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mercoledì 24 giugno 2020

Perché è così difficile parlare di un evento traumatico?


Un evento traumatico è un evento che sconvolge l'equilibrio psico-fisico della persona che lo subisce. Di fronte ad un trauma, che può essere un incidente, un'aggressione, un abuso sessuale o qualsiasi altro evento che va al di là della capacità della persona di farvi fronte dal punto di vista emotivo, le persone reagiscono in modi diversi, ma spesso la reazione comune è il silenzio.

 

Emozione senza voce

Immobilizzarsi, restare ammutoliti, mantenere lo sguardo fisso nel vuoto, rifiutarsi di parlare. Queste sono le reazioni comuni di fronte al trauma. Emozioni così intense che non hanno voce.

Non ci sono parole per descrivere quanto è accaduto, non si può raccontare. Manca la voce. E' difficile trasmettere l'essenza di quello che abbiamo vissuto.

Per coloro che hanno subito un trauma, parlare del terrore, della rabbia, dell'impotenza che hanno sperimentato durante quell'evento e che continuano a vivere ogni giorno nei ricordi, nei pensieri, nel sonno, nei flashback, è quasi impossibile.

Quello che riescono a fare è raccontare una “storia adattata” della tragedia che è accaduta loro, comprensibile al pubblico, ma non ciò che realmente e intimamente vivono nel profondo.

 

Cosa accade fisiologicamente nel cervello che impedisce il racconto del trauma?

Studi scientifici condotti attraverso scansioni del cervello mostrano che durante il trauma e durante i flashback alcune aree del cervello sono attivate, mentre altre sono spente.

  • La zona destra più bassa del cervello, l'area limbica o cervello emotivo, mostra un'elevata attivazione. In particolare, l'amigdala (che fa parte del sistema limbico) reagisce con l'attivazione di uno stato di allarme che ci prepara all'attacco o alla fuga per affrontare la minaccia. La parte destra del cervello è la parte emotiva, visiva, intuitiva, tattile e riguarda l'esperienza. Parla il linguaggio dei sensi, delle emozioni e si esprime attraverso il corpo. Questo spiega perché durante il trauma e durante i ricordi vissuti sottoforma di flashback , immagini intrusive e incubi, l'attivazione emotiva e fisiologica sono estremamente intense.

  • La corteccia visiva mostra anch'essa un'elevata attivazione. Questo spiega perché, durante i flashback è tutto così vivido come se il trauma stesse accadendo di nuovo.

  • Il lobo frontale sinistro della corteccia, ovvero l'area di Broca(o cervello razionale) deputata al linguaggio e spesso coinvolta durante gli ictus quando è bloccato l'afflusso di sangue in quella regione, appare disattivata. La parte sinistra del cervello è la parte linguistica, razionale. Parla il linguaggio della narrazione, dà una sequenza logica agli avvenimenti e si esprime attraverso la verbalizzazione.

 

Cervello destro e sinistro: due linguaggi differenti

L'emisfero destro (emotivo) e l'emisfero sinistro (razionale e verbale) parlano due linguaggi differenti. Nel trauma questi due emisferi non riescono a comunicareperché la zona del linguaggio (situata nell'emisfero sinistro) è disattivata e rende impossibile tradurre in parole pensieri ed emozioni.

Quando non è possibile parlare di quello che stiamo vivendo, la nostra esperienza traumatica si fa viva attraverso incubi e flashback, in modo intrusivo e fuori controllo. Il cervello destro reagisce come se stesse accadendo tutto nel presente e, poiché il cervello sinistro non funziona bene, non c'è consapevolezza che questo appartiene al passato. Le emozioni di terrore, impotenza, e vergogna sono esattamente intense e le immagini sono vivide come al momento dell'evento traumatico.

 

Come si può intervenire per facilitare la narrazione?

Affinché la persona che ha subito un trauma possa esprimere le emozioni e i pensieri relativi all'evento traumatico e raccontare quanto ha vissuto è necessario facilitare la comunicazione tra i due emisferi cerebrali ( sinistro/razionale e linguistico e destro/emotivo).

La connessione della mente e del corpo facilita l'elaborazione delle memorie traumatiche.

Alcune tecniche psicoterapiche basate sul corpo (come la terapia sensomotoria e la terapia EMDR) sono molto utili ai fini dell'elaborazione del trauma.

Quando non è possibile accedere alla parola, è il corpo che ci guida e ci fornisce la chiave per entrare.


