venerdì 26 giugno 2015

31 Segreti che solo chi soffre di ansia può conoscere.

L'ansia è una vera e propria patologia che colpisce milioni di persone in tutto il mondo. Un male silenzioso che colpisce uomini e donne in parti uguali, ma che allo stesso tempo non è mai stato indagato a sufficienza. Per questo motivo, il sito web americano The Mighty ha chiesto ai suoi lettori, cosa significa vivere con questo male, e soprattutto quali sono gli aspetti meno conosciuti di questa vera e propria condizione dell'anima.



1- "Mi rendo conto che le cose che preoccupano sono ridicole, ma riesco a smettere di farlo" - Erika Strojny Myers
2- "Potrebbe anche sembrare che non sto facendo niente, ma nella mia testa sono molto impegnata" - Diane Kim
3- "Non sempre riesco a capire perché sono ansioso - Teri-Marie Harrison
4- "E' paralizzante" - Marlene Pickering
5 - Non sono solo nervoso, la metà delle volte che sto avendo un attacco di panico non lo sono nemmeno. Sono ansioso, qualche volta per ragioni che non riesco a identificare, mi rendo conto che molte di queste sono irrazionali, ma non riesco a uscirne, la mia mente e il mio corpo non collaborano con la ragione - Alex Wickham
6 - "Non sto facendo la ridicola o l'esagerata" - Melissa Kapuszcak
7 - "Non abbiamo bisogno di qualcuno che ci guardi come se fossimo matti, abbiamo bisogno di compassione". - Kristen Cunningham
8- "Non mi voglio sentire in questo modo". - Jenny Genoway
9 - Dopo una giornata frenetica, soprattutto dopo essere stata in mezzo a una folla di gente, o dopo aver parlato con più persone, il giorno dopo ho il "people hangover. Ho bisogno di stare da solo, per rigenerarmi, devo riposare e rilassare la mente, se non lo faccio, mi sentirò sfinita e nervosa" - Lisa Shuey.
10 - "E' possibile essere ansiosi, e allo stesso tempo essere estroverso" - May Daonna
11- "Non puoi smettere di preoccuparti, non esiste un pulsante per spegnere o accendere l'ansia" - Kim Derrick-Bené
12- " Anche se all'esterno, sembra tutto ok, l'ansia sta devastando le nostre viscere - Cynthia Adams McGrath
13- "Sono attaccata da qualcosa da cui non riesco a scappare" - Sherri Paricio Bornhoft
14- "Non importa quanto possa sembrare irrazionale, per me non lo è" - Lorri Smith
15 - "Dirci starai meglio, non aiuta" - Thea Baker
16 - "Non è una scelta, non scegli di avere l'ansia, e lei a sceglierti" - Patricia Lynn
17 - "E' qualcosa che ti stanca e ti distrae, per questo motivo potrei essere smemorato o poco produttivo, ma non è da me essere sconsiderato, pigro o cercare scuse - Anna Powers
18 - "E' reale, non sto esagerando" - Kimberly Warren
19- L'ansia è una malattia, non puoi superare con semplicità una malattia mentale" - Heather Morello
20 - "Ansia e preoccupazione, non sono la stessa cosa". - Amy Hrynyk
21 - "Pregare non la fa scomparire" - Kayla Gosse
22 - "Solo perché non riesco a spiegare i miei sentimenti che causano la mia ansia, non la rende meno importante" - Lauren Elizabeth
23 - "Non sono pazza" - Peggy Hess 24- "Tutta la logica del mondo, non riuscirà ad evitare che il mo cuore sia martoriato nel profondo" - Rebecca V Cowcill
25 - "Anche i compiti più semplici, possono essere schiaccianti a volte" - Rhonda Bodfield
26 - "E' incontrollabile" - Asia Pope
27 - "Solamente perché non lo capisci, non vuol dire che le mie paure non siano reali" - Vicki Happ
28 - "Ti fa sentire come se il peso del mondo fosse tutto sulla tua testa, ti senti soffocato" - Danielle Nicole Box
29 - "Non lo faccio perché cerco attenzione" - Georgia Tsaganis Johnson
30 - "Le cose più insignificanti possono farmi star male, più mi sento in trappola, più mi sento peggio, il mio spazio personale, mi farà stare sempre meglio". - Manda Ree
31 - "La mente è il mio nemico, così ho bisogno di averti dalla mia parte, A volte ho anche bisogno di te, per combattere accanto a me." - Erin Farmer-Perrine
Huffingtonpost.it 

venerdì 19 giugno 2015

Filma il suo attacco di panico in un video virale sul web

Non è il più divertente del mondo, e certo non compete con i teneri o buffi filmati di gattini che impazzano sui social, ma il video postato da un giovane che ha filmato e messo su YouTube il suo attacco di panico ha totalizzato in pochi giorni quasi 600 mila 'mi piace'. Lacrime e pallore, il viso sofferente, l'autore del filmato - che su YouTube si firma Casey Throwaway e nella realtà è l'americano Casey Cahill, 27 anni - coraggiosamente mostra gli effetti di un "brutto attacco di panico. Ne ho di tanto in tanto - spiega con la voce rotta dall'emozione - più spesso di quanto si dovrebbe. Voglio fare questo video per mostrare che è" un problema "reale. Non posso farci nulla".

