Negli ultimi venti anni, grazie agli enormi progressi compiuti dalla psichiatria e alla diffusione di una migliore informazione scientifica, alla depressione è stato in parte tolto il pesante velo di ignoranza e pregiudizio di cui era avvolta in passato. Ciononostante, nel sentire comune ancora oggi la depressione è spesso confusa con la tristezza o con l’avvilimento, stati d’animo “normali”, in genere reattivi a eventi di vita negativi, sempre di breve durata e che comunque non condizionano il normale svolgimento delle attività quotidiane. La depressione clinica, invece, è un vero e proprio disturbo psichico, noto fin dall’antichità, che si manifesta con una importante flessione dell’umore accompagnata da caratteristici cambiamenti del livello di energie, delle modalità di pensiero e del funzionamento somatico.
“Devo spronarlo a fare qualcosa o è meglio rispettare i suoi tempi?”
“Le parlo ma è come se non mi ascoltasse, e se la lasciassi nel suo silenzio?”
Come per gli altri disturbi vale il principio che ogni persona e ogni sofferenza rappresentano un caso a sé. In base alla nostra esperienza e tenendo conto dei racconti e delle domande che ci rivolgono i familiari di chi soffre di depressione è però possibile dare, a chi vive accanto ad una persona depressa, alcuni suggerimenti utili alla gestione della quotidianità.
Conoscere la depressione e superare i pregiudizi
Molte delle difficoltà che si incontrano a stare vicino a chi soffre di depressione derivano dall’apparente invisibilità del disturbo aggravata dal sopravvivere di numerosi pregiudizi.
Non esistendo esami del sangue, radiografia o tecnica di indagine in grado di evidenziare uno stato depressivo può essere difficile, per i non addetti ai lavori, capire che si tratta di una vera e propria patologia e non di uno stato d’animo o di un sentimento passeggero.
Un errore comune consiste nel banalizzarne le cause attribuendo lo stato depressivo a “un momento di stanchezza”, a un malessere che deriva dal “cambiamento di stagione”, dal “troppo lavoro”, dalle “tensioni familiari” o, più in generale, dallo “stress”.
Ma se fosse veramente così saremmo tutti depressi!
La tendenza ad attribuire la depressione al carattere o a circostanze esterne, frutto della mancanza di informazioni scientificamente corrette, peggiora i sensi di colpa, la frustrazione e la sensazione di non essere compresi e, in ultima analisi, aggrava lo stato di sofferenza di chi già sta male. Accettare che la depressione è una malattia come tante altre, anche se con sintomi non visibili ed in alcuni casi difficili da comprendere, rappresenta quindi il primo vero aiuto per chi ne soffre e l’unico che lo legittimerà come persona sofferente e non debole o dal pessimo carattere.
Un secondo frequente errore è considerare chi soffre di depressione una persona semplicemente triste, avvilita o, ancor peggio, pigra, “debole di carattere”, “incapace di reagire alle difficoltà”. La depressione non dipende dalla propria volontà, nessuno ne è responsabile e non è vero che “non ce la mette tutta”, “lo fa di proposito”, “in fondo un po’ se ne approfitta”, che “starebbe meglio se solo si sforzasse un pochino”, o che “dovrebbe reagire come ho fatto io quella volta…”.
Ad un osservatore esterno può sembrare incredibile che una persona apparentemente sana non ce la faccia ad andare a lavorare e trascorra ore e ore in poltrona, rifiutandosi persino di fare una passeggiata, andare al cinema o vedere gli amici più cari. Eppure per chi soffre di depressione è così, anzi la mancanza di energie e la perdita di volontà sono l’essenza stessa della sua patologia.
