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giovedì 4 febbraio 2021

Attacchi di panico: come intervenire e che aiuto dare





Gli attacchi di panico sono un disturbo sempre più comune tra le persone, anche quando non soffrono di particolari problemi di salute. Si tratta di una condizione di ansia o paura molto intensa che si manifesta senza un motivo preciso, spesso improvvisamente. L’intensità dell’attacco può essere tale da fare temere un attacco di cuore o un problema respiratorio.

Chi ha già sperimentato attacchi di panico, comunque, sa cosa succede durante un attacco, ne riconosce i sintomi e sa cosa deve fare. In ogni caso, anche una persona abituata a queste crisi può avere bisogno di aiuto. Soprattutto quando si trova in un luogo pubblico.

Cosa bisogna sapere sugli attacchi di panico e come si può intervenire per aiutare una persona durante un attacco? Gli esperti hanno stilato un elenco di situazioni tipiche e regole di comportamento.

L’attacco di panico è un breve ma intenso momento in cui si prova una forte ansia o paura che si manifesta all’improvviso, accompagnata da sintomi fisici ed emotivi. La reazione del corpo è simile a quella che si verifica di fronte a una grave minaccia, con la differenza che in caso di attacco di panico non esiste alcuna minaccia concreta né pericolo.

La sua origine, infatti, è senza motivo e spesso può essere la conseguenza di un lungo periodo di stress, di un trauma o di uno stato ansioso abituale che esplode in questo tipo di crisi.

Si dice che una persona soffre di disturbo di panico o disturbo da attacchi di panico quando è soggetta ad attacchi frequenti. In questi casi, la persona potrebbe cambiare abitudini o comportamenti per evitare quelle situazioni in cui potrebbe manifestarsi un attacco. Questo potrebbe condizionare pesantemente le sue relazioni sociali.

Chi soffre abitualmente di attacchi di panico sa riconoscere i sintomi e sa come comportarsi quando si manifestano. Chi ha un attacco di panico per la prima volta si sente come se stesse per morire. Lo può confondere con un attacco di cuore o un altro grave problema di salute. Una sensazione a dir poco spaventosa, ma che una volta che si è imparato a riconoscerla fa meno paura.

Se chi è abituato agli attacchi di panico sa riconoscerli e come comportarsi, tuttavia può trovarsi in grave difficoltà e avere bisogno di aiuto. Pertanto, è importante sapere quali sono i sintomi di un attacco, come riconoscerli e come comportarsi per aiutare chi sta avendo un attacco.

sintomi più comuni dell’attacco di panico:

• paura intensa

• disperazione

• sudorazione o brividi

• tremore

• tachicardia

• difficoltà a respirare

• senso di soffocamento

• iperventilazione

• dolore al petto

• mal di testa o vertigini

• nausea

La differenza tra attacco di panico e una tipica risposta a una paura è che nel caso di un attacco di panico non esiste una minaccia effettiva o un pericolo concreto. Il corpo segnala un percolo che tuttavia non è presente. Si tratta dunque di unarisposta eccessiva probabilmente a uno stato diffuso di ansia o stress.

Se dovesse capitare di trovarci in presenza di una persona che sta avendo un attacco di panico, ecco cosa bisogna fare e non fare per aiutarla.

Restare calmi e cosa dire

Di fonte a una persona che ha un attacco di panico, la prima cosa da fare è mantenere la calma. È molto difficile, ma è quello da fare se si vuole essere veramente di aiuto. In ogni caso, dobbiamo sapere che gli attacchi di panico non durano molto. Solitamente, la fase acuta dell’attacco dura dai 5 ai 10 minuti. Come spiegano gli esperti.

Chi sta avendo un attacco di panico, tuttavia, potrebbe non rendersi conto del tempo e vivere quel momento come infinito. Pertanto è importante che chi è vicino sita calmo, non si faccia prendere a sua volta dal panico (!), e cerchi di rassicurare la persona. Avere paura, in queste situazioni, è assolutamente normale ma è importante mantenere il sangue freddo.

Provate a parlare alla persona per rassicurarla. Cosa dirle:

• che non la lascerete

• che l’attacco non durerà a lungo

• che è al sicuro.

Chiedete anche come poter essere d’aiuto e cosa potete fare. Chi soffre abitualmente di attacchi di panico, infatti, conosce i sintomi e ha dei metodi per superarli. Pertanto, anche quando si presta aiuto è importante farlo nel modo giusto, senza interferire con quello che la persona sta facendo per calmarsi. Durante un attacco, quando chiedete alla persona come aiutarla, questa vi potrebbe rispondere in malo modo. È assolutamente normale in una situazione del genere, preparatevi a questa eventualità, senza prendervela.

Se la persona rifiuta il vostro aiuto e vuole restare da sola, allontanatevi ma rimanete comunque nelle vicinanze in caso di necessità. Ditele che può contare su di voi se ne avesse bisogno.

Attenzione, però, alle parole usate. Una persona calma, con una voce rassicurante è di aiuto ma insistere nel chiedere se va tutto bene o dire di continuo “non ti preoccupare” può avere l’effetto contrario e aumentare l’ansia della persona che sta avendo un attacco.

Cosa dire alla persona per aiutarla

• chiedetele se vuole andare da un ‘altra parte (uscire da una stanza, allontanarsi da un luogo pubblico),

• ricordatele di respirare,

• distraetela con una conversazione leggera, a meno che vi dica che non vuole parlare.

Come comportarsi e quando chiamare aiuto

Durante un attacco di panico è difficile capire subito di cosa si tratti. I sintomi della persona che ne è vittima possono far pensare sul momento a qualcosa di più grave. Se la persona è abituata a soffrire di questi attacchi, sarà lei a rassicurare i presenti che sta avendo un attacco di panico e non qualcosa di pericoloso per la sua salute. In ogni caso i sintomi possono causare un forte disagio e la persona può avere bisogno di aiuto. Anche semplicemente di qualcuno che le stia accanto.

Non sta a noi capire cosa sta succedendo, ma possiamo offrire la nostra empatia, riconoscere l’angoscia di chi sta avendo un attacco di panico e dare il nostro sostegno.

Per aiutare la persona a calmarsi e riprendere il controllo di sé possono essere di aiuto:

• il contatto fisico, come tenere la mano (se la persona è d’accordo),

• dare alla persona un oggetto da tenere in mano,

• incoraggiarla a muoversi,

• incoraggiarla a ripetere frasi tranquillizzanti come “è terribile ma non mi farà male”,

• parlarle lentamente e con calma di luoghi o attività familiari.

Stare accanto alla persona che sta avendo un attacco di panico è molto più importante di quanto possa sembrare, anche se non si fa niente.

In alcuni casi, tuttavia, i sintomi potrebbero essere più gravi di quelli di un semplice attacco di panico. Ecco allora quando bisogna chiamare aiuto:

• il dolore al petto è come una pressione che non smette e si sposta alle braccia o alle spalle

• i sintomi continuano oltre i 20 minuti e non migliorano ma peggiorano,

• le difficoltà respiratorie non migliorano

• la pressione al petto dura più di un minuto o due.

Cosa evitare durante gli attacchi di panico

È fondamentale rispettare la persona che sta avendo un attacco di panicoe le sue esigenze. Non forzatela a fare qualcosa che non sente di fare. Se non gradisce le frasi di rassicurazione o altre forme di incoraggiamento, lasciate perdere. Anche la sola vicinanza può essere lo stesso di aiuto.

Dopo un attacco di panico una persona può sentirsi sfinita e avere bisogno di riposo. Assecondatela e non forzatela a fare quello che non si sente. Potrebbero saltare i programmi o gli impegni che avevate preso insieme. Pazienza.

Molto importante è non minimizzarequello che la persona prova durante un attacco di panico. Non fate paragoni con altre situazioni meno gravi che possono far sentire a disagio la persona. Un normale stato di ansia o di stress che tutti sperimentiamo normalmente non è la stessa cosa di un attacco di panico. Durante un attacco una persona può sentirsi completamente persa e incapace di gestire quello che le sta accadendo. Offrire compassione e aiuto è quello che possiamo fare. Fate molta attenzione alle parole e ai gesti, per evitare ulteriore disagio a chi sta già soffrendo.

Le persone che soffrono di attacchi di panico sono consapevoli di quello che accade loro durante un attacco, semplicemente non sono in grado di gestire le reazioni del loro corpo e la loro emotività.

Sono assolutamente da evitare le seguenti frasi:

• “Rilassati, non c’è niente di cui avere paura”,

• “Stai male per questo?”,

• “Cosa c’è che non va?”

Con queste parole, poco rispettose e per nulla empatiche, peggiorerete soltanto la crisi.

Sono da evitare anche i consigli superficiali o non richiesti. In primo luogo perché potremmo non sapere bene come intervenire e in secondo luogo perché chi soffre abitualmente di attacchi di panico saprà già come comportarsi e seguire una terapia se è già in cura. Se invece siete voi stessi ad avere già avuto attacchi di panico, allora potrete provare a dare qualche suggerimento i base alla vostra esperienza. Rispettare la sensibilità della persona, comunque, rimane fondamentale.

Dal Sito: universomamma.it

giovedì 18 giugno 2020

Disturbo di panico e coronavirus



Il Disturbo di Panico o Attacco di Panico è caratterizzato da un’acuta e intensa reazione d’ansia, che coinvolge mente e corpo attraverso una rapidissima sequenza di reazioni fisiche ed emotive.

Le crisi di panico iniziano in modo brusco e giungono alla loro massima espressione rapidamente.

Gli individui che le sperimentano, si trovano al cospetto di una paura intensa e sperimentano condizioni quali: “avere un infarto”;  “perdere il controllo”; “impazzire” o addirittura “essere sul punto di morire”.

Tutto ciò genera, in chi ne è colpito, un desiderio molto forte di abbandonare il luogo in cui si sta manifestando l’attacco.