Dal Sito: psicologionline.net

mercoledì 27 novembre 2019

La risoluzione del trauma con la tecnica E.M.D.R.


Comprendere cosa genera i sintomi è importante perché ogni disturbo ha una sua identità a una sua storia. Bisogna interrogarsi su quali esperienze sociali negative sono rimaste impresse nella mente di quella persona tanto da condizionarla oggi. A volte i sintomi emergono a seguito di eventi dall’impatto fortemente negativo, altre volte invece si manifestano in maniera apparentemente improvvisa e hanno un effetto “domino” su tanti aspetti del quotidiano (con il partner, in famiglia, a lavoro).

Una tecnica che si sta rivelando estremamente efficace nel trattamento dei disturbi psicologici di vario livello si chiama EMDR (Eyes Movements Desensibilization Reprocessing) e si basa sullalocalizzazione degli eventi traumaticie sulla riduzione degli effetti negativi nella vita della persona.

Quando si vivono momenti di forte disagio può capitare di sentirsi sopraffatti da sensazioni negative e spiacevoli perché la mente non riesce a contenerli e circoscriverli, per cui le tracce di quell’evento rimanendo cristallizzate nelle reti neurali nella loro forma più arcaica – pensieri, sentimenti, emozioni – possono riattivarsi quando vengono sollecitati da episodi “specifici” del quotidiano.

Il continuo ripresentarsi di qualcosa vissuto nel passato che rappresenta un “sentire” profondamente disturbante accade proprio in virtù delle tracce lasciate nelle “reti” che sono separate dal sistema mnemonico adattivo della persona. Ma da cosa si originano le reti neurali? Ogni rete è formata da informazioni provenienti da 4 canali: il canale sensoriale (prevalentemente vista, ma anche tatto, udito e olfatto), il canale emotivo, il canale cognitivo (dove sono presenti sia le convinzioni negative associate alla memoria traumatica che le cognizioni positive che la persona vorrebbe fossero associate alla memoria una volta che questa viene elaborata), ed in fine le sensazioni corporee.

I due emisferi cerebrali non si influenzano reciprocamente, ma sono responsabili in maniera esclusiva della elaborazione distinta delle informazioni provenienti dai 4 canali, pertanto è necessaria la stimolazione bilaterale per connettere l’emisfero che contiene le sensazioni corporee a quello che contiene l’informazione cognitiva ed ottenere così tutti i contributi necessari per una adeguata elaborazione dell’evento traumatico.

Ed è proprio sulla stimolazione alternata degli emisferi che si fonda la tecnica EMDR: attraverso i movimenti oculari destra/sinistra, o l’alternanza di suoni destra/sinistra, o la stimolazione tattile prima nella mano destra e poi in quella sinistra che si sollecitano i due emisferi a restituire le informazioni immagazzinate, un po’ come se restituissero i pezzi del puzzle che hanno sottratto in un tempo passato per poterlo ricomporre nel qui ed ora!

Così facendo i ricordi disturbanti perdono la loro carica emotiva negativa (fase della desensibilizzazione), e ciò può accadere in una o più sedute indipendentemente da quanti anni siano trascorsi dall’evento traumatico.

Dopo l’EMDR la persona ricorda l’evento ma il contenuto è totalmente integrato in una prospettiva più funzionale, generando uno schema cognitivo ed emotivo positivo.

L’immagine cambia nei contenuti e nel modo in cui si presenta, i pensieri intrusivi e le sensazioni corporee in genere si riducono di intensità o spariscono completamente, diventando più adattavi.

L’elaborazione dell’esperienza traumatica che avviene con l’EMDR permette alla persona di cambiare prospettiva, cambiando le valutazioni cognitive su di sé, incorporando emozioni adeguate alla situazione attuale.

Il trattamento EMDR può rivelarsi utile anche in situazioni che risultano difficili sa superare ed elaborare, come ad esempio può aiutare a ridurre la sofferenza legata ad un lutto.

lunedì 10 giugno 2019

EMDR: metodo innovativo in psicoterapia per traumi, ansia, depressione e stress

In questi ultimi anni le tecniche psicoterapeutiche per aiutare le persone che hanno subito dei traumi e psicopatologie come la depressione, ansia, fobie, dipendenze, ansia e panico  si sono evolute e specializzate. La tecnica d’elezione, riconosciuta e comprovata da numerosi studi sulle neuroscienze è l’ EMDR: traducibile come Eyes Movement Desensitization and Reprocessing, traducibile con “desensibilizzazione e ristrutturazione attraverso il movimento degli occhi”. E’ una tecnica psicoterapeutica innovativa, che serve a far rielaborare eventi più o meno traumatici, ma anche altri eventi negativi.


