E così si avvicina un nuovo Natale, una festa che per ognuno di noi costituisce un momento importante per la sua atmosfera speciale e per gli aspetti affettivi ed emotivi che vi sono associati.
Due sono gli ambiti di vita ai quali questi aspetti si intrecciano, uno è quello sociale e l’altro quello individuale.
Al primo appartiene la “celebrazione” di questa festività, che coinvolge le famiglie nella loro interezza, le cene ed i pranzi, le grandi abbuffate, come anche la celebrazione fra amici (merito anche delle ferie) alle partite a carte o tombola o altri giochi da fare in compagnia. A questo primo ambito appartiene però anche la forte connotazione “commerciale” del Natale, quella fatta di panettoni, settimane bianche, luci splendenti e regali più o meno costosi ed a questo livello si inseriscono anche quelli che sono gli elementi “nevrotici” di questo periodo. In effetti è proprio “dentro” questo aspetto del Natale che troviamo lo “stress da regalo” ma anche la sofferenza psicologica; come sempre i dati confermano che in questo periodo aumentano ansia e depressione e che queste a volte sono legate all’”obbligo” di vivere bene e felicemente queste festività anche se ciò non corrisponde allo stato d’animo; e da qui ecco che si ripropongono conflitti familiari che non possono essere espressi (pena sensi di colpa verso gli altri componenti della famiglia), ecco che ci si sente inferiori perché non si hanno abbastanza soldi per i regali o per i festeggiamenti e così via….
Quello che si può pensare è che queste difficoltà appartengano comunque alla vita quotidiana e non possono essere eliminate come il “buonismo” natalizio vorrebbe; ma allora, visto che le nevrosi “festive” sono a loro modo “naturali” dove risiede l’errore? Perché ci si sta male il doppio?
Forse perché i due ambiti di cui sopra sono troppo divisi fra di loro, perché non bisogna dimenticare che esiste anche l’aspetto “individuale”del Natale, quello che simboleggia la rinascita di una luce dentro di sé (rappresentata in particolare dal Presepe), il motivo del nome stesso di questa festa, “Dies natalis Solis Invictus” ossia il giorno della nascita del sole vittorioso, la rinascita della luce nuova, appunto; e nel nostro caso una luce che appartiene a se stessi soltanto.
Natale quindi non è solo una festa da passare insieme ma anche un momento che rappresenta un cambiamento “dentro” l’individuo stesso e da vivere solo per se stessi.
Per esempio Jung ci dice che l’Albero di Natale è simbolo del “Processo di Individuazione”, un processo di crescita personale che riguarda il proprio sé, e non il clima esterno, le relazioni affettive o le dinamiche sociali.
Riguardo all’Albero di Natale diceva Santa Teresa d’Avila: “…l’albero della vita mi è rifugio, nel pericolo esso mi protegge…l’albero è la scala di Giacobbe in cui gli angeli salgono e scendono, e alla sommità della quale risiede il Signore..” oppure ancora il Beato Filippo Luigi Casati: “…l’albero della nascita divina si eleva verso il centro del cielo e della terra…..fissato dai chiodi invisibili dello spirito per non vacillare nel suo avvicinamento al Divino.”
Quindi l’Albero di Natale è simbolo di un percorso individuale che riguarda essenzialmente se stessi e che non dipende dalle relazioni con gli altri perché basta a se stesso, perché rappresenta una rinascita personale ed indipendente che si eleva sopra la solitudine interiore ed alza lo sguardo a cercare il proprio sole nuovo (oppure la stella cometa).
Ecco cosa dice Jung in proposito in una intervista del ’57:
“…l’albero decorato ed illuminato, si ritrova anche indipendentemente dalla natività di Cristo e anzi in contesti non cristiami. Per esempio nell’alchimia…….il significato dei globi lucenti che appendiamo all’albero di Natale non sono altro che i corpi celesti, il sole, la luna, le stelle; l’albero di Natale è l’albero Cosmico. Ma, come mostra chiaramente il simbolismo alchemico, è anche un simbolo della trasformazione, un simbolo del processo di autorealizzazione. Secondo talune fonti… l’adepto si arrampica sull’albero: un motivo sciamanico antichissimo. Lo sciamano, in stato estatico, sale sull’albero magico per raggiungere il mondo superiore, dove troverà il suo vero essere. Arrampicandosi sull’albero magico, che è al tempo stesso l’albero della conoscenza, egli si impossessa della propria personalità spirituale. Allo sguardo dello psicologo, il simbolismo sciamanico ed alchemico è la rappresentazione in forma proiettiva del processo di individuazione. Come questo poggi su base archetipica è dimostrato dal fatto che i pazienti del tutto privi di nozioni di mitologia e di folklore producono spontaneamente immagini incredibilmente simili al simbolismo dell’albero storicamente attestato.”
