mercoledì 31 luglio 2019

QUI ED ORA: DIFFICILE, MA NON IMPOSSIBILE 



QUI ED ORA: DIFFICILE, MA NON IMPOSSIBILE

La presenza è la chiave per accedere alla libertà

Segui il flusso, cogli l’attimo, vivi il presente, mindfulness, carpe diem, sono tutti sinonimi del qui ed ora. Quante volte ci siamo sentiti ripetere come un mantra queste parole, magari accompagnate da sguardi celestiali ed eterei.

Il famoso qui ed ora non è solo una moda o una trovata new age, ma è un concetto spirituale molto radicato. Fin dai tempi antichi, studiosi, filosofi, teologi e maestri spirituali sposavano questo principio ritenendolo fondamentale per entrare nella dimensione spirituale. Già nel secolo I a.C. Orazio con il suo Carpe Diem evidenziava l’importanza del presente. Albert Camus scrittore diceva: “la vera generosità verso il futuro, consiste nel donare tutto al presente”. Una domanda tipica della tradizione Zen è: “Se non ora quando?”. Un famoso detto Sufi recita: “Il Sufi è figlio del tempo presente”. Anche nel Vangelo secondo Matteo, Gesù disse “Non preoccupatevi del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso”.

Che cos’è allora il “qui ed ora”? E’ il presente, semplicemente adesso. Ora mentre state leggendo questo articolo, state nel qui ed ora, non nel “là e dopo”, ma qui e adesso. Il passato e il futuro sono illusioni, non esistono veramente. Nulla è mai avvenuto che non si trovasse nel presente, in quanto il presente è lo spazio nel quale si svolge la nostra vita. Tutti gli eventi che abbiamo vissuto si sono svolti nel momento presente, adesso. Invece noi cosa facciamo? Quando siamo al lavoro pensiamo alle vacanze, quando siamo in vacanza non vediamo l’ora di ritornare al lavoro. Non siamo mai nel posto giusto al momento giusto. Alcuni maestri Zen per mettere alla prova la presenza dei propri allievi, si avvicinano di soppiatto da dietro per colpirli con un bastone. Se l’allievo è pienamente presente e vigile si sposterà in tempo, se è immerso nel futuro o nel passato, riceverà una bastonata.

Siamo perennemente nel passato, nel futuro, altrove o nella testa delle altre persone. Ad esempio un collega al lavoro ci saluta freddamente, e noi pensiamo: “sicuramente ce l’ha con me, non ha digerito la mia promozione, è invidioso, ma adesso la musica cambierà, da ora in poi manterrò io le distanze”. Ci troviamo nel bel mezzo di una simulazione mentale, stiamo pensando quello che avviene nella mente di altre persone. A meno che non siamo dotati di poteri soprannaturali, non possiamo sapere con certezza cosa pensa un’altra persona. A tale proposito vale la pena ricordare che il nostro atteggiamento è solo una proiezione della nostra mente.

Spesso viviamo tra i rimorsi e i fallimenti del passato e l’ansia e la paura del futuro. E così ci roviniamo l’esistenza. La nostra mente, che spesso è uno strumento meraviglioso, a volte si trasforma proprio come Dottor Jekyll e mister Hyde. E’ lei la causa dei nostri problemi, non gli altri, come spesso ci conviene pensare. E’ lei che ci fa tornare indietro nel passato e ci fa viaggiare nel futuro. Si può interrompere però questo circolo vizioso, basta arrendersi all’adesso. Bisogna comprendere che non siamo la nostra mente. La mente è solo uno strumento al nostro servizio, va domata e controllata, altrimenti potrebbe travolgerci e sopraffarci. Se avessi detto…, se fossi stato…, se avessi avuto… sono espressioni inutili adesso. Il passato è passato e non lo possiamo cambiare.

Stare fermi sui torti subiti, sugli errori, è come vivere in prigione, immaginate una stanza angusta un metro per un metro, senza finestra, solo una piccolissima porta, troppo piccola per attraversarla.

Voglio raccontarvi una storia. Due monaci Zen,Tanzan ed Ekido, stavano camminando lungo una strada fangosa dopo una forte pioggia. Vicino ad un villaggio incontrarono una giovane donna che cercava di attraversare la strada, ma c’era così tanto fango che avrebbe rovinato il bellissimo kimono di seta che indossava. Il monaco Tanzen, la prese in braccio e la portò dall’altra parte della strada. I monaci proseguirono in silenzio. Dopo alcune ore Ekido non riuscì più a trattenersi e chiese: “perché hai portato la ragazza al di là della strada, sapendo che a noi monaci non è permessa una cosa simile?” Tanzen rispose: “Ho deposto ore fa la ragazza a terra, tu invece la stai ancora portando addosso”.

Questa magnifica e significativa storia ci spiega che quando non si è in grado di lasciar scorrere il passato, si accumulano dentro macigni che ci rendono impossibile vivere in modo sereno il presente, sia a livello mentale che a livello emozionale. Questo ci impedisce di sviluppare le nostre potenzialità, ci fa perdere le opportunità del presente e apre le porte all’insoddisfazione. Sia ben chiaro che ciò non vuol dire che dobbiamo vivere con passività e farci travolgere dalle situazioni, restando in attesa e buttando via gli orologi. Guardare al futuro, progettando in quale direzione andare, questo vuol dire vivere nel presente con le idee chiare. Tutto il resto è solo ansia, dispersione di energie inutile.
Come mettere in pratica il qui ed ora?

Attraverso la meditazione. Potete incominciare adesso: leggete attentamente, piano, senza fretta ogni parola, ogni riga. Osservate le emozioni che le frasi vi procurano.Tornate indietro a rileggere, se non avete capito qualcosa. Mentre leggete respirate lentamente, il silenzio vi tiene compagnia, siete "nel presente".

La meditazione ci rende più attenti, vigili, pur essendo rilassati. E’ ossigeno per la nostra mente. Il 90% dei pensieri che facciamo durante la giornata è lo stesso delle giornate precedenti. Ricicliamo gli stessi schemi, spazzatura, e se cerchiamo tra la spazzatura cosa possiamo trovare? Niente di buono, il marcio, l’inutile. Inoltre, dobbiamo prestare attenzione anche alle nostre frequentazioni, perchè la mente è come la radio, capta le frequenze vibrazionali, cioè i pensieri. Qualche giorno fa per festeggiare il compleanno di un’amica siamo andati al ristorante, su un maxi schermo, trasmettevano una vecchia partita. Gli appassionati di calcio hanno iniziato ad alterarsi per un fallo, ad un tratto anche le persone non interessate al calcio, hanno incominciato ad irritarsi: chi si lamentava perchè il servizio era lento, chi raccontava l’ultimo litigio che aveva avuto con il coniuge, altri descrivevano episodi di stress a cui erano quotidianamente sottoposti. Io osservavo e ascoltavo, intorno a me frequenze vibrazionali negative, spazzatura. Anche se fossi stata un Budda non avrei avuto scampo in quel vortice. Era indispensabile agire. Ho attirato l’attenzione dei presenti battendo le mani, ho preso il bicchiere e ho detto: "propongo un brindisi, ognuno di noi rivolga un augurio, un pensiero anche solo un aggettivo per la nostra amica". Hanno accolto con entusiasmo la mia iniziativa. Abbiamo trascorso circa 20 minuti a rivolgere complimenti e positività alla festeggiata, tanto da farla commuovere. La serata è proseguita con leggerezza nel presente, nel "qui ed ora". E’ fondamentale ricordare che la qualità dei nostri pensieri, determina la qualità delle nostre giornata.

In fondo, la felicità è a portata di mano, basta un brindisi!

Tina Camardelli

Dal Sito: internationalwebpost.org

Il silenzio fa bene al cervello più di quanto si pensi: lo dice la scienza



Il silenzio fa bene al cervello e lo conferma un’analisi condotta nell’anno 2011 che ha voluto utilizzare la quiete come uno strumento di marketing. Alcune persone sono state invogliate a visitare la Finlandia e sperimentare la bellezza di questa terra tranquilla. Dopodiché i partecipanti hanno pubblicato una serie di fotografie della natura, utilizzando lo slogan “Silenzio, per favore”. Questo paese permette di curarsi con una passeggiata nella natura, poiché si potrebbe utilizzare il silenzio come un vero e proprio punto di forza.

