Visualizzazione post con etichetta disturbo da attacco di panico. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta disturbo da attacco di panico. Mostra tutti i post

lunedì 19 ottobre 2020

PANDEMONIO


Alessia Spina soffre di attacchi di panico da molto tempo.
Quattro anni fa ha deciso di incontrare persone che soffrono come lei,
a volte amici, a volte perfetti sconosciuti.
Ha ascoltato le loro storie, imparato dalle loro storie e infine, raccolto parole e immagini:
PANDEMONIO è il risultato, un libro fotografico sugli attacchi di panico.
Pan: dio greco metà uomo metà caprone, spaventa i viandanti con ululati terribili.
È da qui che nasce l'accezione di "panico":
un terrore improvviso, una paura incontrollata che assale.
Un dio che assomiglia a un demone,
un dio che si moltiplica e diventa “tutti i demoni”: PANDEMONIO.
Un ATTACCO DI PANICO è un PANDEMONIO.
Un mostro che spinge giù, in profondità, che costringe a guardare sotto, dentro.
E nel frattempo viene a galla una nuova forza;
la forza di essere fragili, la forza più autentica.
Pur se nel mentre sembra di morire, di attacchi di panico NON SI MUORE.
Un evento positivo mascherato da evento negativo.
Una ribellione del corpo a situazioni di comodo ormai scomode.
Una richiesta di aiuto dell’IO.
Un segno che è necessario cambiare qualcosa.
Vincere l’inganno del dio Pan che, mentre spaventa i viandanti, spaventa anche se stesso,
non è impossibile.
Nessun mostro è invincibile.
Il libro è un lavoro sulla vulnerabilità, che si è abituati a nascondere sotto il tappeto come
fosse sporco di cui vergognarsi.
Eppure non esiste altra cosa al mondo che possa rendere più umani della vulnerabilità
stessa.
Un meccanismo innescato da una società che esige compulsivamente e ininterrottamente
forza, potere, risolutezza, impassibilità, freddezza, velocità.
Un congegno che induce al panico ogni qual volta si tende a perdere il controllo.
Quello stesso panico che può salvare e resuscitare sensibilità e natura umana.


Se aprite il link qui di seguito potete supportare il progetto, aiutarla a raggiungere la pubblicazione e ricevere una copia del libro a casa 






lunedì 16 settembre 2019

Come riconoscere e affrontare un attacco di panico


Attacchi di panico: come riconoscerli e affrontarli

Sempre più diffusi tra le persone di ogni età, gli attacchi di panico hanno sintomi confondibili con quelli dell'infarto. Ecco come accertarsi di cosa si tratta e affrontare la crisi.

Sempre più persone si presentano al pronto soccorso degli ospedali con sintomi improvvisi e violenti, che possono sembrare quelli dell’infarto: sensazione di oppressione al petto, dolore al torace, profonda inquietudine e sudorazione fredda, accompagnata a volte anche da nausea. In realtà si tratta di attacchi di panico.

L’attacco di panico è una reazione impropria del cervello che reagisce a certi stimoli entrando in “allarme pericolo di vita”, in assenza di questo reale rischio. Lo fa attivando tutte le reazioni che possono entrare in gioco quando si sta per morire in circostanze violente.

Al pronto soccorso viene effettuato innanzitutto un elettrocardiogramma per escludere che la problematica sia di natura cardiaca; viene anche misurata la pressione sanguigna e di norma, escluso che si tratti di un infarto, viene somministrato un farmaco tranquillante.

Cause

Può essere un lungo periodo di stress, ad esempio causato da un carico di lavoro eccessivo, a scatenare un attacco di panico; oppure questo stato può rappresentare la classica punta dell’iceberg di un disagio emotivo profondo che non riesce ad emergere da lungo tempo.

Come si manifesta

Ecco i principali sintomi dell’attacco di panico:

tachicardia

iperventilazione

tremore e brividi 

sudorazione fredda alternata a vampate

dolore al petto

nausea

sensazione di irrealtà (l’ambiente circostante assume contorni sfumati, sembra di essere in un sogno)

senso di morte imminente

Come comportarsi

In caso di attacco di panico, bisogna in primis escludere che si stia verificando davvero un infarto; per questo motivo è sempre bene accompagnare la persona in ospedale, dove verrà immediatamente accertata  la natura del problema.

