Palpitazioni o vertigini, percepite come catastrofiche, causano ansia, che a sua volta le amplifica. E ciò non fa che aumentare i timori.
Una strana forma di paura della paura
potrebbe essere alla base dei tanto temuti attacchi di panico. È
l’ipotesi avanzata da un modello cognitivo di questo disturbo che
frequentemente inizia a presentarsi già nell’adolescenza e che colpisce
soprattutto le donne, ma che non risparmia neppure gli uomini.
All’attacco di panico spesso si associa la cosiddetta agorafobia, la
specifica paura di trovarsi in luoghi nei quali può essere difficile o
imbarazzante ricevere soccorso.
Secondo questo modello, alla base dell’insorgenza degli attacchi di panico ci sarebbe un’interpretazione erronea, di carattere catastrofico, di sensazioni di per sé normali e trascurabili provenienti dal corpo o dalla stessa mente. Interpretazione catastrofica vuol dire attribuire un esagerato significato negativo e patologico a sensazioni che magari un’altra persona quasi neppure noterebbe. «Le sensazioni che vengono più frequentemente mal interpretate sono soprattutto quelle collegate alle normali risposte ansiose - dicono alcuni ricercatori guidati da Myriam Rudaz, del Department of psychology dell’University of California di Los Angeles, autori di un articolo pubblicato sulla rivista Depression and Anxiety , dedicato proprio alla paura della paura -. Ad esempio, si tratta di palpitazioni o di vertigini, ma includono anche altre sensazioni fisiche o mentali, come la percezione di corpuscoli nel campo visivo o sensazioni di vuoto mentale. L’ipotesi è che, quando queste sensazioni sono percepite come catastrofiche, l’ansia che ne deriva produce un aumento delle stesse sensazioni. Ne risulta così un circolo vizioso di sensazioni, risposte ansiose e pensieri catastrofici che alla fine sfociano nell’attacco di panico». Quindi, secondo tale ipotesi, a provocare l’attacco di panico sarebbe, pur senza rendersene conto, la stessa persona che ne soffre.
Secondo questo modello, alla base dell’insorgenza degli attacchi di panico ci sarebbe un’interpretazione erronea, di carattere catastrofico, di sensazioni di per sé normali e trascurabili provenienti dal corpo o dalla stessa mente. Interpretazione catastrofica vuol dire attribuire un esagerato significato negativo e patologico a sensazioni che magari un’altra persona quasi neppure noterebbe. «Le sensazioni che vengono più frequentemente mal interpretate sono soprattutto quelle collegate alle normali risposte ansiose - dicono alcuni ricercatori guidati da Myriam Rudaz, del Department of psychology dell’University of California di Los Angeles, autori di un articolo pubblicato sulla rivista Depression and Anxiety , dedicato proprio alla paura della paura -. Ad esempio, si tratta di palpitazioni o di vertigini, ma includono anche altre sensazioni fisiche o mentali, come la percezione di corpuscoli nel campo visivo o sensazioni di vuoto mentale. L’ipotesi è che, quando queste sensazioni sono percepite come catastrofiche, l’ansia che ne deriva produce un aumento delle stesse sensazioni. Ne risulta così un circolo vizioso di sensazioni, risposte ansiose e pensieri catastrofici che alla fine sfociano nell’attacco di panico». Quindi, secondo tale ipotesi, a provocare l’attacco di panico sarebbe, pur senza rendersene conto, la stessa persona che ne soffre.
Gli studi
Questo modello cognitivo della genesi degli attacchi di panico è più di
una semplice ipotesi. Diversi studi hanno dimostrato che chi soffre di
attacchi di panico ha davvero la tendenza a dare interpretazioni
catastrofiche di innocui segnali provenienti dal suo interno. Un tratto
che, pur con sfumature diverse, si trova più in generale in chi soffre
di disturbi d’ansia, anche se in questo ultimo caso le interpretazioni
catastrofiche tendono a coinvolgere principalmente i segnali provenienti
dal mondo esterno. Sottoposte a questionari per la rilevazione della
paura di segnali interni, come il Body sensation questionnaire, le
persone che soffrono di attacchi di panico fanno registrare punteggi più
elevati sia rispetto a chi soffre di disturbi d’ansia, sia nei
confronti della popolazione generale.
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