Le sensazioni sperimentate durante un attacco di panico sono così spiacevoli, da indurre nel soggetto il timore di riprovarle, per cui si sviluppa la “paura della paura”.

E così si viene trascinati all’interno di un circolo vizioso, in cui la paura diventa patologica e si nutre di sé stessa.

In alcuni individui gli attacchi di panico sono così frequenti, che tendono a compromettere gravemente la qualità della vita.

La persona tenderà quindi a mettere in atto comportamenti di evitamento delle situazioni o ancor più comportamenti protettivi, fino a richiedere la presenza rassicurante di un’altra persona.

Proprio per i suoi aspetti legati al bisogno di avere delle persone o dei luoghi “rassicuranti”, il disturbo di attacchi di panico si può correlare all’attaccamento.

Secondo la Teoria dell’Attaccamento, infatti, ogni individuo che si trova in una situazione di pericolo tende a ricercare la vicinanza protettiva di un altro membro del proprio gruppo di appartenenza.

Questa condizione di sofferenza, generata dall’insorgere di questi stati, quasi sempre contribuisce a compromettere i rapporti interpersonali e, con la tendenza ad un ritiro dalla vita sociale, genera stati depressivi.

Nella situazione che stiamo vivendo attualmente, dove non tutti stanno rispondendo allo stesso modo al superamento dell’infezione da Covid-19, una delle espressioni comportamentali diffuse, potrebbe essere proprio lo sviluppo di una eccessiva preoccupazione, fino a sconfinare in panico da Coronavirus.

Avere paura ed essere preoccupati a causa di questa emergenza è comprensibile, ma è importante che la paura sia solo un campanello d’allarme e non la causa principale delle nostre ansie. Al fine di aiutarci a reagire in modo razionale e non a farci adottare comportamenti dettati dal panico.

Per cercare di reagire in modo appropriato rispetto a questa situazione attuale, sarebbe opportuno evitare una informazione eccessiva, ma privilegiare un aggiornamento equilibrato fornito da fonti ufficiali. E, di conseguenza, cercare di condurre una vita normale, caratterizzata se possibile da attività rilassanti e che possano stimolare il nostro interesse, pur nel rispetto delle indicazioni e delle precauzioni consigliate.

La Terapia Cognitivo Comportamentale rappresenta l’intervento che ha dimostrato maggiore efficacia nel trattamento del Disturbo da Attacchi di Panico e potrebbe essere impiegata verso la psicosi di massa creata dal Coronavirus.

Infatti, nella condizione attuale sono diversi i meccanismi di pensiero che alterano la percezione della minaccia del virus.

Il modello cognitivo afferma che non è la situazione in sé a spaventare le persone coinvolte, ma il modo in cui esse interpretano quella determinata situazione.

Solitamente il trattamento comprende:

  • Una prima fase di informazione sulle cause del problema e su tutti i fattori che lo mantengono (evitamento e comportamenti protettivi).
  • Una seconda fase in cui vengono insegnate tecniche di respirazione diaframmatica e rilassamento muscolare progressivo, per gestire i sintomi del panico.
  • Una terza fase che comprende interventi di esposizione graduale alle situazioni temute.

Successivamente vengono apprese tecniche per individuare e modificare i pensieri negativi responsabili dello scatenarsi dell’attacco.


Dal Sito: ulisseonline.it


sabato 14 marzo 2020

Attacco di ansia e attacco di panico: ecco le differenze tra le 2 patologie



Spesso sentiamo dire o diciamo di aver attacchi di ansia o di panico, talvolta utilizzando le due parole come sinonimi e confondendone i veri significati.

Bene, forse esiste, ma ufficialmente “l’attacco d’ansia” non appare nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, ovvero il compendio dei criteri che i clinici usano per diagnosticare le malattie mentali. Gli psicologi e gli esperti del non hanno questo descrittore nel loro vocabolario, pertanto questo potrebbe significare qualsiasi cosa.

“Alcune persone potrebbero usare ‘attacco di panico’ e ‘attacco di ansia’ in modo intercambiabile“, afferma Lily Brown, direttore della ricerca con il Center for the Treatment and Study of Anxiety presso la Perelman School of Medicine dell’Università di Pennsylvaniaa Filadelfia, e altre persone potrebbero usare l’attacco d’ansia per descrivere sentimenti ansiosi che non raggiungono il livello di panico.

Nella nostra vita quotidiana spesso abbiamo sentimenti nervosi o ansiosi, soprattutto in forti momenti di crisi. Però, talvolta, vi sono persone che si stressano per eventi che non sono accaduti e le loro preoccupazioni sfuggono totalmente fuori controllo, avendo quello che spesso viene definito attacco di panico.

L’attacco di panico, come viene descritto nel compendio di psicologia, è “la risposta del corpo a un pericolo imminente, anche se non vi è alcuna evidente minaccia al benessere fisico della persona”.

Chiunque abbia mai avuto un attacco di panico afferma che quest’ultimo può essere paragonato a una montagna russa. Si accende all’improvviso, afferrando le sue vittime in estrema paura e angoscia fisica, sino a mozzare il fiato. Pochi minuti dopo, è finita.

Quando gli attacchi di panico, spiega il manuale di diagnostica, si verificano ripetutamente e la vita delle persone è presa dalla paura di avere il prossimo episodio di panico, potrebbe essere diagnosticato un disturbo di panico .

L’esperienza di chi lotta con l’ansia estrema è molto diversa. I sintomi dell’ansia, infatti, di solito non sono né rapidi né di breve durata. L’ansia tende a coinvolgere sintomi di basso grado che persistono per un periodo di tempo più lungo.

Se si è costantemente perseguitati dalle preoccupazioni, invece, potrebbe essere diagnosticato un disturbo d’ansia generalizzato (GAD). Questo disturbo è presente all’interno del noto compendio.

Dal Sito: newsicilia.it 



lunedì 16 settembre 2019

Come riconoscere e affrontare un attacco di panico


Attacchi di panico: come riconoscerli e affrontarli

Sempre più diffusi tra le persone di ogni età, gli attacchi di panico hanno sintomi confondibili con quelli dell'infarto. Ecco come accertarsi di cosa si tratta e affrontare la crisi.

Sempre più persone si presentano al pronto soccorso degli ospedali con sintomi improvvisi e violenti, che possono sembrare quelli dell’infarto: sensazione di oppressione al petto, dolore al torace, profonda inquietudine e sudorazione fredda, accompagnata a volte anche da nausea. In realtà si tratta di attacchi di panico.

L’attacco di panico è una reazione impropria del cervello che reagisce a certi stimoli entrando in “allarme pericolo di vita”, in assenza di questo reale rischio. Lo fa attivando tutte le reazioni che possono entrare in gioco quando si sta per morire in circostanze violente.

Al pronto soccorso viene effettuato innanzitutto un elettrocardiogramma per escludere che la problematica sia di natura cardiaca; viene anche misurata la pressione sanguigna e di norma, escluso che si tratti di un infarto, viene somministrato un farmaco tranquillante.

Cause

Può essere un lungo periodo di stress, ad esempio causato da un carico di lavoro eccessivo, a scatenare un attacco di panico; oppure questo stato può rappresentare la classica punta dell’iceberg di un disagio emotivo profondo che non riesce ad emergere da lungo tempo.

Come si manifesta

Ecco i principali sintomi dell’attacco di panico:

tachicardia

iperventilazione

tremore e brividi 

sudorazione fredda alternata a vampate

dolore al petto

nausea

sensazione di irrealtà (l’ambiente circostante assume contorni sfumati, sembra di essere in un sogno)

senso di morte imminente

Come comportarsi

In caso di attacco di panico, bisogna in primis escludere che si stia verificando davvero un infarto; per questo motivo è sempre bene accompagnare la persona in ospedale, dove verrà immediatamente accertata  la natura del problema.

La durata dell’episodio ci aiuta a capire di che cosa si tratti: in genere i sintomi dell’attacco di panico, infatti, durano circa una decina di minuti. 

Quando la persona interessata è giovane e non è soggetta a rischio infarto (né a ipertensione, sovrappeso, colesterolo alto, diabete, se sta sta iperventilando (respirazione corta e affannosa) le si può chiedere di respirare per circa un minuto in un sacchetto di carta, tipo quello del pane, con bocca e naso. Ripetere per quattro cinque volte, alternando un minuto di respirazione nel sacchetto, con un minuto fuori dal sacchetto.

Questa pratica dovrebbe aiutare a ripristinare una respirazione regolare, prevenendo il rischio che comporta l’iperventilazione di peggiorare la sensazione di soffocamento che si percepisce durante l’attacco di panico.

Da non fare

Evitare di chiedere alla persona di controllarsi, perché con l’attacco di panico non si fa altro che peggiorare la sua condizione psico-emotiva, in quanto la persona non è assolutamente in grado di prendere il controllo su di sé.

Evitare di farsi vedere spaventati dalla situazione e incapaci di fornire aiuto, per non peggiorare la condizione di fragilità emotiva della persona in quel momento.

Cercare di rimanere calmi e lucidi per affrontare al meglio la situazione.