Mentre il mondo diventa sempre più caotico e confuso, c’è chi è alla costante ricerca di una tregua che soltanto i luoghi silenziosi possono offrire. Si tratta di una mossa molto saggia attraverso la quale gli studi dimostrano che il silenzio è molto più importante per il cervello di quanto si pensi. Un’analisi condotta nel 2013 e pubblicata sulla rivista Brain ha monitorato gli effetti del suono e della quiete sul cervello dei topi. E anche se il silenzio era l’obiettivo principale dello studio, quello che è emerso è stato sorprendente. Gli scienziati hanno scoperto che quando i topi sono stati esposti a due ore di silenzio al giorno, hanno sviluppato nuove cellule nell’ippocampo.

Quest’ultimo è una zona del cervello associata con la memoria, l’emozione e l’apprendimento. La formazione di nuove cellule nel cervello non equivale necessariamente a dei benefici per la salute, tuttavia in questo caso, il ricercatore Imke Kirste afferma che le cellule sembravano assumere il funzionamento dei neuroni. E’ stato riscontrato quindi che il silenzio fa bene al cervello e aiuta le nuove cellule generate a differenziarsi in neuroni e integrarsi nel sistema. In questo senso, la quiete può letteralmente aumentare le potenzialità del cervello.

Non solo, analizzando a fondo questo sorprendente fenomeno emerge che il cervello è in grado di interiorizzare e valutare meglio le informazioni durante i momenti di calma perché anche quando la mente è a riposo, in realtà resta perennemente vigile. Questo meccanismo viene messo in atto anche durante il processo di autoriflessione. Inoltre il silenzio allevia lo stress e la tensione al contrario del rumore che può avere degli effetti negativi sul nostro cervello con conseguente aumento di ormoni dello stress. Pertanto, talvolta è indispensabile fermarsi e godersi la pace offerta da un affascinante luogo rilassante, al fine di apportare maggiore benessere al proprio stato psicofisico.

Stare a lungo in luoghi silenziosi migliora la tua salute mentale

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Dal sito: dilei.it

sabato 27 luglio 2019

Siamo in tanti a soffrire di attacchi di panico, ma guarire si può




E' un disturbo che interessa circa l'8% della popolazione e colpisce una fascia di età sempre più bassa; è importante riconoscerlo e scegliere la terapia giusta per liberarsene. L'approccio più efficace ad oggi è una psicoterapia cognitivo-comportamentale.

di Carlotta Zanaboni Dina

Cinque milioni di italiani soffrono di attacchi di panico, un dato preoccupante almeno quanto il disturbo stesso! “Panico” deriva dalla mitologia greca, precisamente dalla figura di Pan, semidio dei pascoli, che veniva rappresentato con busto umano e gambe caprine. Il mito racconta che Pan era solito spaventare le ninfe del bosco, apparendo all’improvviso, e suscitando in loro un vero e proprio terrore paralizzante. Le ninfe che vi si erano imbattute ne rimanevano così colpite da sviluppare un forte timore per il ripetersi dell’incontro. Quindi, tornando a oggi, che cos’è un attacco di panico?

È uno stato d’intensa paura che raggiunge il suo picco nel giro di 10 minuti, spesso accompagnato dalla preoccupazione di avere altri attacchi e da comportamenti quali l’evitare situazioni simili a quella in cui si è sperimentato il primo episodio. Se ad esempio il panico di una giovane donna si è presentato la prima volta in un centro commerciale in compagnia di un’amica, è probabile che da quel momento in poi quella donna limiterà le sue visite di quel luogo o eviterà del tutto i centri commerciali. È possibile addirittura che la frequentazione dell’amica possa subire dei cambiamenti, a seconda della gravità del caso.

Come si riconosce l’attacco? Sintomi fisici e cognitivi

Durante l’attacco si sperimentano sintomi psicosomatici (come aumento del battito cardiaco, respirazione accelerata o aumento della sudorazione) oppure sintomi cognitivi come paura di morire o di impazzire, senso di sbandamento o di “testa leggera”. È dunque un apparente disturbo fisico, quando invece sottende un disturbo psicologico. Infatti tipicamente il paziente chiama un’ambulanza o si reca al Pronto soccorso; in queste circostanze il disturbo si esaurisce prima dell’incontro con il medico, che è allora in grado di confermare la diagnosi e disincentivare visite di controllo con il presentarsi di successivi attacchi.

 

Il disturbo da panico: quando ci pensiamo sempre o quasi

È quando gli episodi si fanno più frequenti che si parla di “disturbo di panico”, cioè una condizione d’ansia per cui la persona in seguito a tali stati rimane preoccupata, per almeno un mese, di averne altri e delle conseguenze che potrebbero insorgere. In secondo luogo, è possibile identificare un’alterazione del comportamento sulla base della convinzione che si possano prevenire altri momenti di terrore. La persona allora cercherà di controllare ogni sua azione e di avere a disposizione un accompagnatore, reputando erroneamente che l’altro possa prevenire o alleviare nuovi attacchi. Nei periodi in cui si è affetti dal disturbo, ogni azione fuori dalla routine spaventa e sarà raro vedere il soggetto sbilanciarsi su decisioni importanti o in là nel tempo, come intraprendere viaggi o procedere a cambiamenti lavorativi.

Chi colpisce? Età dell’insorgenza sempre più precoce

Il paziente-tipo è un adulto di età compresa fra i 25 e i 45 anni, più spesso donna e residente in città, con familiarità per disturbi affini o sottoposto a stress. Attualmente il disturbo si sta facendo sempre più precoce: sono gli insegnanti delle scuole superiori coloro che riportano spesso i primi segnali. Scelte comuni da affrontare per chi fosse interessato da questi problemi sono l’eventuale comunicazione della diagnosi ad amici e parenti e, altre volte, ai responsabili della propria scuola o luogo di lavoro. L’obiettivo è evitare di essere etichettati come assenteisti quando invece si è impossibilitati a muoversi da un posto all’altro con facilità. Il problema, infatti, può essere accompagnato dalla paura per gli spazi aperti e affollati o per quelli piccoli, stretti, da cui sembra mancare una veloce via di fuga. La gravità del disturbo porta a distinguere tra chi semplicemente preferisce un mezzo di trasporto a un altro perché suscita meno disagio o non ama le code alla cassa di un negozio e chi si trova a vivere “barricato” in casa, convinto di trovarsi nel luogo sicuro per eccellenza. Rimarrà perplesso il paziente che, con questa convinzione, vivrà d’un tratto un attacco anche in casa. Sono, appunto, convinzioni o comportamenti erronei a mantenere il disturbo.

La psicoterapia si pone dunque l’obiettivo di “smussare” gradatamente questi comportamenti fino ad abbandonarli, sostituendoli con pensieri  realistici e riportando la vita alla normalità (che, ahimè, non prevede la possibilità di controllare completamente ciò che ci accade). La persona vivrà una nuova libertà, quando prima si trovava costretta a rinunciare a impegni piacevoli o a dipendere da un accompagnatore, e sarà in grado di tornare a svolgere le proprie attività con programmi ampi e a lungo termine.

La soluzione c’è

Come scegliere la psicoterapia? Quella più indicata secondo le evidenze scientifiche internazionali è la cognitivo-comportamentale. Ha durata media, ovvero per un disturbo di panico di media-recente insorgenza si possono mettere in conto circa 8-12 mesi di trattamento a cadenza settimanale. È comunque complicato poterlo prevedere prima di incominciare. Fondamentale è rivolgersi allo specialista non appena si avvertono i sintomi e provare a non rimandare gli appuntamenti. Per quanto riguarda il “fai da te” è bene che il paziente si informi sulla patologia accedendo a fonti serie, grazie all’aiuto del proprio medico di medicina generale. Difatti, non di rado si verifica un rifiuto rispetto al voler conoscere da vicino questo problema; viceversa, si può verificare un eccesso di approfondimento sulla materia, senza che la persona sappia discernere le fonti. Se nel paziente complesso sono necessarie terapie farmacologiche, oltre alla psicoterapia, nei casi molto blandi e iniziati da poche settimane lo psicologo tratta il problema illustrando alla persona il funzionamento dei meccanismi che stanno alla base di questo disagio. Per questo motivo anche la prevenzione, a partire dalle scuole secondarie di primo grado, meriterebbe di essere affrontata apertamente e senza avere inutili “timori”!