E’ necessario pertanto evitare di esortare all’ottimismo (“va tutto bene, perché ti preoccupi tanto?”) e di far leva sull’orgoglio (“non ti vergogni a stare tutto il giorno a casa mentre gli altri lavorano?”) e sulla buona volontà (“fai uno sforzo, prova almeno a giocare a tennis”). Per quanto fatte a fin di bene (“cerco di scuoterlo, non posso vederlo buttato così”), queste sollecitazioni peggiorano lo sconforto, riducono la già bassa autostima, aumentano il senso di solitudine. In altre parole ottengono l’effetto opposto a quello voluto finendo con l’aggravare, piuttosto che migliorare, la situazione. E’ opportuno lasciare da parte quindi le esortazioni, meglio assumere un atteggiamento di comprensione (“so che stai male, che non ce la fai, ma non ti preoccupare: vedrai che con le cure giuste passerà”) e di vicinanza emotiva (“mi dispiace che stai soffrendo così, farei di tutto per aiutarti”) esattamente come fareste se il vostro caro avesse una broncopolmonite o un femore rotto piuttosto che la depressione.
A volte un aiuto pratico e concreto, come per esempio preparargli una bevanda calda o portargli le medicine con un po’ d’acqua, può essere più di utile di tante parole. E quando non sapete proprio cosa dire o fare, ascoltatelo e stategli vicino: una vicinanza silenziosa ma emotivamente partecipata si rivela spesso di grande conforto.
Individuare uno psichiatra clinico esperto in depressione
Esistono diversi sotto-tipi di depressione, differenti tra loro per come si manifestano (“sintomi”) e per come evolvono (“decorso”), che richiedono cure differenziate.
Per il trattamento è pertanto preferibile affidarsi ad uno psichiatra con specifica competenza in questa patologia che sappia individuare, tra le diverse opzioni attualmente disponibili, la migliore cura per quello specifico tipo di depressione in quello specifico paziente (“trattamento individualizzato”).
Raccogliere più informazioni possibili, parlare con il medico di famiglia, rivolgersi ad associazioni per pazienti e familiari di chi soffre di depressione, sono le strade più semplici per arrivare ad un clinico che individuerà la cura più adatta per l’episodio depressivo in corso e, se necessario, per prevenire possibili ricadute. Non bisogna dimenticare, infatti, che la depressione, in oltre la metà dei casi, tende a recidivare.
Nelle forme medie e gravi la terapia di prima scelta è di tipo farmacologico; la psicoterapia può essere un utile supporto ai farmaci per un sostegno in fase acuta, per la gestione di eventuali problemi psicologici e probabilmente (ci sono studi in corso) per ridurre il rischio di ricadute. Nelle forme lievi è possibile iniziare il trattamento con la psicoterapia che sarà poi integrata con i farmaci in caso di risposta insufficiente.
Mantenere una regolarità nelle cure
Una volta individuato il clinico di fiducia, aiutate il vostro congiunto a mantenere con regolarità il rapporto con lo psichiatra, ricordategli gli appuntamenti, sollecitatelo a comunicare eventuali effetti collaterali dei farmaci come pure eventuali importanti variazioni della sintomatologia (per esempio, un significativo aumento o diminuzione delle ore di sonno, la comparsa di irritabilità, un brusco ritorno allo stato di benessere…).
Sempre che la persona sia d’accordo, accompagnatela alle visite sia perché andarci da solo, a causa del suo stato, potrebbe costargli un’eccessiva fatica e indurlo a rinunciare, sia perché le vostre osservazioni possono essere utili allo specialista per mettere meglio a punto la cura.
Incoraggiare l’inizio e la prosecuzione delle cure
Una volta iniziata la cura, per vedere i primi miglioramenti sono necessarie in media 2-3 settimane e in alcuni casi, in relazione al tipo di depressione e alla sensibilità personale, anche di più (fino a qualche mese). Questo periodo di latenza può indurre le persone con depressione, di per sé portate al pessimismo, a ritenere la terapia inutile e quindi a interromperla o ad assumerla irregolarmente.
Aiutate il vostro congiunto a portare avanti con fiducia la cura: assumere i farmaci, attendere il tempo necessario perché svolgano la loro azione e, in caso di risultati insoddisfacenti, tenere presente che esistono molti tipi di antidepressivi per cui trovare quello giusto per lui può richiedere più di un tentativo. Sollecitatelo a comunicare il suo stato allo psichiatra che potrà modificare le dosi, sostituire il farmaco o aggiungerne un altro.
La terapia farmacologica della depressione richiede un lavoro simile a quello di un sarto che, prima di consegnare un vestito, ha necessità di fare prove, aggiustamenti e piccoli ritocchi.
