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martedì 9 maggio 2017

Apertura Gruppo di Auto-Mutuo-Aiuto





APERTURA GRUPPO AUTO-MUTUO-AIUTO


Ti invitiamo a partecipare alla serata di presentazione del

nuovo gruppo di Auto-Mutuo-Aiuto che si terrà il giorno

18 Maggio 2017, presso il Circolo Ricreativo Monticelli

Viale Dei Tigli, 1 – Ascoli Piceno alle ore 19.30.

Parleremo dell’importanza che hanno i gruppi di

auto-mutuo-aiuto per questi disturbi e di come offriremo

questo servizio.

Parteciperà alla serata la Dott.ssa Fiammetta Monte

Psicologa-Psicoterapeuta


Insieme… tutto è possibile!

Per informazioni: www.insiememedap.it - info@insiemedap.it






mercoledì 22 aprile 2015

Disturbo Evitante di Personalità: sintomi, cura e terapia da seguire.

Timore delle critiche, paura della disapprovazione e dell’esclusione e, soprattutto, la radicata convinzione di valere poco. Se tutto questo suona familiare è probabile che ci si trovi di fronte ad un disturbo evitante di personalità (DEP), che spinge chi ne soffre a rinunciare ad una vita sociale per paura di risultare inadeguato.

 

Cos’è il disturbo evitante di personalità

Il disturbo evitante di personalità è un disturbo della personalità che si manifesta solitamente all’inizio dell’età adulta. Coloro che ne soffrono vorrebbero instaurare buoni rapporti con altre persone, avere un gruppo di amici con cui uscire la sera e un partner con il quale condividere i propri interessi, ma la paura di non risultare adeguati è tanto forte e la prospettiva di un rifiuto talmente dolorosa che preferiscono isolarsi ed evitare il confronto con gli altri, soprattutto se il rapporto implicherebbe un certo coinvolgimento emotivo. Se da un lato così facendo il soggetto si sente al sicuro, dall’altro questa condizione di solitudine è vissuta con tristezza, mitigata magari da attività e hobby che non prevedano un contatto con altre persone, come ad esempio la musica, la lettura e le collezioni di vario tipo.

Sintomi del disturbo evitante di personalità

Una spiccata timidezza, un atteggiamento particolarmente riservato o la tendenza ad essere apprensivi non sono ovviamente indice di uno stato patologico. I sintomi del disturbo evitante di personalità tracciano un quadro più complesso, che prende in considerazione molti elementi. Alcuni dei sintomi principali sono un forte senso di inadeguatezza, un’estrema timidezza, la tendenza all’isolamento sociale, l’ipersensibilità alle critiche e una bassa autostima.
Chi soffre di questo disturbo tende quindi a non instaurare nuove relazioni sociali all’infuori di quelle consuete con i familiari e gli amici più stretti, pensando di non essere attraente e di non avere argomenti interessanti da condividere con altre persone; spesso rinuncia anche alla possibilità di fare carriera per evitare il confronto con gli altri. Lo stile di vita di chi soffre di disturbo evitante di personalità tende ad essere monotono e solitario, condizione che è vissuta con tristezza o fastidio: quando però il soggetto cerca di cambiare questa situazione si scontra con la sua paura di un giudizio negativo e del rifiuto.

Le cause del disturbo evitante di personalità

Le cause di questo disturbo non sono definite in maniera chiara e univoca, spesso si tratta della combinazione di più fattori sociali e biologici. Spesso chi è affetto da disturbo evitante di personalità ha avuto genitori rigidi ed esigenti oppure esageratamente protettivi, storie di abuso fisico oppure esperienze negative con i coetanei durante l’infanzia.

Disturbo evitante di personalità, come guarire

Superare il disturbo evitante di personalità è possibile. Ci sono infatti diversi tipi di trattamento, sia farmacologico che psicoterapeutico, spesso associati a strategie comportamentali.