Dal sito: aleteia.org 

venerdì 26 luglio 2019

Quando guarire fa...paura!


A volte chi soffre di depressione può inconsapevolmente sabotare il proprio percorso di guarigione: scopriamo perché accade e come evitarlo

Non basta curarsi, bisogna farlo bene: un principio valido per tutte le malattie e i sintomi a cui un essere umano può andare incontro, lo è ancor di più per la depressione,  che colpisce la volontà di fare, il legame con un senso forte della realtà. Chi ne soffre è spesso difficile da curare,  perché mette in campo comportamenti contrari alla terapia che si sta seguendo. La persona in depressione, in diversi casi, mette in atto senza accorgersene veri e propri boicottaggi del processo di guarigione, come se una parte di lei pensasse che non sia possibile farcela.In altri casi vuole davvero tirarsi fuori ma a un certo punto, mentre i sintomi della depressione stanno migliorando, molla tutto pensando che ormai ne è uscita, oppure cerca nuovi tipi di cura, magri senza tener conto del parere dello specialista che la sta seguendo.

Così non ce la fai

In tutti questi casi il percorso verso la ripresa e il superamento della depressione viene fortemente ostacolato. Individuare questi automatismi è fondamentale per evitare di metterli in atto e aprire così la strada a una guarigione che nella maggior parte dei casi è molto più a portata di mano di quanto non si creda. Va ricordato che questo discorso non vale solo per le psicoterapie (con o senza supporto psicofarmacologico), ma per tutti i tipi di cura, quindi anche le tecniche corporee, gli approcci filosofico/esistenziali, le medicine alternative e naturali.           

Quando la cura è a rischio…

- Si sospende o dirada la cura non appena si comincia a stare meglio

- Si continua a cambiare cura, andando per tentativi

- Si svilisce la figura del terapeuta con critiche e sospetti immotivati

- Ci si intestardisce su un tipo di cura che visibilmente non funziona

- Si continua a confrontare la propria terapia con quella di altri

…e perchè

- Paura di dover tornare a fare la vita di prima della crisi

- Voler restare al centro dell’attenzione attraverso la depressione

- Difficoltà ad affidarsi al sapere altrui, arroganza intellettuale

- Paura dei cambiamenti, di scoprire nuovi modi di essere


Cosa fare

- Curati fino in fondo

Compito di una cura non è di far stare meglio, ma bene. Non mollarla al primo miglioramento: la possibilità di tornare indietro nel malessere è ancora alta. Ogni progresso va realmente acquisito. Prosegui perciò fino a quando il benessere non è diventato costante. Non continuare a dire: “Voglio farcela da solo”. Ciò accadrà al momento giusto.

- Non andare per tentativi

Non “provare” un po’ di una terapia e un po’ di un’altra, assaggiando tutto. Per la tua depressione ci sono cure più adatte di altre e funzioneranno solo se ti affiderai e ti dedicherai ad esse in modo completo, senza essere subito pronto a giudicare inadeguato un approccio che invece potrebbe funzionare.

- Accetta alti e bassi

La guarigione da una depressione non segue un andamento lineare: ci sono momenti buoni e altri ancora di malessere. Non identificare questi ultimi con delle ricadute: sono eventi fisiologici. Parlane con la persona che ti segue per comprendere la natura di queste fasi meno brillanti della terapia e viverle meglio.


Dal sito: riza.it

Soffri di ansia notturna?


Se al calar della notte i nostri pensieri ci impediscono di rilassarci e di conciliare il sonno, vuol dire che l’ansia ha guadagnato terreno, e un terreno molto importante, nella nostra vita. L’ansia notturna è causata da elevati livelli di stress generati durante la giornata, a causa del lavoro, della famiglia, della somma delle tensioni in entrambi gli ambiti o persino senza motivo apparente. Questa forma d’ansia vede affiorare la preoccupazione e il nervosismo quando arriva il momento di riposare.

L’ansia notturna è una delle manifestazioni più frequenti quando si soffre di qualche disturbo del sonno. La paura si impadronisce della persona che ne soffre, che si risveglia di continuo, le è dunque difficile raggiungere le fasi profonde del sonno.

Le persone che soffrono di nervosismo notturno di solito sono distratte e hanno difficoltà a concentrarsi durante la giornata. Questo si deve al fatto che gli attacchi notturni d’ansia impediscono il riposo e ciò influisce negativamente sulla routine giornaliera dell’individuo in questione.

Per quanto riguarda il sonno, è meglio la qualità che la quantità. Se ci concentriamo sul pensiero di non riuscire a dormire, invece di provare a rilassarci e pensare che poco a poco ci addormenteremo, sarà molto complicato prendere sonno. Bisogna, dunque, aspettarlo comprendendo che lo si raggiungerà come processo naturale qual è, senza ossessionarci pensando che non si presenterà all’appuntamento.

Risulta paradossale il fatto che il sonno, essendo necessario per la sopravvivenza e il corretto funzionamento psicologico, presenti un ventaglio così ampio di disturbi e disfunzioni che in molti casi richiedono un complesso intervento.

Per vincere l’ansia notturna, possiamo provare ad individuarne le cause durante la giornata e acquisire le abilità sufficienti per privarla di influenza. Una volta vinte le paure e le preoccupazioni, l’ansia e i suoi sintomi scompariranno.

Cause dell’ansia notturna

L’ansia non conosce orari, di conseguenza possiamo soffrirne anche la notte, quando si suppone dovremmo essere rilassati. In questo senso, l’ansia è un’emozione che non dobbiamo sottovalutare, poiché la sua energia, mal canalizzata, si può accumulare e causarci numerosi problemi.

I disturbi d’ansia si manifestano in modi talmente diversi da rendere difficile una classificazione sistematica degli stessi e identificarne le cause. Alcune persone provano una forte agitazione, mentre altre restano paralizzate. Allo stesso modo, alcune persone notano maggiore ansia al mattino, mentre altre vengono colte dal panico quando vanno a dormire.

Le preoccupazioni ci producono ansia, e sono esse che, in ultima istanza, ci rubano le ore di sonno. Sono la principale causa dell’ansia notturna. Preoccuparci del futuro e fasciarsi il capo prima di rompercelo ci rendono più vulnerabili allo stress e all’insonnia. Non riuscire facilmente a staccare la spina quando andiamo a letto, l’eccesso di lavoro durante la giornata e i problemi emozionali sono le principali cause di preoccupazione e, dunque, di ansia notturna.

Tuttavia, vi è una differenza fondamentale: la sera la maggior parte dei problemi che ci preoccupano non possono essere risolti. Rimuginare su di essi, dunque, aumenta solo la nostra preoccupazione e ci attiva, uno stato opposto a quello che attira il sonno.

D’altro canto, livelli elevati di ansia accumulata e provata durante la giornata non permettono di dormire placidamente. Risulta difficile conciliare il sonno come conseguenza della fatica costante, del basso rendimento giornaliero e del malessere causato da tale condizione.

L’ansia, quando ci supera, prende il controllo e quando prende il controllo, di solito ci induce ad adottare condotte che la eliminano per qualche minuto, per poi “resuscitare” con più forza. Una di queste condotte paralizzanti e che consentono all’ansia di tornare più forte è quella di “assalire” il frigorifero di notte.

I sintomi dell’ansia notturna, inoltre, comunemente vengono preceduti da anteriori episodi d’ansia (ansia diurna). Questi episodi di solito sono accompagnati da tachicardia, sensazione di angoscia, sensazione di oppressione e di risveglio traumatico.