Dal Sito: perugiatoday.it

lunedì 25 febbraio 2019

Gli attacchi di panico

Quando meno ce lo aspettiamo, l’attacco di panico prorompe come uno tsunami dal nostro inconscio per inviarci un’infinità di segnali, per troppo tempo sopiti dalla nostra coscienza, così grande da farci provare un forte senso di angoscia e di confusione, tale da sconvolgerci anche a livello corporeo. Questa energia si scatena perché l’abbiamo tenuta troppo a tacere dentro di noi, allontanandoci dall’autentica fonte del nostro essere e, in tal modo, falsificando la nostra stessa esistenza. Col panico, il nostro inconscio si sta ribellando alla vita che ci sentiamo costretti a vivere, magari strutturata all’interno di un insieme di costrutti troppo rigidi ed ingessati, senza che noi ce ne accorgiamo minimamente. Spesso, quando tutto sembra essere perfetto nella nostra vita, arriva il panico per segnalarci che è arrivato il momento di cambiare rotta, anche se ci sentiamo impossibilitati a farlo, non trovando una via di uscita. Il panico arriva per segnalarci che il creativo che c’è in noi è sepolto, non ha più voce in capitolo, così ci siamo arenati in una secca della nostra esistenza in cui non c’è spazio per una libera navigazione sia dentro, che fuori di noi. Con un lavoro psicoterapico ci si inoltra nel nostro mondo interno, alla scoperta della nostra parte generativa. Tuttavia, per scoprire un nuovo mare interiore, dobbiamo anche scoprire dei nuovi modi di navigare, quindi dobbiamo anche riuscire, con l’aiuto dello psicoterapeuta, a trasformare il nostro rapporto con i nostri vecchi “capitani interni” che ci hanno sempre fatto da guida, senza che noi ce ne siamo accorti per nulla. Ecco perché, in un lavoro analitico, si ripercorre il passato, cercando di riattraversare il rapporto con le nostre figure di riferimento e cercando anche di fare riemergere determinate immagini o determinati aspetti relazionali che si sono sedimentati profondamente dentro di noi e che hanno contribuito a costruire nella nostra personalità una bussola che mira verso una direzione univoca e, per questo, paralizzante. Come si può intuire, il panico è allora una spinta potenzialmente sana che ci invita a ristabilire un contatto salutare col nostro mondo interiore, quindi ci stimola alla vita ed alla trasformazione sana della vita stessa, una trasformazione che non sia solo di superficie, ma di sostanza, affinché si realizzi la vera persona che c’è in ognuno di noi. 


Fabio Settipani. Psicologo - Psicoterapeuta

Dal Sito: alquamah.it 

martedì 22 gennaio 2019

Disturbo di panico e agorafobia


Il disturbo di panico è un disturbo d’ansia caratterizzato dalla regolare e frequente manifestazione di attacchi di panico.

L’attacco di panico è un episodio di ansia acuta, nel quale si verifica un repentino e incontrollato aumento della paura in risposta a qualcosa che viene percepito come un pericolo: tale paura insorge in modo improvviso e intenso, ma ha generalmente una durata molto breve. L’attacco di panico è spesso associato a altri disturbi d’ansia e da solo non viene considerato un disturbo, in quanto si tratta di un episodio circoscritto e transitorio, che chiunque potrebbe sperimentare almeno una volta nella vita. Si parla di Disturbo di Panico se gli attacchi di panico vengono sperimentati con una certa frequenza e in modo sistematico.

La diffusione del disturbo di panico

Negli Stati Uniti, il 2-3% della popolazione tra adulti e adolescenti soffre di disturbo di panico nell’arco di 12 mesi, mentre nei paesi asiatici, africani e latinoamericani le percentuali sono più basse (tra lo 0,1 e lo 0,8%). Per quanto riguarda il singolo episodio di attacco di panico, è stato stimato che il 30% della popolazione ne ha sofferto almeno una volta nella vita. Tale disturbo interessa maggiormente le donne, sono infatti il doppio rispetto agli uomini a soffrirne (Fonte: DSM-5).

I sintomi dell’attacco di panico

Un attacco di panico può manifestarsi a partire da uno stato di agitazione o da una situazione di tranquillità, rendendo l’imprevedibilità una caratteristica molto temuta da chi soffre di questo disturbo.

L’intensa agitazione è correlata da sintomi fisici (almeno quattro), che possono essere:

Palpitazioni, percezione di un aumento del battito cardiaco e tachicardia;

Sudorazione eccessiva;

Tremori di lieve o forte intensità;

Mancanza d’aria o sensazione di soffocare;

Dolore o fastidio al petto;

Nausea o disturbi addominali;

Sensazione di vertigine, instabilità, percezione di svenimento (di “avere la testa leggera”), confusione mentale;

Brividi o vampate di calore;

Sensazioni di formicolio o intorpidimento;

Sensazione di irrealtà (pensare che ciò che si vede o sente non sia reale) e di essere staccati da sé stessi.

Vi sono due pensieri ricorrenti che di solito accompagnano l’attacco di panico:

Paura di perdere il controllo o di “impazzire”;

Paura di stare per morire.

Affinché il disturbo di panicovenga riconosciuto tale, è necessario che l’attacco di panicosia accompagnato, per almeno un mese, da una costante preoccupazione della persona di avere un altro attacco e da significative modifiche del comportamento. La persona che soffre di attacchi di panico può arrivare infatti a limitare la vita quotidiana, evitando situazioni o luoghi percepiti come pericolosi e mettendo in atto strategie, spesso poco utili e controproducenti, per proteggersi da un eventuale attacco.

Va sottolineato che tale alterazione comportamentale non deve essere il risultato di effetti farmacologici, ma deve essere messa in atto dal soggetto allo scopo di scongiurare l’insorgenza di un attacco. Allo stesso modo, gli attacchi di panico non devono essere riconducibili a un’altra condizione medica o altri disturbi psicologici.

Come si manifesta l’attacco di panico

Il momento di inizio di un attacco di panico coincide con l’improvviso e crescente aumento della paura, che si amplifica fino a raggiungere il picco massimo in circa 10 minuti, indipendentemente dall’ansia esperita in precedenza. Si possono distinguere due tipi differenti di attacchi di panico: attesi/situazionali o inaspettati. In un attacco di panico atteso/situazionale la persona che ne è coinvolta riesce ad identificare l’elemento che lo ha scatenato, la fonte della paura, mentre nell’attacco di panico inaspettato l’individuo prova una forte paura senza riuscire a trovare una possibile spiegazione.

È tipico che la persona che sperimenta attacchi di panicosviluppi preoccupazioni in merito (1) alla possibilità che gli attacchi si verifichino di nuovo e (2) alle conseguenze degli attacchi stessi: paura di avere un infarto durante l’attacco, di impazzire, di avere danni alla salute. In particolare la percezione del battito cardiaco amplificato e accelerato è spesso molto preoccupante: i sintomi possono ricordare quelli dell’infarto, mentre la tachicardia nell’attacco di panico è innocua e tende a scomparire nel giro di qualche minuto. La persona che non è consapevole dei meccanismi psicofisiologici alla base dell’ansia nel momento in cui avverte la minima agitazione teme di avere un nuovo attacco di panico, e questo la porta a agitarsi ancora di più. È comune infatti che molti attacchi si siano manifestati proprio perché la persona che ne ha sofferto teme fortemente che l’episodio si ripresentasse: questa paura agita il soggetto tanto da scatenargli realmente un nuovo attacco, creando un vero e proprio circolo vizioso del panico.

Per quanto riguarda la frequenza degli attacchi di panico, possono presentarsi in serie molto diverse tra di loro: possono verificarsi attacchi a cadenza settimanale per alcuni mesi, oppure episodi giornalieri con pause di qualche mese che poi si ripresentano. Tra i sintomi elencati in precedenza, una stessa persona può manifestarne diversi nei vari attacchi: l’irregolarità e l’imprevedibilità del Disturbo di Panico infatti lo rende particolarmente temuto.

I comportamenti correlati al disturbo di panico

La conseguenza comportamentale di chi soffre di disturbo di panicoconsiste in una serie di evitamenti: solitamente si evitano i luoghi dove si ha avuto un attacco, le zone affollate dalle quali non si può uscire in fretta, gli spazi chiusi o sconosciuti, i mezzi pubblici, si evita di compiere sforzi fisici che potrebbero aumentare il battito cardiaco. Si attuano inoltre comportamenti volti a prevenire l’attacco di panico, chiamati “comportamenti protettivi”, quali ed esempio: portare con sé farmaci, muoversi solo in vicinanza di strutture mediche, stare sempre in compagnia di persone di fiducia che possano fornire aiuto all’occorrenza, tenere d’occhio le possibili vie di fuga e le uscite di sicurezza.

La diagnosi di disturbo di panico

Per una corretta diagnosi, il Disturbo di Panico non va confuso con altri disturbi dello spettro ansioso: se si sperimentano sintomi tipici dell’attacco di panico senza tuttavia avere un attacco vero e proprio, l’individuo è verosimilmente nella condizione di soffrire di un disturbo d’ansia con altra specificazione, ma non di un Disturbo di Panico.

Se la causa degli attacchi di panico è attribuibile ad una particolare condizione medica (ipertiroidismo, disfunzioni vestibolari, disturbi cardiopolmonari, ecc.) non è corretto parlare di Disturbo di Panico: gli attacchi insorgono come riflesso di un’altra patologia ed è necessario fare appropriati accertamenti.

Allo stesso modo gli effetti o l’intossicazione da sostanze stimolanti che attivano il sistema nervoso centrale come cocaina, anfetamine, caffeina e cannabis o astinenza da sostanze, come alcool e barbiturici, possono generare condizioni di forte agitazione ed essere responsabili di attacchi di panico; anche in questo caso la causa sono gli effetti delle sostanze stesse e non si tratta di un disturbo psicologico.

È da considerare con attenzione invece la condizione nella quale si verificano attacchi di panicoanche molto tempo dopo l’uso delle sostanze, quando gli effetti e le condizioni di intossicazione sono ormai estinte. In questo caso gli attacchi possono essere comparsi inizialmente in seguito agli effetti degli stupefacenti e poi essersi mantenuti nella persona grazie al circolo vizioso di agitazione, dando origine al Disturbo di Panico.

L’età media di insorgenza del disturbo si colloca tra i 20 e i 24 anni nella popolazione degli Stati Uniti. Più raramente è possibile osservare casi di attacchi di panico nell’infanzia o esordi attorno ai 45 anni. Se il disturbo non viene trattato si può protrarre per diversi anni, spesso con una diversi sintomi che cambiano nei differenti attacchi singoli. Una complicazione del disturbo tipica consiste nell’uso di sostanze con la funzione di autocura, allo scopo di tranquillizzarsi proteggendosi da ulteriori attacchi.

