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lunedì 16 marzo 2015

Storie di Panico: Amico sono qui! di Angelo Barone



Sono sempre stato un ragazzo ansioso, ma solo in età adulta ho avuto modo di capirlo. Non vedevo l’ora di finire di fare una cosa per iniziarne subito un’altra. Avevo sete di mettermi in mostra e di fare sempre di più e sempre meglio. Darsi degli obiettivi e tenersi occupati è la chiave per avere successo, ma delle volte non si riesce ad assaporare fino in fondo quello che si sta facendo e si finisce per mettere in pratica una sorda corsa. Più che correre, forse stavo scappando. Solo che non l’avevo ancora capito, o forse, l’ho fatto quando era tardi.

Tutto è iniziato quasi due anni fa quando stavo per terminare gli ultimi esami universitari e nel frattempo mi mantenevo con un lavoro in un centro scommesse. Non contento di quanto già facessi, svolgevo anche il praticantato sullo studio di un commercialista della mia città. Lavoravo praticamente tutto il giorno e la sera, quando ero ormai sfinito, prendevo i miei amati libri e studiavo fino a quando riuscivo a mantenere gli occhi aperti.

Il lavoro però mi stressava. Senza considerare che lavorando in un luogo così triste e cupo, si finisce irrimediabilmente per assorbire la negatività tipica di quell’ambiente. Avrei dovuto staccare, prendermi del tempo per me. Avevo bisogno di pace e tranquillità.

Non vi ho ancora detto tutto.

Purtroppo mia madre, già malata da diversi anni, non rispondeva più ai farmaci. Leggevo nei suoi occhi lo strazio di chi ormai conosce già il suo destino e non può fare nulla per cambiarlo. In meno di una settimana non era più auto sufficiente. In meno di un mese è volata in un posto bellissimo. 
Ricordo nitidamente cosa provai in quell’istante. Un bruciore così forte da distruggere ogni tipo di reazione.

Disarmante. Invalidante. Queste sono le parole giuste.

Dal quel momento in poi ho fatto il conto con tutto quello da cui stavo scappando. Non riuscivo a scendere dal letto neanche per mangiare. Avevo la sensazione che la mia mente scivolasse via … lontana da me.

Anche solo andare a comprare il pane a pochi metri di distanza da casa era diventato per me impossibile.
L’ansia mi aveva fatto perdere la mia centralità. Si era portata con se la parte migliore di me. Non riuscivo più ad immergermi nella semplicità della vita e la concepivo come un concetto complicato, impegnativo, non alla mia portata.

È difficile trasformare in parole le sensazioni che l’ansia ed il panico ci trasmettono; è come avvertire qualcosa che ci spinge a correre ed a scappare e ci provoca delle sensazioni tanto reali da farci cadere nell’inganno più sincero.

Più ho provato a controllare le mie reazioni più facilmente ne cadevo preda.

Einstein diceva sempre che la logica ci porta da A a B. La fantasia e l’immaginazione dovunque. A me successe una cosa simile. Inventai una nuova realtà che io credevo fosse autentica, di cui avevo sia creato le regole che esserne il primo a farne le spese. In questo “gioco” ero sia il burattino che il burattinaio.

Ho corso e sono scappato così tante volte da perderne il conto, quando un giorno, con il cuore che batteva all’impazzata, la sensazione di non avere neanche più un briciolo di forza, mi sono voltato indietro … ed ho capito che non c’era nessuno ad inseguirmi.

Oggi, con impegno e volontà posso dire di aver superato la fase peggiore e di essere sulla buona strada per uscirne definitivamente.

Ho voluto condividere con Voi tutte le mie conoscenze, le tecniche e le informazioni che ho acquisito scrivendo un libro,  Amico sono qui! con la speranza, che sia di aiuto per tutti quelli che ancora vivono appieno il disturbo.



Concludo ripotandovi quando segue:

Un giorno la paura bussò. Il coraggio si alzò e andò ad aprire e vide… che non c’era nessuno.
(Martin Luther King).
Tutti i limiti sono una nostra ideazione.
La forza è dentro di noi … sappiamo esattamente dove si trova … non dobbiamo cercarla altrove.

Spero di cuore di esservi stato di aiuto.


Angelo Barone

Zero Ansia.it 

domenica 1 marzo 2015

Storie di Panico: IO VOGLIO FARCELA, CE LA STO FACENDO, CE LA POSSIAMO FARE - Nadja



