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martedì 7 luglio 2020

Ansia generalizzata, come riconoscerla e come curarla per non vivere nella preoccupazione costante


L'incertezza del futuro, la perdita del lavoro, la precarietà diventata regola hanno incrementato: stress, nervosismo, insonnia, ansia e depressione.


L'emergenza Covid-19 ha prodotto conseguenze rilevanti non solo in ambito clinico ed economico, ma ha anche lasciato significative ripercussioni psicologiche.


La vita di moltissime persone è stata completamente stravolta dalla pandemia e dalle misure adottate per limitare il contagio. L'incertezza del futuro, la perdita del lavoro, la precarietà diventata regola hanno incrementato: stress, nervosismo, insonnia, ansia e depressione.


In una società dove si viveva sull'onda della velocità e degli obiettivi da raggiungere, tutto all'improvviso si è fermato. Progettare il futuro, soprattutto economico e lavorativo, è diventato difficile.

Uno dei disturbi già molto presente nella popolazione, ma che dopo il lockdown è prepotentemente emerso, è il disturbo d'ansia generalizzata, detto anche DAG o GAD (Generalized Anxiety Disorder) (American Psychiatric Association, 2013).

La parola “ansia” deriva dal termine latino “anxius”che significa affannoso, inquieto e la radice di questo termine è quella del verbo latino “angere” che vuol dire stringere, soffocare.

L'ansia infatti si caratterizza come una condizione di tensione che si manifesta con timore, apprensione, attesa inquieta. Inoltre, ci sono alcuni correlati fisiologici come: tremori, sudorazione, palpitazioni, senso di affaticamento, difficoltà a respirare normalmente.

Tra le possibili cause e fattori di rischio per sviluppare il disturbo d'ansia generalizzata si evidenziano:

- esperienze negative o traumatiche (recenti o passate);

- esposizione prolungata a  fattori stressanti;

- malattie croniche e invalidanti;

- personalità evitanti, introverse e pessimiste;

- una componente genetica che aumenta il rischio di sviluppare il disturbo.

L'elemento centrale del disturbo è il rimuginio, ovvero il continuo pensare e ripensare agli eventi negativi che potrebbero capitare, con l'obiettivo di prevederli, prevenirli e prepararsi a affrontarli. Il rimuginio riguarda la preoccupazione verso eventi futuri, percepiti come pericolosi, per i quali l'individuo sente la necessità di prepararsi e di trovare le soluzioni possibili per gestire queste minacce.

I criteri diagnostici

I criteri diagnostici per il disturbo d'ansia generalizzata proposti dal DSM-5 (American Psychiatric Association, 2013) sono riassumibili  come segue:

- presenza di ansia e preoccupazioni eccessive, che si manifestano per la maggior parte dei giorni per almeno sei mesi. Presenza di almeno due ambiti diversi di preoccupazione;

- la persona ha difficoltà nel controllare la preoccupazione;

- l'ansia e la preoccupazione sono associate con almeno tre dei sintomi seguenti: irrequietezza, facile affaticabilità, difficoltà a concentrarsi o vuoti di memoria, irritabilità, tensione muscolare, alterazioni del sonno;

- l'ansia, le preoccupazioni e i sintomi fisici provocano una significativa riduzione della qualità di vita del soggetto;

- l'ansia non è dovuta agli effetti di una sostanza o a una condizione medica;

- il disturbo non è specificato da altre condizioni mediche di natura psichiatrica.

La maggior parte dei pazienti con disturbo d'ansia generalizzata riconoscono di trascorrere molto tempo della loro giornata preoccupandosi per cose di secondaria importanza. Le loro preoccupazioni tendono a riflettere una vulnerabilità nel senso di minaccia percepita (ad es.: “qualche cosa andrà male”) e la mancanza di risorse personali nel fronteggiamento delle situazioni (ad es.: “non sono in grado di farcela”).

Le cure

Riguardo alle cure per il disturbo d'ansia generalizzata si possono prevedere: psicoterapia, tecniche di rilassamento e trattamento farmacologico.

Attraverso la psicoterapia si possono affrontare in modo separato le varie situazioni in cui l'ansia si presenta tramite tecniche comportamentali e di ristrutturazione cognitiva.

Tecniche di rilassamento possono servire ad interrompere il processo di autoalimentazione dell'ansia e abbassare lo stato di tensione generale.

Riguardo alla terapia farmacologica per molto tempo le benzodiazepine sono state i farmaci di prima scelta nel controllo dei sintomi ansiosi e tuttora sono considerate il trattamento più indicato per il controllo rapido dell'ansia e per gestire le situazioni in cui non vi sia comorbidità con un disturbo depressivo.


Dal Sito: milleeunadonna.it



martedì 24 settembre 2019

L’alcolismo e il suo utilizzo per aggirare timori


L’alcolismo, diffuso non di meno nel nostro Paese, spesso costituisce una cattiva risposta a talune situazioni che generano ansia, angoscia. Ma notoriamente esistono diverse tipologie di disturbi d’ansia: qual è quella più influente nell’uso o abuso di alcol?
È l’ansia sociale a risultare quella con un effetto più diretto sul rischio di sviluppare una dipendenza da alcol. Lo indica una nuova ricerca norvegese. Il perenne stato di allarme vissuto dalle persone fobiche può essere quindi il fattore scatenante dell’abuso di bevande alcoliche. La classica sbronza, il bere fino allo stordimento, serve alle persone che soffrono di fobia sociale a trovare un palliativo alle proprie paure.
Per quanto riguarda lo studio, attraverso la somministrazione di interviste semi-strutturate a un campione di quasi tremila adulti, i ricercatori hanno valutato la correlazione tra alcolismo e disturbo d’ansia generalizzata, disturbo di ansia sociale, disturbo da attacchi di panico, agorafobia e fobie specifiche. Ciò che è emerso è proprio che il disturbo di ansia sociale è quello che aveva una più forte correlazione con l’alcolismo, nello studio ha infatti predetto la presenza di sintomi collegabili in maniera nettamente superiore, sorprendentemente, rispetto agli altri stati ansiosi.
Questi risultati suggeriscono che gli interventi tesi all’evitamento o al trattamento dell’ansia sociale potrebbero avere un ulteriore effetto benefico preventivo nella cura dell’alcolismo. 
Secondo i ricercatori, è fondamentale riconoscere che molti individui che soffrono di questa tipologia di disturbo non sono in trattamento, questo vuol dire che si ha un potenziale sottoutilizzato, non solo per la riduzione dell’enorme quantità di diagnosi di ansia sociale, ma anche per la prevenzione di problemi relativi all’alcolismo in comorbilità con tale problema. 
A tal proposito, la terapia cognitivo-comportamentale e le sue esposizioni controllate alle situazioni temute dai soggetti, ha mostrato ottimi risultati.

sabato 5 gennaio 2019

L’ansia il male oscuro dei nostri giorni

          
Oggigiorno sono circa 17 milioni gli italiani che soffrono o hanno sofferto almeno una volta nella vita di un disturbo psichico.