La terapia per il disturbo evitante di personalità

Nella cura del disturbo evitante di personalità ha un posto molto importante la psicoterapia, effettuata sia a livello individuale che di gruppo con lo scopo di aiutare il paziente a controllare l’imbarazzo all’interno delle situazioni sociali e ad affrontare quindi con meno timore le relazioni con altre persone. In particolar modo, la terapia di gruppo per il disturbo evitante di personalità può aiutare chi soffre di questo disturbo a riconoscere in modo corretto l’atteggiamento degli altri nei propri confronti e a capire che la critica non è  l’unica reazione possibile da parte del prossimo; aiuta inoltre a superare l’ansia di rapportarsi con gruppi di persone. Queste sedute possono essere associate a strategie comportamentali e a training assertivi per migliorare le abilità sociali e l’autostima dei pazienti.

La cura farmacologica per il disturbo evitante di personalità

Tra i rimedi per il disturbo evitante di personalità ci sono anche i farmaci, che possono venire utilizzati in alcune fasi per tenere sotto controllo sintomi come, ad esempio, ansia e depressione. Tra i farmaci per il disturbo evitante di personalità i più comunemente usati sono quindi gli ansiolitici, che permettono al paziente di affrontare le situazioni che è solito evitare, gli antidepressivi e i betabloccanti, che riescono ad agire su alcune manifestazioni dell’ansia come rossore, sudorazione e tremore.



State of Mind

mercoledì 26 novembre 2014

Gli attacchi di panico. Sintomi e possibili cure.

