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martedì 1 dicembre 2020

Forse stai somatizzando? Le reazioni fisiologiche più comuni indotte dall’attivazione emotiva



Quando ci si sente bene fisicamente è più probabile che ci senta a posto anche da un punto di vista psicologico: si è inclini a sorridere, al buonumore e a vedere il bicchiere mezzo pieno, il discorso cambia quando si è in conflitto con la propria emotiività.  La somatizzazione può, infatti, può rappresentare il vero linguaggio della sofferenza psichica e nascondere un profondo conflitto interiore, un mal-essere psicologico, di cui non si ha consapevolezza.

I sintomi fisici sono accettati più facilmente dalla società rispetto alla comune nozione di malattia mentale; possono quindi rappresentare una reazione alle repressioni, inibizioni e rimozioni della nostra storia personale e della nostra vita professionale, culturale, sociale, familiare o sessuale e all’incapacità di gestire in maniera autonoma i problemi della vita quotidiana.

Le persone che somatizzano risultano talvolta “scomodi” e rischiano di essere sottovalutati o abbandonati alle loro sofferenze con vaghe diagnosi di “turbe neurovegetative” o “distonia neurovegetativa”, “disordine funzionale”, “esaurimento nervoso”, “ipotensione arteriosa”, “crisi di nervosismo”. Le diverse risposte manifestate dai soggetti definiscono il particolare disturbo in specifiche parti del corpo:

Stomaco

Le situazioni stressanti causano un’alterazione nell’equilibrio tra le componenti del succo gastrico (acido cloridrico, enzimi e muco): si produce troppo acido cloridrico, che provoca un’irritazione delle pareti dello stomaco.

I disturbi che ne derivano sono difficoltà di digestione, bruciori di stomaco e a volte rigurgito acido. Il tutto accompagnato spesso da un sapore acido o amaro in gola e da una sensazione di cattivo sapore in bocca.

Intestino

Troppe tensioni emotive creano uno squilibrio nella motilità intestinale, che si manifesta con periodi alternati di stipsi e diarrea. Questa situazione determina un’infiammazione della mucosa intestinale, quindi un’alterazione della flora batterica.
E si innesca una spirale senza fine, perché l’intestino diventa sempre più capriccioso e questo fa aumentare lo stato infiammatorio.

L’alternanza di stipsi e diarrea porta con sé altri sintomi. In prima linea i dolori che accompagnano queste crisi. Inoltre la pancia è sempre molto tesa ed è gonfia di gas addominali.

Cuore

Il ritmo cardiaco è regolato da due differenti parti del sistema nervoso autonomo chiamate sistema simpatico e parasimpatico. Quando si è nervosi, c’è un’eccitazione del sistema simpatico.
Si scatena così la tachicardia. Se il nervosismo si protrae nel tempo, si manifesta anche una sensazione di mancanza di respiro e costrizione al torace.

Pelle

Se vi agitate, stimolate il sistema nervoso parasimpatico e la liberazione di istamina, una sostanza che provoca la dilatazione dei vasi cutanei e quindi l’arrossamento. Uno stato di tensione protratto a lungo nel tempo può anche influire negativamente sugli strati più profondi della pelle.

Arrivano macchie rosse sul décolleté e sul collo oppure si verificano arrossamenti sul viso. Se lo stress è più intenso, può comparire la psoriasi.

Testa

Nelle ore successive a una giornata di nervosismo intenso o durante il weekend, c’è un momento di rilassamento. In questi casi il calo della tensione agisce da fattore scatenante e mette in moto l’emicrania.
Un dolore forte e pulsante si irradia a metà della testa, alla tempia e alla parte interna attorno all’occhio. A volte è accompagnato da nausea e vomito. Può durare da un minimo di quattro ore a un massimo di tre giorni.

