;

Evitare i conflitti con i colleghi ed adottare un atteggiamento proattivo;

Condurre uno stile di vita sano (sport, dieta ecc.) per una maggiore resilienza nel fronteggiare qualsiasi tipo di esperienza stressante.

mercoledì 28 ottobre 2020

Reprimere le emozioni aumenta l'ansia




In più di un’occasione reprimere le emozioni diventa un vero calvario. Perché le emozioni sono fatte per essere espresse, per venire alla luce. Non per essere tenute nascoste.

I disturbi d’ansia si presentano quando vi è un problema di natura emotiva. Non sappiamo gestire bene le emozioni e, soprattutto, abbiamo seri problemi a esprimerle.

Trovate ridicolo piangere perfino quando siete soli? Non riuscite a urlare smorzando il suono con un cuscino? Se vi è successo, potreste avere un problema nell’esprimere le vostre emozioni.

Quali convinzioni agiscono su di voi?


Quando soffriamo di un problema emotivo, è importante individuare le convinzioni che forse ci spingono a reprimere le emozioni.

Quali possono essere queste convinzioni?

Piangere è da deboli.

Mostrare le mie emozioni è una cosa da bambini.

Devo controllarmi, sono un adulto.

Io sono forte, devo sopportare.

Più in Home

Ci sono molti pensieri che crediamo essere veri, ma che in realtà promuovono alcune azioni che vanno contro di noi.

Da piccoli esprimiamo le nostre emozioni senza vergogna. Ma a poco a poco, i nostri genitori cercano di frenarci.

Con frasi come “comportati bene”, “non fare questo o quello”, “smetti di piangere”, provocano inconsapevolmente una leggera repressione che gradualmente crescerà sempre di più.

Così, quando raggiungiamo l’età adulta, ci sentiamo come imprigionati in noi stessi. Non siamo in grado nemmeno di piangere quando siamo soli. E a quel punto arriviamo a reprimere le emozioni!

Tuttavia, anche se tutto sembra andare bene, quando appare l’ansia è un chiaro segnale di avvertimento che dobbiamo dare sfogo alle nostre emozioni.

Reprimere le emozioni causa ansia

L’ansia può sorgere in modo molto graduale. Tuttavia, si tratta di un avvertimento e, se non vi prestiamo la dovuta attenzione, alla fine diventerà aumenterà sempre di più.

Quando appare l’ansia, dobbiamo guardare noi stessi e cominciare a gestire meglio le nostre emozioni.

Questo non significa che dobbiamo reprimerle o controllarle ancora di più, bensì che permetterci di esprimerle.

Se siamo arrabbiati, perché non dirlo? Non c’è bisogno di gridare o di trasformarsi in una persona che fa ricadere la sua ira sugli altri. Si deve imparare ad ascoltarsi e a farsi valere. Con le parole giuste, è possibile far presente la propria rabbia e, dunque, non doverla tenere dentro di sé.

Se si desidera, è anche possibile non esprimerla in pubblico, ma manifestarla una volta tornati a casa prendendo a pugni un cuscino o gridandogli contro. La cosa importante è esprimerla, farla uscire e non tenerla dentro.

Non importa se in un primo momento vi vergognate, nessuno vi sta guardando! Si tratta di un processo graduale e sarà molto liberatorio per voi.

Se reprimiamo le emozioni, alla fine l’ansia comincerà a controllare la vostra vita.

Guardare la fonte del problema


A volte per smettere di reprimere le emozioni e sapere quali convinzioni stanno agendo su di noi, è necessario guardare dentro noi stessi per vedere cosa sta succedendo.

Ma perché ci risulta così difficile farlo? Perché fa male. Perché nella maggior parte dei casi abbiamo una ferita non cicatrizzata che ci causa ancora dolore.

Tuttavia, sopportare il dolore e sforzarsi di scoprire l’origine di ciò che sta causando la nostra ansia, ci assicurerà un grande successo.

Solo agendo in questo modo possiamo capire il problema e risolverlo. Essere consapevoli di quello che ci accade, renderà tutto molto più facile.

Avete problemi di ansia? Vi capita spesso di reprimere le emozioni? Porre fine a tutto questo è un processo lungo, fastidioso e faticoso, ma avrà un esito molto positivo.

Tirare fuori tutto quello vi tormenta dentro e non nascondete nulla, vi aiuterà a evitare di esplodere all’improvviso a causa dell’accumulo delle emozioni.

Non lasciamo che reprimere le emozioni ci induca in uno stato di ansia insopportabile.

giovedì 15 ottobre 2020

Cortisolo: impariamo a controllare l’ormone dello stress


Cortisolo: impariamo a controllare l’ormone dello stress

Come agisce la sostanza che ci mantiene all'erta e ci preserva dai pericoli, ma che può creare disagi e danni alla salute.


Alzi la mano chi non dice, mentalmente o ad alta voce, almeno una volta al giorno: che stress! Si tratta di uno stato al quale attribuiamo per lo più un significato negativo, come sinonimo di ansia, disagio e fatica; ricordiamo però che non sempre lo stress viene per nuocere: è infatti quella condizione che ci permette di affrontare al meglio le emergenze che possiamo incontrare nelle nostre giornate. In queste situazioni il nostro organismo libera una serie di sostanze che ci aiutano a fronteggiare la situazione di pericolo: il grande regista di questo complesso meccanismo è il cortisolo, noto, appunto, come ormone dello stress. Vediamo come funziona e come mantenerlo nei giusti limiti. 

STRESS BUONO E CATTIVO – In fisica, il termine stress indica la tensione a cui può essere sottoposto un corpo elastico senza spezzarlo. L’immagine rende bene l’idea: in campo psicologico la stessa parola esprime la risposta fisica e psicologica che l’organismo mette in atto davanti a compiti percepiti come pericolosi ed eccessivi o, più in geniale, quando si avverte uno squilibrio tra le sollecitazioni che si ricevono dall’esterno e le risorse a disposizione per fronteggiarle. Di per sé, dunque, lo stress non è negativo: ci consente di trovare le energie necessarie a fronteggiare gli imprevisti, ci mantiene lucidi e concentrati sui nostri obiettivi e ci fa anche scoprire di avere capacità inaspettate. In questo caso si parla di eustress (o stress buono). Quando però lo stato di allerta si protrae troppo a lungo e non è seguita dal necessario rilassamento, può avere conseguenze negative per l’organismo e allora si parla di distress, o stress cattivo. 