Come affrontare l’insonnia da ansia? 

Nella maggior parte dei casi le persone che soffrono di questa alterazione cercano sostanze o farmaci che consenta loro di essere più tranquille e, così, dormire meglio. Tuttavia, poche volte siamo consapevoli del fatto che molti dei casi di ansia notturna possono essere reindirizzati tramite alcune strategie, e l’assunzione di farmaci o piante medicinali non sempre è la soluzione migliore.

L’ansia è altamente legata a quello che facciamo, pensiamo e proviamo; dunque, in funzione di come gestiamo questi tre aspetti nei momenti previ al sonno, saremo più tranquilli o più nervosi. Il trattamento per l’ansia notturna può essere diviso in due grandi blocchi:

Prima di tutto, deve prodursi un cambiamento nelle abitudini che precedono la messa a letto. Una volta fatto ciò, dobbiamo imparare a gestire le preoccupazioni giornaliere e confinarle ad uno spazio lontano dalla notte. Analizzare i propri problemi durante le prime ore del mattino dà una prospettiva più conforme e si ha a disposizione più tempo per risolverli.

Una buona strategia per ottenere un piacevole riposo è fare sport prima di andare a dormire, poiché la mente ci terrà svegli, ma il corpo sarà stanco. Questo ci aiuterà a conciliare più facilmente il sonno. È altrettanto importante evitare alcol e bevande contenenti caffeina nelle ore che precedono il riposo.

Se ci svegliamo di notte, dobbiamo provare a tenere chiusi gli occhi e pensare alla rilassante e piacevole sensazione provocata dal sonno. L’ideale contro l’insonnia è smettere di preoccuparsi dei problemi che non possiamo risolvere a letto. Abbandoniamo le preoccupazioni, liberiamoci e il sonno giungerà.

A seguire elenchiamo 7 strategie per affrontare l’ansia notturna: 

Mantenere orari costanti. L’insonnia e l’ansia notturna possono presentarsi anche perché non si segue un orario definito. Dormire ogni giorno alla stessa ora, con una differenza di circo 30 minuti, regola i nostri ritmi circadiani permettendo che si produca un sonno naturale e di qualità.

Evitare di cenare in eccesso. Bisogna prestare particolare attenzione alla cena, poiché i cibi pesanti possono rendere difficile conciliare il sonno.

Creare un ambiente gradevole. Dobbiamo prenderci cura dello spazio in cui dormiamo: l’assenza di un cuscino comodo e una temperatura corretta può provocare una cattiva qualità del sonno e può farci svegliare nel cuore della notte per poi non dormire più bene.

Usare il letto solo per dormire. Gli esperti affermano che per dormire meglio, la stanza da letto deve essere usata solo per riposare o avere rapporti sessuali, dunque non bisogna tenere il computer in questo spazio domestico. Allo stesso modo, avere la televisione vicino può essere controproducente, soprattutto se ci mettiamo a letto tenendola accesa. 

Praticare tecniche di rilassamento. Gli esercizi di rilassamento hanno un effetto positivo contro l’ansia, lo stress e l’insonnia.

Fare respiri profondi. Questo esercizio ci permetterà di concentrarci sulla nostra stessa respirazione evitando, così, che si presentino pensieri che possano farci innervosire impedendoci di dormire. Esercizio di respirazione profonda: 

-Respirare profondamente tramite il diaframma, dirigendo l’attenzione al movimento e all’aria che entra ed esce dallo stomaco.

-Espirare lentamente dalla bocca e ad ogni inspirazione ripetere mentalmente una parola o una frase come “sono tranquillo” o “ho molto sonno”. Al contempo, immaginare un paesaggio o un’immagine mentale che trasmetta calma e serenità.

-Non cercare di attrarre il sonno con pensieri che alludano direttamente ad esso. Cercare il rilassamento, non il sonno. Rilassandoci, verremo invasi dal sonno.

Proibire l’ingresso di pensieri negativi prima di andare a dormire. Provate a non farlo in modo diretto, bensì attraendo pensieri che vi rilassino e che in nessun caso vi generino preoccupazione.

L’insonnia non è una buona compagna. Le persone con insonnia soffrono, e molto. Un buon riposo rappresenta uno degli strumenti migliori per non accumulare errori durante la giornata e, dunque, problemi e preoccupazioni che assalgono di notte. Parliamo, dunque, di un circolo vizioso in senso positivo e negativo ed è la nostra mano a scegliere il senso in cui direzionarlo.

Devi imparare a vivere e lasciare che la vita accada


Accade all’improvviso quell’ istante benedetto in cui lasci andare la presa e smetti di continuare a tenere salda la fune, interrompi l’ostinazione della farfalla contro i vetri della finestra. E inizi a respirare. Questo è un momento benedetto davvero in cui si allarga la Vista e il Cuore e comprendi che non sai, non sai affatto e non hai controllo alcuno su tutto quello che credevi di domare, che hai pensato di capire,

La Vita sgorga e fluttua, sospinge e scorre e tu puoi solo decidere di remarci contro o lasciare che quel che deve essere sia e che si manifesti quello che dalla Sorgente spinge e freme. Se la Vita deciderà di lasciarti per il momento a guardare stai pur certo che lì resterai e anche se la Vita deciderà di prenderti stai sicuro: ti catturerà e ti porterà con sé dove dovrai arrivare. Preparati solo a essere afferrato dalla corrente quando passerà, a essere pronto quando il Padrone tornerà a Casa: pronto abbastanza da lasciarti andare senza credere di sapere cosa è meglio per te. Sii sveglio abbastanza da lasciare che la Vita accada e sii sveglio abbastanza da comprendere che la Vita passa attraverso di te e non per te nell’illusione del tuo sentirti migliore o peggiore di ogni altro. E che mentre tu cammini in Lei che è eterna e sacra e ti ospita e prende il nome di Madre Terra e Vita è bene per amore lasciare meno tracce possibili sulle superfici delicate e terse che si aprono oltre ai confini che hai di te. Verso l’amico che ancora senti estraneo.

Passi discreti e dolci sulla neve, un movimento cauto e pieno di grazia mentre sfiori gli altri esseri umani che ti circondano e impronte impalpabili e leggere soffiate sulla forma che ancora questa volta incarni. Essere delicato come nei boschi quando è bene spostare poco i sassi per non confondere le rotte, senza sradicare gli alberi affinché le radici affondino e rendano robusto il terreno. Osserva con grazia. Sii solo gentile. Non toccare nessun cucciolo per evitare che la madre non riconoscendone più l’odore lo abbandoni e rinuncia così alla più grande follia di credere di essere così importante da poter salvare qualcuno oltre alla Volontà che l’altro ha di sé. In questa rinuncia puoi scoprire una grande Forza: l’unica che non ti trarrà in inganno quando dovrai essere pronto davvero a saltare. Vedi lo Spazio Sacro del tuo cuore e ascolta il suo battito e poi lasciati entrare in quel suono ritmico e profondo e ascolta la Vita che passa da lì, attraverso il tuo corpo che respira. La Forza della Vita che non spinge, non scalcia, non pretende e ammetti finalmente con una grande liberazione che tu non sai niente, proprio nulla di tutte le cose che ti affanni a spiegare. Nelle domande che precedono la notte smettila di attenderti risposte e impara a fluire. Questo è l’unico sforzo che devi fare: non sforzare!

E allora impara a vivere. Tagliati una bella porzione di torta con le posate d’argento. Impara come fanno le foglie a crescere sugli alberi. Apri gli occhi. Impara come fa la luna a tramontare nella notte prima di Natale. Apri le narici. Annusa la neve. E lascia che la vita accada.
Sylvia Plath

Dal sito: aprilamente.info 

Quando l’ansia è malattia oppure uno stato normale




A tutti è capitato di essere ansiosi di tanto in tanto. Ci si preoccupa per i figli, per la salute, per il lavoro, per le difficoltà finanziarie. Per alcune persone, tuttavia, l’ansia diventa così frequente, o così forte, che inizia a prendere il controllo delle loro vite. E’ in questi casi che lo stato d’ansia, quando inizia ad essere una malattia, che ci si deve preoccupare.