Le persone che hanno subito un trauma, e che quindi poi sviluppano sintomi come ansia, depressione fobie , etc, purtroppo sperimentano che qualcosa nella loro vita è cambiato e che il ricordo di tali esperienze traumatiche influenza il loro benessere. Tale esperienze poi nel presente spesso si trasformano in fobie, ossessioni, o attacchi di panico o altri disturbi psicologici che invalidano e limitano pesantemente la persona nella loro vita e nelle relazioni.
L’EMDR è una tecnica usata fondamentalmente per accedere, neutralizzare e portare a una risoluzione adattiva i ricordi di esperienze traumatiche che stanno alla base di disturbi psicologici attuali del paziente. Queste esperienze traumatiche possono consistere in:
•    Piccoli/grandi traumi subiti nell’età dello sviluppo
•    Eventi stressanti nell’ambito delle esperienze comuni (lutto, malattia cronica, perdite finanziarie, conflitti coniugali, cambiamenti)
•    Eventi stressanti al di fuori dell’esperienza umana consueta quali disastri naturali
•    (terremoti, inondazioni) o disastri provocati dall’uomo (incidenti gravi, torture, violenza)

Come avviene una seduta EMDR?
Dopo aver individuato il problema specifico, si usa un protocollo definito attraverso il quale il terapeuta guida il paziente nella descrizione dell’evento e gli fa scegliere gli elementi disturbanti. 
In seguito si fa richiesta al paziente circa i suoi pensieri e le sue convinzioni nel momento in cui richiama alla mente il ricordo più spiacevole. È in questo momento che il terapeuta aiuta l’elaborazione attraverso la stimolazione sensoriale bilaterali degli emisferi cerebrali. È un processo neurofisiologico naturale, legato all’elaborazione dell’informazione.
Durante questi movimenti il paziente rivive i diversi elementi del ricordo iniziale e il terapeuta, ad intervalli regolari, interrompe i movimenti al fine di accertarsi che il paziente elabori adeguatamente i ricordi. Tutto ciò serve per far elaborare in maniera rapida le informazioni riguardanti l’esperienza negativa fino ad arrivare alla risoluzione adattiva.
L’efficacia di tale tecnica è sostenuta da numerosi rigorosi studi ed è stata inserita dal 2013 come linea guida dall’ OMS   nell’ “assesment e la gestione dei disturbi specifici legati allo stress”.

Dott. Francesco Fisichella 
Psicologo Psicoterapeuta

Dal sito: legnanonews.com

venerdì 6 aprile 2018

Attacco di panico: come riconoscerlo e superarlo



Cos’è l’attacco di panico

«L’attacco di panico è un disturbo d’ansia che insorge in uno stato di calma o, al contrario, di stress conclamato ed è caratterizzato da un aumento improvviso di paura e di disagio fisico e psichico» spiega Paola Vinciguerra, psicoterapeuta e Presidente dell’EURODAP, l’Associazione Europea per il disturbo da attacchi di panico.

I sintomi

«L’improvvisa scarica di adrenalina che investe il nostro corpo provoca diverse reazioni fisiche ed emotive come tachicardia, giramenti di testa e vertigini, sensazione di soffocamento e paralisi, tremore alle gambe, sudorazione, dolore al petto, nausea, necessità di correre in bagno, effetti percettivi di depersonalizzazione e paura di morire» puntualizza Vinciguerra.

Perché viene

«L’attacco di panico può insorgere in seguito a un evento traumatico vissuto sulla propria pelle o può essere immotivato, cioè presentarsi all’improvviso senza alcuna causa reale scatenante» specifica la psicoterapeuta. «Nel primo caso, la persona inizia a soffrire di questo disturbo d’ansia dopo aver subito un trauma, più o meno grave: ad esempio, molti di quelli che erano a bordo della Crociera Concordia durante l’affondamento hanno iniziato ad avere problemi di insonnia, flashback di quell’episodio e attacchi di panico, insorti perlopiù in situazioni che ricordano quelle vissute durante la tragedia (ad esempio al supermercato, dove le file e il vociare richiamano quelli presenti sulla nave). Nel secondo caso, invece, questi attacchi possono sopraggiungere senza un motivo apparente, in concomitanza con cambiamenti o traguardi imminenti che possono “scombussolare” il proprio equilibrio (il raggiungimento della maggiore età, la laurea, l’ingresso nel mondo del lavoro, l’abbandono del tetto familiare, la convivenza, il matrimonio, la procreazione), momenti di forte stress, paure inconsce (luoghi chiusi o affollati, vertigini