Sonno

L’insonnia da stress è tipica di chi non riesce a rilassarsi. Persiste fino a quando gli impegni di lavoro (o i problemi personali) non vengono risolti. Si manifesta in modi diversi: c’è chi si rigira nel letto per ore prima di addormentarsi; chi si sveglia in piena notte e non riesce più a chiudere occhio; chi si sveglia troppo presto rispetto al solito. Il risultato è sempre lo stesso: calo delle capacità intellettuali, difficoltà di concentrazione, aumento dell’irritabilità.

Vie respiratorie

Lo stress può causare anche attacchi di asma in chi già ne soffre. Queste crisi collegate alla tensione si verificano soprattutto la mattina al risveglio o comunque prima di uscire di casa, quando i pensieri degli impegni lavorativi cominciano a concretizzarsi. I disturbi collegati? Tosse secca, respiro con sibili, affanno, mancanza di respiro e senso di oppressione al torace.


Dal Sito: psicoadvisor.com 

lunedì 18 marzo 2019

Cosa significa somatizzare?

Cosa significa somatizzare? Si tratta della “traduzione” di un disagio psicologico in un disturbo che interessa la salute fisica.

Cosa significa somatizzare? Si tratta di un fenomeno, in seguito al quale un individuo “traduce” la sua sofferenza psichica attraverso i sintomi fisici. Significa, quindi, trasformare un disagio psicologico in un’alterazione della salute fisica. L’esempio più semplice può essere quello in cui il mal di testa sia l’espressione di uno stato di nervosismo. Generalmente le parti più colpite dal processo di somatizzazione sono quelle costituite dal sistema gastrointestinale. Sintomi caratteristici sono la diarrea, la stipsi o i dolori addominali, in risposta ad un’emozione, di solito negativa.

Cosa vuol dire somatizzare una malattia

Nella nostra esperienza quotidiana si può dire che tutti somatizziamo. Ci sono perfino certe espressioni, che indicano un legame stretto fra mente e corpo. Per esempio ci sentiamo soffocare dalla paura, sentiamo battere forte il cuore per un’emozione intensa, ci ritroviamo a digrignare i denti per la rabbia. In una certa misura somatizzare fa parte dei processi quotidiani. In alcuni casi il tutto può diventare negativo, se si somatizzano troppo a lungo le emozioni e lo stress. Dopo un po’, infatti, il corpo si affatica e si corre il rischio di ammalarsi.

I sintomi si possono manifestare come problemi gastrointestinali, disturbi cardiocircolatori o uro-genitali, come emicrania,stanchezza e dolori muscolari, insonnia o disturbi del sonno causati da ansia e stress, disturbi alimentari, problemi che interessano la pelle. Soffrendo di questi disturbi, le persone che somatizzano si rivolgono al medico, ma difficilmente quest’ultimo riesce a trovare una causa fisica che sta alla base della malattia.

Si tratta di una condizione di stress che incide sulla salute. Proprio per questo il problema, che può derivare anche da fattori psicologici e relazionali, dovrebbe essere affrontato con l’aiuto di uno specialista psicoterapeuta, ricorrendo proprio ad un’opportuna psicoterapia. Più tempo passa, più le somatizzazioni diventano difficili da trattare e si corre il rischio che il disturbo possa stabilizzarsi.

Il disturbo di somatizzazione

Esiste un vero e proprio disturbo di somatizzazione, che comprende molteplici lamentele fisiche, che vengono evidenziate da un individuo e che si manifestano per diversi anni, portando a delle difficoltà sul piano sociale, lavorativo e relazionale in generale. Il paziente si ritrova in una costante ricerca di una possibile cura per queste manifestazioni sintomatologiche.

Perché si possa parlare di vero e proprio disturbo di somatizzazione, secondo la definizione del DSM IV, i sintomi devono comprendere almeno quattro che riguardano il dolore, due gastrointestinali, uno sessuale e un sintomo pseudoneurologico, come, per esempio, un’alterazione dell’equilibrio. Per tutti questi sintomi fisici non è possibile rintracciare una spiegazione medica, un’origine fisiologica del problema. Tutto è da inquadrare nell’ambito della sfera psichica del paziente.