Informatevi sugli eventuali effetti collaterali dei farmaci e collaborate alla loro gestione (per esempio, in caso di bocca secca non fate mancare in casa delle caramelle; se aumenta di peso optate per una cucina leggera). Inoltre, se il vostro familiare soffre di altri disturbi fisici, come ipertensione o diabete, aiutatelo a seguire con regolarità anche le relative terapie per evitare che, a causa del pessimismo e della tendenza a trascurarsi, non ci sia un peggioramento delle condizioni mediche generali con tutte le potenziali conseguenze negative che questo comporta.
Ricordate infine che il vostro sostegno alla cura non si esaurisce con la fine dell’episodio. Come detto in precedenza, alcuni tipi di depressione si presentano con episodi ricorrenti ed è quindi necessario vigilare, con discrezione e senza essere oppressivi, che i farmaci siano assunti per il tempo e alle dosi prescritti anche in presenza di uno stato di benessere al fine di prevenire eventuali ricadute.
Sostenere nella quotidianità
La depressione cambia drammaticamente lo stile di vita di chi ne soffre: anche chi prima era instancabile, curato ed attivo, ora evita gli impegni, trascura la propria persona, rimane a letto fino a tardi, perde l’appetito.
Pur non essendo sempre facile, è importante aiutarlo a mantenere una minima regolarità nelle attività quotidiane come lavarsi, cambiarsi i vestiti, non saltare i pasti. Non importa se queste attività sono svolte controvoglia e passivamente, l’obiettivo è che i piccoli impegni quotidiani vengano portati a termine.
Poiché nel pomeriggio-sera in genere la depressione migliora, sono solitamente questi i momenti della giornata più adatti per cercare (senza forzare troppo la mano) di coinvolgere il vostro caro in una delle sue attività preferite oppure, per esempio, uscire a fare una breve passeggiata (molti studi clinici riportano che una leggera ma regolare attività fisica ha un effetto positivo sulla depressione), guardare la televisione, leggere insieme un articolo.
Rimandare le decisioni importanti
Chi soffre di depressione vede la realtà attraverso il filtro del pessimismo e può prendere decisioni avventate dettate da stati d’animo profondamente negativi, a volte dominati da idee di rovina. Suggerite al vostro congiunto di rimandare qualunque decisione importante (per esempio interrompere un rapporto affettivo, cambiare lavoro o licenziarsi, fare una vendita importante) a quando, risolta la depressione, tornerà a vedere le cose nella loro giusta luce. In moltissimi casi questi suggerimenti si rivelano preziosi per tutelarlo da possibili conseguenze disastrose in campo sentimentale, economico, lavorativo o legale.
Non sottovalutare il rischio di suicidio
Oltre la metà delle persone che soffrono di depressione pensa che non valga la pena vivere (“sarei contento se questa notte mi venisse un infarto”) e tra il 15% ed il 25% arriva a progettare e a mettere in atto un tentativo di suicidio.
Il rischio che questo accada è maggiore se qualcun altro in famiglia ha tentato il suicidio, se è contemporaneamente presente un abuso di alcol o droghe, comprese cannabis e caffeina, e se ci sono stati precedenti tentativi, anche solo “dimostrativi”.
A questo proposito, diffidate del luogo comune “Chi lo ha fatto non lo rifarà”, “Chi ne parla sempre non lo metterà mai in atto”: gli studi dicono esattamente il contrario.
Studi ed esperienza inoltre non confermano un’altra opinione diffusa secondo la quale “E’ meglio non parlarne perché se il proposito non c’è si rischia di farlo venire in mente”.
Al contrario, affrontare con delicatezza ma in modo diretto l’argomento consente di aprirsi a chi non troverebbe mai il coraggio di farlo da solo.
Durante gli episodi depressivi, quindi, i familiari devono porre una grande attenzione al rischio suicidio, parlarne apertamente con il proprio caro e, possibilmente d’accordo con lui, comunicare immediatamente allo psichiatra eventuali segnali di allarme.