A scatenare l'attacco filmato, spiega Casey, potrebbe essere stato il nuovo lavoro. "Ho la mente in fiamme, pensieri folli" nella testa. Il video, rilanciato dalla stampa britannica e pubblicato sul sito del 'Telegraph', potrebbe contribuire a contrastare lo stigma e spingere le persone a comprendere meglio questi problemi. Ma non solo. "Parlarne, comunicare sensazioni e timori, confrontarsi ed aprirsi agli altri e al mondo è il primo passo verso la liberazione dal macigno che incombe su chi soffre di attacchi di panico", dice all'AdnKronos Salute Paola Vinciguerra, psicoterapeuta, presidente di Eurodap (Associazione europea disturbi da attacchi di panico) e direttore della Clinica dello stress.
"Oggi oltre 8 milioni di italiani soffrono di attacchi di panico, una vera e propria malattia che condiziona ed inibisce molte delle semplici attività della vita, e non se ne può tacere. Il disturbo si manifesta generalmente tra i 15 e i 35 anni, con una seconda punta d'insorgenza tra i 44 e i 55 anni; diffuso in misura maggiore nella popolazione femminile, è in aumento tra gli uomini, soprattutto professionisti e manager. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità - aggiunge l'esperta - entro il 2020 sarà la seconda patologia più diffusa al mondo dopo i disturbi cardiovascolari".
"Ancora oggi, ci si vergogna di ammettere di soffrire di attacchi di panico - osserva Vinciguerra - e il numero che emerge dai sondaggi potrebbe nasconderne uno assai maggiore. Sono la vergogna e la paura di avere qualcosa di strano: non ci permettono di chiedere aiuto, ma anche quando riusciamo a farlo non è detto che si riesca a trovare la risposta".
"In uno studio recente - ricorda la psicoterapeuta - è stato rilevato come una persona sofferente di attacchi di panico arriva a contattare anche dieci specialisti prima di riuscire ad avere una diagnosi del problema, e solo una persona su quattro riceve il trattamento di cui ha bisogno. E' pertanto estremamente importante riconoscere i sintomi per poter fornire tempestivamente la migliore terapia possibile, per prevenire gli eventuali ulteriori disagi e apportare gradualmente un miglioramento nella qualità della vita".
"Durante l'attacco - prosegue Vinciguerra - compare un mix di sintomi. I più comuni sono: difficoltà di respirazione; palpitazioni e tachicardia; dolore al torace; sensazione di soffocamento; vertigini, sensazione di sbandamento e instabilità; nausea, dolori addominali; sudorazione; cefalea; vampate di calore alternate a brividi; tremore; rallentamento della nozione del tempo; modificazione della percezione della distanza; intorpidimento; sensazione di catastrofe che sta per accadere; sensazione di irrealtà; paura di perdere il controllo o di impazzire; paura di perdere coscienza; paura di provocare disastri; paura di attirare l'attenzione; paura di morire. Se si hanno anche solo 4 di questi sintomi, vuol dire che si è affetti da disturbo da attacchi di panico", conclude.


 Adnkronos

martedì 16 giugno 2015

Come si affrontano gli attacchi di panico


Un famoso psicoterapeuta ha appena scritto un libro con una tesi rivoluzionaria: queste crisi non vanno combattute ma assecondate. Perché lasciano fluire l’energia repressa dentro di noi.

Chi lo ha provato, lo descrive come un’ondata di energia che travolge. Il cuore accelera, le mani sudano, il respiro si fa affannoso, le gambe cedono. «Il panico è il disturbo di oggi; ne soffrono due milioni e mezzo di persone e due su tre sono donne» spiega Raffaele Morelli, medico psicosomatista e autore con Vittorio Caprioglio del libro Vincere il panico (Mondadori).
«Il problema è che viviamo ingabbiati in ruoli precisi e in una routine tutta rivolta ad assecondare le nostre e le altrui aspettative. Ma così dimentichiamo che dentro di noi c’è un’energia pronta a rompere gli argini». L’attacco di panico spesso ci dice che siamo troppo compressi. «Ecco perché non è un nemico da combattere, ma la manifestazione della nostra parte più vitale che ci chiede di prenderci cura di noi».
Ma come dialogare con questo intruso che invade la nostra vita in modo così doloroso? Con tecniche precise, suggerite dal dottor Morelli.

Così previeni l'attacco di panico:

Rompere gli automatismi e uscire dagli schemi è un modo per tenere lontane le crisi di panico. Con questi esercizi impari a lasciarti andare.
● Indossa la maschera  Disegna su un cartoncino maschere con espressioni diverse (rabbia, tristezza, gioia, stupore). Allo specchio, indossane una e immedesimati in quello stato d’animo; poi toglila e guardati. Fai la stessa cosa con tutte le altre.
Ti aiuta perché  La consapevolezza che in te possono convivere umori diversi è utile per accettarti nella tua complessità e diventare più flessibile.
● Lasciati cadere  Insieme a un’amica o a un compagno, mettiti in un luogo appartato e togliti le scarpe. In piedi, voltagli la schiena, ondeggia avanti e indietro e poi abbandonati all’indietro tra le sue braccia.
Ti aiuta perché  Ti insegna a lasciarti andare e ad affidarti agli altri.
 