E conclude dicendo che “l’albero di Natale è una di quelle antiche usanze che nutrono l’anima, che nutrono l’uomo interiore.”
Quindi è importante capire che il Natale oltre a rappresentare l’amore che circola in funzione della buona relazione con gli altri simbolizza anche il momento della buona relazione con se stessi. Capendo questo si diventa più forti di fronte all’irruzione di ansia e tristezza natalizie che entrano meno in contrasto con le aspettative di gioia che il Natale produce.
In sintesi, si può essere “anche” in compagnia di se stessi senza sentirsi troppo soli ed i problemi di cui si parlava sopra possono essere affrontati con maggiore forza. Allora l’albero diventa la “scala” per raggiungere un nuovo livello di consapevolezza, un nuovo senso che sia innanzitutto un nuovo “senso di sé” e così, con nuove energie, possiamo davvero donare qualcosa agli altri e vivere con loro la gioia del Natale.
Pubblicato da Dott. Fabrizio Mancinelli
Dal Sito: psicodialoghi.blogspot.it
"L’Albero di Natale è una di quelle antiche usanze che nutrono l’anima e che nutrono il mondo interiore" Jung
Simboli, rituali e nevrosi: arriva il Natale.
Inizia la corsa contro il tempo: gli ultimi acquisti, i doni per chi amiamo, la spesa per le festività e, per finire, le recite ed i saggi di fine anno dei nostri bambini.
Il Natale è senza dubbio un amplificatore di emozioni, un detonatore per l'inconscio ed un momento topico di - tanti - bilanci di fine anno, non sempre accompagnati da altrettanti buoni propositi.
La frenesia stordisce, lenisce le più segrete solitudini e compensa le più profonde mancanze.
Il modus operandi per vivere (o sopravvivere) il Natale è solitamente di tue tipi:
chi rimane e chi fugge via.
Chi riunisce la famiglia attorno ad un tavolo o di fronte ad un camino, l'albero di Natale stracolmo di lucine e di addobbi ha ai suoi piedi i doni per i più piccoli, ed anche per i più grandi.
Sorrisi di circostanza, magari dei migliori, stress dell'ultimo momento ed infiniti parenti - spesso mai visti prima - per festeggiare animosamente e rumorosamente una festività che di religioso, di spirituale e di intimo, ha smarrito le tracce.
Chi ancora, per tutta una serie di vicissitudini della vita, non può trascorrerlo con chi ama davvero.
Chi invece parte per terre lontane per non assaporare lo spirito natalizio.
"Nevrosi da felicità obbligata", o obbligatoria, da pranzi protratti e da forzata convivenza.
Per non parlare poi del cellulare o dei social: infiniti messaggi - cari, formali, riciclati o copiati - aforismi scaricati dal web, pre confezionati per tutti e, per finire, frasi lacrimevoli e stucchevoli su amore, gentilezza e benevolenza.
Che grande recita a copione!
I dati confermano che ansia e depressione a Natale aumentano e che, purtroppo, aumentano anche i tentativi di suicidio ed i suicidi.
Chi svolge il nostro lavoro, può confermare che è esattamente così: i nostri telefoni non smettono di squillare e la nostra posta verrà abitata dai più svariati Sos psichici e relazionali.
Sembra infatti che il Natale obblighi alla felicità e che, tutte le coppie che fino a quale momento erano naufragate in acque tempestose, abbiano deciso di risolvere proprio adesso.
Ebbene si, entro la vigilia!
Quando poi, con garbo e gentilezza, procrastiniamo la prima consulenza dopo l'Epifania, come sempre, la coppia si dilegua, e della loro sofferenza non avremo più notizie.
Il benessere di coppia, forse, andrebbe impacchettato e depositato sotto l'albero di Natale di casa, unitamente a doni concreti.
Natale, umore e dinamiche familiari I pranzi di famiglia, talvolta hanno ben poco di "famiglia".I pregressi conflitti vengono nascosti come la polvere sotto il tappeto e, spesso, taciuti proprio per le festività.