Di questi oltre il 50% ha sofferto d’ansia. Questi disturbi possono compromettere seriamente la vita sociale.

L’ansia è un problema più che mai attuale nella nostra società e il numero dei soggetti colpiti in Italia è enormemente scresciuto negli ultimi anni. Questa tendenza è dovuta essenzialmente allo stile di vita che la società moderna impone.  Viviamo tutti i giorni immersi in situazioni stressanti. In ambito lavorativo, i ritmi sempre più frenetici, gli impegni sempre più onerosi in termini di tempo, la competizione portata all’eccesso e la mancanza di tempo libero costituiscono il detonatore per l’esplosione di fenomeni ansiosi; così come la precarietà, la mancanza di alternative, una crisi economica che dura ormai da dieci anni e l’incertezza di un solido futuro.

Per comprendere questo fenomeno dobbiamo capire che in realtà l’ansia è una reazione positiva dell’individuo di fronte ad un pericolo e che ha permesso la sopravvivenza dell’uomo nel corso della storia. Se non fosse costitutiva della nostra psiche, non avremmo percezione di una minaccia e non potremmo adottare le strategie necessarie per metterci in salvo. Di fronte ad serpente siamo istintivamente portati ad allontanarci che sia o meno velenoso.  Questa reazione ci salva la vita e quindi un certo livello di ansia è giusto che ci sia ed è positivo.

I problemi nascono quando questa sale troppo e si manifesta per diverse ore durante la giornata senza alcuna giustificazione. In questi casi siamo di fronte ad processo disfunzionle, cioè che non “aiuta” la persona.

Esistono diverse forme, le più comuni sono: l’ansia generalizzata e l’ansia somatizzata.

Ansia somatizzata: l’individuo non manifesta il proprio disagio psichico esternamente ma lo incanala dentro di sé. I sintomi più diffusi sono la cefalea e il reflusso esofageo. Il primo è la conseguenza di una eccessiva rigidità cervicale che genera un’infiammazione delle strutture muscolo – tendinee del collo. Questa prolungata rigidità e infiammazione porta al manifestarsi di cefalee e dolori cervicali.

Un altro organo spesso colpito è lo stomaco (non a caso assieme all’intestino è indicato come il secondo cervello). I processi che portano allo sviluppo di gastriti e reflussi sono dovuti  ad un’aumentata produzione di succhi gastrici e ad un malfunzionamento del cardias ossia la valvola, posta tra stomaco e esofago che impedisce la risalita del cibo e dei succhi gastrici. Ciò che  rileva è individuare la corretta terapia per una completa guarigione. Se quest’ultima prevede solamente un approccio farmacologico, senza affrontare il disagio psichico, i sintomi sono destinati a perdurare con il dato negativo di assumere inutilmente dei farmaci che non porteranno ad alcun beneficio.

Ansia generalizzata: è una condizione di grave e duratura preoccupazione che coinvolge l’individuo e tutti gli aspetti della sua vita. Le preoccupazioni possono riguardare la salute, la famiglia e l’ambito lavorativo. Bisogna distinguerla dall’ansia occasionale. Quest’ultima è un fenomeno comune e normale che può capitare nel corso della vita e che l’individuo normalmente riesce a superare senza un supporto terapeutico e farmacologico. Si parla di disturbo di ansia generalizzato  quando lo stato di preoccupazione è continuo, sproporzionato e ingiustificato.

Una forma molto frequente di ansia generalizzata èl’ansia anticipatoria: si manifesta quando si avverte un’eccessiva preoccupazione molte ore prima che si verifichi un evento che non necessariamente è pericoloso ma è percepito come tale dall’individuo. Questa forma d’ansia può compromettere seriamente la vita sociale dell’individuo, fino ad impedire di svolgere anche le attività più semplici come ad esempio andare al cinema o al ristorante.

I sintomi:

Sono diversi e molteplici possono verificarsi anche singolarmente:

Cefalea

Vertigini

Nausea

Sudorazione incontrollata

Tachicardia

Sensazione di grande debolezza

Formicolio alle mani, gambe molli

Problemi gastrointestinali (diarrea, stitichezza e reflusso esofageo)

Irritabilità, scatti di rabbia

Evitare gli eventi che ci preoccupano (evitamento)

Sensazione di continuo pericolo

La cura

I disturbi di ansia devono essere trattati farmacologicamente e congiuntamente  con l’aiuto terapeutico. Il medico curante dovrà innanzitutto escludere cause di salute (problemi alla tiroide, cardiologici, menopausa e abuso di alcool e droghe).

Il trattamento farmacologico deve essere necessariamente prescritto da un medico specialista e prevede normalmente l’uso controllato di benzotiazepine facendo attenzione alla tolleranza (la necessità di ricorrere a dosi sempre più elevate per controllare le manifestazioni ansiose) e alla dipendenza che questi farmaci danno.

Il trattamento cognitivo comportamentale mira ad individuare quali sono nel soggetto i pensieri disfunzionali, cioè quelle erronee convinzioni che sono generatrici di ansia per sostituirle con pensieri funzionali che aiutano la persona. Questo lento processo (un percorso terapeutico completo dura circa 4-6 mesi) deve essere necessariamente svolto da uno psicoterapeuta per essere veramente efficace. Normalmente le sedute di gruppo sono quelle che riscontrano una percentuale di successo ancora maggiore. Qui infatti attraverso la comprensione che anche altre persone soffrono dello stesso disturbo, il processo di guarigione, ostacolato dal senso di vergona che opprime chi soffre di questo disturbo, procede più velocemente.