A volte la somatizzazione è accompagnata da sintomi di ansia e di depressione, sia endogena che reattiva. Per curare il disturbo di somatizzazione serve una psicoterapia cognitivo-comportamentale. In questo modo il soggetto riesce ad adoperare una ristrutturazione dal punto di vista cognitivo e a superare il proprio disagio.

Dal Sito: tantasalute.it


mercoledì 11 febbraio 2015

Giovanni ha sconfitto il male “invisibile”

“La gente non capisce, un po’ come se quello che succede nell'anima fosse sempre meno importante di ciò che accade nel corpo”. Il problema è che il corpo non è fatto a compartimenti stagni. Giovanni ne è la prova. E' stato in balìa delle somatizzazioni per tanti anni della sua vita. “Quando racconto questa storia tutti si aspettano che abbia avuto chissà quale passato per arrivare a soffrire tanto, ma non è così”. Giovanni non ha una backstory di chissà quali episodi, si definisce il risultato particolare di una famiglia normale, di relazioni sociali normali, di un passato normale. E’ un giorno come un altro quando mentre cammina per andare all’Università, si blocca improvvisamente: “Non riuscivo più a proseguire. Ho guardato indietro, non riuscivo neanche più a tornare indietro”. Descrive una serie di percezioni ovattate, le voci delle persone, che gli chiedevano come stesse, lontane, volti sfumati.
Il cuore che batte forte, la sensazione dello svenimento. Questi episodi hanno accompagnato la vita di Giovanni per anni. “Quando non svenivo, vomitavo, avevo nausea. Stavo proprio male fisicamente. Non so neanche io quanti esami mi sono stati fatti, ho una cartella clinica da far invidia a mio nonno”. Un paio di anni di analisi, ricoveri, visite e il pensiero costante di avere qualcosa di gravissimo che non veniva capito, la rabbia verso i medici che non sapevano dirgli cosa avesse perché la frase dopo ogni esame era sempre la stessa “non c'è nulla”. “Poi un giorno, un medico una diagnosi me l’ha fatta, attacchi di panico’. Mi ci sono voluti altri due anni per convincermi che aveva ragione. Avevo sintomi fisici”. E poi c’è un'altra ragione: “Sembra assurdo, ma le persone certe malattie le capiscono meglio”. Perché nel sentire comune c’è l’idea che alcune malattie psicologiche, e psicosomatiche dipendano sempre da una volontà personale.Non è così. “Non voglio dare agli attacchi di panico tanto potere da dire che hanno rovinato la mia vita, certo però che ne hanno condizionato buona parte. Le mie relazioni sociali, l’Università , lo sport. Alla fine quando ho fatto pace con l’idea che non avevo nulla di fisico, mi sono messo a sedere davanti ad uno psicologo e ho poco a poco ripreso una vita normale. Vorrei dire che è stato facile, vorrei raccontare che da un giorno all’altro si è tutto risolto, ma non è stato così”. La paura di sentirsi male per Giovanni è stata spesso peggio del sentirsi male stesso. Oggi può dire che ce l'ha fatta: “La psicoterapia mi ha aiutato non solo a uscire dagli attacchi di panico, ma a capire perché capitavano e a rivedere le relazioni che avevo col mondo, quali errori commettevo”. Giovanni oggi ha una compagna, è riuscito a laurearsi con un po’ di ritardo e ha tanti progetti. Un po’ come una vita che è ricominciata, come se quella sensazione di intorpidimento della paura lo avesse fatto vivere per anni in un mondo ovattato, dove tutto era lontano e sfumato:suoni, voci, colori, come se la vita stesse scorrendo mentre lui restava immobile. “Oggi la vita scorre anche per me. Come se dopo essere stato tanti anni in stand by, adesso qualcuno avesse premuto il tasto pla”." E quel qualcuno è stato proprio lui.

Corriere di Arezzo