Durante la convivenza protratta e forzata delle festività, l'acredine e le incomprensioni negate o tacitate, emergeranno prepotentemente nel lasso di tempo che va dall'antipasto al panettone, dando vita a frequenti scenate, spesso plateali e nevrotiche.
Le coppie separate di cuore, ma non di tetto, vivono con ancora più sofferenza e tormento la loro situazione.
I sensi di colpa aumentano ed inquinano lo spirito natalizio, soprattutto per la consapevolezza di non stare bene come si dovrebbe proprio per Natale, o per il desiderio inconscio - spesso non tanto inconscio - di essere altrove.
Molti si costringono a partecipare ai rituali famigliari, storditi da alcool, cibo e dagli scambi di regali, per far piacere ad anziani e a bambini, interpretando una sorta di copione recitativo con sottofondo di sofferenza e di insofferenza.
Questo particolare - forse ancora suggestivo - periodo dell’anno, ci mette di fronte ad "aspetti irrisolti" delle nostre relazioni familiari che, solitamente, contribuiscono a generare ansia e tensioni.
L'epoca in cui viviamo non tollera inoltre stati d’animo come la malinconia o la tristezza, siamo obbligati ad omologarci alla "felicità collettiva" da calendario dell'avvento.
Dopo i cenoni, arrivano i bilanciLe festività obbligano a rallentare, così solitamente quando ci si ferma - il fine settimana, ad agosto ed a Natale - il nostro mondo interno bussa per essere ascoltato, e con lui, tutto quello che di irrisolto, conflittuale o doloroso ci sia.
Ecco i bilanci da festività.
Bilanci di fine anno, di mezza vita, esistenziali e di coppia, ed unitamente al calendario dell'avvento, si arriva spesso alla notte di San Silvestro, con tanti desideri chiusi in un cassetto, tanti altri disillusi, talvolta tanta amarezza e tanti nuovi propositi per il nuovo anno.
Un augurio di cuore a tutti, per un Natale ricco d'Amore.
Dr.ssa Valeria Randone
Dal Sito: www.medicitalia.it
Il periodo natalizio viene considerato come il più bello dell’anno: le lucine colorate, le piazze addobbate, le case che si trasformano con decorazioni e addobbi. Ci sono i parenti lontani che tornano, i cenoni, i regalini da acquistare. Sommando il tutto, per alcuni il Natale può essere un periodo di forte stress, ecco allora come evitare l’ansia e il cattivo umore.
Avevamo già parlato del vero significato del Natale, ovvero quello di abbandonare il consumismo più sfrenato e dedicarci a ciò che ci sta più a cuore. Questo non vuol dire che non dobbiamo fare i regali, l’albero e tutto il resto, ma che possiamo farlo in maniera più critica e responsabile.
Soprattutto perché le vacanze non devono trasformarsi in un incubo. Iniziamo con il pensare a cosa mettere a dura prova i nostri nervi: innanzitutto la corsa sfrenata ai regali che di solito si conclude il 24 dicembre tra file chilometriche e acquisti inutili. L’indecisione sul cosa comprare causa tensione, così come l’idea di dover trascorrere la vigilia con parenti non troppo simpatici.
Ancora, cene, cenette e cenoni: ma nelle vacanze non bisognava riposarsi? Pulire la casa, sistemare il tavolo, lavare i piatti, insomma il quadro sembra tutt’altro che idilliaco. Ma per fortuna esistono anche dei rimedi per evitare l’accumulo di stress.
Una mano in questo ce la dà Terenzio Traisci, ideatore dell’Ingegneria del Buonumore®, un metodo che ha come obiettivo proprio quello di creare dentro di sé uno stato d’animo in grado di gestire lo stress e le difficoltà.
Ecco qualche pillola per affrontare al meglio questo periodo.
Acquisire consapevolezza
Secondo Traisci bisogna capire da subito quali sono le proprie aspettative e averne consapevolezza.
“Parti da che idea di Natale – preferibilmente concreta e fattibile - vuoi trascorrere, perché quando dai al tuo cervello l’immagine, ricca di suoni e sensazioni che vuoi provare, questa diventa l’indirizzo preciso che metti nel tuo navigatore. Al contrario se l’immagine è uno dei punti precedenti da incubo, il tuo cervello, che è una macchina straordinaria, ti porterà proprio in quella direzione, anche perché è l’unica che gli hai dato”.
Ecco allora le domande da farsi: ‘Come voglio sentirmi in questo Natale?’ ‘Cosa posso fare di semplice per sentirmi così?’ . Importante: “Evita le frasi in negativo, perché il cervello le legge e le segue”.