Avevo sette anni quando mia madre si ammalò di cancro e undici quando morì, dopo quattro lunghi anni di ospedale e sofferenze.
Mio padre ne aveva trentanove anni (come me oggi) e tre figli (ne ho tre anch'io) e si ritrovò vedovo,  solo, perso .
La gente iniziò a dirgli che se non si rifaceva una famiglia gli avrebbero tolto noi tre.
Fu così che a nove mesi dalla morte di mamma si risposò con un'estranea vista un paio di volte(matrimonio combinato da gente che non si fece gli affari propri).
Iniziò l' inferno, quello vero, era cattiva, ci ha sempre trattati meno di zero, diceva che non volevamo niente, tutto e tutti erano meglio di noi.
Dopo qualche anno però mi arriva un fratellino, un sorso di vita dato che avevo rasentato il suicidio più volte.
Nonostante tutto quel bimbo mi cambiò la vita, me lo sono cresciuto con un amore senza confini.
Cresce lui, cresco io, mi diplomo, i primi lavoretti, mi fidanzo quattro anni ma non va, lo lascio, cambio e mentre lavoro, prima come segreteria poi in un negozio (andavo a lavoro sempre in jeans e maglione) da entrambi i datori subisco un brutto tentativo di violenza, le mani addosso me le hanno messe, il resto no, perché ho avuto la freddezza e la lucidità di reagire con sonore ginocchiate proprio lì!.
Taccio, sto male, lo dico solo a quello che all' epoca era il mio ragazzo che mi dice: che ti aspettavi? sei attraente  è normale che ci provano", agghiacciante!!
Gli ho detto addio.
Trovo altri lavori, tra cui il porta a porta ed è così che conosco un ragazzo diverso, dolce, affettuoso, ed è colpo di fulmine per entrambi.
Senza dir nulla a nessuno decidiamo di sposarci e di avere un figlio.
Le famiglie le avvisiamo quasi all' ultimo, capirai, matrimonio e pure incinta, ma non potevamo dire la verità, che lo avevamo deciso.
Tutti contro ed ebbi il mio primo attacco di panico, non sapevo cosa fosse ma il mio lui mi rimase accanto.
La prima casa, la prima figlia, decidiamo di avere un altro bimbo che arriva quando la prima ha due anni.
Il piccolo compie sei mesi, di lì a poco esplode la bomba, sono a lavoro, un attacco di panico terribile, "stavo morendo, ne ero certa", il capo mi porta al pronto soccorso, panico e ansia mi dicono, non ci credevo, come era possibile? Madre e moglie felicissima.
Di lì a poco tracolla anche la salute, mentre i bimbi dormivano leggevo un libro, d' un tratto il buio, cecità totale per diversi secondi, penso vabbè sarà il panico, lo sto curando (e stavo molto molto male con panico, ansia, agorafobia, depressione).
Succede di nuovo il giorno dopo, a piedi per strada, buio, mio suocero mi porta in ospedale, ricovero ed intervento urgente per glaucoma congenito che terrò sotto controllo.
Ansia e panico non migliorano, subentrano problemi alle ossa, per cui mi asportano parte delle ossa ai piedi e le sostituiscono con placche al titanio, due interventi in sei mesi, sempre più giù con la depressione.
L' anno dopo sollevando una busta con due litri di latte avverto un dolore lancinante all' addome, un grosso bozzo vicino la cicatrice dell' appendicectomia, penso sia un' ernia, di corsa in ospedale "era un rene finito avanti e incastrato sotto il duodeno, intervento d' urgenza, dieci giorni a letto immobile.
D' ora in avanti non potrò più lavorare, sollevare pesi né prendere in braccio i miei bimbi! Che botta.
Mi riprendo, ma depressione, ansia e panico peggiorano finché l'anno dopo mi viene una emiparesi, tutto il lato sinistro del corpo paralizzato, un mese di ospedale di risonanze, fisioterapia per sentirmi poi dire che era causata da un accumulo di stress, e ci credo.
Cambio psichiatra, mi tolgono l' antidepressivo perché quelli adatti al caso mio sono nocivi per il glaucoma (nel frattempo gli occhi peggiorano mi si restringe il campo visivo e nessuno sa perché, ad oggi sono cieca per metà all' occhio destro e appena appena un angolino al sinistro, la cosa lentamente progredisce, mi hanno solo detto che se non si scopre cosa sia vado incontro all' ipovedenza).
Nel frattempo nonostante ciò è due aborti spontanei, seppur in gravidanza a rischio riesco ad avere il mio terzo figlio, passa tutto, ansia,  panico, finché una sera i miei bimbi ed io veniamo aggrediti da dei vicini che dicevano di non sopportare il pianto del piccolino, riusciamo a rintanarci in casa,  chiamo mio marito e i carabinieri che però non possono far niente.
Ed ecco anni di panico, depressione, paure, più forti che mai.
Nel giro di tre anni vengo poi operata quattro volte al seno, con tanto di mastectomia bilaterale, infezioni, dolori, nuovo intervento, cinque ore sotto i ferri.
Sta volta però mi arrabbio con me stessa di brutto, mi dico "basta" CE LA DEVO FARE, NÉ DEVO USCIRE.
Mi cambiano ansiolitico, al consultorio trovo una bravissima psicoterapeuta che in due anni mi rende la vita totalmente diversa, mi fa vedere il bicchiere mezzo pieno e non quello mezzo vuoto, mi fa vedere la luce e non il buio o la penombra.
In tutto ciò ho sempre avuto accanto mio marito (solo all' inizio non mi aiutava perché non mi capiva).
Oggi a trentanove anni con un marito stupendo, tre figli meravigliosi posso affermare di stare molto molto meglio.
Non sono ancora guarita (anzi la recente scomparsa della mia adorata suocera mi sta facendo vacillare), ma riesco a godermi la vita, mi gira il mondo, barcollo, però mi aggrappo a mio marito o ai miei figli e vado, non rinuncio più.
Non ho neanche finito con gli interventi ma per ora non ci penso e finché gli occhi mi concederanno di vedere, mi guarderò i miei quattro amori crescere con me.
Che ne dite? me li posso permettere gli attacchi di panico? io credo di sì eppure so che ne uscirò.
IO VOGLIO FARCELA, CE LA STO FACENDO, CE LA POSSIAMO FARE.
Nadja