Così accogli e contieni la crisi di panico:

Molti vivono l’attacco come un mostro da scacciare. In realtà, lottare è sbagliato; quando la crisi s’avvicina, l’unica cosa da fare è assecondarne il flusso e cercare di contenerlo. Ecco come.
● Attiva la respirazione profonda  Appena senti di essere in una situazione a rischio, rannicchiati in un luogo comodo e concentrati sull’ombelico. Rallenta il respiro e fissa lo sguardo su un oggetto.
Ti aiuta perché Il respiro comunica le nostre emozioni: calmandolo, ti rilassi e distogli l’attenzione dai pensieri ossessivi che scatenano l’attacco.
● Recupera i 5 sensi  Chiudi gli occhi e pensa a un momento di felicità. Riporta alla mente i profumi, i suoni, i sapori, i colori. Poi cerca di capire perché ti senti a disagio: la stanza ha un cattivo odore? Ci sono rumori fastidiosi? Vedi qualcosa che non ti piace? Quindi ritorna alle sensazioni gradevoli e lascia che si sovrappongano a quelle negative.
Ti aiuta perché Quando sta per arrivare l’attacco, il corpo perde la capacità di provare piacere e sente solo malessere. L’esercizio ti aiuta a rompere questo circolo vizioso.

Così superi l'attacco di panico:

 Quando la crisi è già arrivata, le mosse giuste ti aiutano a superarla.
● Abbandona il luogo in cui ti trovi  Se non puoi farlo, cerca di estraniarti mentalmente.
● Mettiti comoda Slaccia gli indumenti stretti, togli le scarpe; più sei a tuo agio, più velocemente passerà l’attacco.
● Apri una finestra Se invece sei all’aperto cerca una zona d’ombra.
● Affidati agli altri  Fatti abbracciare da chi ti sta vicino; con il contatto inneschi i meccanismi di autoguarigione. Se sei da sola, telefona a un’amica e racconta quello che ti sta succedendo.
● Quando l’attacco è al culmine, non trattenerti Urla, gesticola, salta, batti i piedi. Ti aiuta ad abbreviare la crisi.
 Chicca Belloni
Donna Moderna 

giovedì 4 giugno 2015

Attacchi di panico: cosa fare? Chi colpiscono? Si guarisce? Quanti ne soffrono?

Considerati da molti medici la malattia del secolo gli attacchi di panico sono un fenomeno in costante ascesa. Ecco qualche dato: chi ne soffre maggiormente? Come guarire? Cosa fare? A chi affidarsi?

 

L’altro giorno una professoressa che insegna da molti anni alle scuole superiori sottolineava quanto gli attacchi di panico fossero in vertiginoso incremento fra gli adolescenti. L’incidenza di episodi ansiosi è effettivamente in rapida ascesa nella popolazione mondiale, dati alla mano. Molti dottori definiscono gli attacchi di panico il male del secolo per la capillarità con la quale colpiscono trasversalmente sempre più nutrite fasce di persone.
Iniziamo con il mettere un pochino di ordine: I sondaggi clinici più recenti asseriscono che almeno 2 milioni di italiani soffre in maniera sistematica del DAP (Disturbo da Attacco di Panico) ma che, in realtà, nel corso della propria vita un individuo su tre ha sperimentato almeno un episodio di panico o ansia sotto forma di attacco senza che vi sia stata, successivamente, un cronicizzazione. Le donne sono maggiormente soggette a questo tipo di espressione patologica di disagio ma anche gli uomini che ne soffrono sono un numero ingente. La fascia d’età maggiormente a rischio va dai 20 ai 54 anni ma, come già anticipato a inizio articolo, anche gli adolescenti si ritrovano sempre più spesso a fare i conti con questo male. Anche la genetica ha un ruolo importante: spesso chi soffre di attacchi di panico ha almeno un parente stretto che ne ha a sua volta sofferto.
I cosiddetti lavoratori digitali (obbligati a spendere molto tempo al pc e spesso socialmente isolati e con uno stile di vita sedentario) sono una categoria particolarmente a rischio e sempre più colpita da episodi di panico. La buona notizia è che guarire è possibile a patto che non ci si affidi a rimedi fai da te e si consulti personale altamente specializzato. La terapia cognitivo-comportamentale è accreditata come uno degli strumenti migliori ma fate molta attenzione a chi rifiuta sistematicamente la cura farmacologica che risulta altrettanto fondamentale nei momenti in cui gli episodi sono particolarmente acuti. L’errore più diffuso, infatti, è quello di non affidarsi alla figura dello psichiatra erroneamente considerato “dottore dei matti” che ha, invece, facoltà di prescrivere anche un supporto farmaceutico.
 Valeria Panzeri