Accettare l’ansia è il primo passo. Successivamente lo psicoterapeuta introduce nel gruppo il concetto di esposizione graduale.  Questa fase va affrontata con estrema cautela, si procede con l’esporre gradualmente la persona alle situazioni che generano ansia. E’ assolutamente necessario procedere senza fretta. Se ipotizziamo che la persona provi ansia nel frequentare luoghi affollati si inizierà accompagnandolo (un amico o una persona di fiducia del gruppo) in posti poco affollati e che il soggetto percepisce come non eccessivamente preoccupanti. Una volta che il soggetto acquisisce sicurezza si passerà a posti leggermente più affollati, si procede quindi con un esposizione graduale che prevede la cementificazione di “sicurezza” partendo da uno stadio a bassissimo livello di ansia per poi passare ad uno successivo e via dicendo.

In questo modo alla fine del percorso il paziente avrà convintamente sostituito i pensieri disfunzionali (generatori di paure) con pensieri funzionali (positivi - reali) e attraverso il percorso dell’esposizione graduale, saprà affrontare grazie all’esperienza acquisita, con la necessaria sicurezza, le situazioni che una volta scatenavano l’ansia.

La terapia cognitivo comportamentale (individuazione dei pensieri disfunzionali – esposizione graduale) è quella che ad oggi garantisce la percentuale di guarigione più alta; se eseguita correttamente arriva all’87% dei soggetti trattati.

Dal Sito: lindiscreto.it

mercoledì 19 settembre 2018

Come gestire l’ansia

Guida facile per capire come gestire l'ansia: esistono anche rimedi naturali da non sottovalutare, ecco cosa fare.


Per poter gestire l’ansia dobbiamo cercare di controllare la nostra mente e anche il nostro corpo, con tutta una serie di pratiche giornaliere da mettere in atto.
Chi vuole dunque capire come gestire l’ansia potrebbe seguire i seguenti consigli, dagli esperti:
1. Fate esercizio fisico, perché non fa bene solo all’organismo, ma anche alla nostra mente. Può ridurre l’ansia, lo stress e migliorare il nostro senso di benessere. Bastano pochi esercizi ogni giorno, da fare nei ritagli di tempo. Basterebbe anche solo una passeggiata!
2. Cercate di dormire bene. Qualità e quantità sono importanti. Gli esperti consigliano 8 ore di sonno a notte, creando una routine che ci permetta di andare a dormire sempre alla stessa ora e svegliarci sempre nello stesso momento. Attenzione anche ad altri fattori: mai andare a dormire subito dopo aver mangiato o utilizzato dispositivi elettronici o aver fatto sport; il letto deve essere confortevole; la camera non deve essere troppo calda o troppo fredda.
3. Evitare caffeina e alcol, in grado di aumentare il nostro livello di ansia e di stress. Attenzione anche ad alcune medicine per il mal di testa, al cioccolato, al tè.
4. Programmate un momento della giornata in cui pensare alle cose che non vanno. I medici consigliano di ritagliare un po’ di tempo ogni giorno per pensare a quello che non va e trovare magari una soluzione. Inutile pensarci tutto il giorno!
5. Impariamo a respirare! La respirazione aiuta il nostro cervello a calmarsi, inviando segnali di tranquillità, nei quali gli diciamo che va tutto bene. Senza dimenticare che dà anche una mano a rilassare il corpo!
Cosa non scrivere mai a lui in un messaggio
Per gestire l’ansia ci sono tutta una serie di terapie, trattamenti, consigli utili da seguire, ma lo sapete che anche dalla natura possono arrivare aiuti inaspettati. Esistono, infatti, dei rimedi naturali per ansia e attacchi di panico di cui abbiamo già parlato in un altro nostro articolo e che è sempre bene tenere come punto di riferimento per chi soffre di tutta una serie di disturbi che possono rendere difficile anche la quotidianità.
Non aspettiamo che l’ansia prenda il sopravvento, cerchiamo di agire, gestirla e reagire. E se necessario, anche con l’aiuto di un esperto!
Dal Sito: bigodino.it

giovedì 25 maggio 2017

I tipi di ansia più comuni: a tutto c’è una soluzione


L’ansia è uno dei grandi mali dei nostri tempi. Tant’è che ne esistono diversi tipi e continuano a comparire classificazioni sempre più estese. Non è poi così strano se si tiene conto che i tempi in cui viviamo sono spesso troppo esigenti e gli equilibri, propri e altrui, sono dinamici.

L’ansia è una delle facce della paura. Ma, a differenza della paura in sé, non è causata da uno stimolo in concreto. La paura è normale quando si affronta una minaccia specifica e si pensa che la propria integrità sia in pericolo. Ma l’ansia è un tipo di paura che molto spesso non ha una causa definita, quindi risulta difficile intervenire sull’origine della stessa o su fattori che la rendono ricorrente.
“La paura acutizza i sensi. L’ansia li paralizza.”
-Kurt Goldstein-

Si comprende di essere preda dell’ansia quando ci si sente inquieti, insicuri e preoccupati per “qualcosa” di impreciso o per qualcosa di preciso che non si sa come affrontare. È come trovarsi all’interno di un aereo in caduta libera, anche se in realtà ci si trova seduti in salotto, a guardare la televisione. Si prova agitazione, irritazione, fastidio, ma non si comprende il perché.

Sono vari i tipi di ansia frequente. Alcune persone preferiscono chiamarla semplicemente stress o preoccupazione, ma se ci si sofferma un po’ più a lungo su di essa, ci si rende conto che si tratta di un disturbo molto grave. L’aspetto positivo è che i vari tipi di ansia si possono superare. Per riuscirci, la prima cosa da fare sarà conoscerle un po’ meglio.

L’ansia generalizzata e l’ansia sociale

Il disturbo d’ansia generalizzata si definisce come uno stato di preoccupazione costante, senza una ragione specifica che la causi. Dura più di 6 mesi e, in generale, è accompagnato da disturbi del sonno, irritabilità, problemi di concentrazione e fatica generale.