Quando rivolgersi al medico

«Se una persona ha un attacco di panico ma non vive nel controllo e nell’ansia, potrebbe trattarsi solo di un episodio temporaneo, per il quale potrebbe non essere necessario l’intervento di un medico. Al contrario, se si vive con una sensazione di minaccia continua, si evitano le relazioni, ci si sveglia di notte con tachicardia e agitazione, forse sarebbe davvero il caso di rivolgersi a uno psicoterapeuta» conferma Vinciguerra.

EMDR: un nuovo approccio terapeutico

«L‘EMDR (dall’inglese Eye Movement Desensitization and Reprocessing, cioè desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) è un nuovissimo approccio terapeutico accreditato scientificamente, utilizzato per trattare i disturbi post-traumatici da stress. Questo metodo, che si basa sulla stimolazione attraverso movimenti oculari, consente di “spostare” il ricordo angosciante e doloroso del trauma dalla corteccia frontale, dove è rimasto finora emotivamente attivo, alla corteccia parietale, dove sarà immagazzinato tra gli eventi del passato, senza più suscitare paura e stati d’ansia» spiega Vinciguerra. «Alla fine di questo percorso, la persona, che ha affrontato i suoi fantasmi, riprende finalmente in mano la sua vita, con la mente sgombra e serena».

Farmaci

Per il trattamento dei disturbi d’ansia esistono anche farmaci in grado di aumentare i livelli di serotonina (l’ormone del benessere) in alcune aree cerebrali, prolungandone l’attività. In questo caso si possono riscontrare buoni risultati con gli antidepressivi serotoninergici (SSRI), prescritti dopo un’attenta valutazione dello specialista.

Respirazione e rilassamento

«È fondamentale imparare a respirare correttamente, meglio se col diaframma, per riequilibrare i livelli di adrenalina e serotonina nel sistema nervoso centrale» conferma Vinciguerra. Le persone colpite dagli attacchi di panico non devono iperventilare, cioè accelerare troppo la respirazione: questa anomalia, collegata spesso agli stati di ansia, facilita la comparsa degli attacchi, perché fa calare la concentrazione di anidride carbonica nel sangue, con danni all’attività nervosa

Varie tecniche respiratorie o di biofeedback permettono di ottenere buoni risultati, sotto la guida di un istruttore esperto. Anche lo yoga e alcune tecniche di meditazione risultano molto utili.

Dal Sito: giornalenotizie.online

venerdì 26 gennaio 2018

La terapia EMDR: come funziona? un viaggio nella nostra mente




Con la terapia EMDR il soggetto accede a informazioni correttive e le collega alla memoria traumatica, attraverso piccole indicazioni da parte del terapeuta

La terapia EMDR è utile per il trattamento di disturbi causati da eventi stressanti o traumatici come il disturbo da stress post-traumatico. Essa sfrutta i movimenti oculari alternati per ristabilire l’equilibrio eccitatorio/inibitorio, permettendo una migliore comunicazione tra gli emisferi cerebrali.

Terapia EMDR: un’introduzione

EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) è una tecnica psicoterapeutica ideata da Francine Shapiro nel 1989. Questa metodologia, utile per il trattamento di disturbi causati da eventi stressanti o traumatici come il disturbo da stress post-traumatico, sfrutta i movimenti oculari alternati, o altre forme di stimolazione alternata destro/sinistra, per ristabilire l’equilibrio eccitatorio/inibitorio, permettendo così una migliore comunicazione tra gli emisferi cerebrali.

Disturbo da stress post-traumatico e terapia EMDR

Il diturbo da stress post-traumatico (DSPT) si sviluppa in seguito all’esposizione del soggetto ad un evento traumatico nel quale la persona ha vissuto, ha assistito, o si è confrontata con un evento o con eventi che hanno implicato morte, o minaccia di morte, o gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri. La risposta della persona comprende paura intensa e sentimenti di impotenza o di orrore. Come riportato dal DSM-V (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) l’evento traumatico viene rivissuto ripetutamente in diversi modi, ed il soggetto mette in atto un evitamento persistente degli stimoli associati con il trauma. Si verificano inoltre alterazioni negative dell’umore o delle cognizioni, ed un’attenuazione della reattività generale, oltre che sintomi di aumentato arousal.