La durata dell’episodio ci aiuta a capire di che cosa si tratti: in genere i sintomi dell’attacco di panico, infatti, durano circa una decina di minuti. 

Quando la persona interessata è giovane e non è soggetta a rischio infarto (né a ipertensione, sovrappeso, colesterolo alto, diabete, se sta sta iperventilando (respirazione corta e affannosa) le si può chiedere di respirare per circa un minuto in un sacchetto di carta, tipo quello del pane, con bocca e naso. Ripetere per quattro cinque volte, alternando un minuto di respirazione nel sacchetto, con un minuto fuori dal sacchetto.

Questa pratica dovrebbe aiutare a ripristinare una respirazione regolare, prevenendo il rischio che comporta l’iperventilazione di peggiorare la sensazione di soffocamento che si percepisce durante l’attacco di panico.

Da non fare

Evitare di chiedere alla persona di controllarsi, perché con l’attacco di panico non si fa altro che peggiorare la sua condizione psico-emotiva, in quanto la persona non è assolutamente in grado di prendere il controllo su di sé.

Evitare di farsi vedere spaventati dalla situazione e incapaci di fornire aiuto, per non peggiorare la condizione di fragilità emotiva della persona in quel momento.

Cercare di rimanere calmi e lucidi per affrontare al meglio la situazione.

Dal Sito: perugiatoday.it

mercoledì 14 agosto 2019

Il mostro dentro noi: l’ansia che blocca la vita


Capita a tutti, in alcuni momenti, di sentire un nodo alla gola che impedisce di respirare, uno stato di malessere e intorpidimento generale che porta ad estraniarsi dal mondo per alcuni momenti. L’

Quando, però, gli episodi d’ansia diventano frequenti ed immotivati, le cose cambiano.

Non si capisce perché, non se ne conosce la natura: semplicemente la serenità e la tranquillità di un momento, vengono interrotti bruscamente, spazzati via senza remore. È come se, tutto ad un tratto, un manto nero spesso e invisibile avvolgesse il corpo, stringendolo in una morsa violenta e soffocante. Penetra nella pelle, prende possesso di ogni cellula del corpo. I battiti accelerano, uno dopo l’altro riecheggiano nel torace, scandendo un tempo che sembra non voler passare mai. Il respiro non è più il tuo, diviene frammentato e incontrollabile mentre un peso in piombo prende il posto della pancia, un mattone che rende pesanti e lenti, rallenta i movimenti e i passi mentre la vita scorre attorno. Il mondo va avanti e tu rimani dietro, dieci passi più indietro. Le gambe tremano, i movimenti diventano sconnessi e scoordinati. Tutto diviene ovattato, lontano, come se si vivesse in una bolla di vetro che tiene separati da tutto e tutti: dai cari, dall’ambiente che circonda, dalle cose più amate. Da se stessi.

Ci si sente scollegati, distanti, estranei: la mente è paralizzata, congelata. Qualcosa nel cervello crolla, la mente non controlla più il corpo, il corpo non riconosce più la mente: entrambi viaggiano su due binari distinti, verso un tunnel buio e freddo che sembra non terminare mai. Si diventa automi, senza vitalità né sentimenti né nulla: vuoti, freddi, terrorizzati e spaventati.

Poi tutto finisce. Non si sa perché è cominciato, non sai sa perché è finito. Rimane solo la confusione e lo smarrimento.

La vita cambia di colpo. Da un momento all’altro le cose più semplici divengono impossibili: respirare, muoversi, camminare, studiare, fare la spesa, parlare con la gente, guidare o prendere i mezzi pubblici, uscire la sera con gli amici. Tutto diviene un peso esorbitante, un enorme fardello su una schiena stanca e distrutta. La voglia di fuggire, dal proprio spazio, dal corpo, dalla mente è tanta. Si cerca sicurezza, serenità, quella tranquillità che non si riesce più a trovare, neanche la notte quando si tenta, invano, di precipitare nell’oblio dei sogni.