L’ansia sociale, d’altro canto, è una condizione nella quale la persona prova paura o angoscia in tutte le situazioni nelle quali si deve interagire socialmente con gli altri. Detto in maniera più semplice, si ha paura del contatto con altre persone. Nella maggior parte dei casi è anticipatoria, vale a dire si produce prima che il contatto sociale abbia luogo.

Entrambe le condizioni deteriorano significativamente la qualità di vita delle persone. Sono stati che non si curano da sé con il trascorrere del tempo, poiché sono alimentati da diverse condotte di elusione. Non sono brutti periodi, ma situazioni che richiedono un trattamento professionale.

Nella maggior parte dei casi è sufficiente una terapia breve affinché le emozioni ritornino sotto controllo. Altre volte è necessario un percorso più lungo, ma la probabilità di superare queste condizioni, in ogni caso, è molto alta.

I disturbi ossessivi e lo stress post-traumatico

I disturbi ossessivi sono di vario tipo, ma tutti hanno in comune il fatto che c’è un’idea persistente e intrusiva che causa timore o angoscia. Quindi, anche se la persona in questione prova a togliersi dalla testa una determinata idea, non ci riesce. Queste ossessioni possono arrivare ad invadere la personalità e a produrre una paralisi vitale.

Lo stress post-traumatico è quello stato di angoscia che si presenta dopo aver vissuto un’esperienza traumatica. Si manifesta come inquietudine, difficoltà nel dormire e, soprattutto, come pensiero che quanto è già accaduto, si verificherà nuovamente. Fa rimanere la persona che ne soffre in continuo stato di allerta, insicura e isolata.

In entrambi i casi, e a seconda della gravità dei sintomi, ci sono diversi modi per superare il problema. La pratica di alcuni metodi di rilassamento può contribuire notevolmente a ridurre l’ansia e ad incrementare la capacità di concentrazione. Se questi metodi non sono efficaci, la terapia professionale è un’eccellente alternativa, con grandi possibilità di successo.

L’agorafobia e l’ipocondria

L’agorafobia è diventato uno dei tipi d’ansia più comuni dei nostri tempi. È una paura diffusa verso tutte quelle situazioni in cui si pensa di non avere una via di fuga o nelle quali non c’è la possibilità di ricevere aiuto se si soffre di un attacco di panico. In altre parole, la persona pensa che potrebbe avere un attacco di panico e che in certe circostanze non potrebbe fuggire o ricevere aiuto. In qualche modo, si tratta di paura della paura stessa.

Cresce ogni giorno di più il numero di casi di agorafobia e chi ne soffre ha grandi difficoltà nel condurre una vita normale. Qualcosa di simile accade con le persone ipocondriache, che interpretano in maniera catastrofica qualsiasi segnale inviato dal loro corpo. Sospettano di avere malattie gravi e sentono che la loro condizione può peggiorare in qualsiasi momento, senza che nessuno possa fare niente al riguardo.

In entrambi i casi, è consigliabile la pratica di alcuni metodi di rilassamento. Questi contribuiscono a ridurre o disattivare l’ansia e ad identificare meglio i segnali che ci invia il nostro corpo. Inoltre, migliorano l’autocontrollo. L’attività fisica regolare aiuta in questo senso. Come in altri casi, se non fosse sufficiente, l’aiuto di un professionista è sempre l’alternativa migliore.


Dal Sito: lamenteemeravigliosa.it

giovedì 11 maggio 2017

Ansia è... rovinarsi il presente pensando al futuro


L’ansia generalizzata è sempre più comune. Spesso i primi sintomi compaiono
quando si è bambini. Eppure il 50 per cento dei malati non si cura.

L’ansia è una malattia del nostro tempo. Contagiosa e in costante aumento perché la società attuale la “coltiva”: viviamo tutti la sensazione di minacce future che sono presenti ma non sappiamo bene quali siano e se ci riguarderanno davvero, una su tutte il terrorismo. Secondo il saggista Louis Menard, «l’ansia è il cartellino del prezzo della libertà umana» e lo psichiatra Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di neuroscienze del Fatebenefratelli di Milano, conferma: «In passato le paure erano più “normate” e si affrontavano attraverso ritualità collettive. Oggi ciascuno è solo di fronte ai suoi timori e l’ansia cresce e si diffonde: se viviamo in un ambiente ansiogeno più facilmente diventiamo ansiosi».

Una coscienza del problema che però non porta dal medico

Così, accanto alle fobie, per molti il vero problema è un disturbo d’ansia generalizzata quando non addirittura di attacchi di panico, acuti e devastanti, in cui l’ansia sale a un livello parossistico e si teme di morire, di perdere il controllo, di impazzire. «L’ansia generalizzata, come le fobie, compare in genere da giovani o giovanissimi e tende a persistere nel tempo; gli attacchi di panico rapidamente iniziano a ripetersi spesso e non di rado si complicano con l’agorafobia, la paura di trovarsi in spazi aperti o in situazioni cui si ha la sensazione di non avere una via di fuga come, banalmente, stare chiusi in macchina in mezzo al traffico — spiega Bernardo Carpiniello, presidente eletto della Società Italiana di Psichiatria —. I pazienti con ansia generalizzata si rendono conto di avere preoccupazioni eccessive e inappropriate, ma non riescono a venirne a capo e spesso prima di riconoscere di avere un disturbo d’ansia si sottopongono a innumerevoli visite mediche, ipotizzando le più improbabili malattie organiche, tuttora più “facili” da ammettere con se stessi di un problema mentale anche se oggi lo stigma sociale è certamente minore rispetto al passato. La maggioranza di chi soffre di ansia generalizzata prima o poi tenta di curarsi, spesso con il fai da te a base di valeriana, fiori di Bach o simili, con esiti alterni e parziali; se si verifica un evento stressante, però, il precario equilibrio si spezza e si ricorre magari all’ansiolitico, che se mal gestito può creare problemi.