Le cause del disturbo di panico

Non si conosce tuttora un’unica causa responsabile del disturbo di panico, tuttavia sono stati identificati numerosi fattori di rischio, ad esempio il temperamento della persona, in particolare la sua tendenza ad avere un atteggiamento orientato al pessimismo e ad esperire emozioni negative. Anche la sensibilità all’ansia fornisce una buona predisposizione al verificarsi di attacchi di panico, rendendo l’individuo maggiormente predisposto al Disturbo di Panico. Storie di vita particolari e traumatiche, come essere stati vittime di abusi nell’infanzia, sono un potente fattore di rischio per gli attacchi di panico in età adulta, oppure eventi molto stressanti e destabilizzanti avvenuti poco prima del primo attacco (morte di familiari, problemi lavorativi e relazionali, incidenti). Infine l’iperventilazione (respirare intensamente, fornendo all’organismo più ossigeno del necessario), messa in atto solitamente dopo un intenso sforzo fisico o quando si trova in uno stato di agitazione, può facilitare di molto la comparsa dell’attacco di panico, così come fumare.

Costrutti psicopatologici del disturbo di panico e agorafobia

È comune che il Disturbo di Panico sia fortemente legato ad un’altra condizione psicopatologica: l’agorafobia. Questa è definita come una grande sensazione di disagio e timore di trovarsi in ampi spazi aperti o in ambienti non familiari, dai quali sarebbe difficile allontanarsi, uscire o trovare una via di fuga.

Chi soffre di agorafobia spesso si trova costretto tra le mura di casa, in quanto evita qualsiasi mezzo pubblico, gli spazi aperti (parcheggi, mercati, piazze, ecc.), gli spazi chiusi (teatri, cinema, ecc.), evita di stare in fila o in spazi affollati e di essere fuori casa da solo, con notevoli conseguenze a livello sociale e relazionale. Quando la persona che soffre di agorafobia si trova in una di queste situazioni (o in molte altre situazioni simili) avverte frequentemente i sintomi fisici e psicologici tipici dell’attacco di panico.

Nel Disturbo di Panico si può riscontrare l’adozione di stili di pensiero scarsamente utili, come il rimuginio, ovvero il continuo pensare e ripensare agli eventi negativi che potrebbero capitare, con l’obiettivo di prevederli, prevenirli e prepararsi a affrontarli. Sebbene risulti spesso incontrollabile e correlato a un aumento del disagio, il rimuginio viene visto dalla persona ansiosa come una valida arma contro i suoi sintomi. Dato che idee e preoccupazioni pervasive emergono nella mente in continuazione, rimuginando l’individuo ha l’impressione di potersi preparare ad affrontare la situazione e di sentirsi quindi maggiormente sicuro.

 

Terapia del disturbo di panico

La terapia per il disturbo di panico e agorafobia può essere di tipo farmacologico, psicoterapeutico o un’integrazione tra i due. La terapia farmacologica utilizza generalmente farmaci quali benzodiazepine e antidepressivi di nuova generazione. Questi farmaci sono in grado di controllare e ridurre lo stato di agitazione e ansia, tuttavia il loro effetto è correlato all’assunzione, quindi i sintomi tendono a ripresentarsi quando viene interrotta la terapia. La psicoterapia cognitivo-comportamentale lavora per aiutare la persona a analizzare i suoi processi cognitivi e a modificarli, offrendole strumenti per affrontare diversamente la sintomatologia ansiosa. I farmaci possono essere utili qualora l’individuo avverta stati di ansia talmente forti da non riuscire a lavorare in psicoterapia: in questo caso i farmaci vengono prescritti nella fase iniziale, per essere successivamente interrotti quando gli interventi cognitivi e comportamentali risultano sufficienti a arginare l’attivazione ansiosa. È piuttosto comune che la persona abbia timore di prendere i farmaci per paura di svilupparne una dipendenza, o che i loro effetti possano causare danni: tuttavia, se si seguono le indicazioni professionali del medico non ci sono rischi di questo genere.

La psicoterapia cognitiva nel disturbo di panico

La terapia cognitivo-comportamentale del Disturbo di Panico e Agorafobia è stata riconosciuta come efficace e inserita nelle linee guida NICE (Fonte: National Institute for Health and Clinical Excelence, NICE, 2011) con i training di rilassamento. Gli interventi di self-help e i gruppi psicoeducativi sono condotti ugualmente secondo un orientamento di terapia cognitiva.

La terapia cognitiva-comportamentale opera analizzando i processi che si verificano durante l’esperienza del paziente: viene riconosciuto che la persona percepisce alcuni stimoli (spazi affollati, luoghi chiusi, mezzi pubblici, ecc.) o sensazioni interne (tachicardia, svenimento, ecc.) come pericolose e reagisce ad essi aumentando la sua agitazione, l’ansia. Quando il paziente si trova in uno stato ansiogeno, i sintomi sono amplificati e avvertiti ancora più pericolosi, fino a generare un attacco di panico, mantenendo il circolo vizioso nel quale si è trovato sino a questo momento. Per gestire e controllare tale meccanismo la terapia cognitivo comportamentale prevede:

Formulazione di un contratto terapeutico: definire gli obiettivi terapeutici condivisi da paziente e terapeuta

Psicoeducazione al disturbo: fornire al paziente informazioni su come funziona il disturbo di panico, su come insorge, si manifesta e si mantiene il panico

Ricostruzione della manifestazione iniziale e attuale del disturbo, attraverso l’individuazione di eventi specifici

Insegnamento di tecniche per la gestione dei sintomi dell’ansia

Individuazione delle interpretazioni erronee (ad esempio pensieri catastrofici) che portano all’attacco di panico e messa in discussione di tali interpretazioni

Esposizione graduale alle sensazioni e agli stimoli temuti ed evitati

Prevenzione delle ricadute.

Infine esistono interventi di psicoterapia cognitiva comportamentale di gruppo, che permette il confronto con persone che si trovano nella medesima situazione e condividono lo stesso disturbo, favorendo il superamento di difficoltà e incrementando le possibilità di successo dell’intervento.


Dal Sito: studicognitivi.it 


domenica 13 gennaio 2019

A new life - Storie di Panico


"Le vostre storie, il vostro coraggio, la vostra forza."


Dalla depressione alla psicosi.

Dalla psicosi al dap. 

 
Dal dap al semi-autocontrollo.

Ciao, eccomi qui a raccontare la mia storia. Una storia tra tante. Spero di poter aiutare qualcuno perché, come vedrete, da caso disperato sono diventata una persona con tanta voglia di vivere.
Il mio primo trauma l’ho avuto a pochi mesi. Sono la quarta figlia nata dopo 9 anni dal terzo. Ero super coccolata. Ogni giorno mio padre e i miei fratelli al rientro da lavoro e da scuola facevano la fila per giocarmi, coccolarmi. Ero una bambina felice, ridevo sempre! Un giorno mia madre dovette andare in ospedale per un lungo periodo e non sapendo dove lasciarmi mi portò con sé. Io ero al reparto nursery assieme ad altri bambini. Io essendo sana e non avendo problemi le infermiere mi lasciavano da sola. Io piangevo sempre, sgambettavo con le gambine talmente forte che mi svestivo da sola dalla tutina. Al reparto mi chiamarono “la bandita”. Tornata a casa non ero più la bambina di una volta, non ridevo più e, nonostante tutti continuassero a giocarmi e coccolarmi, avevo sempre un velo di tristezza. Cresciuta, ricordo una delle mie sorelle mi faceva sempre il solletico… per farmi ridere! Arrivata alla maturità ho avuto un altro trauma che non sto qui a raccontare, troppo privato. Avevo già dei sintomi che non riuscivo a decifrare, mi sentivo osservata e la testa spesso era confusa. Vivevo questo disagio in estremo silenzio, cercando di non far capire nulla. A distanza di oltre venti anni posso dire che mi comportavo stranamente. Ed eccomi all’università, ennesimo trauma! Anche questa volta non mi va di raccontarlo. Avevo immagazzinato tutto, ma esternamente continuavo a vivere la vita di sempre magari con qualche scelta sbagliata. Esattamente come una bandita. Al secondo anno di università muore mio padre, il mio pilastro e io letteralmente crollo in un baratro. All’inizio mi diagnosticarono la depressione maggiore, ma col passare del tempo anche psicosi. Ad esempio se accendevo la tv, avevo l’istinto di spaccarla perché convinta che per mezzo della tv mi spiassero. In tutto questo caos ho continuato a fare gli esami all’università anche se a rilento. La mia psichiatra si chiedeva come facessi, mi diceva che ero brava. A un certo punto però ho voluto lasciare l’università, non ero più in grado di vivere con coinquiline estranee e poi perché io volevo solo stare a letto. Tornata a casa mi sono rinchiusa nella mia stanza. Mia madre poverina per spronarmi me ne diceva di tutti i colori. Allora io pur di non sentirla decisi di riprendere l’università, ma avevo solo cambiato stanza e letto. Non feci esami per parecchio tempo, anche mentendo. Ma una cosa continuavo a fare, sforzandomi all’estremo, facevo psicoterapia in una città diversa da dove stavo. Costringermi a viaggiare, a raccontarmi era come costringermi a riprendere la mia vita in mano. Col tempo però i miei problemi aumentarono perché credo di averle avute tutte: fobia sociale, tremolio dovuto ai medicinali, insonnia, crisi di pianto e psicosi a non finire. In tutto questo incontrai un bravo ragazzo con il quale sono stata 8 anni. Ricordo che lui mi voleva veramente bene, cercava di aiutarmi in qualsiasi modo (mi regalò una dispensa sul marketing di sé, mi regalò dei puzzle che abbiamo costruito insieme, mi portava in giro all’aperto, a conoscere luoghi), ma io non mi fidavo di lui (se andavamo in un bar a bere qualcosa, io scambiavo i bicchieri perché imputavo tutti i miei malesseri a qualcosa di esterno da me, tipo un malocchio o una fattura) e lui nonostante ciò cercava sempre di tranquillizzarmi. Il periodo in cui mi sono laureata è coinciso con la morte di mia nipote, la mia nipote preferita. Esattamente dopo un anno il mio ragazzo mi lascia e qui che decisi per la prima volta di farla finita (la prima di tre volte). Mi salvò proprio il mio oramai ex ragazzo. Ero caduta così in basso che per forza di cose dovevo per forza rialzarmi, piano piano… Mi diedero dei diversi medicinali. All’inizio stavo bene, ma non ho mai accettato di assumere i medicinali perché non sopportavo gli effetti collaterali, come tremolio e aumento del peso. Facevo di testa mia e di conseguenza con forti ricadute. Nel frattempo cominciai a provare a lavorare, ma cominciarono anche altre mie fobie: paura di non farcela, paura di giudizi, paura dell’altro, il mio corpo si surriscaldava, iniziavo a sudare, a tremare ad avere paura della paura… ed ecco il maledetto dap! Se i farmaci mi curavano dalla psicosi, io ero capace di inventarmi nuovi disturbi. Ho cambiato diversi lavori, ma li abbandonavo tutti. Stabilita a casa e con la collaborazione della mia famiglia ho passato un lungo periodo di tranquillità a casa, dove oltre alla psicoterapia con una nuova psicologa (quella che mi ha aiutata veramente), a tanta musica (anche la musica può essere una terapia) e a tanta lettura ho cominciato ad avere la forza e la gioia di vivere. L’anno scorso mi si ripresenta l’opportunità di un nuovo lavoro, questa volta nel pubblico, una supplenza annuale in una scuola. Tra tante difficoltà e con tutte le mie paure ho portato a termine il mio lavoro. Questa estate credo di avere avuto una ricaduta per lo sforzo e l’impegno di tutto l’anno, ma sono comunque contenta perché finalmente mi sono misurata con un lavoro, a vivere da sola. 