“Quando si formano pensieri cronicamente ansiosi, un atteggiamento depresso o sentimenti di immobilizzazione che sfociano anche in attacchi di panico, siamo di fronte ad una patologia che deve essere curata con la psicoterapia“, sottolinea Claudia De Masi psicologa di Roma specializzata in terapia breve strategica.

Come puoi sapere se la tua ansia quotidiana ha superato questo limite? Non è facile. I disturbi d’ansia si presentano in molte forme diverse – come attacchi d’ansia, fobia e ansia sociale – e la distinzione tra quella che possiamo definire “patologia” ed uno “stato normale”non è sempre chiaro.

Ecco un inizio: se si verificano regolarmente i seguenti sintomi, anche in parte, si consiglia di parlare con il proprio medico.

 

-cuore che in alcuni momenti corre all’ impazzata senza aver fatto sforzi, ma solo in seguito ad uno stato emotivo

-sudorazione eccessiva

-tremore e/o vertigini

-mancanza di respiro o sensazione di soffocamento

-sensazione di soffocamento

-dolore o fastidio al petto che può essere scambiato per infarto

-brividi o vampate di calore

-nausea o mal di stomaco

-senso di distacco dalle cose della vita

-apatia

-intorpidimento o sensazioni di formicolio

-paura di perdere il controllo o paura di morire

Tipi comuni di disturbi d’ansia includono:

-disturbo d’ansia generalizzato

-fobia sociale

-fobie specifiche

-disturbo ossessivo compulsivo

-attacchi di panico

-disturbo d’ansia da separazione

-agorafobia.

Il disturbo post-traumatico da stress è talvolta discusso come un tipo di disturbo d’ansia.

Altri tipi di disturbi d’ansia includono:

disturbo d’ansia indotto da sostanze / farmaci

disturbo d’ansia causato da una condizione medica

mutismo selettivo.

Cause dello sviluppo di ansia

Esistono numerosi fattori che contribuiscono allo sviluppo dell’ansia. I fattori potrebbero essere biologici –  genetici (storia familiare), tratti della personalità e chimica del cervello –  oppure possono essere eventi della vita, come traumi e stress a lungo termine, o una combinazione di questi fattori.

È importante sapere che l’ansia può essere una normale reazione a una situazione. Ognuno di noi è unico e risponderà in modo diverso quando esposto a fattori ambientali, sociali o psicologici.

Si ritiene che alcuni tipi di personalità abbiano maggiori probabilità di sviluppare stati d’ansia. Questi includono i perfezionisti, personalità sensibili e timide o persone con scarsa autostima.

Possiamo sperimentare più di un disturbo d’ansia o altri problemi di salute mentale contemporaneamente, ad esempio soffrire allo stesso tempo di depressione.

I rimedi e la terapia

L’ansia è estenuante dal punto di vista fisico ed emotivo. Cercare aiuto in anticipo significa che puoi iniziare ad avere un certo sollievo e recuperare prima. Ci sono molti professionisti, psicologi e psichiatri ad esempio, che trattano tutti i tipi di ansia.

Esistono molti trattamenti efficaci per l’ansia, dalla terapia cognitivo comportamentale a quella breve strategica. Esistono tecniche di rilassamento e, in casi gravi, ci sono i farmaci. Ci sono anche molte cose che puoi fare per aiutarti.

Spesso è una combinazione di cose che ci aiutano a migliorare, come:

un professionista della salute mentale ben preparato con cui ti senti a tuo agio a parlare

le giuste terapie psicologiche e mediche

sostegno da parte di familiari e amici

esercizio fisico e alimentazione sana

modi di apprendimento per gestire le sfide e lo stress, come la risoluzione strutturata dei problemi, la meditazione e lo yoga.

A volte, quando siamo ansiosi, possiamo sentire sintomi che potremmo collegare ad altri problemi di salute. Una forte ansia può provocare dolore toracico, battito cardiaco accelerato, vertigini e persino eruzioni cutanee. A volte le persone ansiose pensano di avere un infarto e cià genera ancora piu’ ansia.

Dovresti sempre consultare un medico a prescindere, in modo che possano effettuare un controllo approfondito dei sintomi ed escludere qualsiasi altra condizione medica.

Quando siamo ansiosi, possiamo anche diventare iper-consapevoli del nostro corpo e dei dolori, delle minacce percepite e del pericolo. A volte, una volta che siamo consapevoli di un problema, possiamo diventare ‘iper-vigili’ nel controllare tutti i nervi e i dolori che sentiamo. Questo può trasformarsi in una maggiore preoccupazione accentuando lo stato d’ansia.

Dal sito: coreonline.it

venerdì 19 luglio 2019

Tachicardia da ansia: ecco cosa ci può succedere e 3 metodi per bloccarla

La tachicardia da ansia è un problema più comune di quello che si possa pensare e almeno una volta nella vita è possibile che tutti ne abbiano sofferto o ne soffriranno.

Cos’è. La tachicardia da ansia consiste in un aumento improvviso della frequenza cardiaca che può arrivare fino a 160 battiti al minuto. Spesso è accompagnata da una forte oppressione al torace, difficoltà a respirare, sudorazione elevata, nausea e vertigini.

Quando la tachicardia è molto intensa può addirittura essere confusa con un infarto e può portare la persona a credere che stia morendo.

Cause. Quando il cervello è sottoposto a esperienze negative, stressanti, paurose, dolorose o incontra una minaccia (reale o percepita) può manifestarsi la tachicardia da ansia.

Questa tachicardia si differenzia con quella dovuta ad aritmie per due fattori: il numero dei battiti al minuto che in caso di aritmie super i 180 battiti e la sensazione di paura e timore che accompagna la tachicardia da ansia.

Tipologie. Le palpitazioni dovute all’ansia si suddividono in due tipi a seconda dei segnali inviati dal nostro corpo: tachicardia sinusale e tachicardia sopraventricolare.

La prima è quella a cui si riferiscono solitamente gli esperti quando parlano di tachicardia da ansia ed è quella che attiva il corpo mettendolo in “modalità sopravvivenza”. È dovuta all’aumento di frequenza e velocità del ritmo sinusale e si verifica dopo attacchi di ansia o di panico.

La seconda invece avviene in risposta all’iperventilazione un aumento di respirazione improvviso molto comune nella persone ansiose. In questo caso l’eccessivo consumo di ossigeno e l’espulsione di molta anidride carbonica provoca una costrizione ventricolare che porta il cuore a pompare di più per far circolare il sangue.

Come alleviare la tachicardia da ansia

Sono molti i metodi che aiutano a combattere l’ansia e di conseguenza la tachicardia che ne deriva, primo tra tutti è trovare e affrontare la causa scatenante anche con l’aiuto di un professionista.

Poi si può ricorrere a degli esercizi che aiutino a ridurre l’ansia e calmare le paure nei momenti difficili, in modo da superarli al meglio.

Tecniche di rilassamento muscolare progressivo. Questo è uno degli esercizi più efficaci perché, oltre a favorire il rilassamento, è utile per notare quali siano le tensioni del corpo che precedono la tachicardia da ansia e fermarla in tempo.

Si basa sull’idea che pensiero e stato emotivo influiscano sul livello di risposta muscolare ed essenzialmente si mette in pratica contraendo dei muscoli per poi rilassarli.

Esercizi di respirazione. Si basa sul fatto che una respirazione profonda aiuta a ritrovare tranquillità e benessere e più lentamente si respira più il battito rallenta.

Pensieri positivi. Questa tecnica riporta la nostra mente alla razionalità e alla realtà. Per esempio durante la tachicardia invece di pensare che stai per morire, pensa che è solo una paura e che devi riprendere il controllo.

La tachicardia da ansia nella maggior parte dei casi non porta a nessuna conseguenza negativa ma le cose cambiano se il paziente soffre già di malattie cardiache. Comunque se il problema persiste per lunghi periodi è consigliabile effettuare un controllo.