Antidepressivi molto efficaci

«Gli antidepressivi — continua Carpiniello — sono molto efficaci nella terapia cronica dell’ansia generalizzata e anche negli attacchi di panico, dove il trattamento con i farmaci è spesso la prima scelta e la richiesta di aiuto in genere arriva prima, visti gli effetti devastanti della patologia sulla qualità di vita». Rovinarsi il presente pensando al futuro è l’atteggiamento dell’ansioso e come spiega Mencacci: «La sfida è aiutare il paziente a tollerare l’oggi, a spostare il pensiero altrove e su diverse modalità di reazione ai fatti, a vivere le emozioni senza credere che tutto influenzerà il domani. Anche approcci diversi dal farmaco, quindi, sono molto utili: possono aiutare le varie forme di psicoterapia ma anche l’ipnosi, il biofeedback, il training autogeno o alcune tecniche di meditazione e respirazione come lo yoga». Molti pazienti preferirebbero curare l’ansia senza medicine, ma spesso non è semplice come sottolinea Carpiniello: «Detto che i farmaci non modificano il cervello come molti temono e se usati bene, sotto controllo medico, sono spesso assai efficaci, va anche ammesso che molti non accedono ad altrettanto valide psicoterapie perché sono più costose e le strutture pubbliche difficilmente riescono a erogarle per i disturbi d’ansia. Il Servizio Sanitario deve occuparsi prioritariamente delle malattie mentali gravi e l’ansia, per quanto non di rado invalidante, non è considerata tale».

Alcuni disturbi compaiono già a 7-8 anni

I disturbi d’ansia, nel loro complesso, sono la patologia psichica più frequente: si stima che almeno il 5 per cento delle persone soffra di ansia persistente nel corso della vita e le donne hanno un rischio doppio rispetto agli uomini di svilupparla. Due ansiosi cronici su tre soffrono anche di un altro disturbo fra fobia sociale, fobie specifiche o attacchi di panico e i giovanissimi non ne siano immuni. «Le fobie “singole” possono comparire anche attorno ai sette, otto anni — spiega Bernardo Carpiniello, presidente eletto della Società Italiana di Psichiatria —. Anche il disturbo d’ansia sociale è precoce: in genere si sviluppa durante l’adolescenza e lo stesso vale per l’agorafobia. In alcuni casi le fobie specifiche si attenuano o risolvono crescendo, ma in generale senza intervento non si guarisce. Purtroppo molti impiegano anni prima di capire che i malesseri provati in alcune situazioni, che pian piano si eludono sono in realtà disturbi d’ansia».

Genetica, ambiente ed esperienze all’origine dei nostri «allarmi»

Perché alcuni diventano fobici o ansiosi?«Non esiste una causa singola, di certo fobie e ansie nascono da un mix di fattori predisponenti ed esperienze di vita – dice Bernardo Carpiniello, psichiatra dell’università di Cagliari –. Un inadeguato superamento dell’attaccamento alla madre, per esempio, può avere un ruolo: l’attaccamento fisico e psicologico è un fenomeno biologico fondamentale nelle prime tappe di vita e il bimbo deve sentirsi protetto e rassicurato per poter andare oltre e sviluppare un’autonomia, ma se questo processo è “disturbato” da una mamma che trasmette segnali d’ansia, verbali e non, può non completarsi appieno e favorire lo sviluppo di ansie e fobie». Se ogni minimo evento durante l’infanzia crea allarme il bimbo inevitabilmente crescerà ansioso, ma come spiega lo psichiatra Claudio Mencacci talvolta le basi per un futuro “agitato” si possono porre perfino prima, in gravidanza: «Se la madre soffre d’ansia durante l’attesa, l’ormone dello stress, il cortisolo, passa attraverso la placenta e “colpisce” il patrimonio genetico del feto, provocando modifiche epigenetiche (alterazioni del Dna che ne cambiano l’espressione ma non la sequenza, ndr) che predispongono all’ansia». Se le cause sono poco chiare, le conseguenze di fobie e ansie non risolte sono invece ben più note: «L’ansia induce un’infiammazione generalizzata che, a cascata, favorisce malattie cardiovascolari, disturbi del sonno, patologie metaboliche. Inoltre può aprire le porte alla dipendenza dall’alcol visto che molti provano a sedare le emozioni ricorrendo alla bottiglia, e anche alla depressione, spesso associata o conseguente ai disturbi d’ansia: nel caso della fobia sociale, la probabilità di depressione può arrivare fino al 70 per cento», conclude Mencacci.

C’è anche chi teme il burro di arachidi

Le fobie sembrano davvero infinite: c’è chi non riesce a guardare un ombelico senza tremare o chi ha il terrore degli uomini calvi, chi ha un’avversione assoluta per i peli di qualunque sorta, suoi e altrui, o chi ha la fobia del burro d’arachidi per un’irragionevole timore che si attacchi al palato. Le fobie censite sono centinaia e spesso le più insolite sono abbastanza facili da spiegare perché insorgono dopo un evento traumatico: un uomo barbuto con cui si è avuta una brutta esperienza nell’infanzia o che ci abbia spaventato in una favola, un calvo a cui si associa un ricordo negativo e così via. «In questi casi di solito il paziente ha una predisposizione personale all’ansia, poi la fobia si scatena con un evento che fa da “detonatore” e la paura si appunta quindi su una qualsiasi situazione od oggetto che viene collegato al fatto», dice lo psichiatra Bernardo Carpiniello. Da qui la vastità delle possibili fobie specifiche, anche se le più diffuse sono relativamente poche e sono quelle che riguardano gli animali (serpenti, insetti, topi ma anche cani o gatti), le situazioni in cui ci si può trovare come i luoghi chiusi, i ponti o gli elementi naturali come l’acqua.


di Elena Meli

Dal Sito: www.corriere.it






Disturbo d’Ansia Generalizzato



Che cos’è il Disturbo d’Ansia Generalizzato e come si manifesta?