Attacchi di panico, disturbi d’ansia, depressione, agorafobia: patologie che, purtroppo, ancora oggi suonano astratte, ma che colpiscono una vasta parte della popolazione. Patologie, che in alcuni casi divengono vere e proprie malattie, che rendono invalidante il soggetto, che precludono la possibilità di vivere la propria vita, che rendono insopportabile la quotidianità.

La vergogna che si prova nel riconoscersi nei sintomi, nello stare male senza alcuna causa apparente, nel sentirsi continuamente fuori posto, porta all’isolamento, a non parlare con nessuno, a tenere tutto dentro. «È stupido, ci sono persone che hanno dei motivi veri per voler mollare tutto, per sentirsi schiacciati e pressati», ci si continua a ripetere.

Attualmente sottovalutiamo il benessere della mente. Ancora oggi, non siamo in grado di riconoscere i campanelli d’allarme che portano una persona a soffrire di forti attacchi d’ansia, depressione, panico. Ancora oggi, non riusciamo a prevenire. Ed è triste sapere che, probabilmente, la persona accanto a noi sul pullman sta combattendo una silenziosa battaglia contro l’impulso di urlare e scappare via. Una faticosa battaglia contro se stessa, per rimettere assieme i cocci della propria vita, raccogliere il salvabile, eliminare il superfluo, accettando i segnali del corpo che parlano di un disagio mentale. Difendendo e liberando dal mostro del panico, la propria vita.

«Ma se ne esci, sei un’altra persona, e spesso migliore. Ti costringe a prendere in mano la tua vita, a fare scelte importanti, riordinando le tue priorità. Riesci a dare il giusto peso ai problemi, perché – diavolo! – niente terrorizza come un attacco d’ansia. E per lo stesso motivo rinasci con mille nuove forme di consapevolezza». Leggiamo da una testimonianza di una giovane donna pubblicata su TPI.

Dal Sito: mifacciodicultura.it

sabato 10 agosto 2019

Per Superare Un Attacco Di Panico, Devi Accoglierlo


Cosa provoca l’attacco di panico

L’attacco di panico nasce nella mente e colpisce il corpo, è fatto di un mix esplosivo di ansia ed emozioni non metabolizzate. Aggiungici una bella spruzzata di pensieri catastrofici e il cocktail è servito!

Se la responsabilità di questo evento è da imputare alla testa, purtroppo tocca al corpo fare il lavoro sporco: per evitare che la quantità abnorme di energia mobilitata dall’ansia ti faccia visceralmente del male (non dimentichiamoci che le emozioni lavorano a stretto contatto con gli ormoni), il corpo è costretto a trovare una valvola di sfogo in grado di smaltire in poco tempo tutta questa energia.

Si può dire che l’attacco di panico può essere innescato da pensieri catastrofici e da emozioni molto forti; ma a volte anche l’assunzione di sostanze eccitanti può avere un ruolo rilevante: come l’abuso di caffè che può provocare tachicardia, per esempio.

Pensieri catastrofici /stress troppo intenso /evento destabilizzante → Tempesta emotiva (+ sostanze eccitanti) = possibile attacco di panico

L’attacco di panico è un episodio dove l’ansia raggiunge un livello abnorme e può durare da una manciata di minuti a 20 minuti (in casi rari) durante i quali si può riscontrare i seguenti sintomi:

• Palpitazioni, tachicardia
• Sudorazione
• Brividi o vampate di calore
• Tremori
• Sensazione di soffocamento
• Dolore o fastidio al petto
• Nausea o disturbi addominali
• Sensazioni di sbandamento, senso di svenimento
• Derealizzazione o depersonalizzazione
• Paura di perdere il controllo o di impazzire
• Paura di morire

Quando gli attacchi di panico hanno tendenza a ripetersi, si parla di disturbo di panico.

L’attacco di panico è come un’onda emotiva anomala che rompe gli argini, la potenza delle emozioni si scatena in maniera incontrollabile e travolge tutto sul suo passaggio dandoti l’impressione di perdere il controllo. Vorrei rassicurarti su un punto fondamentale: non stai perdendo la testa o impazzendo, sei semplicemente stato esposto ad un livello di stress talmente alto che il tuo corpo è stato costretto a premere il pulsante di emergenza per permettere a quell’energia dirompente di essere espulsa fuori.