Shalev (2001) ha proposto che la complessità del disturbo possa essere meglio compresa come compresenza di diversi meccanismi, quali l’alterazione di processi neurobiologici, l’acquisizione di risposte condizionate di paura a stimoli correlati al trauma, e schemi cognitivi e di apprendimento sociale alterati.

La ricerca ha dimostrato che a seguito di un evento stressante c’è un’interruzione del normale modo di processare l’informazione da parte del cervello. Ciò include il fallimento nel creare una memoria coerente dell’esperienza, in quanto tutti gli aspetti di memoria, pensiero, sensazioni fisiche ed emotive dell’evento traumatico non riescono ad essere integrati con altre esperienze. La patologia in questi casi emerge a causa dell’immagazzinamento disfunzionale delle informazioni correlate all’evento traumatico, con il conseguente disturbo dell’equilibrio eccitatorio/inibitorio necessario per l’elaborazione dell’informazione. Questo provoca il ‘congelamento’ dell’informazione nella sua forma ansiogena originale, nello stesso modo in cui è stato vissuto; l’informazione congelata e racchiusa nelle reti neurali non può essere elaborata e quindi continua a provocare patologie come il disturbo da stress post-traumatico e altri disturbi psicologici.

I movimenti oculari saccadici e ritmici tipici della terapia EMDR, concomitanti con l’individuazione dell’immagine traumatica, delle convinzioni negative ad essa legate e del disagio emotivo, facilitano la rielaborazione dell’informazione, fino alla risoluzione dei condizionamenti emotivi. In questo modo l’esperienza è usata in modo costruttivo dalla persona ed è integrata in uno schema cognitivo ed emotivo non negativo.

Le tecniche EMDR, come la terapia cognitivo-comportamentale focalizzata sul trauma, seguono le teorie del processamento dell’informazione e si rivolgono alle memorie disturbanti individuali ed ai significati personali dell’evento traumatico e delle sue conseguenze, attivando la rete dei ricordi di paura attraverso la presentazione di informazioni che attivano elementi delle strutture della paura ed introducono informazioni correttive incompatibili con questi elementi.

L’esposizione immaginativa tipica della terapia cognitivo-comportamentale però guida l’individuo a rivivere ripetutamente l’esperienza traumatica il più vividamente possibile, senza prendere in causa altre memorie o associazioni; questo approccio è basato sulla teoria secondo cui l’ansia è causata dalla paura condizionata ed è rinforzata dall’evitamento.

Al contrario la terapia EMDR procede tramite catene di associazioni, collegate con stati che condividono gli elementi sensoriali, cognitivi o emotivi del trauma. Il metodo adottato non è di tipo direttivo; l’individuo è incoraggiato a ‘lasciare accadere qualsiasi cosa avvenga limitandosi a notarla‘ mentre le memorie liberamente associate entrano nella mente tramite l’esposizione immaginativa, in forma di brevi flash.

In accordo con le teorie del condizionamento classico, promuovere l’attenzione a informazioni correlate alla paura facilita l’attivazione, l’abituazione e la modificazione della struttura di paura.

Durante la terapia EMDR, i terapeuti spesso accedono solo a brevi dettagli della memoria traumatica, ed incoraggiano la distorsione o il distanziamento dell’immagine che, in accordo con le teorie tradizionali, dovrebbe esitare in un evitamento cognitivo. La terapia EMDR incoraggia tuttavia gli effetti distanzianti che sono considerati efficaci nel processamento della memoria piuttosto che nell’evitamento cognitivo. E’ forse per questo che i pazienti sottoposti a questo tipo di terapia cosiderano l’EMDR come meno confrontante e la tollerano meglio.

L’EMDR comprende il complesso delle risposte emotive che seguono un evento stressante analizzando stati affettivi, sensazioni fisiche, pensieri, emozioni e credenze contemporaneamente.

Il cambiamento cognitivo che la terapia EMDR evoca mostra che il soggetto può avere accesso a informazioni correttive e collegarle alla memoria traumatica e ad altre reti di memorie associate. Tutto ciò avviene con piccole, se non nulle, indicazioni da parte del terapeuta. L’integrazione del materiale positivo e negativo che avviene spontaneamente durante il processo di desensibilizzazione dell’EMDR somiglia all’assimilazione in strutture cognitive (in linea con la teoria del processamento adattivo dell’informazione), così come accade per le visioni del mondo, i valori, le credenze e l’autostima.