Dal sito: oltre.tv

Agorafobia: causa, sintomi e terapie



Robbie Williams ha parlato pubblicamente dell'agorafobia che lo costringeva a rinchiudersi in casa. Ecco tutto quello che c'è da sapere

L’agorafobia è definita paura degli spazi aperti. Può essere accompagnata da attacchi di panico. Qui puoi leggere come affrontare gli attacchi di panico. Per la precisione, è il timore di trovarsi in una situazione di pericolo in cui scappare potrebbe essere difficoltoso o non sarebbe possibile ricevere aiuto. Nei casi più gravi, chi ne è colpito rimane quasi sempre a casa o esce solo se accompagnato.

Più che una paura degli spazi aperti, l’agorafobia è più spesso un disturbo psicologico legato alle caratteristiche personale di chi ne soffre. Può evolvere ad esempio nella paura di prendere i mezzi pubblici o di andare nei centri commerciali quando sono affollati. Quali sono le fobie come nascono e quante ne esistono?

In genere a esserne più colpite sono le donne, anche se negli ultimi anni sta aumentando il numero di uomini che ne sono interessati. Qui puoi scoprire perché le donne sono più ansiose degli uomini.

Quali sono i sintomi?

I sintomi sono molto simili a quelli dell’attacco di panico.

In genere si vive un’accelerazione cardiaca,

iperventilazione,

nausea,

sudori.

Si può manifestare anche come conseguenza di un altro disturbo psicologico. Può anche essere una reazione a particolari esperienze, come quella di essere stati coinvolti in un incidenti o soffrire di un lutto.

Quali sono le terapie?

Chiunque pensi di soffrire di agorafobia deve rivolgersi subito a uno specialista. Se non si riesce a lasciare la propria abitazione va bene anche una telefonata. Generalmente il medico chiede quali siano state le circostanze che hanno portato all’innesco dei sintomi. Più si è precisi nella descrizione, più facile sarà per il medico fare una diagnosi corretta.

A seconda della gravità dell’agorafobia, possono essere consigliate diverse terapie.

In alcuni casi, semplici cambiamenti ai propri stili di vita possono fare la differenza. Tra le raccomandazioni più diffuse quelle di praticare con regolarità attività fisica, mangiare in modo vario e sano, limitare gli alcolici, le droghe e le bevande a base di caffeina. La paura di uscire si può attenuare per esempio con la compagnia di un cane o di un bimbo: distolgono l’attenzione dalle proprie ansie. Oppure andar fuori con un amico e provare a rientrare da soli.

Nei casi più seri, si può ricorrere alla terapia cognitivo comportamentale o a farmaci, gli stessi usati per trattare l’ansia e la depressione. Invece di fuggire dalla situazione che crea il problema, il paziente deve cercare di viverla fino in fondo, insieme al terapeuta, perché solo in questo modo scopre che non gli farà del male, né tantomeno lo ucciderà.

Per quanto riguarda i farmacisono da preferire gli antidepressivi che agiscono sulla serotonina. Ma si sappia che offrono solo una tregua. Durante la quale va percorsa l’unica strada efficace: affrontare la vita.

Dal sito: ok-salute.it 

Winnie the Pooh, ogni personaggio è un disturbo mentale?



Le malattie mentali sono alterazioni psicologiche e/o comportamentali relative alla personalità dell’individuo che causano pericolo o disabilità e non fanno parte del normale sviluppo psichico della persona. Se trascurate, possono portare a seri problemi di salute.

Bufala o no, esiste una credenza popolare condivisa da un documento ironico pubblicato nel 2000, riguardante i personaggi delle storie del mitico orsetto Winnie the Pooh.

La teoria che gli amici della foresta immaginaria, soffrono di diversi disturbi mentali, arriva 70 anni dopo la comparsa del primo libro di Winnie, nel “Canadian Medical Association Journal”. E’ stato dichiarato che la rivelazione è frutto di un loro studio, di una rilettura di ciò che aveva scritto lo scrittore. Andiamo a curiosare quali sono gli accoppiamenti:

Christopher Robin – Schizofrenia

La schizofrenia è causata da uno squilibrio di sostanze chimiche che inviano segnali al cervello, portando, chi ne è affetto, a vedere/sentire/pensare cose che non sono reali. 
Se guardiamo il piccolo Christopher Robin da questa prospettiva, si può pensare che gli amici che vede nel bosco dei cento acri, siano un sintomo di schizofrenia.

Winnie The Pooh – Disturbo da deficit di attenzione

Il disturbo da deficit dell’attenzione è caratterizzato dal fatto che chi ne soffre fa fatica nel mantenre l’attenzione, eccessiva attività e/o difficoltà nel controllare il proprio comportamento, che non sempre è adeguato all’età di chi ne soffre.

Il dolce orsetto Winnie potrebbe soffrirne: è pasticcione, disordinato, dubbioso, ha scarsa memoria, fa commenti a caso e vive le sue avventure con la testa sulle nuvole. Tipiche caratteristiche comportamentali di chi soffre di ADD.

Pimpi – Attacchi di panico/Disturbo d’ansia generalizzato

Gli attacchi di panico sono caratterizzati da intensi stati di ansia legati anche ad altri sintomi psicologici, che si scatenano senza una causa razionale scatenante. 
Chi li ha provati, può capire ciò che prova il piccolo Pimpi, costantemente preoccupato e perennemente allarmato che possa accadere qualcosa di brutto.

Tigro – ADHD

L’ADHD è un disturbo del neuro sviluppo caratterizzato da problematiche nel mantenere l’attenzione, eccessiva attività e/o difficoltà nel controllare il proprio comportamento (impulsività)che non è adeguato all’età di chi ne soffre. Ecco perché l’iperattività viene associata ai comportamenti di Tigro, che saltella qua e là e non è in grado di stare fermo un attimo, sorvolando sui discorsi che non gli interessano.

IhOh – Depressione

La depressione fa parte dei disturbi dell’umore. I sintomi variano da paziente a paziente e ha un decorso lento, insidioso e, se non trattato in tempo, tende ad aggravarsi. Chi ne soffre appare preoccupato, sentirsi inutile, avvertire sensi di colpa, impotenza, disperazione e odiare se stesso. Ecco perché il dolce asinello Ih-Oh, pessimista e nostalgico, al quale sembra impossibile strappare un sorriso, viene associato alla depressione.

Gufo – Disturbo narcisistico della personalità

Il disturbo narcisistico di personalità è un disturbo della personalità i cui sintomi principali sono egocentrismo patologico, deficit nella capacità di provare empatia verso gli altri e bisogno di sentirsi costantemente ammirato.
Ecco perché Gufo, facendo sempre il saputello, crede di apparire intelligente e di nascondere le sue insicurezze sovrastando gli altri. Un comportamento tipico del narcisista, che dimostra invece un carattere molto insicuro.

Kanga – Ansia sociale

L’ansia sociale è la paura intensa di trovarsi in una particolare situazione sociale, di comportarsi in modo imbarazzante ed umiliante e essere malgiudicati. Le mamme vogliono proteggere i propri figli ma l’ossessione di Kanga verso il suo piccolo, è un tantino esagerata. Per il suo comportamento poco socievole e sempre molto preoccupato, viene associata al disturbo di ansia sociale.

Roo – Autismo

L’autismo è un disturbo del neuro sviluppo caratterizzato da compromissione dell’interazione sociale e deficit della comunicazione verbale e non verbale, che provoca ristrettezza di interessi e comportamenti ripetitivi. Il piccolo cangurino Roo, pur facendo attenzione, si trova sempre in situazioni pericolose, senza in realtà rendersene conto. In presenza di mamma Kanga resta in silenzio, sempre sulle sue, quasi come fosse lontano dalla realtà. Tipici segnali che lo associano ad un disturbo autistico.

Tappo – Disturbo ossessivo compulsivo

I sintomi del disturbo ossessivo compulsivo sono costituiti da pensieri ossessivi associati a compulsioni (azioni o riti particolari) che vengono fatti per neutralizzare l’ossessione. Per l’amico Tappo deve essere tutto perfetto, un maniaco dell’ordine. Va in panico nel momento in cui qualcosa non va come aveva programmato.