 

IL REGISTA – L’ormone che presiede alle condizioni di stress è il cortisolo, il quale agisce in tre fasi distinte: l’allerta, la resistenza e l’esaurimento. In pratica, quando percepiamo un pericolo (allerta), il cervello manda un segnale alle ghiandole surrenali le quali producono cortisolo, con il compito di fornire all’organismo le risorse necessarie a fronteggiare la situazione. Nei momenti che avvertiamo come pericolosi, il cortisolo determina un aumento di glicemia nel sangue, per avere la “benzina” necessaria all’azione.  Insieme ad altre molecole, come adrenalina e noradrenalina, provoca inoltre un aumento della pressione sanguigna per migliorare le prestazioni fisiche e la prontezza (resistenza), necessarie ad elaborare una soluzione o, al limite, per essere pronti alla fuga. Passato l’allarme, l’organismo si rilassa (esaurimento) e torna in equilibrio, con la diminuzione del tono muscolare, del ritmo respiratorio e cardiaco. 

 

NEL CORSO DELLA GIORNATA – La produzione di cortisolo è più elevata al mattino, al momento del risveglio, per fornirci l’energia necessaria ad affrontare l’inizio di una nuova giornata. La produzione segue poi una curva che risente della pressione a cui siamo sottoposti nelle varie fasi delle nostre attività quotidiane, e tende ad abbassarsi la sera, predisponendoci al riposo. Se però viviamo una condizione particolare di ansia, di attività troppo intensa e se i livelli di ormone dello stress non si abbassano, il ritmo sonno-veglia può risentirne. Se il problema si protrae troppo a lungo possono anche esserci conseguenze importanti sulla nostra salute. 

 

I RISCHI PER LA SALUTE – Livelli troppo elevati di cortisolo specie negli orari serali possono causare, oltre alle difficoltà nel buon riposo, possono aumentare i rischi di ipertensione e di conseguenti forme di arteriosclerosi, che aumentano a loro volta il rischio cardiovascolare. Un eccesso cronico di cortisolo indebolisce il sistema immunitario, può favorire l’osteoporosi e persino l’obesità.

 

COME CONTROLLARE L’ORMONE DELLO STRESS – I livelli di cortisolo si misurano con un esame del sangue che, all’occorrenza, può essere prescritto dal medico. Nella vita quotidiana, purtroppo, viviamo continuamente situazioni che generano stress negativo e che non si trovano sotto il nostro controllo, ad esempio sul lavoro o nel caso di rapporti difficili in famiglia. Anche se molte di queste condizioni non sono modificabili, possiamo cercare di mettere in atto qualche misura di contrasto: 
- adottare uno stile di vita sano, con una corretta alimentazione e un po’ di attività fisica, moderata e regolare, che contribuisca a scaricare gli eccessi di stress e  mantenere buono il tono dell’umore.
- Evitare il più possibile le situazioni che generano ansia eccessiva (sottrarsi alle discussioni troppo accese, limitare le occasioni di incontro con persone negative).
- Cercare di dormire e riposare un numero adeguato di ore.
- Imparare qualche tecnica di auto-aiuto, come yoga, rilassamento, meditazione.
- Conservare un po’ di tempo per sé e per quello piace: uno spazio di distensione e di divertimento è un ottimo alleato per recuperare dopo un picco di stress. 


Dal Sito: tgcom.24.mediaset.it


martedì 15 settembre 2020

Ansia da prestazione, come curarla per vivere meglio





Si verifica in molti ambiti della vita e assale chi ha manie di perfezionismo: ecco come affrontarla perché non degeneri.

Con i tempi accelerati che viviamo, tra lavoro, studio, relazioni familiari e sociali e un mondo di interessi da poter seguire e coltivare, capita che il nostro organismo inizi a manifestare dei segni di insofferenza. Perché, questo è chiaro, non siamo fatti per andare tanto velocemente, ma il nostro corpo e la nostra mente hanno bisogno di ritmi di vita più lenti.

Tra i vari disturbi che si possono verificare, l'ansia da prestazione si presenta quando siamo presi dal timore di una difficoltà nei più svariati ambiti: lavorativo, scolastico, relazionale, sessuale e sportivo, da parte di chi ritiene assolutamente indispensabile il successo o il raggiungimento di un obiettivo in quelle situazioni. Questo disturbo è associato al giudizio delle altre persone, che pesa sui soggetti che ne soffrono: per chi soffre di ansia da prestazione il risultato di una prova deve essere assolutamente positivo. Se non si ottiene il successo perseguito, il soggetto vive un profondo malessere. Sul piano sessuale, l’ansia da prestazione colpisce uomini e donne che vedono nella performance un valore assoluto. Ma questo eccesso di ansia che può derivare dalla paura di non essere all'altezza della situazione e di deludere il partner, impedisce di vivere serenamente il rapporto sessuale; la prima possibile conseguenza di questo, nel medio periodo, è un calo del desiderio o una difficoltà nel raggiungimento dell'orgasmo.

Nelle relazioni interpersonali, l'ansia da prestazione si verifica quando il soggetto ha l’esigenza suprema di essere accettato, riconosciuto e stimato. Sul piano scolastico o lavorativo, invece, questo disturbo può insorgere per la voglia di dimostrare la propria bravura a un genitore durante il proprio percorso di studi o di diventare affermati nel contesto professionale. In ogni caso, le situazioni in cui si vive questa ansia saranno sempre correlate dal soggetto che ne soffre in termini di approvazione-crescita o disapprovazione-perdita dell'autostima.