La caratteristica principale del disturbo d’ansia generalizzato è uno stato continuo e persistente di preoccupazione per diversi eventi, che risulta eccessivo in intensità, durata o frequenza rispetto alle reali circostanze, che invece rappresentano eventi temuti dal soggetto. L’ansia viene definita “Generalizzata” poiché non è circoscritta a determinate situazioni, ma, al contrario, riguarda numerosi eventi e situazioni. Tale stato non essendo associato a specifiche circostanze, è difficile da controllare per chi lo sperimenta ed è presente nel soggetto per la maggior parte del tempo per almeno sei mesi.
Le preoccupazioni eccessive sono accompagnate da almeno tre dei seguenti sintomi:
Restlessness (cioè sindrome della gambe senza riposo/ irrequietezza);
facile faticabilità;
difficoltà di concentrazione o vuoti di memoria;
irritabilità;
tensione muscolare, muscoli tesi a volte doloranti;
sonno disturbato (difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, si sveglia poco riposato).

Coloro che sentono tensione muscolare possono sperimentare anche tremori, dolori o contratture muscolari. Molte persone che soffrono di questo disturbo presentano, inoltre, sintomi somatici come bocca asciutta, mani appiccicose, sudorazione, brividi dl freddo, nausea, diarrea, difficoltà a deglutire e nodo alla gola. Le preoccupazioni del Disturbo d’Ansia Generalizzato hanno specifiche caratteristiche: per esempio sono numerose, si succedono rapidamente (al termine di una ce n’è subito un’altra), sono accompagnate da emozioni di allarme, di inquietudine e ansia, riguardano eventi catastrofici futuri con una bassa probabilità reale che accadano, riducono la capacità di pensare lucidamente, sono molto difficili da controllare.
Alcuni studi hanno evidenziato che chi è affetto da questo disturbo può trascorrere oltre la metà del tempo in cui si è svegli a preoccuparsi di eventi che non si verificano. Spesso la persona, dopo la mancata “disgrazia”, riconosce la propria preoccupazione come eccessiva e spropositata. Molte preoccupazioni riguardano eventi e situazioni di tutti i giorni, ad esempio la persona passa molto tempo a preoccuparsi di possibili disgrazie, fallimenti o giudizi negativi, possono riguardare i familiari, le relazioni sociali, il lavoro o lo studio, le malattie, i soldi e le finanze in generale. Le tematiche più comuni tra le persone affette dal disturbo risultano essere problemi che possono presentarsi nel futuro, perfezionismo e paura di insuccesso, paura di essere giudicato negativamente dagli altri. Per riassumere, quindi, le preoccupazioni caratteristiche del Disturbo d’Ansia Generalizzato riguardano per lo più eventi lontani nel tempo, molto improbabili che accadano realmente, inoltre l’ansia che si prova non è “utile” a mettere in atto comportamenti che effettivamente ridurrebbero il pericolo che si teme. Altri aspetti importanti e tipici di tale disturbo consistono da un lato, nel fatto che spesso le persone che ne soffrono sono preoccupate per il fatto di avere delle preoccupazioni, che si esplicitano in pensieri del tipo “…. Non riuscirò a controllare questa preoccupazione; … non smetterò mai di preoccuparmi; …. Starò male o impazzirò se continuerò a preoccuparmi così”. Le preoccupazioni o l’ansia sulle proprie preoccupazioni danno quindi luogo ad un circolo vizioso che continua ad aggravare i sintomi e le difficoltà di vita quotidiane, andando ad incidere e influenzare inevitabilmente lo stato d’animo e l’umore della persona affetta da tale disturbo. Dall’altro, altre persone affette dal Disturbo d’Ansia Generalizzato credono che le preoccupazioni possano avere in qualche modo una funzione “protettrice” rispetto a ciò che temono, cioè tendono a credere che preoccuparsi serva a prevenire ciò che si teme, per esempio con frasi del tipo “… se mi preoccupo per il peggio, sarò più preparato ad affrontarlo…”, “… se smettessi di preoccuparmi e succedesse qualcosa di brutto, mi sentirei responsabile …”, “… se continuerò a preoccuparmi, prima o poi saprò cosa è meglio fare…”, “… le preoccupazioni mi aiutano a tenere sotto controllo la mia ansia..”. Tali convinzioni raramente vengono confermate e messe alla prova, per cui la persona continua a preoccuparsi. A partire da una preoccupazione e dalla relativa ansi, quindi, si attivano catene di pensieri negativi dette rimuginazioni, che mantengono e incrementano lo stato iniziale.

Nella maggior parte dei casi, la persona affetta dal disturbo tenterà quanto possibile di proteggersi dall’ansia e dalle preoccupazioni, per cui tenderà a mettere in atto una serie di comportamenti che, nel breve termine, effettivamente aiutano ad attenuare l’ansia, ma, nel lungo tempo, possono contribuire a mantenere e rafforzare le proprie paure. Esempi di tali comportamenti sono:
cercare di rassicurarsi o chiedere agli altri di essere rassicurato che le cose andranno bene (es. telefonare spesso ad una persona cara per essere sicuri che non le sia successo niente, o andare dal medico per essere rassicurati dopo aver notato un sintomo o una sensazione fisica; tali rassicurazioni suscitano sollievo, ma dura poco in quanto l’ansia dopo un po’ ritorna e si fa sentire il bisogno di essere rassicurati sempre di più);
essere perfezionisti, ad esempio continuare a controllare il lavoro fatto per assicurarsi che non abbia difetti; ciò vuol dire che se abbiamo obiettivi troppo elevati, si vive nell’ansia di non farcela e quando non li si raggiunge ci si demoralizza;
evitare le situazioni che si ritiene generino ansia, per esempio evitare di ascoltare o vedere il telegiornale per non sapere di disgrazi o malattie, in quanto ciò potrebbe poi scatenare le preoccupazioni relative a disgrazie e malattie personali;
rinviare, per esempio rimandare di iniziare un compito a causa dell’ansia legata al timore di un risultato temuto o comunque insoddisfacente;
tentare attivamente di sopprimere la preoccupazione, paradossalmente, tentare di sopprimere le preoccupazioni le peggiora, proprio perché la persona concentra la propria attenzione su di esse.

Tipicamente il Disturbo d’Ansia Generalizzato ha un andamento cronico, per cui le persone che ne soffrono tendono a considerare lo stato ansioso che solitamente sperimentano come una caratteristica della loro personalità, piuttosto che un disturbo vero e proprio. In alcuni casi, tuttavia, il disturbo si presenta in maniera discontinua nel corso della vita, in particolare nei periodi di forte stress.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità soffre di disturbo d’ansia generalizzato il 5% della popolazione mondiale, soprattutto donne. Solo un terzo di chi ne soffre, tuttavia, si rivolge ad uno specialista della salute mentale, in quanto i sintomi fisici dell’ansia spesso portano i pazienti a rivolgersi ad altre figure professionali (es. medico di base, internista, cardiologo, pneumologo, gastroenterologo).