Tra questi, i più diffusi sono le idee di colpa (“La mia famiglia starebbe meglio se non dovesse sopportare la mia presenza”), la mancanza di speranza (“Non c’è più niente da fare, non guarirò mai”), la sensazione di inutilità (“Che io ci sia o non ci sia non cambia nulla”), le idee di rovina (“Ho sbagliato investimenti, rimarrò senza soldi e i miei figli dovranno lavorare tutta la vita per pagare i miei debiti”) e la messa in atto di comportamenti “sospetti” come fare testamento, regalare oggetti con un particolare valore affettivo (il proprio anello, il proprio orologio…), lasciare messaggi o lettere, salutare, senza un’apparente giustificazione, come se si stesse per partire.
Riprendere la vita sociale
Per chi soffre di depressione è veramente difficile mantenere una vita sociale. Superata la fase più acuta, tuttavia, è opportuno aiutare il vostro caro a uscire dall’isolamento e a riprendere un po’ alla volta le relazioni iniziando con i parenti e gli amici più fidati. Molti studi scientifici confermano anche l’utilità di partecipare a gruppi di auto aiuto per depressi. Tali gruppi offrono l’opportunità di incontrare chi si trova in una condizione simile, di condividere esperienze e difficoltà analoghe in un contesto non pressante che permette di esprimere liberamente emozioni e sensazioni con la certezza di essere compresi e sostenuti.
Incoraggiate il vostro caro a frequentare un gruppo e accompagnatelo se pensa di non farcela ad andare da solo.
Pensare al futuro
Come già detto la depressione spesso si presenta in forme ricorrenti, la prevenzione delle ricadute implica uno stile di vita ed un’attenzione che se da un lato contrastano con il desiderio di dimenticare “il male oscuro” quando si sta bene, dall’altro giocano un importante ruolo nel mantenimento di uno stato di benessere.
Imparate quindi insieme al vostro caro a riconoscere i segni che possono precedere l’avvio di una nuova fase depressiva (per esempio, stanchezza inusuale, diminuzione della concentrazione, disturbi del sonno, inappetenza, facilità a cambiare umore, nervosismo, riduzione della concentrazione, mal di testa, minore desiderio sessuale) e segnalateli subito allo psichiatra. Individuare precocemente l’arrivo di un nuovo episodio permette di intervenire tempestivamente aumentando la probabilità di bloccarlo o di ridurne la gravità.
Preparatevi comunque ad affrontare un nuovo episodio depressivo del vostro familiare. Convivere con chi soffre di depressione ricorrente richiede flessibilità, consapevolezza e accettazione.
Quando si capisce che una depressione è in arrivo accettate ciò che sta accadendo, programmate le vostre attività e quelle della famiglia tenendo conto che la routine subirà dei cambiamenti, alcuni programmi potrebbero variare e sarà necessaria una maggiore disponibilità. Esattamente come accade in qualunque famiglia quando uno dei membri si ammala di una qualunque altra malattia fisica.
Non dimenticare sé stessi
Essere vicini a chi soffre di depressione può essere molto logorante/impegnativo sul piano emotivo. Bisogna mettere in conto, infatti, oltre a tutte le limitazioni che classicamente comporta l’assistenza di una persona con un’importante malattia fisica anche il peso psicologico di combattere con un disturbo apparentemente “invisibile” e che talvolta risponde tanto lentamente alle cure che in alcuni momenti “nulla sembra servire”.
Pur nel profondo rispetto della sofferenza e del bisogno di tranquillità di chi sta male, è importante per voi e per lui fare in modo che la vostra vita sociale e quella della famiglia, anche se a regime ridotto, continuino.
Programmate quindi uscite regolari per la spesa o per andare al cinema, come pure organizzate di tanto in tanto una cena tra familiari o una riunione tra amici. Anche se il vostro caro non se la sentirà di partecipare, il fatto che la vita in casa continui lo farà sentire meno in colpa.
Infine, se sentite il bisogno di condividere con altri le vostre esperienze, stati d’animo e frustrazioni potrete sicuramente trarre giovamento dalla partecipazione ai gruppi di auto aiuto per familiari di persone con depressione organizzati da alcune associazioni di volontariato.
Letture consigliate
Un’oscurità trasparente. William Styron
di Roberta Necci e Antonio Tundo
Dal Sito:
istitutodipsicopatologia.it