Come capire se soffri di ansia da prestazione

In generale, i sintomi spia dell’ansia sono:

• stress e irritabilità;

• insonnia;

• problemi alla digestione

• disturbi del desiderio sessuale.

Questi sintomi associati all’ansia tendono ad aumentare quando si avvicina il momento di dare prova di sé e possono generare problemi in ogni ambito della vita della persona. 

Superare l’ansia da prestazione: i rimedi

Non bisogna prendere sottogamba questo disturbo: se non viene trattato adeguatamente, infatti, l’ansia da prestazione può portare a patologie più gravi, come ansia generalizzata, attacchi di panico, ossessioni e fobia sociale. Ciò che scatena l’ansia legata alle prestazioni è legato al fatto che in ogni situazione ci saranno sempre elementi che sfuggono al controllo della persona e che, quasi sempre, il successo o il fallimento saranno influenzati da qualcosa che non dipende da noi. Questo avviene per raggiungere qualsiasi risultato scolastico, lavorativo, sportivo o sessuale. Se ci si concentre sul risultato finale si alimenta, pertanto, la situazione di ansia. Ecco perché non dobbiamo pensare a questo. Bisogna non pensare a dove si vuole arrivare, pittosto concentrarsi sul processo per raggiungere l’obiettivo prefissato. Un aiuto in questa tecnica può venire dal guardare solo agli elementi che si trovano sotto il proprio controllo. Concentrarsi su cose che non si possono gestire fa aumentare l’ansia da prestazione e occupa la mente in pensieri inutili, capaci di generare solo impotenza e paura.

L’approccio consigliato dagli psicologi è dunque questo:

• concentrarsi sulle cose su cui si può avere controllo;

• non pensare agli elementi che non possiamo controllare.

Tra l’altro, vivere in uno stato di ansia continua è faticoso e stancante, dato e ci assorbe enormi energie mentali e fisiche, generando solo ulteriori ostacoli al raggiungimento degli obiettivi.


Dal Sito: today.it

sabato 15 agosto 2020

Come combattere l'ansia estiva


Tra i sintomi più frequenti che l’estate porta con sé c’è l’ansia diffusa senza un motivo preciso. Un’insoddisfazione generalizzata che contagia ogni momento della giornata impedendo di godere di tutto ciò che di buono, utile o piacevole  potremmo avere a disposizione.

Come tutti i sintomi che non hanno un motivo evidente che li fa nascere anche quest’ansia ha molti motivi spesso lontani  dal momento in cui insorgono. La somiglianza con l’ansia che accompagna spesso l’avvicinarsi delle feste natalizie è sicuramente uno degli aspetti che ci aiutano a capirne la natura.

Natale ed estate, per motivi diversi, ci portano entrambi a fare i bilanci; come e quanto sappiamo gestire i rapporti con amici e parenti, se abbiamo o no un numero minimo di amici e relazioni significative e se siamo o no in grado di instaurarle o se siamo invece votati a un destino di solitudine…e in ogni caso ci sembra sempre che gli altri abbiano più capacità di noi, che loro abbiano una vita più piena di amicizie ecc. E’ naturale un senso di malessere diffuso legato a questi pensieri che inconsciamente circolano dentro di noi…Tanto vale esserne coscienti e cercare di capire come ci condizionano.

Un cambiamento radicale nel modo di pensare è in questo caso il fatto preliminare che ci consente di venir fuori da questo stato d’animo. Ovviamente non è vero che gli altri sono tutti sempre più felici di noi, semmai è vero che tutti hanno difficoltà ad avere rapporti significativi e gratificanti con gli altri, parenti, amici o colleghi che siano; in ogni caso si può sempre approfondire e chiarire come instauriamo i rapporti con gli altri e che difficoltà abbiamo, riflettendoci con calma da soli o chiedendo aiuto ad un esperto.

Quello che si può fare subito è cercare un rapporto diretto con le cose; mare, acqua, cibo, colori del mare, paesaggi ecc. dando il massimo spazio alla sensitività, cercando di avvicinarsi alle cose in modo sereno e rilassato, anche usando tecniche di rilassamento se ne conosciamo, in ogni caso abolendo quel filtro che si mette in mezzo tra noi e le cose e ci impedisce di sentirle, di sentirci vivi in un rapporto diretto con esse. Pian piano la sensitività sblocca i sentimenti e fa sparire l’ansia e l’insoddisfazione, insieme alle autocritiche

Dal Sito: psicologi-italia.it

martedì 14 luglio 2020

Ansia estiva: come ridurre lo stress



Ogni anno in questo periodo si registrano picchi di stress, un po’ dovuti al caldo, un po’ dovuti al fatto che tra poco inizia il periodo delle ferie. Ansia e stress sono sei disturbi molto frequenti, sopratutto nel periodo più caldo dell’estate dove ci si mette l’afa: se si lavora in ufficio, ad esempio, sarà facile avere dei forti cali energetici dovuti alle temperature esterne piuttosto alta. L’ansia è una risposta data dal nostro fisico ad alcune situazioni che vengono percepite come pericolose, delle “minacce” spesso neanche esistenti.

Questo stato di allerta viene detto ansia e si ha un profondo e continuo stato di apprensione. Possiamo dire che l’ansia o la paura non è di base qualcosa di pericoloso, ma il disturbo continuo potrebbe rivelarsi alla lunga rischioso. I rischi dell’ansia possono avere anche delle forse fisiche, quindi non solo uno stato d’apprensione: parliamo di effetti paralizzanti che bloccano gli arti, problemi di respirazione o sonno. In estate il non riuscire a dormire potrebbe anche essere dovuto all’ansia eccessiva, dovuta ad esempio da un periodo di forte stress lavorativo in un periodo dove anche l’ambiente “stressa” già di suo il corpo.

Quando si capisce di avere ansia, e dunque si percepiscono i sintomi sopra descritti, allora occorre anche combattere l’ansia. Gestire le proprie paure, organizzarsi al meglio le giornate, dedicarsi ad attività soddisfacenti e tanto altro ancora può alleviare lo stress: questo potrebbe essere il primo passo per ridurre drasticamente i sintomi dell’ansia. Le fasi d’ansia generano anche delle tensioni muscolari, specialmente nel collo e nelle gambe. Ci sono tanti modi per ridurre lo stress, come fumare la marijuana legale Seven Hemp, oppure dedicarsi a varie attività sportive. Vediamo un po’ come fare.