Le informazioni riportate in questo articolo, non sono consigli medici, hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico.

Sii come il fiore di loto: rinasci ogni giorno e affronta le avversità




La natura è così appassionante da darci le risposte più inattese quando crediamo che non possano esistere al di fuori della nostra mente, della nostra speranza e del nostro desiderio di andare avanti. Lungi dal mostrare una realtà monotona e prevedibile, ogni angolo in cui la natura sboccia con libertà ci lascia un nuovo insegnamento su cosa significhi abitare questo mondo.


No solo è generosa nei confronti della scienza, ma anche dei nostri sensi e della nostra spiritualità. Lo è al punto che nella grande varietà di manifestazioni, specie e fenomeni che produce ci imbattiamo in autentiche lezioni su come affrontare la vita. Autentiche teorie psicologiche senza controllo delle variabili né analisi di affidabilità o validità, ma che racchiudono un messaggio la cui bellezza e il cui significato sono indiscutibili.

Tra tutti i fenomeni infiniti e curiosi della natura si trova quello del fiore di loto. Un fenomeno sui generis che si traduce in un’appassionante metafora sulla vita e sulle avversità che affrontiamo ogni giorno.

Il fiore di loto

Il fiore di loto è simile ad una ninfea che affonda le sue radici nel fango e nel pantano di lagune e laghi. Il fiore di loto possiede i semi con maggiore longevità e resistenza: può resistere fino a 30 secoli prima di fiorire senza perdere la sua fertilità.

Il fiore di loto è il simbolo della purezza e della bellezza che può sorgere da un terreno fangoso.

Questo bel fiore emerge dal fango e si nutre di esso in paludi o habitat pantanosi e quando fiorisce, si eleva sulle sue foglie. Di notte i petali si chiudono e il fiore si immerge sott’acqua. Si chiude per sprofondare, ma all’alba si innalza di nuovo sull’acqua sporca, intatto e senza resti di impurità grazie alla disposizione dei suoi petali a forma di spirale.

Il fiore di loto presenta una peculiarità: è l’unico fiore ad essere frutto allo stesso tempo: il frutto ha la forma di un cono rovesciato e si trova al suo interno. Quando il fiore è chiuso, è inodore, ma quando si apre, il suo aroma ricorda quello del giacinto. Molti considerano il suo aroma ipnotico, capace di alterare gli stati di coscienza.

Mitologie sul fiore di loto

Il grande fascino di questo fiore lo ha portato ad essere un simbolo fondamentale per molteplici civilizzazioni lungo il corso della storia. Il fiore di loto è considerato sacro ed è uno dei simboli più antichi al quale sono stati attribuiti diversi significati nei vari paesi orientali, tuttavia troviamo molteplici riferimenti ad esso anche nel mondo occidentale.

Nella mitologia greca, i lotofagi erano un mitico popolo che gli antichi identificavano con gli abitanti di una popolazione del nordest dell’Africa. La leggenda racconta che una bella dea si perse in un bosco fino a raggiungere un luogo nel quale abbondava il fango, denominato loto, nel quale si immerse.

Questo spazio era stato creato dalle divinità per gli esseri il cui destino era stato avverso. Tuttavia, la giovane lottò per migliaia di anni fino a risalire trasformatasi in un bel fiore di loto che simbolizzava il trionfo della perseveranza dinanzi alle situazioni avverse.

In ambito buddista il loto funge da sedile o trono per Buddha o i Buddha ed indica una nascita divina. Nel mondo cristiano, il fiore di loto vien sostituito dal giglio bianco, simbolo di fertilità e purezza. Tradizionalmente, infatti, l’Arcangelo Gabriele viene rappresentato con in mano il giglio dell’annunciazione per la Vergine Maria.

Il fiore di loto e il suo significato in psicologia

Il fiore di loto simboleggia il potere della resistenza psicologica in quanto capacità di trasformare le avversità in potenzialità. Suzanne C. Kobasa, psicologa presso l’Università di Chicago, ha condotto diverse ricerche grazie alle quali è stato possibile individuare che le persone resistenti presentano alcune caratteristiche comuni. Di solito sono persone che si impegnano molto, che possiedono controllo e propense alla sfida.

“Le persone più belle che ho incontrato sono quelle che hanno conosciuto la sconfitta, la sofferenza, la lotta, la perdita e hanno trovato il loro modo di risalire dalle profondità”

– Elisabeth Kubler Ross-

In seguito, questa definizione è stata riconcettualizzata con il termine resilienza, ovvero l’essenza della persona resistente. La resilienza di solito viene definita come la capacità degli individui di non cedere ai momenti di dolore emotivo e alle grandi avversità.

Il fiore di loto è una magnifica metafora delle persone capaci di piegare il dolore e dispiegarlo poi sotto forma di serenità, autocontrollo e persistenza.

via La Mente Meravigliosa


Dal sito: aprilamente.info 

Il Coraggio di Vivere Senza Paura



Il coraggio non è l’assenza di paura, ma la consapevolezza che nella tua vita c’è qualcosa di più importante della paura

 – Ambrose Redmoon

Guardandoci intorno, è facile constatare come nel nostro tempo il concetto di coraggio non goda, in termini generali, di troppa considerazione.

Il coraggio è una qualità che accomuniamo spesso al concetto di eroismo, riferendoci ai gesti eccezionali di quanti mettono a repentaglio la propria vita per un bene superiore o per la vita di un’altra persona.

Ma solo di rado il coraggio viene esaltato come una virtù da coltivare e mettere in pratica quotidianamente.

Ciò che più sembra contare oggi, al contrario, è il concetto di sicurezza. Spesso ci viene consigliato di non rischiare, di non fare mosse azzardate.

Rimanere in una posizione di confort, non esporci, non parlare agli estranei, stare attenti e vigili, sospettosi del prossimo. Restare al sicuro e non correre rischi non necessari.

C’è, tuttavia, un effetto secondario non irrilevante in tutto ciò: riconoscere alla stabilità e alla sicurezza personale un’importanza eccessiva nella tua vita può, infatti, indurti a condurre un’esistenza di mera reazione, improntata al mantenimento piuttosto che allo sviluppo attivo.

Invece di pianificare i tuoi obiettivi e perseguirli nel modo da te stabilito, assumendo un ruolo di assoluta responsabilità nelle tue scelte e nelle tue azioni, finisci al contrario per giocare in difesa, rimanendo al sicuro e cercando di respingere gli attacchi al guscio che ti sei creato.

Continui allora a rimanere nel tuo lavoro, anche se non ti soddisfa, solamente perchè si tratta di un posto sicuro, senza neppure adoperarti attivamente per cercarne un altro che davvero ti stimoli e ti faccia sentire vivo.

Continui a restare in una relazione nella quale l’amore e la passione sono svaniti da tempo, senza preoccuparti di come rivitalizzarla, solo perchè il rapporto va ormai avanti da anni e non è il caso di metterlo in discussione.

Preferisci seguire il flusso degli eventi, anziché cercare di assumerti le tue responsabilità e determinarne il corso. Preferisci rimanere al sicuro, non esporti, adottando un atteggiamento passivo e sperando che i venti della vita ti conducano in una direzione favorevole.

Si può fare di meglio? Credo proprio di si.

Il passo fondamentale per assumere la piena responsabilità della nostra esistenza è acquistare coraggio, vivere senza paura.

Non parlo del coraggio di lanciarsi con il paracadute o di tuffarsi da una roccia a picco sul mare.

Parlo del coraggio di affrontare tutte quelle paure che ti trattengono dall’esprimerti compiutamente e dall’affermare la tua personalità in modo assoluto, senza maschere e timori.

Parlo dell’abilità di affrontare la paura del fallimento. La paura del rifiuto. La paura di essere umiliati. La paura di restare soli. La paura di non farcela.

Tutti noi abbiamo queste paure, nessuno escluso. Ciò che ci differenzia, però, è la volontà di riconoscerle, accettarle e affrontarle.