URBANBENESSERE 

mercoledì 27 maggio 2015

Anche Wonder Woman Soffre di Attacchi di Panico

Se Iron Man può avere gli attacchi di panico e salvare il mondo dai mostri, io potrò ben soffrire d'ansia e sentirmi Wonder Woman. O no?
È tutta una questione di prospettive: dalla mia io sono una personcina piuttosto efficiente, capace di fare 37 cose in una volta. So parlare in pubblico e camminare sui tacchi senza franare giù, so fare i tortelli e il ragù, so scrivere libri anche senza firmarli lasciando ad altri l'onore della gloria, ma vado nel panico ogni volta che devo viaggiare. Ognuno ha i suoi punti deboli: il mio è questo. Posso stare in equilibrio su uno stiletto di 12 centimetri parlando a 3mila persone e posso sentirmi morire su un accidente di autostrada che alterna viadotti e gallerie.

Per anni mi sono vergognata come una ladra di questa cosa che a me l'idea di viaggiare (anche per 100 chilometri e su qualunque mezzo non siano i miei piedini) mandasse nel panico e al resto del mondo non facesse fare un plissé, poi mi sono guardata Iron Man con la tachicardia e la sudarella e mi son detta: "ma sai che c'è? C'è che se lui è un figo anche quando muore di paura, per la proprietà transitiva posso esserlo anche io, quindi basta vergognarsi: IO SOFFRO DI ATTACCHI DI PANICO".
 

Sono un'impacciata a intermittenza: posso stare anni senza avere niente e poi un bel giorno vengo invasa dalle formiche che mi intorpidiscono le mani e mi affannano il respiro per giungere al risultato finale di farmi sentire prossima alla morte come uno che stanno legando alla sedia elettrica. Eppure vivo, faccio tutte le mie cose: lavoro, giro in macchina più o meno tutti i giorni, scrivo un sacco e leggo anche di più, ho una famiglia composta da un fidanzato riottoso al matrimonio e da una carlina grassottella e molto dolce che si sono abituati a me e a tutte le mie mille preoccupazioni. Preoccupazioni che si trasformano in ansia, quando non in un vero e proprio attacco di panico, allo scattare della mia mano sinistra che, con consumata sicurezza, si precipita verso il mio collo per prendere i battiti cardiaci nei momenti meno opportuni (tipo in corsia di sorpasso in autostrada, quando ovviamente a guidare sono io).
Sono fatta così, ormai ho smesso di combattermi come un ninja autolesionista che si massacra pronto all'harakiri ogni volta che non rispetta i suoi altissimi standard. Sono un'impanicata ed è del tutto inutile che io continui ad 'invidiare' chi si macina migliaia di chilometri all'anno da solo, in macchina, treno o aereo.
So che in un modo o nell'altro ce la faccio anche io, solo che il mio modo di farcela è un po' più nevrotico di quello del resto del mondo. Ma insisto: se Iron Man si ritrova il cuore nei calzini e ci salva dai mostri, io posso ben trovamelo nelle autoreggenti e salvare me stessa.
Il vero problema, almeno il mio, in effetti non è quell'attacco bastardo che mi dura 3 minuti e mi fa sentire una morta vivente, il vero problema è che non me lo scordo e passo il resto del mio tempo a cullarmi nella paura che mi torni... Riuscendo nella non invidiabile impresa di farmelo tornare.
Che poi ci sono anche quelli che mi dicono: "vabbè ma non pensarci", e io li picchierei perché vorrei capire come posso non pensare a qualcosa che mi occupa una fetta di cervello larga come la Cina. "Fai finta di niente", sentenzia qualcun altro, che di nuovo picchierei: ma provaci te a far finta di niente quando le tue mani sono invase da un esercito di formiche sul piede di guerra, il tuo respiro è quello di un novantenne asmatico senza un polmone e il tuo cervello ti consiglia di salutare i parenti perché tra due minuti non ci sarai più.
"Vabbè ma poi ti passa, no?", è la lucidissima frase che mi regala qualcun altro, che ancora picchierei per terra, anche se so che ha ragione: perché il fatto che passi non mi rassicura davanti alla prospettiva che arrivi. Ed è nella consapevolezza che prima o poi arriverà che viviamo più o meno sempre noi impacciati a corrente alternata.
"Sono tutte pipe, le tue, se tu avessi dei problemi veri non avresti tempo di farti venire l'ansia e gli attacchi di panico", frase che qualcuno (a rischio della sua stessa sopravvivenza) mi ha sventolato sotto al naso facendomi diventare una jena furiosa. Come se io, e quelli come me, un bel giorno si fossero svegliati e avessero pensato: "Mah, guarda, oggi non so proprio come far passare il tempo... Magari provo a vedere se con una bella crisi di ansia riesco ad arrivare a sera".
Morale della favola: gli attacchi di panico sono un po' come i miei occhi, il mio naso a patata e il mio talento linguistico che mi fa ripetere qualunque parola al oirartnoc (contrario) senza nessuna difficoltà. Sono parte di me (e di Iron Man e di milioni di altre persone al mondo): sono una malattia fastidiosa, anche molto, ma non mortale con la quale mi sono allenata a convivere e, soprattutto, a scherzare. Perché, nonostante il cuore che fa le capriole, le mani occupate da un'armata di formiche, probabilmente rosse, e l'ossigeno che sembra incapace di prendere la strada dei miei polmoni io mi ostino a vivere ridendo. Anche di questa paura della paura che vorrebbe rinchiudermi in casa e farmi perdere la gioia di scoprire il mondo.
Sì, sono fermamente convinta: la mia risata, alla fine, seppellirà anche loro, i miei attacchi di panico automobilistici. E se anche dovessero uscire dalla tomba in cui li ho cacciati e trasformarsi in famelici zombie, mi infilerò nelle orecchie "Thriller" di Michael Jackson, canterò a squarciagola inventandomi le parole e li stordirò di stecche e cialtroneria.
Del resto sono Wonder Woman e la mia arma segreta è l'allegria.