Ansia, che fare quando il troppo storpia

Cosa fare quando ti ritrovi confrontato a questo tsunami emotivo? Non puoi opporti o bloccare l’evento perciò la soluzione migliore è imparare a surfare. La prima cosa da fare è accogliere l’onda rendendosi conto che è in atto un attacco di panico quindi occorre calmare i pensieri e focalizzarsi sul respiro per spingere la mente fuori dal circolo vizioso che ha creato.

Durante un attacco di panico, la “fame d’aria” dovuta al senso di soffocamento porta ad un’iperventilazione che può causare formicolio, senso di sbandamento, accelerazione cardiaca, ecc. Per ripristinare un ritmo cardiaco regolare e “surfare sull’onda”, sarà utile respirare svuotando bene i polmoni prima di inspirare (e/o respirare in un sacchetto di carta) per ripristinare il giusto equilibrio tra ossigeno e anidride carbonica. In poco tempo, la situazione tornerà alla normalità, al livello fisico almeno.

Se le barriere cadono, puoi allargare i tuoi confini

L’attacco di panico fa crollare tutto per un momento, e da un certo punto di vista, può anche rappresentare un aiuto: spesso sono le persone perfezioniste, che danno sempre il massimo, che non si danno il diritto all’errore, a soffrire maggiormente di ansia. L’attacco di panico le costringe a ridimensionare la causa del loro malessere e a dover fare un lavoro introspettivo per uscire dal circolo vizioso che rischierebbe di instaurarsi altrimenti.

Il panico arriva quando i muri della nostra mente si avvicinano sempre più, fino al momento in cui lo spazio dentro di noi è talmente stretto che l’unica via d’uscito per non rimanere schiacciato è fare esplodere tutto, ed è a questo che serve l’attacco di panico: a fare crollare le barriere che ci opprimono dentro con un’esplosione talmente violenta da farci temere per la nostra vita e/o salute mentale. L’ironia della sorte vuole che rimaniamo terrorizzati dall’esplosione che ci salva e non dai meccanismi infernali della nostra mente che ci avrebbero schiacciato come moscerini.

“GLI DÈI CHE ABBIAMO RIMOSSO DALLA NOSTRA CONSAPEVOLEZZA NELL’INCONSCIO, SONO DIVENTATI SINTOMI.”
(CARL GUSTAV JUNG)

La verità è che dentro di noi c’è un’energia enorme che desidera essere canalizzata in qualche modo ma che sotto l’effetto dello stress ci si ritorca contro: quando ci toglie il respiro e ci fa tremare come una foglia, allora ci rendiamo conto della sua potenza.

Ma immagina per un momento quello che saremo in grado di fare se riuscissimo a convogliare tutta questa potenza in uno scopo preciso se, invece di soffocarci, ci permettesse di spiccare il volo. E se imparassimo a governare i nostri impulsi interiori, a direzionare quel furore che abbiamo dentro affinché ci dia la spinta necessaria a raggiungere i nostri obiettivi invece di subirli senza capire cosa ci sta succedendo, cosa saremmo in grado di fare?

“SE HAI DELLE FORZE E NON LE USI, PRIMA O POI TI SI RIVOLTERANNO CONTRO.”
(PROVERBIO CINESE)

Magari potremmo imparare qualcosa da questi attacchi di panico e lavorare su di noi affinché i meccanismi mentali in grado di mobilitare così tanta energia da farci venire un attacco di panico lavorino a nostro favore per una volta.

A conti fatti, abbiamo due possibilità che si offrono a noi: possiamo continuare a lamentarci che nessuno ci abbia dato il libretto di istruzioni della nostra testa e delle nostre emozioni, oppure possiamo decidere di riprendere i redini della nostra mente in mano e fargli capire chi comanda. Certo, occorrerà tempo e fatica, e magari l’aiuto di uno psicoterapeuta, per conoscersi meglio ma sarà sempre meglio che rimanere alla merce degli eventi.