Come capire se si soffre di disturbo d’ansia generalizzato

È da tener presente che spesso nella nostra vita ci si presentano buoni motivi per essere preoccupati, per cui la prima differenziazione riguarda individuare se si prova un’ansia cosiddetta “sana”, normale, o se si tratta di una forma d’ansia significativa da un punto di vista clinico (considerando proprio che la caratteristica fondamentale di tale disturbo è essere preoccupati o ansiosi per un ampio spettro di stimoli, situazioni, eventi e non per un unico oggetto o situazione specifica). L’ansia è un’emozione normale, che prova ogni soggetto sano. Ha la funzione di segnalare situazioni di pericolo o spiacevoli, permettendoci così di affrontarle ricorrendo alle risorse mentali e fisiche più adeguate (per esempio, se stiamo attraversano la strada e una macchina ci viene contro e valutiamo che non sta però rallentando, proviamo paura e corriamo per proteggerci e per non fare una brutta fine). L’ansia, inoltre, produce un aumento dello stato di vigilanza, utile quando si devono affrontare situazioni impegnative (es. ad un colloquio di lavoro non daremmo il meglio di noi stessi se fossimo completamente rilassati). Entro certi livelli, dunque, l’ansia è necessaria a ciascuno di noi; quando si è troppo ansiosi, però, diminuisce la capacità di pensare lucidamente e di risolvere i problemi.
Rispetto alle preoccupazioni normali, quelle che caratterizzano il disturbo d’ansia generalizzato risultano:
più numerose, frequenti, durature, intense, invasive e pervasive;
di rapida successione (ad una ne segue subito, o quasi, un’altra);
accompagnate da emozioni di ansia intensa;
relative ad eventi futuri improbabili;
scollegate da fattori precipitanti;
accompagnate da sintomi fisici;
difficili da controllare e da rimandare ad altri momenti.

In sostanza l’ansia di chi soffre di questo disturbo tende ad essere eccessiva, pervasiva, poco controllabile e interferisce notevolmente con il funzionamento normale della persona.

Inoltre, è da tener presente che tale disturbo ha sintomi ansiosi (es. tensione muscolare, irrequietezza, irritabilità) che vanno distinti da altri disturbi che hanno la stessa tipologia di sintomi. Per esempio, alcuni di essi potrebbero essere la manifestazione di una condizione medica generale (es. ipertiroidismo) o essere dovuti all’uso di alcune sostanze psicoattive (es. caffeina, farmaci come sedativi, ipnotici o ansiolitici).
Se, per esempio, la preoccupazione della persona riguarda esclusivamente la possibilità che si possa verificare un attacco di panico si tratta di Disturbo di Panico e non di Disturbo d’Ansia Generalizzato; e ancora, se la preoccupazione riguarda esclusivamente l’eventualità di sentirsi imbarazzato in pubblico si tratta di Fobia Sociale; se la preoccupazione riguarda esclusivamente l’avere una grave malattia si tratta di Ipocondria; se la preoccupazione è relativa solo alla peso e alla forma del corpo o di aumentare di peso si tratta di un Disturbo del Comportamento Alimentare; preoccuparsi principalmente di essere contaminato è tipico del Disturbo Ossessivo-compulsivo; in fine, se si è prettamente preoccupati di rivivere un evento traumatico si tratta di un disturbo post-traumatico da stress.

Cause

L’esordio del disturbo d’ansia generalizzato è graduale e compreso tra l’adolescenza e i 30 anni di età. Le persone che hanno questo disturbo, comunque, riferiscono di sentirsi molto ansiosi fin dall’infanzia.

In base ad alcuni studi empirici, i fattori di rischio per l’insorgenza di questo disturbo sembrano essere:
caratteristiche di personalità (intesa come modo abituale di pensare, reagire e rapportarsi agli altri), sul cui sviluppo incidono sia fattori genetici, che educativi: le persone che soffrono di ansia generalizzata si descrivono di solito come sensibili, emotive, facili a preoccuparsi, caratteristiche per altro comuni anche ai membri della famiglia; a tal proposito sembrano importanti anche i fattori genetici, tuttavia non è ancora chiaro quanto nel rappresentare un fattore di rischio, ma altrettanto importante risulta l’educazione ricevuta che può interferire positivamente aumentando il senso di sicurezza e negativamente rafforzando i timori e le aspettative di danno.
uno stile di pensiero in base al quale gli eventi tendono ad essere interpretati in modo catastrofico/minaccioso (es. sentendo il telefono squillare, immaginare cattive notizie, piuttosto che una piacevole chiacchierata): le persone affette dal disturbo hanno una tendenza a interpretare automaticamente come minaccioso tutto ciò che succede, per esempio, se si incrocia lo sguardo arruffato di un capo la persona tenderà a pensarlo come segno di disapprovazione piuttosto che sia dovuto a qualche difficoltà che riguardi la vita personale; o sentire squillare il telefono fa pensare al fatto di ricevere una brutta notizia, piuttosto che un amico che vuole scambiare due chiacchiere.
stress associati ad eventi che comportano cambiamenti di vita importanti (es. lutti, cambio di lavoro, di casa o di partner): l’ansia può esordire in periodi di stress elevato, a volte un grosso problema o anche una serie di piccoli problemi possono interferire con la nostra capacità di adattamento e rappresentare una forte minaccia.

Conseguenze

Chi ha un disturbo d’ansia generalizzato ha difficoltà ad impedire che le preoccupazioni interferiscano con l’attenzione verso le attività che sta svolgendo; ciò comporta una compromissione del funzionamento lavorativo (es. rallentamento nello svolgimento dei compiti) e sociale (es. tensioni causate dalle frequenti richieste di rassicurazioni) di queste persone.
La presenza di eccessive preoccupazioni e la difficoltà a gestirle possono produrre, inoltre, una diminuzione del senso di efficacia personale e della stima di sé, che spesso conducono ad una depressione secondaria.
Altra frequente conseguenza del disturbo d’ansia generalizzato è l’abuso di sostanze psicoattive (es. farmaci, droghe), a cui la persona può ricorrere come tentativo disperato di gestire il disturbo stesso o la depressione che ad esso può seguire.