Prendersi cura di sé
“Fatti un regalo, perché magari fai regali a tutti e ogni anno ti dimentichi della persona più importante, senza la quale non ci sarebbero regali per nessuno. Se prendersi cura degli altri ci rende felici e funziona, perché non dovrebbe funzionare con noi? Inoltre in uno stato d’animo migliore, affronterai anche meglio parenti e famigliari. Per prenderti cura di te, la cosa più semplice ed efficace è fare un po’ di esercizio fisico, proprio perché magari durante l’anno non è stato possibile. Magari abbiamo pagato la palestra, mantenendo un personal trainer a distanza, ma non ha funzionato per sentirci in forma”, scherza lo psicologo.
Chiedersi qual è il significato del Natale
"Programma in anticipo quando prendere i regali evitando di focalizzarti sulla fatica e sull’indecisione, che crea soltanto sensazioni negative e un blocco della creatività. Invece è utile ricordarsi del significato del regalo a quella persona, del significato del Natale per quella persona. Chiediti: fra tutti i significati del Natale, quale mi farebbe sentire meglio?”.
Secondo Traisci possiamo per esempio rispondere a queste domande:
Il fatto di poter fare un regalo utile, di soddisfare un bisogno di una persona cara?
Il fatto di poter trascorrere un po’ di tempo in famiglia, senza affanni?
Il fatto che anche i compiti delle vacanze fatti insieme ai figli, possono essere un’occasione per conoscerli meglio, per passare del tempo di qualità con loro, senza la stanchezza e la scarsa lucidità delle settimane lavorative?
Il fatto di poterti fermare un attimo a fiatare, a sistemare mente, cuore e casa, per ripartire con più pulizia, ordine e serenità?
“La verità è che il Natale è un po’ come la felicità, perché se siamo in buone condizioni fisiche, vi attribuiamo un significato positivo e ci focalizziamo sui lati più vantaggiosi per il nostro umore, allora diventa una bellissima meta a cui aspirare", conclude Traisci.
Buon Natale!
Scritto da Dominella Trunfio
Dal Sito: www.greenme.it
L’ansia da social network? Si chiama FOMO. E colpisce le persone insoddisfatte e con bassa autostima: ecco perché
Secondo i dati del Digital Global Overwiew, in media controlliamo lo smartphone 85 volte al giorno, anche quando non ci arriva una notifica. Visto mai fosse successo qualcosa nel frattempo. Secondo i ricercatori, le persone con alti livelli di FoMO tendono a controllare il telefono appena svegli, durante i pasti e prima di andare a dormire. Vi suona familiare?
Avete presente quella sottile sensazione di ansia che vi prende quando, controllando Facebook mentre siete al lavoro, vedete solo foto di viaggi, feste, concerti che vi siete persi? L’impressione che tutti si stiano divertendo tranne voi ha un nome:FOMO (o FoMO, a voler essere precisi) acronimo di Fear Of Missing Out. La paura di perdersi qualcosa. Il termine è stato coniato da Patrick McGinnis in un articolo apparso nel 2004 sulla rivista della Harvard Business School ed ha cominciato a circolare quando è stato usato da Caterina Fake, la co-fondatrice di Flickr. Ma la parola è diventata famosa in relazione ai social grazie ad un saggio del 2013, cofirmato da psicologi di varie università, in cui Andrew Przybylski definiva la FoMO come “la costante apprensione che altri stiano facendo esperienze positive dalle quali ci si sente esclusi, caratterizzata dal desiderio di stare continuamente connessi e informati su cosa stanno facendo gli altri”. Insomma, il motore immobile di tutti i social network.
Per come l’ha descritta McGinnis, la FoMO è antica come il mondo: è la sensazione che ovunque tu sia, qualunque cosa tu sia facendo, ci sia sempre qualcosa più divertente o più importante da qualche altra parte. In soldoni, è la consapevolezza che qualsiasi cosa ordini, il piatto del tuo commensale ti sembrerà molto più buono del tuo. Già era stressante immaginarselo, figuriamoci vederlo ogni volta che prendiamo in mano il telefono. Perché, come sottolinea Przybylski nel suo studio, i social network si basano tutti su questo principio: se ti succede qualcosa di bello, dillo a tutti. Il rovescio della medaglia è che online le vite degli altri sembrano perfette: Capodanno sulla neve, Ferragosto in barca, cene a lume di candela. E tu a casa, in ufficio o bloccato nel traffico.