Il movimento oculare nella terapia EMDR

La componente del movimento oculare ha provocato molti dibattiti in quanto sembra essere la componente che differenzia la terapia EMDR dalla terapia cognitivo-comportamentale focalizzata sul trauma e dai trattamenti basati sull’esposizione. Tuttavia, è stato suggerito che i movimenti oculari non siano necessari, portando a ricerche per verificare se altre stimolazioni bilaterali (uditive o tattili) o nessun movimento oculare producessero risultati equiparabili. Sulla base dei modelli di estinzione della paura, i movimenti oculari causerebbero distrazione ed una riduzione dell’abituazione.

Lee e Cuijpers (2013) hanno condotto una meta-analisi per determinare l’efficacia dei movimenti oculari quando vengono processate memorie emotive. I loro risultati supportano l’inclusione del movimento oculare sia per il trattamento in ambito clinico che nell’ambiente di laboratorio, dimostrando l’importanza della fedeltà al trattamento quando si utilizza l’EMDR. I vantaggi avvallati del compito aggiuntivo dei movimenti oculari nell’EMDR sono il distanziamento e la riduzione della vividezza e dell’emotività della memoria.

Sulla base della teoria per la quale i sintomi del disturbo da stress post-traumatico risultano da un fallimento del processamento di memorie episodiche, è stato suggerito che i movimenti oculari bilaterali possano facilitare l’interazione interemisferica, producendo un miglioramento nel processamento della memoria. La ricerca indica che il processamento della memoria episodica è bilaterale, mentre quello della memoria semantica viene condotto nell’emisfero cerebrale sinistro. Il movimento oculare orizzontale può rinforzare un aumento dell’attivazione di entrambi gli emisferi, migliorando in questo modo la comunicazione tra di essi e promuovendo il processamento dell’evento traumatico tramite la stimolazione della capacità di richiamo degli elementi che lo caratterizzano dalle memorie episodiche e semantiche.

Un altro modello teorico proposto è basato sulla teoria del movimento oculare rapido (REM) durante il sonno. La ricerca suggerisce che l’integrazione tra memorie episodiche e semantiche avvenga durate il sonno. La ricerca, facendo utilizzo di tecniche di neuroimaging, ha dimostrato l’esistenza di regioni cerebrali specifiche affette dalla ristimolazione di memorie traumatiche nel DSPT; queste sono le stesse regioni attivate nella fase REM del sonno. I movimenti oculari bilaterali ripetuti attivano il tronco cerebrale in uno stato di sonno REM, supportando così l’integrazione della memoria e la riduzione dei sintomi del DSPT.

La stessa stimolazione ripetitiva bilaterale che riorienta l’attenzione da un lato all’altro è alla base, secondo alcuni autori, dell’attivarzione di un meccanismo neurologico simile al sonno REM tramite una risposta di orientamento; l’attivazione di questi mecanismi sposta il cervello in una modalità di processamento della memoria simile al sonno REM, permettendo l’integrazione delle memorie traumatiche. E’ stato anche proposto che i movimenti oculari inneschino la risposta di orientamento attivando un riflesso investigatorio che si presenta primariamente come una risposta di allarme ed in secondo luogo come una pausa riflessiva, che produce una riduzione dell’arousal se non c’è una reale minaccia. Questa risposta riflessa produce un aumento dell’allerta, la quale favorisce i comportamenti esploratori quando i processi cognitivi diventano meno flessibili ed efficienti, permettendo alla memoria traumatica di essere integrata.

Secondo alcuni autori inoltre i movimenti oculari creerebbero una risposta di rilassamento, facilitando il riprocessamento della memoria tramite la riduzione del distress.

Memoria, memoria di lavoro e terapia EMDR

Seguendo la teoria della memoria di lavoro, è stato ipotizzato che gli effetti positivi della terapia EMDR possano risultare dal fatto che i movimenti oculari creano un doppio compito di attenzione. In linea con il modello di memoria di lavoro proposto da Baddeley, quest’ultima possiede una capacità limitata. Quando l’attenzione deve essere suddivisa tra più stimoli, come avviene nel caso del doppio compito di attenzione, la qualità dell’immagine traumatica si deteriora, con il risultato che essa viene portata al di fuori della memoria di lavoro ed integrata nella memoria a lungo termine (semantica), dove la vividezza e l’emotività sono ridotte. Il doppio compito di tenere l’emozione in mente mentre ci si focalizza sui movimenti oculari bilaterali può quindi interrompere l’immagazzinamento delle memorie traumatiche, ridurre la qualità episodica della memoria e quindi ridurre i sintomi del DSPT.