Dal Sito: eticamente.net

sabato 27 luglio 2019

Siamo in tanti a soffrire di attacchi di panico, ma guarire si può




E' un disturbo che interessa circa l'8% della popolazione e colpisce una fascia di età sempre più bassa; è importante riconoscerlo e scegliere la terapia giusta per liberarsene. L'approccio più efficace ad oggi è una psicoterapia cognitivo-comportamentale.

di Carlotta Zanaboni Dina

Cinque milioni di italiani soffrono di attacchi di panico, un dato preoccupante almeno quanto il disturbo stesso! “Panico” deriva dalla mitologia greca, precisamente dalla figura di Pan, semidio dei pascoli, che veniva rappresentato con busto umano e gambe caprine. Il mito racconta che Pan era solito spaventare le ninfe del bosco, apparendo all’improvviso, e suscitando in loro un vero e proprio terrore paralizzante. Le ninfe che vi si erano imbattute ne rimanevano così colpite da sviluppare un forte timore per il ripetersi dell’incontro. Quindi, tornando a oggi, che cos’è un attacco di panico?

È uno stato d’intensa paura che raggiunge il suo picco nel giro di 10 minuti, spesso accompagnato dalla preoccupazione di avere altri attacchi e da comportamenti quali l’evitare situazioni simili a quella in cui si è sperimentato il primo episodio. Se ad esempio il panico di una giovane donna si è presentato la prima volta in un centro commerciale in compagnia di un’amica, è probabile che da quel momento in poi quella donna limiterà le sue visite di quel luogo o eviterà del tutto i centri commerciali. È possibile addirittura che la frequentazione dell’amica possa subire dei cambiamenti, a seconda della gravità del caso.

Come si riconosce l’attacco? Sintomi fisici e cognitivi

Durante l’attacco si sperimentano sintomi psicosomatici (come aumento del battito cardiaco, respirazione accelerata o aumento della sudorazione) oppure sintomi cognitivi come paura di morire o di impazzire, senso di sbandamento o di “testa leggera”. È dunque un apparente disturbo fisico, quando invece sottende un disturbo psicologico. Infatti tipicamente il paziente chiama un’ambulanza o si reca al Pronto soccorso; in queste circostanze il disturbo si esaurisce prima dell’incontro con il medico, che è allora in grado di confermare la diagnosi e disincentivare visite di controllo con il presentarsi di successivi attacchi.

 

Il disturbo da panico: quando ci pensiamo sempre o quasi

È quando gli episodi si fanno più frequenti che si parla di “disturbo di panico”, cioè una condizione d’ansia per cui la persona in seguito a tali stati rimane preoccupata, per almeno un mese, di averne altri e delle conseguenze che potrebbero insorgere. In secondo luogo, è possibile identificare un’alterazione del comportamento sulla base della convinzione che si possano prevenire altri momenti di terrore. La persona allora cercherà di controllare ogni sua azione e di avere a disposizione un accompagnatore, reputando erroneamente che l’altro possa prevenire o alleviare nuovi attacchi. Nei periodi in cui si è affetti dal disturbo, ogni azione fuori dalla routine spaventa e sarà raro vedere il soggetto sbilanciarsi su decisioni importanti o in là nel tempo, come intraprendere viaggi o procedere a cambiamenti lavorativi.

Chi colpisce? Età dell’insorgenza sempre più precoce

Il paziente-tipo è un adulto di età compresa fra i 25 e i 45 anni, più spesso donna e residente in città, con familiarità per disturbi affini o sottoposto a stress. Attualmente il disturbo si sta facendo sempre più precoce: sono gli insegnanti delle scuole superiori coloro che riportano spesso i primi segnali. Scelte comuni da affrontare per chi fosse interessato da questi problemi sono l’eventuale comunicazione della diagnosi ad amici e parenti e, altre volte, ai responsabili della propria scuola o luogo di lavoro. L’obiettivo è evitare di essere etichettati come assenteisti quando invece si è impossibilitati a muoversi da un posto all’altro con facilità. Il problema, infatti, può essere accompagnato dalla paura per gli spazi aperti e affollati o per quelli piccoli, stretti, da cui sembra mancare una veloce via di fuga. La gravità del disturbo porta a distinguere tra chi semplicemente preferisce un mezzo di trasporto a un altro perché suscita meno disagio o non ama le code alla cassa di un negozio e chi si trova a vivere “barricato” in casa, convinto di trovarsi nel luogo sicuro per eccellenza. Rimarrà perplesso il paziente che, con questa convinzione, vivrà d’un tratto un attacco anche in casa. Sono, appunto, convinzioni o comportamenti erronei a mantenere il disturbo.