sabato 16 maggio 2015

Attacchi di panico: quando è la paura a bloccare occorre rivolgersi ad un esperto

Eventi o periodi di particolare stress emotivo possono portare, anche nel medio periodo, a sviluppare una sintomatologia che insorge all’improvviso, che spaventa e disorienta la persona e viene definita come “attacco di panico”. Sono 10 milioni gli italiani che almeno una volta nella vita hanno sperimentato quella somma di sensazioni e malessere che viene riassunta con questa definizione. Ma cos’è un attacco di panico?
Chi l’ha provato lo descrive come un momento inaspettato in cui una forte sensazione di paura e morte blocca ogni possibilità di reagire portando, nella maggioranza dei casi, a ricorrere alle cure del Pronto Soccorso: il soggetto infatti, spaventato da questa sensazione inedita e quindi poco riconoscibile, innesca un meccanismo di “paura della paura” che lo porta a percepire una totale impotenza e oppressione. Gli attacchi di panico sono classificati all’interno del “Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali” come "panic attack" o "panic disorder ": sono una classe di disturbi d'ansia, con una sintomatologia complessa e piuttosto diffusa. Ma quali sono i sintomi di un attacco di panico?
Come si è detto l’esordio è improvviso e la durata complessiva dellacrisi” si aggira intorno ai 20 minuti.
I sintomi più caratteristici (che possono variare di molto da persona a persona) sono:

  • Tachicardia
  • Oppressione al petto
  • Vertigini, nausea
  • Tremori molto profondi
  • Sudorazione (anche fredda), brividi
  • Sensazione di soffocamento e nodo alla gola
  • Irrigidimento degli arti
  • Parestesie
  • Un senso di straniamento dalla realtà circostante
  • Paura di perdere i freni inibitori
Contrariamente a quanto si potrebbe credere in molti casi il panico si manifesta nel momento del relax successivo ad una parentesi di forte stress lasciando ancora più disorientata la persona. La diagnosi del disturbo d’ansia, così come dello specifico attacco di panico, si basa su segni e sintomi caratteristici: molti soggetti risultano predisposti al disturbo d’ansia ed hanno la tendenza ad “ereditare” la predisposizione da familiari o genitori.
Capita che l’attacco di panico sia un episodio isolato ma, più spesso, si tratta di un vero e proprio disturbo che può colpire con attacchi ripetuti, ansia e fobie tali da rendere la qualità della vita compromessa.
Spesso l’insorgenza del disturbo da panico innesca un meccanismo che porta alla paura di avere un nuovo attacco costringendo la persona a un isolamento forzato (agorafobia) finalizzato a un presunto benessere. Quando si ha la certezza che tutti i sintomi siano riferibili a questo disturbo possiamo concentrarci sulla richiesta di aiuto per fare diventare il panico soltanto un brutto ricordo. Ma a chi rivolgersi?

Una volta individuata la problematica non resta che accettare il momento di fragilità e rivolgersi a un esperto che possa aiutarci fornendoci gli strumenti per uscire dall’impasse.
Non resta dunque che rivolgersi a uno psicologo specializzato nel trattamento dell’attacco di panico trovando così il professionista che possa dare supporto in un momento di difficoltà, se pur passeggera.
Nel trattamento del disturbo di panico infatti la terapia psicologica è un supporto fondamentale: l'attacco di panico è la manifestazione fisica di interpretazioni fortemente drammatizzate di alcuni eventi fisici o mentali; il trattamento del disturbo di panico ha dunque nella terapia cognitivo comportamentale (con protocolli di intervento di comprovata efficacia) il trattamento d'elezione.
Nella psicoterapia cognitivo-comportamentale il paziente e il terapeuta condividono infatti obiettivi terapeutici molto pratici: la presa di coscienza di quei circoli viziosi che innescano la reazione di panico mette la persona nella condizione di liberarsene progressivamente acquisendo comportamenti funzionali a uno stato di benessere.
In rari casi, quando la sola terapia psicologica non dia i frutti sperati, anche la terapia farmacologica può venire in soccorso; in questo caso sono due le tipologie di farmaci utilizzate: le benzodiazepine e gli antidepressivi, che devono però essere prescritti soltanto da un medico e che possono rappresentare una breve parentesi in un percorso di ritrovata serenità e guarigione. Cosa evitare assolutamente? Non fingere che tutto vada bene nella speranza che il disagio non si manifesti nuovamente. Cercare invece di vivere la situazione contingente aiutandosi con la respirazione e ricorrere, al più presto, all’aiuto di un esperto.
Credit foto: © alexskopje - Fotolia.com
Sapere.it 

mercoledì 6 maggio 2015

Come si curano gli attacchi di panico?