Chi pratica meditazione o yoga sa bene che la respirazione, nonostante sia un processo automatico e involontario, può essere controllata per sentirsi bene. Esercitarsi a controllare la respirazione serve a sapersi gestire meglio: grazie a respiri profondi esercitati dal diaframma, sarà possibile respirare meglio e a rilassarsi. Per maggiori informazioni su come imparare a respirare meglio, controllando i flussi di aria introdotti nei nostri polmoni, occorre fare un corso di yoga o meditazione.

Solo in questo modo si riuscirà a capire bene come sia importante imparare a respirare bene per ridurre ansia e stress. Meditare e respirare bene aiuta anche a dormire meglio: se si hanno disturbi del sonno o problemi nell’addormentarsi, allora fare dei lunghi respiri può aiutarci a rilassarci prima di dormire.

Bevande anti stress

All’inizio del nostro articolo abbiamo accennato all’uso della canapa legale per dormire meglio e gestire gli stati d’ansia. Partendo dal presupposto che sostanza e bevande eccitanti, come quelle contenuti caffeina e teina non sono indicate per dormire bene, dato che stimolano eccessivamente il nostro organismo, vediamo adesso quali sono le bevande anti stress per eccellenza.

Probabilmente una delle sostanze più rilassanti con la quale è possibile fare un infuso è la Teanina, una sostanza naturale che viene direttamente dalle fogli del tè che, a differenza della teina, allevia lo stress fisico e mentale. Altre erbe utilizzate per il rilassamento sono la Melissa, la Valeriana e la Camomilla, che come si sa hanno effetti rilassanti e coadiuvano il sonno.

Dal Sito: legnostorto.com

giovedì 18 giugno 2020

Ansia e stress da lavoro


Nella nostra società, in cui tutto viene vissuto in modo frenetico e sempre di corsa, è molto facile incorrere nel tipico stress da lavoro, condizione dalla quale sembra impossibile sfuggire: le crescenti richieste di rapidità, produttività ed efficienza, unite alla precarietà generalizzata, rendono difficile affrontare le giornate con quella serenità che permette di vivere bene e rendere al meglio.

Ansia e stress da lavoro: come si declinano

Ci sono due forme tipiche di stress:

Eustress: consiste nell’attivazione fisiologica e psichica che permette di dare il meglio dal punto vista della concentrazione e dell’attenzione, sfruttando al massimo le risorse personali per raggiungere un obiettivo prefissato.

Distress: consiste in una forma di stress costante e prolungato, che comporta molta sofferenza a livello psicofisico e che si manifesta con sintomi quali ansia, insicurezza, paura e timore di perdere il controllo.

Sindrome da burnout: si tratta di un collasso energetico ed emotivo, che può essere devastante a livello personale e pericoloso per la salute, in quanto chi ne è colpito viene prosciugato dal carico di obblighi e impegni da svolgere. È un disturbo che si manifesta in occupazioni che implicano un forte coinvolgimento emotivo e, soprattutto, quando si riscontra difficoltà di adattamento ai cambiamenti, diventando più vulnerabili e negativi. Il burnout si manifesta con segnali importanti da non sottovalutare, a livello fisico, con l’insorgenza di disturbi della pelle, intestinali, inappetenza, insonnia e cefalea e a livello psichico con la comparsa di disinteresse e insoddisfazione, senso di impotenza e frustrazione, isolamento, ansia, attacchi di panico, depressione, chiusura e riduzione dell’efficienza del proprio lavoro.

Ansia e stress da lavoro: consigli e rimedi

Per combattere ansia e stress sul lavoro è utile mettere in pratica alcuni semplici accorgimenti:

Individuare le possibili cause. Travolti dai numerosi impegni e scadenze da rispettare, è possibile trovarsi sempre in affanno e con il timore di non concludere in tempo il compito assegnato: per questo è molto importante darsi delle priorità, stabilendo gli obiettivi da raggiungere e trovando il giusto ordine tra le attività da svolgere nell’arco della giornata.

Avere maggiore flessibilità. Per contrastare ansia e stress è consigliabile adottare un atteggiamento flessibile, imparando a riorganizzare in modo rapido il lavoro, qualora le richieste subiscano delle modifiche. Essere mentalmente rigidi non aiuta, ma genera solo stress e nervosismo.

Fare esercizio fisico e adottare una sana alimentazione. Nel tempo libero bisogna cercare di rilassarsi, sfruttando ogni occasione per dedicarsi alle attività preferite, per esempio praticando sport abbinato a tecniche di rilassamento come la meditazione o lo yoga. All’esercizio fisico è utile accostare una corretta alimentazione, prediligendo carboidrati complessi e ricchi di vitamine, per avere la giusta dose di energia per svolgere il proprio lavoro.

Dormire il giusto numero di ore.Secondo gli esperti un adulto dovrebbe dormire in media 7-8 ore per notte, soprattutto se bisogna affrontare giornate dense di impegni. Mantenere una certa routine, ridurre le fonti luminose e di disturbo, dimenticare i pensieri e le preoccupazioni sono gli ingredienti giusti per rilassarsi e riposare correttamente.

Dimostrare positività e consapevolezza delle proprie capacità. Quando ci si trova ad affrontare un compito particolarmente impegnativo non bisogna scoraggiarsi ma essere consapevoli delle proprie competenze e capacità: assumere un atteggiamento positivo e fiducioso, facendosi forza con le sfide difficili già superate, permette di mantenere alta l’autostima ed eseguire al meglio il lavoro.

Parlare con i colleghi. Condividere le proprie preoccupazioni e difficoltà con i colleghi con i quali c’è un rapporto di confidenza può essere di grande aiuto, in quanto permette di vedere le situazioni da un’altra prospettiva, sentendosi meno soli e individuando soluzioni alternative.