Adesso aspetto, anche se con ansia, una nuova chiamata, nel frattempo mi coccolo e imparo a autocontrollarmi. 

Anonima 


Dal gruppo Facebook DAP attacchi di panico "Inarrestabile voglia di vivere  e dalla Pagina Ansia-Attacchi di panico-Agorafobia Associazione Insieme Onlus 

venerdì 11 gennaio 2019

A new life - Storie di Panico La Storia di Maria


"Le vostre storie, il vostro coraggio, la vostra forza."

Ho letto le storie di molte persone.

E per la prima volta non mi sono sentita sola.

Ho 23 anni e il mio primo attacco di panico è arrivato il 24 ottobre del 2017.

Era una sera come le altre, io, amici e una macchina.

È successo tutto all’improvviso.

Una forte scossa al braccio sinistro, la vista annebbiata, le foglie in quel momento tremavano meno di quanto stessi tremando io, la paura di perdere il controllo, l’aria in quel momento non bastava, eppure stavo in piedi, lì in mezzo al nulla.

Ad un tratto il cuore me lo sentivo fuori dal petto e così la paura di non rivedere più la mia famiglia, i miei amici, le cose che ancora una ragazza di 23 anni deve scoprire. Ero in piedi, ma le gambe non mi reggevano e così mi sono seduta.

Avevo paura di perdere il controllo, avevo paura di svenire e ad un tratto, così senza pensare ho bisbigliato ad un’amica “Ti prego, di a tutti, sopratutto a mamma e papà che li voglio bene”.

Nel frattempo è arrivata l’ambulanza e io continuavo a non capire cosa mi stesse succedendo.

È stata tutta una corsa.

Da quel posto in mezzo al nulla fino all’ospedale.

Dopo varie analisi il referto, stavo bene, era un attacco di panico.

Era la prima volta che questo “mostriciattolo” (perché così bisogna definirlo, dato che arriva così, come arrivano i mostri nei film dell’orrore) entrava nella mia vita.

Da quel giorno la mia vita è completamente cambiata.

Ho iniziato ad assumere farmaci, ho iniziato un percorso psicologico per capire cosa avesse scatenato ciò.

Ad oggi è ancora una continua lotta.

Ci sono giorni tranquilli e giorni che ti chiedi perché determinate cose devono succedere.

Sono una persona che non si lamenta di questo problema. Perché sono a conoscenza che esistono delle vere e proprio malattie con cui la gente lotta ogni santissimo giorno.

Sono sicura che , prima o poi, chiunque sia entrato in contatto con questo mostriciattolo ne uscirà.

Ci vuole solo tanta pazienza e soprattutto tanta volontà.

Perché l’ansia, il panico si devono e si possono combattere e annientare!!!

Oggi, a distanza di un anno e mezzo dall’inizio la situazione sembrava migliorata, ma in questi ultimi mesi il mio amico mostriciattolo è tornato, con una forza assidua, una forza più forte di quanto io potessi immaginare.

Una sera tutto mi sembrava diverso, mi si è irrigidito il collo, un mal di testa indescrivibile.

Non riuscivo a mettere “a fuoco” ciò che mi circondava.

Eppure sapevo dov’ero.

Il mio cuore ha iniziato a battere talmente forte che sembrava che mi uscisse dal petto.

Mi sembrava di avere un fuoco che ardeva apposto del petto.

Le mani tremavano e con esse anche le mie braccia e le mie gambe.

Il respiro aumentava e non riuscivo a calmarmi.

Ho chiamato la persona che più mi capisce, dato che anche quest’ultima soffre di ciò, per poter capire se non stessi avendo un attacco di cuore.

Sono state le due ore più lunghe della mia vita.

Ho avuto la sensazione di morire, una sensazione che può capire solo chi ne soffre, è qualcosa che non si può spiegare.

Sono entrata nel circolo della paura. Ho paura di tutto. Ho paura che mi possa succedere qualcosa di brutto da un momento ad un altro.

Mi presento, sono Maria e la mia storia è una delle tante.


Dal gruppo Facebook: DAP attacchi di panico "Inarrestabile voglia di vivere" e la Pagina: Ansia-Attacchi di panico-Agorafobia Associazione Insieme Onlus 

domenica 6 gennaio 2019

A new life - Storie di Panico 



Ciao a tutti, ho 22 anni e soffro d'ansia da circa 3 anni. 

Tutto è iniziato una notte di febbraio in cui mi sono svegliata tutta sudata, respiravo a fatica, non riuscivo a smettere di tremare, avevo la nausea, vampate di calore e palpitazioni.

Subito non capi' bene che cosa mi stesse accadendo poi, pensando anche ai miei studi scolastici, ho capito che avevo avuto il mio primo ADP.

Mi spaventai molto sopratutto perché non sapevo che fare visto che non mi era mai capitato.

Mi alzai da letto e mi girava la testa.

Sperai che fosse il primo e l'ultimo attacco dato che ero in un periodo di stress in quanto andavo a scuola guida e dopo un mese avevo l'esame di teoria. Tutto quindi è iniziato da li.

Superai l'esame e pensai che la cosa finisse ma quando iniziai a fare le guide, le mie condizioni peggiorarono da soffrire anche d'insonnia.

Decisi di far venire con me alle guide il mio ragazzo che mi faceva sentire più tranquilla ma spesso durante la lezione o alla fine, mi prendevano gli attacchi e tornavo a casa piangendo disperata.

Mia mamma non sapeva più cosa fare così un giorno di mia iniziativa iniziai ad andare dalla psicologa dove ho fatto un percorso durato 8 mesi.

Con la terapeuta mi sfogavo ed uscivo dallo studio col sorriso.

Anche lei mi confermò che soffrivo d'ansia anticipatoria motivo per cui probabilmente non dormivo più di notte quando l'indomani avevo la guida.

Iniziai a prendere dei rimedi naturali che mi calmavano ed alternavo guide da mezz'ora con guide da un'ora su richiesta della psicologa ma la situazione non cambiò.

Dopo poco poi iniziai a lavorare e non riuscì più a portare avanti entrambi gli impegni così mollai l'autoscuola perché per me il lavoro era più importante.

Nessuno ha condiviso questa mia scelta ma io sapevo l'inferno che stavo passando e non volevo più stare male.

Oggi sono passati quasi 3 anni e per spostarmi vado con i mezzi pubblici o a piedi, sicuramente sto meglio anche se l'ansia e il panico non mi lasciano mai e capisco coloro che non guidano per questi problemi proprio perché ci sono passata e so cosa vuol dire ed io quello che mi è successo non lo auguro nemmeno al peggior nemico.

 Dal gruppo Facebook DAP attacchi di panico "Inarrestabile voglia di vivere"

lunedì 31 dicembre 2018

A new life - Storie di Panico - La storia di Simona





"Le vostre storie, il vostro coraggio, la vostra forza."

Ciao ,sono Simona .

Ho sofferto d'ansia e attacchi di panico a 24 anni ora ne ho 39,nel giro di un'anno senza farmaci e psicoterapia avevo superato la cosa pensavo che mai più ne avrei sofferto in quel modo.

Una sera di fine maggio 2016 mentre ero al computer sentii una forte ansia ,pensavo che sarebbe passata perché ogni tanto avevo un po' di ansia, il giorno dopo di nuovo ansia forte e continuava tutti i giorni, le notti divennero insonni ,iniziarono gli attacchi di panico,ma mi dicevo passerà come era già successo ..passai mesi con ansia forte attacchi di panico frequenti e le notti dormivo poco..