Chiunque soffra sistematicamente di attacchi di panico, conosce bene le modalità in cui questi si manifestano e può descrivere in modo molto preciso la sensazione che prova e tutti i sintomi fisici che entrano in gioco in questi frangenti. Il disturbo di panico, nelle sue forme più acute, può influire notevolmente sulla vita quotidiana degli individui che ne sono affetti, arrivando ad essere sotto certi aspetti invalidante. Questo articolo vuole porsi come un approfondimento che parte da una prima introduzione dedicata al panico – che può aiutare a riconoscerne i sintomi e le manifestazioni – per poi passare ad una panoramica delle terapie utilizzate per la cura dello stesso.

Una piccola introduzione per capire meglio il panico
Il primo passo da fare per curare gli attacchi di panico è prendere consapevolezza degli stessi, capendo la tipologia di disturbo che ci si trova a fronteggiare: il tutto va fatto sotto la guida di uno specialista, l'unico in grado di diagnosticare la presenza di un disturbo di panico vero e proprio. Prima di procedere è importante fare una precisazione: a tutti può capitare, in situazioni di pericolo o di forte stress, di provare singoli e sporadici attacchi di panico e ciò è perfettamente normale. Diversa è invece la situazione di coloro che soffrono di un disturbo di panico vero e proprio, che si trovano a fronteggiare attacchi frequenti, associati ad alcuni sintomi ben precisi e alla paura del presentarsi di nuovi attacchi.

Qualora vi troviate, quindi, ad avere dei dubbi in merito alla vostra condizione, la prima cosa da fare è chiedere aiuto, senza avere timore. Non bisogna infatti isolarsi o considerarsi “sbagliati” per la presenza di questo disturbo, che può essere curato grazie ad un intervento professionale mirato. Non lasciatevi convincere da soluzioni fai da te o improvvisate e non ascoltate quanti cercano di proporvi soluzioni illuminanti, senza tuttavia avere le conoscenze ed i titoli per farlo, ma ricordate di affrontare il tutto con tranquillità.

Le paure che scatenano il panico sono diverse, ma gli attacchi funzionano tutti allo stesso modo: nella persona che ne è affetta si genera un circolo vizioso di forme di evitamento che alimenterà la paura, fino a farla diventare panico vero e proprio (all'interno di un circolo vizioso). A fare crescere la paura, inoltre, sono i tentativi di risolvere quello che viene percepito come un problema, che si concretizza nel rimandare o evitare le situazioni considerate minacciose. Questo non fa altro che alimentare il circolo vizioso di cui abbiamo parlato prima. Tecnicamente, un attacco di panico corrisponde ad una risposta di paura e a seguito del primo episodio di attacco di panico si configura un sintomo specifico, che prende il nome di ansia anticipatoria.

A partire da quel momento, subentrerà nella vita della persona questa nuova forma di paura che può condurre ad un nuovo attacco di panico. Come è possibile comprendere, non si tratterà più di qualcosa di sconosciuto, ma di una sorta di "premonizione" (ovviamente da intendersi in senso lato), che può definirsi come una paura della paura. A complicare la situazione, interviene poi l'impossibilità immediata di trovare una causa al fenomeno: chi è affetto da attacchi di panico si chiede perché stia avendo una reazione di questa portata in assenza di una minaccia concreta. Allo stesso tempo, l'individuo si convince di poter avere altri attacchi, in qualsiasi momento e senza alcuna ragione apparente. Ecco perché l'attacco di panico è un vero e proprio "oggetto fobico", che si nutre di altra paura.

La cura degli attacchi di panico
Come abbiamo già anticipato nel titolo, argomento principale di questo testo è la risposta ad una domanda molto frequente: come si curano gli attacchi di panico? In particolare, le due "strade" seguite sono due e cioè il trattamento psicoterapeutico e quello farmacologico, che vedremo in dettaglio di seguito.

Come funziona il trattamento psicoterapeutico?
Per ridurre i sintomi del panico, si punta su un cambiamento della percezione della realtà minacciosa. Il trattamento psicoterapeutico focalizza la propria attenzione sul modo in cui il problema agisce nel presente, per intervenire su quelle tentate soluzioni di cui abbiamo già parlato. Il percorso compiuto insieme al terapeuta serve a "sbloccare" quelle risposte personali che possono aiutare ad affrontare e superare il problema. Il paziente viene aiutato ad acquisire la capacità di gestire la realtà ed i suoi effetti, in modo da poter mettere in atto comportamenti diversi da quelli attuati fino a quel momento ed interrompere così il circolo vizioso del panico. Il percorso si snoda attraverso un cambiamento della percezione, che quindi modifica le reazioni e fa prendere consapevolezza: evitando di evitare, la persona affetta da attacchi di panico acquisisce maggiore fiducia nelle proprie risorse.