Un’esplorazione più specifica di Gunter e Bodner (2008) ha rilevato che le memorie tenute nel taccuino visuospaziale (un sottosistema della memoria di lavoro) si riducono in vividezza quando i movimenti oculari esauriscono le risorse di processamento. La ricerca ha mostrato che una riduzione della vividezza della memoria, dovuta ai movimenti oculari, può portare ad un conseguente decremento dell’emotività che circonda la memoria e ad una corrispondente riduzione dei dintomi del DSPT.

Lansing et al. (2005) hanno condotto studi di neuroimaging su agenti di polizia che avevano sviluppato il DSPT in seguito al coinvolgimento in sparatorie, sottoposti a sessioni di terapia EMDR. I risultati della SPECT (tomografia computerizzata a emissione di singoli fotoni) hanno rilevato una riduzione dell’attivazione nel lobo parietale sinistro, area associativa, e nel pulvinar destro, nucleo talamico associativo che aiuta a regolare i circuiti corticali; queste deattivazioni possono essere implicate nell’attenuazione della rete neurale delle memorie traumatiche. L’analisi dei dati ha mostrato inoltre una maggiore attivazione in aree prefrontali sinistre che sono solitamente ipoattivate nei soggetti con DSPT, ed un’attivazione della corteccia prefrontale dorsolaterale, associata con un miglioramento dei sintomi, in particolare di tipo depressivo.

Effetti neurobiologici della terapia EMDR

Una ricerca condotta da Pagani et al. (2012) ha permesso di monitorare l’attività cerebrale tramite EEG durante le sedute di terapia EMDR in pazienti con DSPT, paragonati a soggetti di controllo. A seguito di una terapia che ha riscontrato successo, il principale risultato neurobiologico dello studio è stato lo spostamento dell’attivazione corticale massima, sia durante l’ascolto del racconto autobiografico del trauma che durante la stimolazione oculare bilaterale, dalle regioni prefrontali e limbiche alle corteccie fusiforme e visiva, durante il corso della terapia. La comparazione con i soggetti di controllo ha mostrato come il rivivere l’evento traumatico causasse nei pazienti un’attivazione limbica bilaterale significativamente maggiore durante il racconto, ed una maggiore attivazione limbica orientata verso sinistra durante la stimolazione oculare bilaterale. Questo dato potrebbe essere correlato al tentativo guidato di codificare materiale emotivo non elaborato durante la stimolazione oculare, attivando preferenzialmente la corteccia prefrontale rostrale sinistra. L’attivazione della corteccia prefrontale rostrale durante la stimolazione oculare è risultata essere maggiore anche considerando i pazienti nella prima fase della terapia, in confronto con gli stessi soggetti valutati a fine terapia.

L’attivazione prefrontale è associata con la valutazione di materiale generato da sé stessi, essendo la corteccia cingolata anteriore il punto di integrazione di informazioni emotive coinvolte nella regolazione degli affetti, oltre che il substrato dell’esperienza conscia emotiva che monitora le informazioni con conseguenze sul piano affettivo. La corteccia prefrontale rostrale, in quanto parte del sistema limbico, è coinvolta in processi che riguardano il valore emotivo delle informazioni in arrivo, ed è criticamente implicata in funzioni alterate nella risposta psichica al trauma. Per di più, il recupero della memoria episodica attiva la corteccia prefrontale, ed è stata descritta una stretta relazione tra la memoria autobiografica/episodica, il sé ed il coinvolgimento della corteccia prefrontale. E’ stata dimostrata anche un’attivazione di tale regione durante la soppressione di memorie indesiderate, e durante il richiamo del trauma prima della terapia EMDR.