Dire »no» quando è necessario. In situazioni in cui ci si trova pieni di lavoro, molto stressati e non si è in grado di dare il proprio contributo a un progetto o a un’attività, è giusto saper dire di no. Non è il caso di sentirsi in colpa, perché saper riconoscere i propri limiti è un passo importante per la propria autostima e per avere rapporti corretti e sinceri con le altre persone.

Consultare il medico se lo si ritiene opportuno.  Se ansia e stress sul lavoro diventano ingestibili, compromettendo la propria qualità della vita, è giusto consultare il medico di fiducia, per ottenere un approccio terapeutico mirato.



Dal Sito: salute.ilgiornale.it

giovedì 28 maggio 2020

Pensiero negativo e stress: ecco gli organi che si ammalano


C’è chi le chiama energie negative, chi pensieri tossici o chi semplicemente lo etichetta come stress. A prescindere dal nome usato, quando siamo intossicati, il nostro corpo secerne una serie di molecole dannose per l’organismo, tali sostanze incidono negativamente sulla salute della nostra pelle, del nostro cervello, del cuore, del fegato e su altri organi vitali, senza considerare che condizionano negativamente la nostra esistenza rendendoci mal predisposti verso la vita in generale e verso il prossimo.

I danni dello stress e della negatività sull’organismo possono tradursi addirittura con un calo della vista.

Come è chiaro, i danni fisici del nervosismo possono essere molteplici e coinvolgere gli organi e i tessuti più disparati. I cosiddetti “ormoni dello stress” hanno un impatto negativo anche sulla memoria e sui collegamenti del nostro sistema nervoso centrale.

Gli ormoni dello stress

Lo stress scatena una cascata di ormoni nel nostro organismo fino a causare uno “stato di agitazione persistente“. Nel nostro corpo, lo stress si manifesta con una secrezione psico-indotta (cioè indotta dalle nostre emozioni/sensazioni) di ormoni catabolizzati da parte delle ghiandole surrenali. Nella fattispecie, gli ormoni “direttamente” legati allo stress sono il cortisolo e l’aldosterone che, in breve, causano:
-costrizione dei vasi cutanei (la pelle diventa più pallida)
-aumento della frequenza cardiaca
-broncodilatazione
-inibizione del rilascio e dell’efficacia dell’insulina. L’insulinoresistenza dettata dallo stress potrebbe essere correlata al diabete mellito di tipo 2
-alterazione del metabolismo
-calvizie e caduta di capelli
-eccessiva dilatazione delle pupille con possibili problemi alla vista
-altri sintomi psicosamitici

I danni dello stress sul sistema muscolo-scheletrico

Quando siamo stressati il corpo si irrigidisce: la tensione muscolare è una reazione riflessa allo stressperché il fisico si mette in stato di allerta e sta in guardia contro danni e dolore. Lo stress cronico perpetua una tensione di base e quando la muscolatura è tesa per lunghi periodo possono insorgere frequenti emicranie, dolori muscolari e torcicollo.

Il corpo è più predisposto a danni fisici come slogature, atrofie e traumi. In questo contesto, le tecniche di rilassamento si sono rivelate molto efficaci nell’alleviare la tensione muscolare e diminuire l’incidenza dei disturbi legati allo stress su questo sistema.

I danni dello stress sull’apparato respiratorio

Come premesso, lo stress causa un aumento della frequenza cardiaca e broncodilatazione. Lo stress ci fa respirare più forte, questo non è un problema per la gran parte di persone, ma per chi soffre di asma o allergie, può essere una condizione davvero sgradevole. Lo stress può causare iperventilazione che può essere, a sua volta, causa di un attacco di panico in soggetti predisposti o ansiosi. Anche in questo caso si consiglia di seguire tecniche di rilassamento e respirazione.

I danni dello stress sulla pelle

Il dermatologo Dr. Papier direttore scientifico della Rochester di New York, non è sorpreso del fatto che l’attuale crisi economica ha visto un aumento di pazienti con problemi di acne, rughe e altre malattie della pelle. Lo stress ha un forte impatto sull’organismo e quello legato alle problematiche economiche non è da meno.

La salute della pelle è direttamente correlata allo stress. Come visto, sotto stress i livelli di cortisolo aumentano. Il cortisolo danneggia il collagene e provoca infiammazioni, il risultato è l’acne, macchie cutanee, psoriasi e dermatite atopica (eccessivo prurito, chiazze rosse, sfoghi cutanei).

Inoltre lo stress aggrava sintomatologie già presenti o può predisporre a malattie infettive come per l’herpes e l’herpes zoster. I danni fisici dello stress continuano con l’orticaria che può anche cronicizzarsi, forme di eczema e altri condizioni di prurito cronico come il lichen simplex che innesca una sorta di circolo vizioso: che ne soffre si gratta, causando l’ispessimento delle pelle con un conseguente aumento del prurito.

Come visto, i danni dello stress sulla pelle sono molteplici, lo stress causa un’ipersensibilità cutanea tanto che le persone particolarmente stressate, solo a leggere le parole pulci o pidocchi, potrebbero iniziare a percepire prurito e grattarsi!

Stress e calvizie

Lo stress è strettamente correlato alla caduta di capelli. Lo stress può causare un’improvvisa perdita di capelli rallentando o arrestando del tutto il processo di crescita del follicolo dei capelli. Una volta che il follicolo entra permanentemente in una fase di riposo, ci resterà per circa tre mesi, durante i quali bisognerà imparare a gestire lo stress per non inciampare in un nuovo ciclo di caduta. Di solito, i capelli ricrescono nello donne mentre nei maschi potrebbero anche permanere nella fase di riposo. Se avete problemi di caduta di capelli legata alla stress, provate a rinforzare e proteggere i follicoli con i super-alimenti che proteggono i capelli.