Differenti tipi di trattamento

I trattamenti riconosciuti come più efficaci per la cura del Disturbo d’Ansia Generalizzato sono la farmacoterapia e la psicoterapia.
Nella terapia farmacologica vengono utilizzati antidepressivi di nuova generazione e benzodiazepine. A breve termine questi farmaci risultano efficaci, ma all’interruzione della loro assunzione, è possibile che i sintomi del disturbo si ripresentino in quanto le sue cause possono restare inalterate. Curare questo disturbo coi soli farmaci potrebbe essere come curare un forte mal di schiena facendo uso esclusivo di antidolorifici: dopo qualche tempo è possibile che il dolore si ripresenti poiché non si è agito su ciò che lo ha provocato.
D’altra parte i farmaci, abbassando i livelli di sofferenza soggettiva e di ansia, creano le condizioni favorevoli per un intervento psicoterapeutico efficace.
Per tali motivi, spesso i clinici associano al trattamento farmacologico quello psicoterapeutico.
In realtà, la terapia farmacologica non sempre viene prescritta, ma si rende necessaria almeno temporaneamente, per le persone che hanno un’attivazione ansiosa molto intensa. Una condizione che spesso si crea come ostacolo all’assunzione dei farmaci di tale tipo è la “paura”, a volte convinzione, di sviluppare una dipendenza da tali farmaci; spesso questo è un pregiudizio che ostacola l’efficacia al trattamento. Effettivamente alcuni farmaci (es. benzodiazepine) nel lungo tempo possono provocare dipendenza, tuttavia l’assunzione del farmaco sotto il controllo di un medico esperto (medico psichiatra) evita e diminuisce il rischio di tale condizione.

Riguardo alla psicoterapia, da alcuni studi empirici risulta che nella cura del Disturbo d’Ansia Generalizzato il trattamento cognitivo-comportamentale, effettuato sia individualmente che in gruppo, è più efficace di altri trattamenti (es. psicoterapia analitica).

Il trattamento cognitivo-comportamentale

Secondo la teoria cognitivo-comportamentale, le preoccupazioni e le rimuginazioni possono essere normali o patologiche a seconda non dei loro contenuti, ma della loro frequenza e di come vengono valutate dalla persona, quindi da quanto spesso ci vengono alla mente e come le interpretiamo.
Il disturbo d’ansia generalizzato deriverebbe da particolari valutazioni sia positive che negative delle proprie preoccupazioni e rimuginazioni.
Generalmente, infatti, chi ha questo disturbo inizialmente presenta credenze positive sulle proprie preoccupazioni: pensa che è proprio il preoccuparsi che gli permette di riflettere e, dunque, di trovare soluzioni ai propri problemi o di prevenire catastrofi (es. “… Se rimugino sono più preparato per affrontare ogni evenienza …”). Le rimuginazioni, inoltre, vengono spesso associate alla convinzione superstiziosa che “preoccupandosi si tiene lontano il pericolo”. Così, ad esempio, una madre potrebbe temere che, smettendo di preoccuparsi per la salute del figlio, questi potrebbe ammalarsi davvero. Nelle fasi iniziali, dunque, la preoccupazione è deliberatamente ricercata dalla persona.
In seguito, soprattutto a causa del fatto che nel frattempo le rimuginazioni diventano pervasive, spesso la persona inizia a valutare negativamente le proprie preoccupazioni: pensa di non riuscire a controllarle e che questo potrebbe essere pericoloso, per cui “si preoccupa di essere preoccupata” (metapreoccupazione) (es. “… Starò male o impazzirò se continuo a preoccuparmi così…”). In tal caso, le preoccupazioni sono vissute come intrusive, disturbanti e difficili da interrompere. I comportamenti messi in atto, poi, per attenuare preoccupazioni e ansia (distrazione, controllo del pensiero, evitamenti, richiesta di rassicurazioni) momentaneamente le riducono, ma a lungo andare le mantengono e le rinforzano perché lasciano inalterate le credenze disfunzionali su di esse.
Le convinzioni positive e negative sul rimuginio e i comportamenti disfunzionali per ridurla interagiscono tra di loro generando un circolo vizioso; in questo modo il disturbo si mantiene.

Nel trattamento cognitivo-comportamentale del disturbo d’ansia generalizzato viene utilizzato un protocollo che prevede l’impiego delle seguenti procedure:

formulazione di un contratto terapeutico, che contenga, in particolare, obiettivi condivisi da paziente e terapeuta e i loro rispettivi compiti (es. compiti a casa per il paziente);
ricostruzione della storia del disturbo(primi episodi in cui si è manifestato e descrizione dettagliata della condizione attuale);
formulazione dello schema di funzionamento del disturbo, a partire dall’analisi di recenti episodi nei quali la persona si è sentita preoccupata e ansiosa;
psicoeducazione, che consiste nel fornire al paziente informazioni relative al ruolo che hanno le credenze sulle preoccupazioni nell’insorgenza e nel mantenimento del disturbo;
individuazione dei pensieri disfunzionali (es. giudizi sulle preoccupazioni) alla base del disturbo e messa indiscussione di tali valutazioni;
apprendimento di tecniche per la gestione dei sintomi dell’ansia;
esposizionegraduale ai pensieri ed agli stimoli temuti ed evitati;
prevenzione delle ricadute, che consiste nell’accettazione da parte del paziente della possibilità che i sintomi potrebbero ripresentarsi e nel rinnovato ricorso agli strumenti acquisiti in terapia per fronteggiare il momento di crisi.

Questo protocollo è applicabile sia alla terapia individuale, che a quella di gruppo.
Rispetto alla terapia individuale, quella di gruppo consente ad ogni partecipante di confrontarsi con altre persone che soffrono del suo stesso disturbo, favorendo il ridimensionamento del problema e la riduzione della sensazione soggettiva di “essere anormale”.