Una notte di novembre stravolta mi son arresa , sembrava non respiravo più ,un fortissimo attacco di panico ,ho detto stò male e mi son fatta portare alla guardia medica ,mi hanno dato dell'ansiolitico dopo avermi visitato ed era tutto apposto  ,tornata a casa mi sentivo peggio via stavolta al pronto soccorso,mi hanno fatto una puntura di non ricordo cosa ,ho dormito tutta la notte dopo mesi che non dormivo così,ma il giorno dopo stavo male ,da lì è iniziato l'inferno. tutto ritornò in modo più violento . Ho lasciato il lavoro, non volevo più uscire , non volevo stare sola ,non guidavo più ,non ridevo e scherzavo più ,stavo male tutti i giorni, prendevo l'ansiolitico che non mi aiutava . Ho iniziato psicoterapia a gennaio 2017 ,prima a pagamento ma era costoso poi mi chiamarono dalla asl .

Non vedevo comprensione intorno a me, mi sentivo sola con qualcosa più grande di me , con una sofferenza troppo grande , la psicoterapia mi aiutava a capire , e a sentirmi meno sola e capita .

piano piano iniziai a scalare le gocce nonostante stavo male volevo così , iniziai a fare piccoli tragitti in macchina a lavorare ,avevo ripreso con un'ora al giorno di pulizie andavo sola ed è stata dura ..

Stavo di nuovo sola a casa con una paura enorme , avevo smesso di lamentarmi che stavo male ,tanto nessuno capiva , nei duri momenti stavo zitta ,cercando ogni volta cosa poteva calmarmi , a volte mi buttavo nel divano a volte ascoltavo musica, la notte mi mettevo sempre un film per stare concentrata su quello ,non agitarmi ,e prendere sonno.

A oggi non stò  come vorrei ,ma ho ripreso a fare piccole cose, ho momenti devastanti ,ma anche momenti in cui mi sento tranquilla , rido e scherzo come una volta anche se dentro me è un caos .

Stò  cercando di convivere con questo, quando  arriva l'ansia o il panico cerco di agitarmi il meno possibile ,

incoraggiandomi respirando e dicendomi tra poco passerà…

La psicoterapia mi ha salvata … ne avrei bisogno anche ora ma purtroppo non posso permettermi questa spesa…

Mai arrendersi ,lottare e non mollare e una cosa fondamentale….

Anche quando siamo soli ,disperati con il nostro dolore … MAI MOLLARE ..e farsi sempre aiutare da un professionista .. E AUGURO A TUTTI COLORO CHE SOFFRONO DI NON ESSERE MAI SOLI,E DI TROVARE SEMPRE UN POSTO  DOVE RIPOSARE L'ANIMA , E TROVARE SEMPRE SORRISI CHE SCALDANO IL CUORE …  E  DI AVERE SEMPRE LA FORZA DI NON MOLLARE….

Simona

Dal gruppo Facebook DAP attacchi di panico "Inarrestabile voglia di vivere" 

sabato 29 dicembre 2018

A new life - Storie di Panico - La storia di Eleonora 




"Le vostre storie, il vostro coraggio, la vostra forza."

Ciao a tutti, sono Eleonora, ho 27 anni (28 tra pochi giorni) e ho avuto i miei primi attacchi di panico a 17/18 anni. Ricordo ancora il primo come se fosse ieri: ero in macchina con amici che tornavamo da una fiera di paese, fuori pioveva tantissimo ed io ero seduta dietro spiaccicata tra altri due miei amici. La mia amica seduta davanti poi ha cominciato a litigare urlando al telefono con qualcuno, non ricordo bene chi, e da lí ho cominciato a sentire caldo, ad agitarmi, sensazione di scappare fuori dalla macchina e non poterlo fare, non avevo nemmeno il coraggio di dire “fermatevi che non mi sento bene”, ma i miei amici poi se ne accorsero e mi accompagnarono in Guardia Medica. Nel frattempo mi si erano informicolate le mani, le braccia..tutto, mi sentivo morire, non riuscivo a camminare e così uscì un volontario a prendermi in braccio e ricordo bene che mi disse “tranquilla non è niente, è un attacco di panico”. E nella mia testa iniziai a pensare “Cos’è? Non mi è mai successo”. Però da quell’episodio non mi tornarono più, non ci pensai più di tanto. Invece poi col passare degli anni, tornavano a periodi..e io mi spaventavo sempre di più cercando di capire i motivi. Me ne venne un altro molto forte una mattina dal dentista, anche lì tutta informicolata, cuore a mille e sensazione di morire, ma anche lì appena mi fecero alzare, me ne tornai a casa tranquilla a piedi, ma sempre cercando di capire come mai mi capitavano questi momenti bruttissimi. Gli anni più brutti furono il 2012 e 2013, quando ebbi una bruttissima delusione d’amore, venivo trattata male da questo ragazzo, mi prendeva in giro, ma io non accettavo tutto questo, volevo stare lo stesso con lui a tutti i costi. Ma il caro amico panico arrivó, e stava con me tutti i giorni per farmi capire che non potevo continuare così. Ogni giorno era bruttissimo, avevo paura di uscire, paura di andare in qualsiasi posto anche accompagnata, mi girava la testa e mi sentivo svenire quindi evitavo di allontanarmi da casa, la notte dormivo malissimo, sempre con attacchi d’ansia, piangevo sempre..era diciamo una specie di depressione. Un pomeriggio, precisamente il 21/10/2013, ero a casa con un’amica ed ebbi uno dei miei soliti attacchi giornalieri, le gambe tremavano e mi sentivo impazzire, non respiravo..così la mia amica decise di chiamare il mio medico, ma in quel momento era impegnato e non poteva venire e mi disse quindi di prendere delle gocce, ma in casa non avevo niente perché ero sempre stata contro a qualsiasi farmaco calmante. Così decise di chiamare l’ambulanza, ma io ne ero terrorizzata e non volevo andarci..la mia amica e un’altra mia vicina di casa riuscirono però a convincermi ad andare, che magari mi avrebbero aiutata molto, insomma era ora di fare qualcosa. Arrivata al pronto soccorso, mi fecero tutti gli esami ed era tutto a posto..mi diagnosticarono semplicemente dispnea ansiosa, e mi fecero una bella flebo di calmante. Poi mi fecero parlare con un bravissimo psichiatra che mi chiese un po’ la mia vita in generale e mi prescrisse dei farmaci, un antidepressivo e un ansiolitico. La mattina dopo andai all’Ausl del mio paese per parlare con uno psichiatra della cura prescrittami in ospedale, e lui  mi disse che andava bene, a parte che mi cambió solo l’ansiolitico, e gli dissi che volevo tornare la ragazza di prima..lui mi disse “tornerai a fare tutto”. Iniziai così la mia cura e fu la scelta migliore che potessi fare! Dopo mesi cominciai a vedere i risultati, ricominciai a uscire, a fare cose che non facevo da tempo..insomma, rimasi molto soddisfatta. Le medicine aiutano davvero tanto, ma è anche vero che una buona parte dobbiamo mettercela noi con la nostra volontá. Dopo un anno di antidepressivo, iniziai a scalarlo fino a toglierlo completamente. Oggi ho solo l’ansiolitico sempre con me nella borsa, ma non lo prendo da mesi..solo in caso di estremo bisogno, ma cerco sempre di farcela senza. L’anno scorso, a maggio 2017 ho iniziato un percorso di psicoterapia; avrei voluto iniziare anni fa, ma non avevo la possibilità. Inizialmente, nel 2013 ne trovai una vicino casa, ma non mi piaceva proprio, mi trovavo male..dopo due appuntamenti lasciai perdere, anche perché le sedute me le pagava mia madre, e diceva che spendevo soldi inutilmente. Così l’anno scorso, visto che lavoravo, decisi di trovarmene un’altra per conto mio, senza dirlo a nessuno e me la pagai da sola. Anche questa fu una delle scelte migliori che potessi fare. Ho fatto un anno di terapia con questa bravissima donna, che mi ha aiutata davvero tanto a capire tante cose di me e del mio carattere, a capire che sono fatta così e che l’ansia è un’emozione come tutte le altre e che si può ripresentare in vari momenti della mia vita. E infatti è così: spesso ritorna, e fa anche paura ogni tanto..ma non come prima, ora l’affronto, so che prima o poi se ne va, cerco di usare i miei metodi per affrontarla..e se dovessi averne un forte bisogno, perché no, ho il mio ansiolitico con me. Ora non vado dalla mia psicoterapeuta da giugno 2018, un po’ mi manca, ma non ne sento il bisogno..se dovessi averne necessità ci tornerò sicuramente in futuro. Scusate la lunghezza della mia storia ma volevo raccontarvela bene, e dirvi che con grande forza di volontà, tanta pazienza e coraggio e soprattutto facendovi aiutare dalle persone giuste, se ne può uscire e tornare a fare tante cose, o almeno..si puó imparare bene a gestirla. Non arrendetevi mai! 
Eleonora 
Dal gruppo Facebook DAP attacchi di panico "Inarrestabile voglia di vivere" 

A new life - Storie di Panico - La storia di Elisa




"Le vostre storie, il vostro coraggio, la vostra forza."