Si calcola che circa il 2% delle persone soffra di attacchi di panico.
Uomini e donne vanno improvvisamente in tilt, scoprendosi spaventati, terrorizzati, angosciati, come se una sensazione di morte si stesse impadronendo di loro, senza un motivo oggettivamente comprensibile.
Perchè attacchi? Perchè sono improvvisi, intensi.
E’ come se il corpo e la mente non si comportassero più normalmente, ma come una bussola impazzita. è un disturbo molto più diffuso di quanto si pensi, anche se difficile da riconoscere e accettare.
Solitamente gli attacchi di panico accadono in momenti particolari della vita, momenti che si potrebbero definire “di passaggio” da una fase della vita all’altra.
L’attacco di panico ha cause molto profonde e antiche, di tipo psicologico­emozionale, delle quali la persona non è pienamente consapevole.
E’ un messaggio che il corpo lancia, per avvisare che c’è qualcosa che non va.
E’ legato spesso a sentimenti ed emozioni inconsce, non ascoltate che si manifestano poi sul piano fisico (disturbi psicosomatici).
All’improvviso situazioni che prima erano “normali” diventano fonte di terrore e monta disagio fisico e psichico con paura di sentirsi male, in situazioni tipiche quali in luoghi chiusi ristorante, cinema, teatro, aula, sala di riunioni, autobus, metropolitana, treno, aereo, alla guida in mezzo al traffico o in autostrada, su ponti, tangenziali, in ascensore.
Alcune persone avvertono l’attacco in luoghi chiusi e caldi, con aria viziata a letto di notte.
In genere dopo alcuni attacchi la persona impara ad evitare le situazioni) dove gli attacchi si sono verificati.. Nell’attacco di panico non c’è un pericolo oggettivo, quindi, esterno alla persona e visibile a tutti.
La sensazione di essere in pericolo è qualcosa che “invade” l’individuo e che proviene dal mondo interno, ossia dalla parte più profonda della coscienza.
I sintomi che si verificano durante l’attacco sono un mix di sintomi fisiologici, psicologici, sensoriali. Ecco i più comuni: difficoltà di respirazione; palpitazioni e tachicardia; dolore al torace;sensazione di soffocamento; vertigini, sensazione di sbandamento e instabilità; nausea, colori addominali; sudorazione; cefalea; vampate di calore alternate a brividi: tremore; rallentamento della nozione del tempo; modificazione del a percezione del a distanza; intorpidimento; sensazione di catastrofe che sta per accadere; sensazione di irrealtà; paura di perdere il controllo o di impazzire; paura di perdere coscienza; paura di provocare disastri; paura di attirare l’attenzione; paura di morire.
Alla crisi acuta, segue un periodo di stanchezza e spossatezza.
La persona sente la testa confusa, fa fatica a camminare e a mantenersi in equilibrio, ha percezioni annebbiate e sfuocate.
Il primo attacco viene ricordato come un momento di svolta. In genere, dopo il primo attacco si verificano altri episodi, sempre improvvisi e occasionali, che aumentano di frequenza e intensità.
L’ansia che possa ripetersi la crisi in situazioni simili a quella del primo episodio, crea reazioni di isolamento, di auto­limitazione . Spesso la persona ha bisogno di qualcuno fidato che l’ accompagni, le stia accanto e non esce o non va in quei luoghi se non accompagnata. Altri escono, vanno in giro seguendo però un percorso obbligato che passa sempre lungo direttrici dove, se dovesse sentirsi male, vicino ci sia un ospedale.
L’attacco di panico dura solitamente da pochi secondi a pochi minuti, fino a un massimo di mezz’ora, un’ora.
Tuttavia, la persona, che perde la percezione del tempo, ha la sensazione che la crisi sia interminabile, si accompagna a una certa angoscia, che crea un circolo vizioso che si autoalimenta e non sembra arrestarsi mai. Stando ad alcuni studi nell’attacco di panico vi sarebbe una forte predisposizione genetica.
Le basi neurologiche, biologiche, chimiche del disturbo sono complesse e note solo in parte, e comunque non sono in grado di spiegare da sole la complessità di questo problema .
Gli attacchi di panico possono essere curati efficacemente, anche se non necessariamente in modo definitivo (è possibile che la crisi si ripresenti).
Essendo un disturbo complesso, oggi si è orientati verso una cura integrata, che veda cioè la collaborazione e l’unione di più tecniche che tengano conto del e diverse variabili in gioco.
Il trattamento integrato prevede un lavoro di squadra, con il coinvolgimento di più specialisti, basato su tre elementi essenziali: ­psicoterapia: si tratta di un percorso in cui la persona si fa aiutare dallo psicoterapeuta a comprendere e modificare emozioni, pensieri e comportamenti disfunzionali per il proprio benessere­farmaci: esistono molti farmaci efficaci per il trattamento del disturbo da attacchi di panico.
Ciò non significa che tutti devono seguire una cura farmacologica.
Se, però, il medico giudica utile l’assunzione di medicinali, fortunatamente esistono molte valide possibilità. Per esempio sono utili gli antidepressivi serotoninergici, che innalzano il livello della serotonina, una sostanza importante per il controllo del panico e della depressione; lavoro di gruppo: i gruppi permettono alle persone soggette a crisi di panico di confrontarsi, di parlare dei propri problemi, di condividere idee e opinioni.
Sono inoltre importanti fare sport in quanto aiuta a sfogarsi, ad allentare stress e tensioni.
La ricerca di hobbies è un modo per accrescere la propria cultura e alimentare relazioni con persone che condividono i nostri interessi, dal’altro può diventare un modo per sfogare le proprie tensioni, per riempirsi di impegni e non occuparsi di sé in modo più complessivo, andare in vacanza, ascoltare musica,leggere , fare lunghe passeggiate.
Bisognerebbe, senza perdere di vista i propri obiettivi e la propria vita trovare il tempo di riposarsi, divertirsi, staccare la spina e ricordarsi che non si può sfuggire a sè stessi.
D.ssa Giovanna Valente
 Gazzetta di Salerno


venerdì 5 settembre 2014

Possiamo farcela!

"Adesso so che quando si avanza uniti ci sono possibilità di successo. Adesso so che se non andrò in meta io, ci andrà un mio compagno. Adesso so che cosa vuol dire rispettare un avversario che è a terra. Adesso so che potrò cadere e perdere il pallone, ma un compagno sarà pronto a raccoglierlo e a lavorarlo per me. Adesso so che bisogna avere sempre qualcosa da portare avanti. Adesso so che si può anche perdere, ma non ci si deve mai arrendere. Adesso so che per ottenere qualcosa bisogna essere determinati. Adesso so che correre non vuol dire scappare, ma andare incontro al futuro. Adesso so che affrontare la vita sarà un gioco da ragazzi e che, se la vita è un gioco, il rugby è una gran bella maniera di viverla!"
Mirko Petternella, giornalista.