I danni dello stress sull’apparato gastrointestinale

Lo stress causa scompensi sul metabolismo ed è correlato a fattori psicologici che potrebbero modificare il nostro comportamento alimentare: sotto stress c’è chi mangia di più o chi non mangia perché “gli si chiude lo stomaco”. In ogni caso si va incontro a reflusso acido e bruciore di stomaco. In casi estremi lo stress può essere causa di ulcere gastriche. A livello intestinale, lo stress influenza la digestione a livello qualitativo (quali sostanze nutritive possono essere assorbite) e quantitativo (quanto veloce sarà il passaggio degli alimenti nel tratto intestinale, così può essere causa di intestino pigro o al contrario, diarrea). Può interessarvi: Intestino pigro, rimedi naturali.

Stress e cervello

Non mancano danni dello stress sul cervello, è vero che lo stress influenza la memoria e anche le capacità sociali.
Il sistema nervoso ha diverse “divisioni”, quella “centrale” che coinvolge cervello e midollo spinale e quella “periferica” che consiste nelle innervazioni date dal sistema nervoso autonomo e somatico. Il sistema nervoso autonomo ha un ruolo diretto nella risposta fisica allo stress.

A livello de cervello lo stress si esplica con cambiamenti a lungo termine della struttura celebrale. I neuroscienziati della University of California Berkeley, hanno scoperto che lo stress nei bambini piccoli può portare addirittura a difficoltà di apprendimento nonché a una grossa predisposizione di disturbi dell’umore nella vita da adulti.

Lo stress rimpicciolisce il cervello 
Lo stress può modificare la struttura del cervello fino a ingrossarne o rimpicciolirne alcune parti, si tratta delle differenze nel volume di materai grigia rispetto alla sostanza bianca, così come le dimensioni dell’amigdala e il numero di sinapsi (collegamenti). La ricercatrice Daniela Kaufer, dall’UC Berkeley ha visto come lo stress cronico (correlato a eccessivi livelli di cortisolo) può causare una sovrapproduzione di mielina con un minor numero di neuroni rispetto al normale. Lo studio è stato pubblicato sul numero di Febbraio 2014 dell’autorevole rivista Molecular Psychiatry.

Stress e disturbi psicosomatici

I disturbi somatici legati allo stress sono numerosi, ogni sintomo rileva un disagio che talvolta ha radici psicologiche piuttosto che fisiologiche. A tale scopo vi rimandiamo alla lettura dell’articolo Sintomi psicosomatici, il tuo corpo sta cercando di dirti qualcosa.

Stress e mestruazioni

Lo stress può influenzare il ciclo mestruale in diversi modi. Alti livelli di stress possono essere correlati a mestruazioni dolorose o irregolari. Possono anche esserci variazioni nella durata dei cicli. La sindrome premestruale è amplificata dai danni dello stress e può essere accompagnata da crampi, ritenzione idrica e umore negativo.

Altri danni fisici dello stress

Lo stress può danneggiare il cuore (aumento della frequenza cardiaca e restringimento dei vasi), causare ipertensione arteriosa, indebolisce le nostre difese immunitarie, può causare seri danni agli apparati genitali maschili e femminili nonché mestruazioni anomale o menopausa prematura. Nei maschi lo stress può addirittura portare a disfunzione erettile o impotenza, con scarsa produzione di testosterone e di sperma. Lo stress causa invecchiamento precoce, indebolisce la vista e ci predispone a malattie e problemi muscolari.

Secondo alcuni studi, lo stress potrebbe causare fisiopatologie ancora più gravi, fino alla produzione di cellule cancerose. In questo contesto vi invitiamo a leggere l’articolo “la mente ci guarisce più dei farmaci”

Trovare il modo per gestire lo stress

L’importante non è unicamente l’esperienza vissuta, ma come ognuno la vive. Provate a rallentare i vostri ritmi frenetici, anche le situazioni può stressanti possono essere affrontate con calma e una certa serenità d’animo. L’alimentazione può aiutarvi ad affrontare bene la vita, vi consiglio di leggere l’articolo La Dieta della Felicità, quali alimenti scegliere?.

La mente e il corpo soffrono molto per i danni causati dallo stress. E’ essenziale trovare il modo per gestire lo stress e affrontare al meglio le difficoltà che si stanno vivendo. Se ritenete che il vostro carico di stress è eccessivo da poter gestire da soli, parlatene con un amico o familiare e se questo non dovesse bastare valutate un supporto professionale. Per imparare a gestire lo stress e l’ansia di tutti giorni, potrebbe tornarvi utile la pagina dedicata ai disturbi d’ansia e ai rimedi con l’autotraining.

sabato 2 maggio 2020

Somatizzazione ansia: sintomi fisici, cause e rimedi





La somatizzazione dell’ansia è un tipo di somatizzazione che si presenta normalmente quando la nostra ansia, protratta per lunghi periodi, si esprime attraverso dolori fisici che non hanno in realtà apparenti cause organiche ma piuttosto sono rappresentazione di una condizione psicologica alterata.

Disturbo somatoforme e somatizzazione

Abbiamo già visto in altri articoli, come il disturbo somataforme e la somatizzazione in generale derivino da cause legate a diverse matrici, tra cui per esempio problemi interpersonali e famigliari o traumi famigliari, ma anche disturbi psichici dell’umore, come ansia, depressione o disturbo bipolare.

Nel caso dell’ansia in particolare è possibile che possano sorgerediversi disturbi psicosomatici dovuti a uno stato d’ansia che si protrae nel tempo e si manifestino sotto diverse forme: dal mal di pancia, al mal di schiena, alla cervicale o al mal di testa. Questi sintomi potrebbero essere un sintomo, a loro volta, del nostro stato d’ansia (sempre e quando non esistano cause scatenanti che vanno studiate con un medico e con esami clinici adeguati), anche se potremmo non esserne coscenti.

Nei casi per esempio di stress post traumatico, si sono verificati casi dove i sintomi fisici si sono manifestati a lunga distanza temporale dall’evento traumatico, rendendo difficile così la sua individuazione.

Cos’è l’ansia somatizzata

I problemi psichici vengono espressi attraverso disturbi dell’umore, del comportamento e a volte attraverso disturbi fisici.