Sono Elisa e ho 29 anni. Ho iniziato a soffrire di Dap e agorafobia all'età di 18 anni, esattamente il giorno del mio compleanno, tornando dalla festa fatta in famiglia, ho avuto il mio primo attacco di panico.
Ero su un ponte e già da una decina di minuti sentivo il cuore che batteva forte, ma non ne capivo il motivo...ed esattamente al semaforo è iniziato un lungo e terribile attacco di panico. Non riuscivo più a respirare, tutto intorno a me sembrava strano e girava, la cosa peggiore era il senso di non sentirmi nella realtà.
Non ricordo quanto sia durato, ricordo quanto ho corso forte verso casa mia in cerca di comprensione..ma non si sapeva cosa fossero gli attacchi di panico a casa mia e in quegli anni.
I miei genitori mi hanno guardata, ancora come se fossi pazza. Dico "ancora" perché all'età di 15 anni ho avuto un disturbo ossessivo compulsivo e la psicoterapeuta che ci ha seguito ha impostato una terapia sistemica, ovvero dove era coinvolta tutta la mia famiglia. Non è stata molto gradita e ai primi segni di stabilità, ho dovuto smettere.
Ritornando al 15/11/2000, ricordo che i miei genitori allarmati dalla mia paura e i frequenti attacchi di panico che non mi davano tregua nei mesi a venire, richiamarono la psicoterapeuta da cui andavo per fare psicoterapia.
Ho avuto una diagnosi, che non capivo, ero piccola e nessuno mi spiegava cosa in realtà fosse e perché accadesse questo disturbo. Ero confusa, impaurita e l'ansia mi ha mangiata fino al punto di non farmi più uscire di casa perché avevo iniziato piano piano ad evitare tutte le situazioni in cui non stavo bene.
Sempre i miei genitori mi hanno portato da una psichiatra, li è successa la prima svolta positiva: la conferma della diagnosi e l'assunzione di farmaci affinché potessi almeno sostenere l'esame di maturità.
Così è stato. Mi sono ripresa, ho iniziato psicoterapia da un'altra psicoterapeuta e sembrava andare meglio.
Sono sincera, non ricordo bene quegli anni, in cui mi sono iscritta all'università e faticavo a capire chi fossi forse proprio a causa di questa confusione. Ricordo bene le cicliche ricadute, mesi e mesi di nuovo chiusa in casa. Ho perso quasi tutti gli amici. Ogni volta a dover ricominciare da capo senza capire come fare. Ho cambiato psichiatra ma purtroppo è stato colui che mi ha indotto una dipendenza da benzodiazepine, con la quale combatto ancora oggi con un altro specialista. L'attuale psichiatra è in gamba e davvero. Ho cambiato anche psicoterapeuta, non funzionava più e Lei ha avuto il coraggio di chiudere la psicoterapia al posto mio.
Il mio attuale psicoterapeuta, è molto valido..quasi la persona giusta al momento giusto.
Oggi posso finalmente dire di stare molto molto meglio e di condurre una vita sempre più libera..
Ho superato tanti paletti, tante paure. Ne ho ancora da superare, ma sono felice. Non è più il panico a decidere cosa devo fare, sono io ora a decidere cosa voglio fare...se ascoltare l'ansia e darmi tregua o ascoltarla ma chiederle di non tartassarmi troppo.
A volte le sono anche grata, perché spesso è un campanellino che suona per avvertirmi che non voglio fare davvero qualcosa.
Torno alle ricadute, argomento molto doloroso...Ci sono state, Lunghe e profonde, piano piano, iniziarono a perdere intensità e lunghezza, e grazie all'esperienza so esattamente cosa fare.
Spezzo una lancia a favore dei farmaci, preferisco vivere una vita prendendo una pastiglia al giorno, piuttosto che stare male.
E ora parlo della forza di volontà..ragazzi..ci vuole.
Capisco l'inutilità nei momenti peggiori, della frase tipica "non ti sforzi, non hai forza di volontà" e condanno tutto questo. Ma, c'è un ma. Se non siamo noi per primi a rassegnarci al fatto che dobbiamo sporcarci le mani di sudore e di tutto il fango che troviamo scavando dentro di noi, non si va da nessuna parte.
Ora Elisa, più o meno sa chi è, ed è stato grazie al faticosissimo lavoro fatto su me stessa. Continuo a farlo e ne sono felice nonostante sappia perfettamente quando male mi farò e dovrò sopportare.
Questa per ora è la mia storia..tutto è davvero possibile se lo vogliamo davvero, questa consapevolezza è arrivata dopo anni di speranza di non dover stare male per rinascere.. una lotta continua. Mi sono arresa e ringrazio quel giorno, che mi ha portato alla mia svolta.

Elisa

Dal gruppo Facebook DAP attacchi di panico "Inarrestabile voglia di vivere"

P.S.: Nella foto ho voluto mettere il fiore di loto che per me ha un grosso significato. Lui riesce a nascere in condizioni difficili ed estreme, nelle paludi fangose...e l'ho tatuato sulla spalla sinistra. :)

giovedì 6 dicembre 2018

I rimedi agli attacchi di panico: imparare a riconoscere le proprie paure



Il disagio psicologico viene spesso vissuto sotto forma di attacchi di panico, o di ansia, i quali si manifestano con una forte sensazione di paura affiancata da sintomi come sudorazione, tremori, nausea, svenimenti o battito del cuore accelerato. Mentre si intensifica ad intervalli di tempo di dieci minuti, inizia poi a scemare, presentandosi quando meno ce lo aspettiamo e nei momenti più disparati.

Sono molte le tecniche per alleviare la tensione portata dagli attacchi di panico, c’è chi si dedica alla pittura, cui alla musica, chi fa sport o chi cucina. Ma sarebbe bene, al di là di tutto, chiedere l’intervento di un esperto che ci aiuti ad affrontare il problema con maggiore consapevolezza.
I rimedi agli attacchi di panico: le tecniche

Esistono delle tecniche e dei rimedi atti quantomeno a contenere un attacco di panico proprio nel momento in cui comincia ad attanagliare. La strategia più valida è fatta di pochi semplici passi tutti concernenti il mondo che ci circonda. Cosa vuol dire? Semplicemente che chi ha paura tende ad estraniarsi dalla vita, per paura di affrontare un qualunque gesto normale e quotidiano legato alle relazioni sociali e ai rapporti lavorativi. Invece il giusto modo per far fonte all’ansia che sale è quello di imparare a controllarsi entrando nella piena consapevolezza che la realtà che ci circonda è di gran lunga lontana dall’immaginazione che ci spinge invece a soffrire.

La paura è un’emozione e in quanto tale è normale provarla, anche nelle piccole cose, nello cose che non conosciamo, o delle cose che ci fanno sentire in pericolo. Ma la semplice paura si distingue dagli attacchi di panico perché questi ultimi sono molto più amplificati ed esagerati. Una persona che soffre d’ansia ha così tanta paura di provare paura che si auto infligge sensazioni ansiolitiche. Un cane che si morde la coda da cui si può uscire solo prendendo coscienza di quello che realmente stiamo vivendo.
Rimedi agli attacchi di panico: qualche consiglio

Come prima cosa bisogna assumere la piena consapevolezza che le paure provenienti dagli attacchi di panico non riflettono sempre la realtà. Spesso sono infatti reazioni spropositate, ecco perché si potrebbe provare a stilare una lista di tutti i propri timori tentando di esorcizzarli. In tal verso potrebbero essere d’aiuto frasi come “sto perdendo il controllo, non so superare la questione “ per poi andare positivamente verso il nocciolo della questione.

Dopo aver preso coscienza di ciò che fa paura, si deve pensare alle sensazioni vere, concentrandosi soprattutto sul respiro. È questo infatti che sbalza all’improvviso e può portare l’iperventilazione: questa è la cosa più sbagliata. Bisogna sapere controllare il respiro, inspirando dal naso si vive più intensamente l’aria che entra nei polmoni, dopodiché tenerla qualche secondo in circolo e poi espirare molto lentamente. È importante ricordare che tutti i pensieri più negativi possibili cominceranno ad assalire la nostra mente, ma la forza, il coraggio, e la coscienza che è tutto fin troppo amplificato, aiuterà la paura a svanire.

In fondo, tutto ciò che realmente spaventa durante un attico di panico non esiste davvero, motivo per cui superarlo è molto più semplice di quanto si immagina.

Dal Sito: expose.it

Disturbo da attacchi di panico: come riconoscerlo



Parlare di ansia e di panico ormai è un argomento diffuso e comune. È importante però capire che l'ansia in quanto tale, è uno stato di attivazione corporea da considerarsi positiva e sana. Quando dobbiamo affrontare delle situazioni difficili, stressanti, superare degli ostacoli che ci mettono alla prova, da un esame in classe a un colloquio di lavoro, l'ansia è utile e ci permette di tirare fuori le nostre energie e rimanere concentrati. Ma altre volte l'ansia può essere molto, troppo intensa e allora non è più utile, può insorgere apparentemente senza reali situazioni che la scatenino, può diventare uno stato fisiologico quasi costante, in questo caso diventa un problema da affrontare.
Un attacco di ansia molto forte va comunque distinto da una crisi di panico. Quando questo si presenta più volte si può parlare di disturbo da attacchi di panico, Dap.