La sua mente viene "allenata" ad affrontare la paura, trasformandola in coraggio, per raggiungere l'obiettivo della preziosa autonomia personale (che viene alimentata anche da progressivi cambiamenti). Attraverso la psicoterapia, il paziente acquisisce alcune conoscenze e delle tecniche da utilizzare nel momento del bisogno: si tratta di dare vita ad un nuovo sistema percettivo reattivo, che può sostituire completamente quello che esisteva in precedenza.

E la terapia farmacologica?
Il funzionamento delle terapie farmacologiche adottate per la cura del disturbo di panico è differenze da quello della psicoterapia: queste infatti danno un sollievo immediato, eliminando la componente fisiologica legata all'ansia, ma hanno poca influenza su ciò che viene percepito come uno stimolo pauroso. Il fatto che, inoltre, l'attacco di panico si caratterizzi per la natura improvvisa ed episodica e per la sua intensità, fa sì che, una volta terminato il farmaco, la paura di avere ulteriori attacchi possa ripresentarsi, anche più forte di prima. Per questo motivo, alcuni considerano il trattamento farmacologico come un semplice “supporto”, che può aiutare ad accelerare il processo di ripresa, attraverso un sostegno immediato e concreto, da associare agli strumenti messi a disposizione dalla psicoterapia. Quello che effettivamente consente alla persona colpita da attacchi di panico di risolvere il problema, infatti, è anzitutto la consapevolezza di potercela fare.

In conclusione, non possiamo fare altro che ribadire quanto abbiamo già detto prima: in presenza di dubbi o perplessità relative agli attacchi di panico ed agli episodi che sperimentate personalmente, vi invitiamo a confrontarvi con uno specialista.



A-Zeta.it

mercoledì 22 aprile 2015

Disturbo Evitante di Personalità: sintomi, cura e terapia da seguire.

Timore delle critiche, paura della disapprovazione e dell’esclusione e, soprattutto, la radicata convinzione di valere poco. Se tutto questo suona familiare è probabile che ci si trovi di fronte ad un disturbo evitante di personalità (DEP), che spinge chi ne soffre a rinunciare ad una vita sociale per paura di risultare inadeguato.

 

Cos’è il disturbo evitante di personalità

Il disturbo evitante di personalità è un disturbo della personalità che si manifesta solitamente all’inizio dell’età adulta. Coloro che ne soffrono vorrebbero instaurare buoni rapporti con altre persone, avere un gruppo di amici con cui uscire la sera e un partner con il quale condividere i propri interessi, ma la paura di non risultare adeguati è tanto forte e la prospettiva di un rifiuto talmente dolorosa che preferiscono isolarsi ed evitare il confronto con gli altri, soprattutto se il rapporto implicherebbe un certo coinvolgimento emotivo. Se da un lato così facendo il soggetto si sente al sicuro, dall’altro questa condizione di solitudine è vissuta con tristezza, mitigata magari da attività e hobby che non prevedano un contatto con altre persone, come ad esempio la musica, la lettura e le collezioni di vario tipo.

Sintomi del disturbo evitante di personalità

Una spiccata timidezza, un atteggiamento particolarmente riservato o la tendenza ad essere apprensivi non sono ovviamente indice di uno stato patologico. I sintomi del disturbo evitante di personalità tracciano un quadro più complesso, che prende in considerazione molti elementi. Alcuni dei sintomi principali sono un forte senso di inadeguatezza, un’estrema timidezza, la tendenza all’isolamento sociale, l’ipersensibilità alle critiche e una bassa autostima.
Chi soffre di questo disturbo tende quindi a non instaurare nuove relazioni sociali all’infuori di quelle consuete con i familiari e gli amici più stretti, pensando di non essere attraente e di non avere argomenti interessanti da condividere con altre persone; spesso rinuncia anche alla possibilità di fare carriera per evitare il confronto con gli altri. Lo stile di vita di chi soffre di disturbo evitante di personalità tende ad essere monotono e solitario, condizione che è vissuta con tristezza o fastidio: quando però il soggetto cerca di cambiare questa situazione si scontra con la sua paura di un giudizio negativo e del rifiuto.

Le cause del disturbo evitante di personalità

Le cause di questo disturbo non sono definite in maniera chiara e univoca, spesso si tratta della combinazione di più fattori sociali e biologici. Spesso chi è affetto da disturbo evitante di personalità ha avuto genitori rigidi ed esigenti oppure esageratamente protettivi, storie di abuso fisico oppure esperienze negative con i coetanei durante l’infanzia.

Disturbo evitante di personalità, come guarire

Superare il disturbo evitante di personalità è possibile. Ci sono infatti diversi tipi di trattamento, sia farmacologico che psicoterapeutico, spesso associati a strategie comportamentali.