Con tre diversi studi su scala internazionale, Przybylski ha dimostrato che la FoMO colpisce soprattutto persone insoddisfatte e con bassa autostima, che cercano conferme e contatti umani online: i social non sono il problema, ma alimentano il bisogno irrazionale di sbirciare le vite degli altri e confrontarle con la nostra. E cinque minuti dopo, controlliamo di nuovo. Secondo i dati del Digital Global Overwiew, in media controlliamo lo smartphone 85 volte al giorno, anche quando non ci arriva una notifica. Visto mai fosse successo qualcosa nel frattempo. Secondo i ricercatori, le persone con alti livelli di FoMO tendono a controllare il telefono appena svegli, durante i pasti e prima di andare a dormire. Vi suona familiare? È il motivo per cui il sabato mattina, ancora sotto le coperte, controlliamo le storie dei nostri amici su Instagram per vedere dov’erano mentre noi eravamo sul divano in pigiama a guardare la tv. È il motivo per cui andiamo in pausa pranzo con la forchetta in una mano e il cellulare nell’altra: giusto una scrollata alla home di Twitter per vedere cosa c’è in tendenza, di che si parla. Ed è anche il motivo per cui se ci si scarica il cellulare in treno, o se ci troviamo in un posto senza linea, diamo di matto. Chissà che ci stiamo perdendo. Probabilmente l’ennesima foto davanti allo specchio con l’hashtag #staserafacciolabrava: assolutamente nulla.
di Beatrice Manca
Dal Sito: www.ilfattoquotidiano.it
Le tantissime motivazioni per cui fare jogging allunga
la vita, previene numerose malattie, rende più giovane
il cervello, libera dallo stress e fa dormire meglio
Dalla letteratura al cinema, dai videoclip alle grandi canzoni, l’idea della corsa si associa da sempre a quella della libertà, l’immagine più vicina a quella del desiderio icariano di volare. Non è uno, ma sono tantissimi i motivi del parallelismo tra il correre e il sentirsi vivi. La corsa, lo sforzo fisico, la soddisfazione mentale, producono effetti inimmaginabili sul nostro corpo e sul nostro spirito.
Innanzitutto, correre fa bene alla forma fisica: aiuta a tenere sotto controllo il proprio peso corporeo, dà resistenza e brucia calorie tenendo in equilibrio il metabolismo. Questa è forse la più conclamata tra le motivazioni che ci spingono a un’attività fisica costante. Scopriamo insieme quali sono le altre, forse più importanti, caratteristiche benefiche del running.
A livello chimico una sana corsetta aumenta la produzione di serotonina, il cosiddetto “ormone del buonumore” e provoca un notevole rilascio di endorfine. Addirittura si parla di “Runner’s High”, ossia lo sballo del corridore, perché correre per lunghe distanze causa un rilascio di endorfine così alto da indurre il corpo a una sensazione di euforia paragonabile a un’alterazione psichica da stupefacenti. Un antidepressivo del tutto naturale, che aumenta il rilassamento personale e migliora il sonno notturno. Inoltre è stato dimostrato come 20 minuti giornalieri di corsa combattano disturbi da ansia e panico, regolando il battito cardiaco (uno dei problemi di chi soffre di ansia) e contribuendo a mantenere il necessario equilibrio biologico.
A livello medico i vantaggi del fare jogging sono strabilianti. Numerosi studi hanno certificato come la corsa aiuti a prevenire alcuni tipi di tumore, altre patologie come il diabete, e riduca i livelli di colesterolo e di osteoporosi. Addirittura tra le sue proprietà c’è quella di riparare danni cerebrali e proteggere l’apparato visivo da malattie.
Uno degli studi più curiosi riguardanti i benefici della corsa è quello secondo cui l’attività ringiovanisca il cervello. Tra i 50 ai 69 anni correre almeno tre volte a settimana incentiva lo stesso cervello a produrre nuove cellule cerebrali. Alzi la mano chi non ha mai conosciuto corridori di una certa età che non fossero giovanili ed energici. Ecco, sembra una buona dimostrazione.
Una serie di argomentazioni scientifiche danno sostegno alla corsa come strumento di misura con se stessi, come prevenzione e come stimolo mentale. In realtà basterebbe molto meno per convincerci del suo valore: guardare l’espressione di infinita gioia stampata sul viso dei bambini quando, incapaci di mantenersi sul lento passo di una camminata, scoprono che correre è la cosa più vicina alla libertà.