Così l’ansia, i pensieri sconnessi o ossessivi, lo stress, o altre forme di problemi psichici si possono riversare sul corpo creando mal di pancia, mal di testa, mal di schiena e di cervicale, problemi alle articolazioni, problemi di respirazione e altre sintomatiche derivanti dalla connessione tra mente e corpo.

Questi tipi di disturbi sono appunto disturbi che rientrano nell’ambito della somatizzazione perché non hanno una matrice organica o fisica ma bensì psicologica, e sono pertanto molto difficile da diagnosticare, poiché non hanno una causa tangibile.

Non sempre la somatizzazione dell’ansia è qualcosa di patologico (lo diventa quando per intensità e durata è molto ampia ed eccessiva): si pensi a un momento di nervosismo o tensione, per esempio prima di un esame importante o di un colloquio, che sfocia in un mal di testa o in un mal di pancia. La connessione tra mente e corpo è molto forte, perché molto spessoattraverso il corpo esprimiamo le nostre emozioni e le nostre nevrosi.

Quando queste somatizzioni diventano molto dolorose, di un’intensità molto alta e frequente e duratura nel tempo, si parla però di un vero e proprio disturbo. Normalmente per diagnosticare una somatizzazione si realizzano delle prove cliniche adeguate secondo un medico di riferimento, accompagnate da una terapia psicologica che cerca di trovare le cause di tale disturbo.

L’ansia può essere sia una causa che una conseguenza della somatizzazione: l’ansia può sia causare che accompagnare tali disturbo, perché normalmente le persone che ne soffrono possono sviluppare una serie di problemi socio-comportamentali che possono mettere a rischio vari aspetti della vita quotidiana.

Ansia, mente e corpo

Ma come mai l’ansia ha tutto questo potere sul nostro corpo? Secondo alcuni studi, sembra che il tutto sia collegato al nostro sistema nervoso autonomo.

Per mantenere l’equilibrio di molte funzioni del corpo, preservandolo dai tanti stimoli e pericoli che possono arrivare dall’ambiente, il sistema nervoso attua diverse strategie, che sono appunto involontarie e senza che l’individuo ne sia consapevole.

A parte il cervello, il sistema nervoso autonomo si divide in due parti, il sistema simpatico e parasimpaticoche agisce attraverso diversi organi del corpo per rispondere ai diversi stimoli dell’ambiente, per poterlo preservare e mantenere in equilibrio.

Per esempio il sistema simpatico prepara gli organi all’emergenza o all’attività favorendo l'aumento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, della glicemia e più in generale l’attivazione dell’organismo e l’attivazione dell’energia. Mentre il sistema parasimpatico agendo sugli stessi organi, realizza l’effetto opposto calmante.

La gestione di questi due sistemi viene realizzata dal cervello, che funziona come una vera e propria centrale operativa che analizza tutte le funzioni del corpo, sempre senza la nostra volontà. Una parte importante in questo controllo, lo esercita una parte del cervello chiamato sistema limbico, responsabile della gestione delle emozioni.

Questo punto è molto importante: a ogni nostra emozioni non corrispondono solo delle sensazioni ma anche delle risposte degli organi del nostro corpo, mediate dal sistema nervoso autonomo.

Questo spiega perché inconcomitanza con malattie psicologiche che generano ansia, panico e terrore possano verificarsi anche dei sintomi fisici, che non hanno una radice organica ma psicologica.

I sintomi dell’ansia somatizzata

I sintomi da somatizzazione possono essere diversi e possono manifestarsi in diverse aree del corpo anche separate. Inoltre bisogna anche considerare che le persone che soffrono d’ansia e hanno problemi a livello di somatizzazione, è più probabile che sentano un grado infiammatorio più alto del normale, perché l’ansia e lo stresso possono portare effettivamente maggiori problemi al nostro fisico e predisporci allo sviluppo di alcune patologie fisiche.

I disturbi che l’ansia può portare sono collegati sia alla sfera fisica,come per esempio il mal di stomaco, ma anche alla sfera neurologica,come per esempio le vertigini, o alla sfera sessuale, come per esempio l'assenza di interesse.

Proviamo a fare una breve lista e dopo ne approfondiremo alcuni:

dolore muscolare

Vertigini

Nausea

Problemi di coordinazione muscolare e degli arti

Perdita di memoria a breve termine

Gastrite e bruciori di stomaco

Colon irritabile

Affanno e sensazione di respiro corto

Sensazione di oppressione toracica

Nodo alla gola

Nodo allo stomaco

Tendenza a sviluppare malattie autoimmuni (come per esempio psoriasi o dermatiti)

Tachicardia o palpitazioni

Disturbo del sonno

Dal lato psichico invece i disturbi dell’ansia possono avere queste sintomatiche:

agitazione

Pensieri ossessivi

Paura

Irritabilità

Sentirsi sempre in pericolo o in una situazione di minaccia costante.

Nei prossimi paragrafi cercheremo di approfondire alcuni dei casi più comuni di ansia somatizzata.

Ansia somatizzata allo stomaco sintomi

L’ansia somatizzata allo stomaco ha vari sintomi, ma sopratutto lo stomaco è uno dei punti più colpiti da questo disturbo, proprio perché esiste un legame profondo tra cervello e stomaco. Si dice infatti che lo stomaco sia il nostro secondo sistema nervoso, visto che comunica costantemente con il nostro sistema nervoso attraverso una serie di impulsi.

L’ansia e lo stress possono inoltre influire anche in maniera indiretta sul nostro stomaco, dal momento che in questi casi potremmo mangiare male, in fretta o al contrario mangiare poco, creando dei problemi legati anche alla nostra alimentazione (problemi gastrointestinali, gonfiore, acidità,..)

In particolare i sintomi più frequentisono:

Problemi collegati al tubo digerente, che possono variare da persona a persona (per es. stitichezza, diarrea o digestione lenta).

Alterazione della mucosa gastrica che può influire sia sull’appetito che sul mal di stomaco.