La psicoterapia si pone dunque l’obiettivo di “smussare” gradatamente questi comportamenti fino ad abbandonarli, sostituendoli con pensieri  realistici e riportando la vita alla normalità (che, ahimè, non prevede la possibilità di controllare completamente ciò che ci accade). La persona vivrà una nuova libertà, quando prima si trovava costretta a rinunciare a impegni piacevoli o a dipendere da un accompagnatore, e sarà in grado di tornare a svolgere le proprie attività con programmi ampi e a lungo termine.

La soluzione c’è

Come scegliere la psicoterapia? Quella più indicata secondo le evidenze scientifiche internazionali è la cognitivo-comportamentale. Ha durata media, ovvero per un disturbo di panico di media-recente insorgenza si possono mettere in conto circa 8-12 mesi di trattamento a cadenza settimanale. È comunque complicato poterlo prevedere prima di incominciare. Fondamentale è rivolgersi allo specialista non appena si avvertono i sintomi e provare a non rimandare gli appuntamenti. Per quanto riguarda il “fai da te” è bene che il paziente si informi sulla patologia accedendo a fonti serie, grazie all’aiuto del proprio medico di medicina generale. Difatti, non di rado si verifica un rifiuto rispetto al voler conoscere da vicino questo problema; viceversa, si può verificare un eccesso di approfondimento sulla materia, senza che la persona sappia discernere le fonti. Se nel paziente complesso sono necessarie terapie farmacologiche, oltre alla psicoterapia, nei casi molto blandi e iniziati da poche settimane lo psicologo tratta il problema illustrando alla persona il funzionamento dei meccanismi che stanno alla base di questo disagio. Per questo motivo anche la prevenzione, a partire dalle scuole secondarie di primo grado, meriterebbe di essere affrontata apertamente e senza avere inutili “timori”!

Dal sito: aleteia.org 

lunedì 25 febbraio 2019

Gli attacchi di panico

Quando meno ce lo aspettiamo, l’attacco di panico prorompe come uno tsunami dal nostro inconscio per inviarci un’infinità di segnali, per troppo tempo sopiti dalla nostra coscienza, così grande da farci provare un forte senso di angoscia e di confusione, tale da sconvolgerci anche a livello corporeo. Questa energia si scatena perché l’abbiamo tenuta troppo a tacere dentro di noi, allontanandoci dall’autentica fonte del nostro essere e, in tal modo, falsificando la nostra stessa esistenza. Col panico, il nostro inconscio si sta ribellando alla vita che ci sentiamo costretti a vivere, magari strutturata all’interno di un insieme di costrutti troppo rigidi ed ingessati, senza che noi ce ne accorgiamo minimamente. Spesso, quando tutto sembra essere perfetto nella nostra vita, arriva il panico per segnalarci che è arrivato il momento di cambiare rotta, anche se ci sentiamo impossibilitati a farlo, non trovando una via di uscita. Il panico arriva per segnalarci che il creativo che c’è in noi è sepolto, non ha più voce in capitolo, così ci siamo arenati in una secca della nostra esistenza in cui non c’è spazio per una libera navigazione sia dentro, che fuori di noi. Con un lavoro psicoterapico ci si inoltra nel nostro mondo interno, alla scoperta della nostra parte generativa. Tuttavia, per scoprire un nuovo mare interiore, dobbiamo anche scoprire dei nuovi modi di navigare, quindi dobbiamo anche riuscire, con l’aiuto dello psicoterapeuta, a trasformare il nostro rapporto con i nostri vecchi “capitani interni” che ci hanno sempre fatto da guida, senza che noi ce ne siamo accorti per nulla. Ecco perché, in un lavoro analitico, si ripercorre il passato, cercando di riattraversare il rapporto con le nostre figure di riferimento e cercando anche di fare riemergere determinate immagini o determinati aspetti relazionali che si sono sedimentati profondamente dentro di noi e che hanno contribuito a costruire nella nostra personalità una bussola che mira verso una direzione univoca e, per questo, paralizzante. Come si può intuire, il panico è allora una spinta potenzialmente sana che ci invita a ristabilire un contatto salutare col nostro mondo interiore, quindi ci stimola alla vita ed alla trasformazione sana della vita stessa, una trasformazione che non sia solo di superficie, ma di sostanza, affinché si realizzi la vera persona che c’è in ognuno di noi. 