Un rilevante effetto neurobiologico della terapia EMDR nei pazienti è rappresentato dall’aumento significativo, in seguito al trattamento, del segnale elettroencefalografico nel giro fusiforme, così come nella corteccia visiva destra, confrontato con il segnale registrato ad inizio terapia. Questi cambiamenti suggeriscono un migliore processamento cognitivo e sensoriale (visivo) dell’evento traumatico durante il ricordo autobiografico, in seguito al successo della terapia EMDR, con un’attivazione preferenziale che si muove dalla corteccia emotiva fronto-limbica verso la corteccia associativa temporo-occipitale. Una volta che il mantenimento della memoria dell’evento traumatico può spostarsi da uno stato implicito subcorticale ad uno esplicito, differenti regioni corticali partecipano al processamento dell’esperienza. D’altra parte il giro fusiforme è implicato nella rappresentazione esplicita di facce, parole e pensieri astratti, e la sua prevalente attivazione dopo la terapia EMDR potrebbe essere associata con l’elaborazione, ad un livello cognitivo più alto, di immagini correlate all’evento. Il giro fusiforme ha mostrato una maggiore attivazione anche durante la stimolazione oculare bilaterale alla fine della terapia, rispetto all’inizio della stessa.

Nei pazienti è stata trovata una chiara lateralizzazione verso l’emisfero sinistro durante la stimolazione oculare, e verso l’emisfero destro durante la lettura del racconto autobiografico. In accordo con la teoria dell’asimmetria emozionale l’emisfero destro è dominante sul sinistro per l’espressione e la percezione emotive. Oltretutto, entrambi gli emisferi funzionano come una sorta di unità funzionale e l’attivazione aumentata in uno di essi determina un’inibizione di quello controlaterale. L’attivazione prominente trovata durante la stimolazione oculare bilaterale alla fine della terapia nelle aree di associazione nell’emisfero sinistro potrebbe quindi corrispondere ad un processamento cognitivo delle memorie traumatiche che sta raggiungendo lo stato esplicito dopo la terapia EMDR portata a termine con successo, associata ad un significativo contenimento delle esperienze emotive negative.

L’emisfero sinistro gioca anche un importante ruolo nell’esplicazione delle emozioni, ed è stata inoltre dimostrata l’attivazione del giro fusiforme durante compiti che implicano la memoria episodica ed il recupero della memoria associata al controllo attentivo.

Terapia EMDR con ansia e depressione

Una recente meta-analisi (Chen et al., 2014) si è occupata di indagare gli effetti della tecnica EMDR in 26 di studi, effettuati tra Gennaio 1993 e Dicembre 2013, che hanno utilizzato l’EMDR per il trattamento del disturbo da stress post traumatico, in comparazione ad altri tipi di terapie. La meta-analisi ha rilevato un effetto moderato della terapia EMDR per il disturbo da stress post-traumatico, la depressione (spesso in comorbidità con tale disturbo) e l’ansia (sperimentata dai pazienti con DSPT quando devono affrontare lo stress), ed un effetto ampio dell’EMDR sulla percezione soggettiva di distress. Questi risultati suggeriscono che l’EMDR può migliorare la consapevolezza nei pazienti, cambiare le loro credenze e i loro comportamenti, ridurre l’ansia e la depressione, e condurre a emozioni positive.

I pazienti con disturbo da stress post-traumatico non possono gestire appropriatamente le loro esperienze negative e le loro memorie. La terapia EMDR permette ai pazienti di creare connessioni adattive per integrare le esperienze negative con emozioni ed i pensieri positivi, migliorando i sintomi del disturbo.

Un’analisi dei sottogruppi in questo studio ha permesso di individuare come un trattamento della durata di 60 minuti a sessione sia maggiormente efficace rispetto a trattamenti di più breve durata, riducendo significativamente sia l’ansia che la depressione. I pazienti hanno inoltre mostrato una maggiore riduzione dei sintomi quando il trattamento era effettuato da parte di terapeuti con esperienza nella terapia di gruppo del disturbo da stress post-traumatico, comparati a coloro che sono stati trattati da terapeuti senza una tale esperienza.

Le ricerche sinora condotte hanno permesso di individuare varie modificazioni delle strutture neurali che si verificano in seguito alla terapia EMDR, e ciò ha permesso di sviluppare diverse teorie sul suo funzionamento, le quali forniscono un supporto ancora maggiore all’utilizzo di tali tecniche, la cui validità è stata più volte valutata e provata in studi di efficacia terapeutica. Ciò nonostante, i processi chiave che sottostanno ai meccanismi dell’EMDR sono complessi, in linea con la struttura del trattamento, che coinvolge componenti di mindfulness, ristrutturazione cognitiva, esposizione alla memoria, e senso di padronanza personale. Saranno necessarie dunque ulteriori ricerche, che permettano di chiarire sempre meglio i meccanismi di funzionamento, nelle diverse circostanze e considerando l’applicazione a diversi tipi di disturbo, di questa tecnica terapeutica all’avanguardia.

Dal sito: www.stateofmind.it