Difficoltà nell’assorbire le sostanze nutritive dovuto a una minore permeabilità delle pareti intestinali causando una minor protezione dalle tossine o dal agenti patogeni.

Problemi collegati alla rigenerazione delle pareti intestinali e del flusso sanguigno nelle pareti del tubo digerente

Riduzione della flora battericanello stomaco con conseguente destabilizzazione dell’equilibrio intestinale.

Aumento nella produzione dei succhi gastrici, che possono provocare gonfiore, acidità e gastriti Nausea e vomito, dovuti all’alterazione dei processi digestivi, causati dall’attività dei segnali tra il cervello e lo stomaco.

Mal di gola psicosomatico e ansia

Il mal di gola psicosomatico può essere collegato all’ansia, e può nascondere problemi legati alla sfera espressiva e alla capacità di comunicare i proprio pensieri.

Normalmente si manifesta con ciò che viene definito un nodo alla gola, o con conati e vomito e con la sensazione di costrizione.

Una sensazione psicosomatica comune alla gola è legata alla paura di soffocare che porta difficoltà a deglutire.

In questi casi l’ansia o un attacco di panico possono provocare realmente un restringimento della faringe,creando queste diverse sensazioni che possono portare fino all’apparizione di conati di vomito (che sono utili per cercare di allentare la tensione muscolare e riportare la faringe in uno stato normale).

Dolori cervicali, mal di testa e ansia

La testa e la cervicale sono altri punti critici per chi soffre di ansia.


Per quanto riguarda il mal di testa e la rigidità del collo, quindi anche i muscoli della cervicale, si tende a derivare la causa della somatizzazione in questo punto nel eccessiva razionalità e necessità di controllo.

Uno stile di vita improntato alla razionalizzazione e alla cerebralità,possono portare a un costante rimugino di pensieri, a un continuo tentativo di controllo verso sé stessi e le persone che si sfoga normalmente attraverso tensioni che portano a mal di testa, cefalee muscolo tensive e cervicali.

Alcuni dei sintomi del mal di testa da ansia sono:

dolori agli occhi e alle palpebre (soprattutto ai nervi)

ronzii nelle orecchie e vertigini

Infiammazione mucose naso e bocca.

Questi tipi di mal di testa sono dovuti soprattuto alla tensione muscolare:nei prossimi paragrafi vedremo come curare o mitigare questi sintomi.

Bruciore al petto e al corpo

Dolori al petto e bruciori al copro possono avere diverse origini, tra cui disturbi cardiovascolari, problemi osteoarticolari, lesioni muscolari, tumori, sovraccarico cardiaco prolungato nel tempo e ansia somatica.

La prolungata sperimentazione di emozioni negative o positive porta normalmente a provare sensazioni al petto: quando si sperimenta una grande gioia si sente il petto scoppiare di felicità, ma anche una sensazione negativa o l’ansia possono provocare fitte e dolori al petto. Non è facile capire quando una fitta al petto sia conseguenza di un periodo di ansia prolungata o sia dovuta ad altri motivi, per questo è sempre meglio consultare il medicoperché possa suggerire la terapia migliore.

Dolori articolari

Abbiamo già visto che uno dei principali effetti dell’ansia somatizzata è quello di indurre il corpo a uno stato di “tensione” e di energia, in vista di un’attività o di una fuga (che in realtà non arriverà mai: è pertanto solo un istinto naturale).

In questo caso vivere in uno stato d’ansia prolungato può portareproblemi a diversi muscoli del corpo, dalla schiena alla cervicale, e alla zona lombare.


Per quanto riguarda nello specifico idolori articolari, potrebbero essere collegati a queste tensioni muscolari,che si potrebbero riversare anche in altre parti del corpo.

In ogni caso per parlare di somatizzazione, è opportuno previamente fare esami clinici adeguati per escludere cause organiche. Per questo davanti a dolori o dubbi è sempre meglio rivolgersi a un medico per esami approfonditi.


Mal di schiena psicosomatico

La schiena è uno dei punti che possono soffrire sia dell’ansia somatizzata sia delle abitudini del nostro tempo.

Indebolità già dallo stile di vita sedentario e dalle cattivi abitudini(scarso esercizio, trasporto di peso eccessivo, etc..),  lo stress e l’ansia non fanno che aumentare la debolezza e il dolore in questo parte del corpo.

Normalmente i primi sintomi si verificano come una tensione all’altezza del collo e delle spalle che si propaga poi come un dolore non ben definito per tutta la schiena, a cui si possono anche accompagnare disturbi del sonno e spossatezza.

Questi sintomi possono anche nascondere problemi legati al sistema nervoso ortosimpatico (che fa parte del sistema nervoso autonomo di cui abbiamo parlato all’inizio di questo articolo): il suo centro principale è costituito da due file di neuroni (detti gangli) che si trovano sulla colonna vertebrale e da cui si diramano le fibre dei nervi di muscoli e ghiandole.

Un altro tratto del sistema ortosimpatico che si infiamma facilmente e può portare mal di testa e cervicale è il nervo vago, che parte dalla base dell’encefalo e innerva la maggior parte degli organi.

Questo sistema si attiva in situazioni di pericolo o disagio: in situazioni di uno stress prolungato la tensione che riversiamo su questa parte del corpo può portare dolore.

Come si può curare l’ansia somatizzata?

Come abbiamo ripetuto più volte in questo articolo, il primo passo per curare l’ansia somatizzata e il disturbo somatoforme e di somatizzazione in generale, è quello di rivolgersi a un medico perché possa realizzare gli esami necessari del caso ed escludere cause organiche e contemporaneamente suggerirci di seguire una terapia psicologica per risalire alle radici del problema.

Diagnosticare un disturbo psicosomatico non è sempre facile, perché le cause non sempre sono evidenti o recenti, ma potrebbero risalire anche a traumi infantile o passati. In ogni caso la terapia seguita da parte dello psicologo, servirà ad arrivare alla radice del problema, cercando di lavorare sui comportamenti, le emozioni e i pensieri, per cercare di sciogliere il nodo mentale (e fisico) che si crea a causa di questi problemi.