Fabio Settipani. Psicologo - Psicoterapeuta

Dal Sito: alquamah.it 

giovedì 6 dicembre 2018

I rimedi agli attacchi di panico: imparare a riconoscere le proprie paure



Il disagio psicologico viene spesso vissuto sotto forma di attacchi di panico, o di ansia, i quali si manifestano con una forte sensazione di paura affiancata da sintomi come sudorazione, tremori, nausea, svenimenti o battito del cuore accelerato. Mentre si intensifica ad intervalli di tempo di dieci minuti, inizia poi a scemare, presentandosi quando meno ce lo aspettiamo e nei momenti più disparati.

Sono molte le tecniche per alleviare la tensione portata dagli attacchi di panico, c’è chi si dedica alla pittura, cui alla musica, chi fa sport o chi cucina. Ma sarebbe bene, al di là di tutto, chiedere l’intervento di un esperto che ci aiuti ad affrontare il problema con maggiore consapevolezza.
I rimedi agli attacchi di panico: le tecniche

Esistono delle tecniche e dei rimedi atti quantomeno a contenere un attacco di panico proprio nel momento in cui comincia ad attanagliare. La strategia più valida è fatta di pochi semplici passi tutti concernenti il mondo che ci circonda. Cosa vuol dire? Semplicemente che chi ha paura tende ad estraniarsi dalla vita, per paura di affrontare un qualunque gesto normale e quotidiano legato alle relazioni sociali e ai rapporti lavorativi. Invece il giusto modo per far fonte all’ansia che sale è quello di imparare a controllarsi entrando nella piena consapevolezza che la realtà che ci circonda è di gran lunga lontana dall’immaginazione che ci spinge invece a soffrire.

La paura è un’emozione e in quanto tale è normale provarla, anche nelle piccole cose, nello cose che non conosciamo, o delle cose che ci fanno sentire in pericolo. Ma la semplice paura si distingue dagli attacchi di panico perché questi ultimi sono molto più amplificati ed esagerati. Una persona che soffre d’ansia ha così tanta paura di provare paura che si auto infligge sensazioni ansiolitiche. Un cane che si morde la coda da cui si può uscire solo prendendo coscienza di quello che realmente stiamo vivendo.
Rimedi agli attacchi di panico: qualche consiglio

Come prima cosa bisogna assumere la piena consapevolezza che le paure provenienti dagli attacchi di panico non riflettono sempre la realtà. Spesso sono infatti reazioni spropositate, ecco perché si potrebbe provare a stilare una lista di tutti i propri timori tentando di esorcizzarli. In tal verso potrebbero essere d’aiuto frasi come “sto perdendo il controllo, non so superare la questione “ per poi andare positivamente verso il nocciolo della questione.

Dopo aver preso coscienza di ciò che fa paura, si deve pensare alle sensazioni vere, concentrandosi soprattutto sul respiro. È questo infatti che sbalza all’improvviso e può portare l’iperventilazione: questa è la cosa più sbagliata. Bisogna sapere controllare il respiro, inspirando dal naso si vive più intensamente l’aria che entra nei polmoni, dopodiché tenerla qualche secondo in circolo e poi espirare molto lentamente. È importante ricordare che tutti i pensieri più negativi possibili cominceranno ad assalire la nostra mente, ma la forza, il coraggio, e la coscienza che è tutto fin troppo amplificato, aiuterà la paura a svanire.

In fondo, tutto ciò che realmente spaventa durante un attico di panico non esiste davvero, motivo per cui superarlo è molto più semplice di quanto si immagina.

Dal Sito: expose.it