La terapia per il disturbo evitante di personalità

Nella cura del disturbo evitante di personalità ha un posto molto importante la psicoterapia, effettuata sia a livello individuale che di gruppo con lo scopo di aiutare il paziente a controllare l’imbarazzo all’interno delle situazioni sociali e ad affrontare quindi con meno timore le relazioni con altre persone. In particolar modo, la terapia di gruppo per il disturbo evitante di personalità può aiutare chi soffre di questo disturbo a riconoscere in modo corretto l’atteggiamento degli altri nei propri confronti e a capire che la critica non è  l’unica reazione possibile da parte del prossimo; aiuta inoltre a superare l’ansia di rapportarsi con gruppi di persone. Queste sedute possono essere associate a strategie comportamentali e a training assertivi per migliorare le abilità sociali e l’autostima dei pazienti.

La cura farmacologica per il disturbo evitante di personalità

Tra i rimedi per il disturbo evitante di personalità ci sono anche i farmaci, che possono venire utilizzati in alcune fasi per tenere sotto controllo sintomi come, ad esempio, ansia e depressione. Tra i farmaci per il disturbo evitante di personalità i più comunemente usati sono quindi gli ansiolitici, che permettono al paziente di affrontare le situazioni che è solito evitare, gli antidepressivi e i betabloccanti, che riescono ad agire su alcune manifestazioni dell’ansia come rossore, sudorazione e tremore.



State of Mind

giovedì 9 aprile 2015

Nuova ipotesi sugli attacchi di panico A provocarli potrebbe essere una forma di paura di aver paura

Palpitazioni o vertigini, percepite come catastrofiche, causano ansia, che a sua volta le amplifica. E ciò non fa che aumentare i timori.

Una strana forma di paura della paura potrebbe essere alla base dei tanto temuti attacchi di panico. È l’ipotesi avanzata da un modello cognitivo di questo disturbo che frequentemente inizia a presentarsi già nell’adolescenza e che colpisce soprattutto le donne, ma che non risparmia neppure gli uomini. All’attacco di panico spesso si associa la cosiddetta agorafobia, la specifica paura di trovarsi in luoghi nei quali può essere difficile o imbarazzante ricevere soccorso.
Secondo questo modello, alla base dell’insorgenza degli attacchi di panico ci sarebbe un’interpretazione erronea, di carattere catastrofico, di sensazioni di per sé normali e trascurabili provenienti dal corpo o dalla stessa mente. Interpretazione catastrofica vuol dire attribuire un esagerato significato negativo e patologico a sensazioni che magari un’altra persona quasi neppure noterebbe. «Le sensazioni che vengono più frequentemente mal interpretate sono soprattutto quelle collegate alle normali risposte ansiose - dicono alcuni ricercatori guidati da Myriam Rudaz, del Department of psychology dell’University of California di Los Angeles, autori di un articolo pubblicato sulla rivista Depression and Anxiety , dedicato proprio alla paura della paura -. Ad esempio, si tratta di palpitazioni o di vertigini, ma includono anche altre sensazioni fisiche o mentali, come la percezione di corpuscoli nel campo visivo o sensazioni di vuoto mentale. L’ipotesi è che, quando queste sensazioni sono percepite come catastrofiche, l’ansia che ne deriva produce un aumento delle stesse sensazioni. Ne risulta così un circolo vizioso di sensazioni, risposte ansiose e pensieri catastrofici che alla fine sfociano nell’attacco di panico». Quindi, secondo tale ipotesi, a provocare l’attacco di panico sarebbe, pur senza rendersene conto, la stessa persona che ne soffre.
Gli studi
Questo modello cognitivo della genesi degli attacchi di panico è più di una semplice ipotesi. Diversi studi hanno dimostrato che chi soffre di attacchi di panico ha davvero la tendenza a dare interpretazioni catastrofiche di innocui segnali provenienti dal suo interno. Un tratto che, pur con sfumature diverse, si trova più in generale in chi soffre di disturbi d’ansia, anche se in questo ultimo caso le interpretazioni catastrofiche tendono a coinvolgere principalmente i segnali provenienti dal mondo esterno. Sottoposte a questionari per la rilevazione della paura di segnali interni, come il Body sensation questionnaire, le persone che soffrono di attacchi di panico fanno registrare punteggi più elevati sia rispetto a chi soffre di disturbi d’ansia, sia nei confronti della popolazione generale.
Il legame con l’ipocondria
Un interessante legame esiste anche tra gli attacchi di panico e l’ipocondria, la paura delle malattie in generale, oggi ridefinita all’interno del DSM-5, l’ultima versione del manuale diagnostico e statistico dell’American Psychiatric Association. In questa nuova versione l’ipocondria non è più considerata in quanto tale, ma è stata sostituita da due diversi disturbi: il disturbo da sintomi somatici e quello da ansia di malattia. Il primo è caratterizzato da un elevato livello di ansia per la salute alla quale si associano sintomi somatici percepiti dalla persona; il secondo è costituito essenzialmente dalla sola ansia per la propria salute. Alcune ricerche hanno chiarito come in quasi la metà delle persone che soffrono di attacchi di panico con o senza agorafobia, prima che questi si manifestassero, erano già presenti altri sintomi correlabili alla fobia delle malattie.

Danilo Di Diodoro

Corriere della Sera