La maggior parte delle persone ignora queste paure, le rifiuta, non le accetta, semplicemente le nega, trova delle giustificazioni.

Se non parli in pubblico è perchè non hai nulla da dire, è ovvio. Se non ti rivolgi a un estraneo è solo perchè potresti risultare scortese, certo.

Ma pensaci bene, come vivresti la tua vita se non avessi nessuna paura?

Non usciresti dalla tua zona di sicurezza? Non esprimeresti più facilmente le tue idee invece di conformarti a quelle degli altri? Non sarebbe più agevole aprirti totalmente al prossimo?

Pensa a come vivresti più compiutamente la tua vita se le tue paure non ti frenassero, pensa a come potresti crescere e svilupparti come individuo.

Per fare ciò tutto quello di cui hai bisogno è il coraggio.

Cos’è il coraggio?

Ma cos’è esattamente il coraggio? Cosa significa vivere senza paura?

Il coraggio, semplicemente, non è assenza di paura: al contrario, è la capacità di agire nonostante si provi paura.

Le persone coraggiose provano certamente paura, ma non consentono che la paura le paralizzi.

Le persone coraggiose riconoscono, accettano e affrontano le loro paure, anche se queste le terrorizzano.

E ciò le aiuta ad acquisire sempre maggiore coraggio, come in un circolo virtuoso: più affronti le tue paure, più guadagni coraggio.

Al contrario, coloro che mancano di coraggio, hanno la tendenza a sentirsi sollevati e come liberati da un peso quando riescono ad evitare le loro paure: se sono stati in grado di fuggire una paura, infatti, il sollievo che ne deriva agisce come un premio alla loro impresa, rinforzando ancor più la loro timidezza e la loro mancanza di coraggio. Si entra in un circolo vizioso.

Questi atteggiamenti volti a evitare la paura producono nel lungo termine effetti permanenti.

Invecchi e cominci a dare le tue paure per scontate, i tuoi timori finiscono per appartenerti e divengono parte integrante della tua personalità.

Allora cerchi di razionalizzare i tuoi comportamenti e giustificare le tue paure.

Hai una famiglia da mantenere e non puoi prendere rischi, sei troppo in là con gli anni per poter cercare un nuovo lavoro, non puoi smettere di fumare perché ormai hai preso il vizio, non puoi dimagrire per via dei tuoi geni.

Allora trascorrono cinque anni, poi dieci, poi venti… e realizzi che in fondo in questo arco di tempo la tua vita non è cambiata poi molto.

Affiorano rimpianti e le insoddisfazioni si fanno strada.

Cerchi allora di convincerti che devi solamente vivere gli anni che ti restano nel modo più tranquillo e normale possibile fino a quando non ti troverai sotto terra, dove finalmente raggiungerai la totale sicurezza e la completa stabilità.

Potrai dire di aver vissuto veramente? Temo di no.

Non c’è forse anche dentro di te una vocina che ti dice che non stai vivendo pienamente la vita che vorresti?

Che in fondo anche tu hai la possibilità e il diritto di esprimerti compiutamente come individuo?

Perchè allora non provi ad ascoltarla e a cercare di comprendere ciò che davvero puoi fare per realizzare i tuoi sogni e condurre la tua esistenza al meglio delle tue possibilità?

Come tutti, anche tu puoi farlo, anche tu puoi vivere con consapevolezza e svilupparti pienamente come individuo che insegue i propri obiettivi e assume le proprie responsabilità, anziché reagire passivamente agli eventi della propria esistenza.

Tutto è nelle tue mani, nella tua volontà di ergerti ad artefice del tuo destino ed affrontare le paure che oggi ti frenano.

Come puoi fare? Come puoi fronteggiare le tue paure?

Bene, prova innanzitutto ad identificare i tuoi timori, a dare un nome a ciò che ti frena, cerca di non negare le tue paure, al contrario tenta di riconoscerle, senza alcun giudizio, prova semplicemente ad acquisirne consapevolezza.

Individua cosa ti impedisce di vivere liberamente, senza lacci e freni.

Potrà trattarsi della paura del rifiuto o dell’abbandono, della paura del fallimento, della paura di non essere compreso o qualunque altro timore che oggi non ti consente di esprimerti compiutamente come individuo libero e responsabile.

Dai un nome alle tue paure.

Dal riconoscimento all’azione.

Nel momento in cui riesci ad identificare i timori e le paure che oggi ti paralizzano, il passo successivo è quello di affrontarle, decidere di superare la soglia della zona di confort e passare all’azione nonostante la paura.

Scegliere di prendere nelle tue mani il tuo destino.

Il punto fondamentale da tenere a mente al riguardo è che per superare le tue paure non hai alcuna necessità di intraprendere azioni drastiche immediate.

Il coraggio è fondamentalmente un’abilità mentale che può essere appresa e coltivata e che, in quanto tale, richiede determinazione e costanza per essere assimilata ed entrare a far parte del nostro bagaglio personale.

Se vuoi sviluppare i tuoi muscoli, non ti rechi certo in palestra cercando di alzare subito 100 kg sulla panca: allo stesso modo per superare la paura di parlare in pubblico, ad esempio, non è certo necessario alzarsi in piedi e parlare di fronte ad una platea di 1000 persone alla prima occasione.

Il vero segreto per superare la paura ed acquisire coraggio è farlo con determinazione e costanza, ma allo stesso tempo con gradualità, senza lanciarsi in disperati salti nel buio.

Riprendendo l’esempio della paura di parlare in pubblico, puoi iniziare a sforzarti di parlare di fronte ad un gruppo di 7-8 persone, possibilmente amici e conoscenti, per poi passare gradualmente ad una platea più ampia.

Una volta che sarai riuscito a parlare di fronte a 20 persone, sarà più facile prendere la parola di fronte ad un gruppo di 30 o 40 persone, e così via fino a raggiungere un numero di persone molto più elevato.

Con gradualità, allenando il tuo coraggio a piccoli passi, ma con impegno e perseveranza.

Ti renderai presto conto come ogni piccolo successo contribuirà a infonderti fiducia per affrontare con ancora maggiore entusiasmo il passo successivo.

L’esatto processo attraverso il quale costruisci il tuo coraggio non è così rilevante: ciò che davvero conta è che tu lo faccia con consapevolezza.

Così come i tuoi muscoli si atrofizzano se non perseveri nell’allenamento, allo stesso modo il tuo coraggio si dissolve se non ti impegni costantemente a sfidare te stesso e ad affrontare le tue paure.

Se non alleni con costanza il tuo coraggio, automaticamente rafforzi le tue paure: non esiste alcuna via intermedia.

Cerca di ricordare sempre a te stesso che la paura non è il tuo nemico.

E’ una bussola in grado di indirizzarti verso le aree dove hai maggiormente bisogno di crescere.

Quando incontri una nuova paura dentro di te, prova a celebrarla come una nuova, magnifica opportunità di crescita.

Dove ti porterà il tuo coraggio?

La risposta è che ti consentirà di condurre un’esistenza estremamente più intensa e colma di significato.

Inizierai a vivere in pienezza, come individuo responsabile e autentico.

Sarai in grado di scoprire e sviluppare i tuoi talenti, inseguire i tuoi sogni e raggiungere i tuoi obiettivi.

Sarai capace di vivere con consapevolezza, invece di reagire agli eventi avrai la possibilità di guidarli e viverli intensamente.

Ciò che fai della tua vita non dipende dai tuoi genitori, dal tuo capo o dal tuo partner.

Dipende da te e da te soltanto, è solamente nelle tue mani.

Non lasciarti sfuggire l’opportunità di abbracciare l’emozionante avventura della vita.

Sperimenterai fallimenti e delusioni, sarà inevitabile.

Ma queste saranno le pietre miliari lungo il cammino di una vita vissuta con coraggio e ti schiuderanno uno spazio infinito di gioia, pienezza e felicità.

Allora vai e affronta le tue paure, costruisci il coraggio per inseguire i tuoi sogni e celebra la tua esistenza vivendola nel pieno delle tue possibilità.

via ViviZen

Dal sito: aprilamente.info