Spesso oggi sentiamo parlare di ansia e attacchi di panico anche rispetto a ragazzini molto giovani, delle scuole elementari, non solo in relazione a persone adulte.
Molti ne soffrono, tanti non lo conoscono e altri pur sapendo cosa sia non lo affrontano tempestivamente o nella maniera corretta.
Il disturbo di panico è caratterizzato da forte tensione emotiva, inquietudine, terrore, paura che stia per accadere un'imminente catastrofe, che la morte colga all'improvviso.
Un elevato aurosal che porta la persona ad una complicata organizzazione del pensiero, difficoltà o senso di impossibilità ad organizzare le proprie strategie difensive. Una totale confusione può pervadere la persona, a volte fino alla perdita dei sensi. Dopo questa brutta esperienza, chi l'ha provata può essere terrorizzato dalla paura di riviverla e in questi momenti di ansia acuta non si riesce più ad essere se stessi.
I compiti quotidiani diventano complicati e impossibili da affrontare, dallo stare in mezzo alle persone, al guidare, a lavorare, oppure stare soli a casa. Il Dap danneggia la qualità di vita di chi ne soffre e di chi sta vicino a loro. Tra i sintomi fisiologici che si percepiscono ci sono le palpitazioni, sudorazione eccessiva, tremori, senso di soffocamento, nausea, vertigini, derealizzazione o paura di perdere il controllo, parestesie. La sensazione è soggettiva ma comunque terrificante e paralizzante. Il disturbo può insorgere sempre in una determinata situazione, oppure può essere legato ad alcuni fattori che si manifestano in varie circostanze o anche insorgere improvvisamente.
La paura spesso insorge da un processo mentale che riguarda la persona stessa e gli altri, il mondo circostante. L'immagine che un individuo si è creato di sé e quello che veramente sente di essere, improvvisamente sembra non coincidano più, questo non riconoscersi genera ansia, senso di perdita di controllo. Se questo quadro di sofferenza si protrae nel tempo si consolida ed è difficile uscirne da soli.
C'è una forte connessione tra il disturbo di panico e vari fattori: i tratti della personalità, il temperamento, i fattori sociali (lavoro, famiglia), molte volte sorge in comorbidità con altri disturbi: depressione, ansia generalizzata, fobie, disturbi ossessivi, disturbi del tono dell'umore. I tratti della personalità sono solitamente caratterizzati da evitamento. Le azioni mirate a evitare un problema legato a una situazione possono impedire alla persona di elaborare la tecnica giusta per affrontare le circostanze temute.
Il temperamento può dar luogo ad attributi comportamentali come sentire, pensare, percepire, agire, in concomitanza con le esperienze di vita personali, soprattutto dell'età evolutiva. Il temperamento come caratteristica energetica, come modalità e tempistiche nella reattività di un individuo, è una caratteristica che influenza e determina l'umore. Là dove l'umore è più altalenante può esserci una base più sensibile all'ansia e al panico. Le problematiche sociali non sono da sottovalutare nell'insorgenza del disturbo, per esempio la vita scolastica, lavorativa, le relazioni sociali, ma anche la vita all'interno del sistema familiare, le relazioni affettive, o anche le varie difficoltà organizzative della quotidianità, tutte le situazioni che possono portare ad alti livelli di stress. È importante non scordare anche la componente genetica e familiare con l'ansia e suoi disturbi, quando valutiamo i fattori di predisposizione al disturbo di panico.
Le caratteristiche biologiche e i comportamenti acquisiti durante la crescita determinano ulteriori elementi di rischio. L'ansia da separazione è spesso associata al panico.
Quando un quadro ansioso interagisce con caratteristiche della personalità, oppure quando quest'ultime interagiscono con l'ambiente, possono andare a creare la situazione in cui insorge il Dap. Tra i tratti che accomunano chi soffre di panico se andiamo a vedere la letteratura in merito, troviamo menzionato il comportamento inibito, ma anche la tendenza al perfezionismo e all'autocontrollo, che fanno spesso aumentare vertiginosamente la preoccupazione. È importante avere un quadro preciso di questi fattori, sociali, familiari, genetici, temperamentali, per poter affrontare una possibile prevenzione, ma anche per una diagnosi più rapida.
Può essere indispensabile un colloquio con il medico che aiuti a capire se data la sintomatologia, ci sia necessità di procedere con accertamenti medici, per escludere una complicazione organica. Conoscere i fattori di rischio potrebbe permettere un tempestivo intervento di prevenzione. Per pianificare un intervento preventivo o terapeutico è importante conoscere i vari aspetti del problema. Possiamo parlare di una prevenzione primaria quando l'obiettivo è di ridurre le insorgenze del disturbo, o secondaria, quando si pensa a intervenire ai primi segnali di sofferenza. Una prevenzione primaria possibile potrebbe prevedere un intervento di sostegno, aiuto rivolto alle famiglie o agli educatori, agli insegnanti. Per fare un esempio, con i genitori sarebbe utile intervenire nelle problematiche di comportamenti inibiti dei figli, oppure lavorare con gli insegnanti sostenendoli nei programmi scolastici, favorendo programmi in cui si va a incoraggiare i giovani alla scoperta, far vivere agli studenti dei piccoli momenti di sfida per aiutare l'autostima. La tendenza generale, oggi, sembra quella di spianare la strada ai giovani, dar loro la sensazione di poter affrontare tutto senza fallire, non fa sì che il bambino si misuri con le sue reali capacità cosi che possa acquisire fiducia in se stesso. Nel concreto personalmente vedo più realizzabile una prevenzione secondaria, cioè intervenire ai primi segnali di ansia molto forte o attacco di panico. Far capire che chiedere aiuto subito e valutare con un esperto un possibile intervento, può avere un grande impatto, può aiutare a mantenere una buona qualità di vita. Un colloquio con un esperto della relazione di aiuto potrebbe offrire un forte sostegno nell'affrontare il problema, ma diventare anche occasione per valutare il tipo di intervento migliore per quella persona e nella sua specifica situazione. Capire per esempio se è necessaria una psicoterapia o un lavoro psicoeducativo basato sul tecniche di respiro, ristrutturazione cognitiva, oppure anche rivolgersi a un gruppo di auto aiuto. Informare correttamente le persone è sicuramente un punto di inizio per prevenire, sostenere e aiutare sia chi ancora non conosce il problema del Dap sia chi ha gia provato la sensazione del panico.

dottoressa Claudia Soldatich
psicologa, floriterapeuta


Dal Sito: luccaindiretta.it

lunedì 16 luglio 2018

Attacchi di panico e ansia: cosa sono e come riconoscere le ‘onde anomale’ di paura



L’attacco di panico è una vera e propria malattia. Anche se non lascia segni evidenti sul nostro corpo, si manifesta violentemente e senza preavviso, paralizzando la vita di chi ne soffre. Troppo spesso i suoi sintomi vengono ignorati o perchè confusi con altre patologie o per il senso di vergogna che il malato prova nel dover giustificare una paura irrazionale. È importantissimo che tutti noi impariamo a riconoscere questa sindrome, per intervenire subito sia con noi stessi sia con chi amiamo.

In Italia sono circa 10 milioni le persone che hanno sperimentato almeno una volta un attacco di panico, considerato da DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), come un disturbo d'ansia. Un evento emotivo improvviso, devastante e all'apparenza inspiegabile. Nonostante non lasci segni visibili sul corpo, può segnare, se non curato, con cicatrici indelebili chi lo sperimenta, diventando una vera e propria malattia invalidante. Gli individui più colpiti sono i giovani dai 20 ai 30 anni e le donne che, secondo le statistiche, presentano un'incidenza doppia rispetto agli uomini. È importante saper riconoscere subito i sintomi, troppo spesso o sottovalutati o confusi, rivolgendosi agli specialisti e poter così tornare a vivere "tranquillamente" le nostre paure.

Il disturbo da attacchi di panico (DAP) 
È un fenomeno singolo con inizio e una fine che non va confuso con uno stato d'ansia cronico o comunque duraturo. Può manifestarsi ovunque, come in fila alla cassa di un super mercato, sotto la doccia o mentre ci si accinge ad addormentarsi. È descritto, da chi lo vive, come "un'onda anomala" di paure che improvvisamente ci colpiscono. I sintomi fisici descritti sono molto forti e non di rado scambiati con un attacco cardiaco. Le sensazioni di chi vive un DAP sono così spiacevoli da influire negativamente anche su i momenti normali. Generano un vero e proprio "terrore del terrore" con una fobia che l'evento si ripresenti o uno stato depressivo che porta il malato di DAP ad isolarsi. Secondo i medici l'attacco di panico è un segnale di un disagio emotivo, che qualcosa non funziona. La sua comparsa è spesso associata a grandi cambiamenti, non per forza negativi, come può essere la nascita o la perdita di una persona cara, un divorzio o altri eventi significativi.

Sintomi
senso di oppressione o fastidio al petto
tremori
palpitazioni
tachicardia
vampate
brividi
paura di impazzire
depersonalizzazione
senso di fame d'aria
paura di morire
tremori alle braccia e/o alle gambe
sensazioni di torpore o di formicolio

Cosa fare in caso di attacco di panico

Controlla la respirazione. L'iperventilazione provoca vertigini e oppressione al petto, sintomi che si verificano durante un attacco di panico. Imparando a controllare il respiro, puoi calmarti prima che l'ansia cominci a crescere

Impara a rilassare i muscoli. Una risposta atavica del corpo umano al pericolo è l'irrigidimento muscolare, per permetterci di difenderci o di scappare. In caso di attacco di panico, dato che è una paura psicologica, che non si può né colpire con un pugno, né da cui si può sfuggire correndo, rilassa i muscoli in tensione, ti aiuterà ad uscire dalla condizione di allerta
 
Distraiti. Quando l'ansia inizia a passare, concentrarti su ciò che ti circonda e continua a fare ciò che stavi facendo prima.

Cosa fare per prevenire un attacco di panico
Dormi un numero sufficiente di ore. Il sonno insufficiente o di scarsa qualità può peggiorare l'ansia, quindi cerca dormire da sette a nove ore a notte
Allenarsi regolarmente. È provato che l'esercizio fisico abbassa significativamente il cortisolo, anche detto l'ormone dello stress. Allenarsi o praticare uno sport è un ottimo metodo per prevenire i DAP
Evita sigarette, alcool e caffeina. I vari effetti collaterali dati dall'assunzione di questi prodotti possono aumentare o provocare i sintomi di un DAP

È possibile curare gli attacchi di panico?
La cura del disturbo da attacco di panico si presenta in svariate forme, anche a causa della multi fattorialità della malattia. Ricordiamo che all'insorgere dei primi sintomi è buona regola recarsi da un medico che ci consiglierà il percorso di cura più adatto. Se infatti farmaci e terapie comportamentali possono aiutare a contrastare gli spiacevoli sintomi e aiutarci a tornare a vivere una vita normale, lo stato d'ansia, di cui spesso il DAP è la punta dell'iceberg, richiede una terapia psicoterapica per trovare e capire le cause che la generano.

di Lorenzo Fargnoli

Dal Sito: scienze.fanpage.it