venerdì 12 ottobre 2018

5 attori delle Serie Tv che hanno affrontato la depressione sia sul set che nella realtà


Le Serie Tv hanno spesso trattato argomenti molto delicati. Che fossero problemi sociali, etici, persino religiosi, esse sono state lo strumento per esprimere valori o condannare comportamenti negativi. A volte sono lo specchio della società in cui viviamo, di un mondo che sta cambiando o di una realtà differente dal passato.
In ogni caso, le Serie Tv sono state capaci di approfondire tematiche davvero complesse.

È alto il rischio di cadere nella superficialità e nella banalità. Ne abbiamo avuto un esempio con la recentissima Insatiable, attaccata da molti perché parrebbe giustificare il body shaming. Oppure Kidding: lo show targato Jim Carrey e che ne ha garantito il grandioso ritorno. Dal bullismo ai problemi mentali, sino a quelli dell’umore: è l’epoca in cui l’uso dei media è rivolto a diffondere insegnamenti e mostrare aspetti della realtà che dovrebbero essere corretti.

Uno dei mali più crudeli, poiché invisibile e difficile da superare, è sicuramente la depressione. Negli ultimi anni sono stati tantissimi gli artisti e le celebrità che ci hanno lasciato proprio in seguito a un tale malessere. Alcuni dei nostri amati attori delle Serie Tv ne hanno sofferto, alcuni ne soffrono tuttora e sono diventati simboli di forza e coraggio. Tra appelli di solidarietà, e l’istituzione di associazioni per persone che soffrono di depressione, sono parecchie le star che si sono mosse verso l’aiuto sociale.

Ironia del destino, o scelte consapevoli che hanno portato a tali decisioni, alcuni attori hanno interpretato a loro volta personaggi che soffrivano del medesimo disagio. Se ne abbiano ricavato dei vantaggi, o sia stata un’esperienza difficile da superare, lo potrete scoprire soltanto proseguendo la lettura.

Abbiamo elencato 5 attori delle Serie Tv che, come i loro personaggi, hanno sofferto di depressione.

1) Rachel Bloom



Rachel Bloom ha interpretato Rebecca in Crazy Ex Girlfriend. In questa Serie Tv il tema della depressione viene esplorato in chiave ironica, grazie al talento dell’attrice protagonista.

Sin dal pilot dello show è possibile leggere nel comportamento di Rebecca le stesse preoccupazioni e ansie che hanno dominato per un bel po’ di tempo la vita dell’attrice. La Bloom ha dichiarato in un’intervista a Glamour che i problemi d’umore sono iniziati da una prima notte insonne. L’idea di dover dormire era contrastata da una serie di pensieri che riguardavano il suo successo e le sue possibilità di farcela nella vita e nelle relazioni sociali. L’ansia di dover uscire per un appuntamento o un colloquio la divorava, costringendola a nuove veglie.
Iniziarono i deliri, dovuti alla paura di rovinare ogni cosa a causa della propria stanchezza mentale e fisica. Iniziava a perdere il controllo della propria ansia che diveniva invece la sua padrona.

Furono piccoli avvenimenti, come l’improvvisa proposta di matrimonio del suo ragazzo o l’avvento del programma televisivo, a trasformare un’ansia da prestazione a una vera e propria depressione. Dopo essersi resa conto di aver bisogno di aiuto, Rachel Bloom si rivolse a uno psichiatra, grazie al quale finalmente riuscì a sentirsi “salva”.

Le sessioni di dialogo le permisero di scaricare tensioni e stress, facendole capire di non essere davvero sola. Iniziò ad assumere delle piccole dosi di Prozac, andando contro gli stereotipi secondo cui gli antidepressivi facessero svuotare del tutto la propria mente. In realtà riuscì a giovarne sin da subito, constatando le bugie di tali pregiudizi riguardanti le cure con gli psicofarmaci.

“Avevo l’ansia di avere ansia, perché avevo paura che potesse rovinare la mia vita. È come un serpente che si morde la coda. Ma aprendomi con gli altri ho conosciuto persone che si sono sentite esattamente come me”.

L’attrice ha inoltre ammesso di aver trovato molto utile la pratica della meditazione. L’ha aiutata a concentrarsi sul presente, ignorando ogni tipo di pensiero negativo riguardo il futuro e i suoi progetti.

2) Jon Hamm



Mad Men è stata una Serie Tv di straordinario successo. La sceneggiatura, i dialoghi, gli stessi attori sono superlativi, così come la storia in sé. Eppure, chiunque abbia seguito questo show, conosce la malinconia che avvolge ogni episodio. Il cuore assorbe la tristezza come una spugna, divenendo un tutt'uno con quello che provano i personaggi, con quello che prova IL personaggio (Don Draper). Il successo, il potere, la ricchezza tentano di colmare il vuoto con cui si convive, perché ogni libro, ogni mass media, persino i nostri familiari ci hanno educato in questo modo.
Ci viene detto che raggiungendo la fama si potrà raggiungere la felicità stessa, perché la favola de “i soldi non fanno la felicità” in realtà è solo un’idiozia.

La Serie Tv Mad Men scardina tutto questo. Ci mostra quanto la mascolinità che impedisce a un uomo di lasciarsi andare alle proprie emozioni sia tossica, sbagliata, e quanto invece sia importante avere qualcuno al proprio fianco. La delusione verso la vita diventa pian piano una certezza, costringendo persino chi guarda a porsi delle domande su cosa, nella realtà, abbia davvero valore.

Nel 1960 ci viene mostrato quello che a occhi estranei potrebbe sembrare l’uomo più felice al mondo, Don Draper: donne, lusso, piccoli piaceri della vita che coinvolgono il fumo, l’alcol, il sesso. Ebbene, è proprio lui – invece – a essere l’anima più tormentata. Ammettiamolo: Don Draper soffre di depressione. Lo si intuisce in quasi ogni episodio, dal dolore provato in seguito alla perdita dei suoi cari – sia fisica, che affettiva –, dal modo in cui tenta di soffocare quel vuoto inspiegabile con l’abuso di alcol.
Si assiste a una distruzione lenta, causata da lui stesso, in un’epoca in cui parlare del proprio malessere interiore era un tabù, era strano, specialmente per un uomo.

E così come Don affoga la propria dannazione nel bere, così fa il suo interprete. Hamm andò in riabilitazione a causa della sua dipendenza dall’alcol nel 2015. È stato un passo importante per lui, perché consapevole di avere un problema. La motivazione a voler uscire da quel limbo lo spinse a reagire al proprio malessere. Jon Hamm è un attore che ha conosciuto il successo un po’ tardi rispetto a molte celebrità del medesimo calibro. A 36 anni prende parte a Mad Men, dando prova del suo enorme talento.

Ma il raggiungimento della fama non cancella quello che è stato un passato oscuro.

Il seducente attore, così come il suo personaggio, ha infatti sofferto di depressione. Egli ha parlato apertamente dei suoi problemi con l’alcol e la malattia. In un’intervista al Daily Mail, Hamm ha dichiarato che la sua interpretazione di Draper è stata inspirata da suo padre, il quale era intelligente, furbo, gentile con le persone, il classico “amico di tutti”. Eppure, come il pubblicitario protagonista della Serie Tv, era un uomo sofferente. L’attore ha vissuto il divorzio dei suoi genitori, la morte della madre quando aveva soltanto 10 anni e la lenta malattia del padre. Fu un’esperienza durissima per Hamm.

Suo padre si ammalò di cancro, così come i suoi nonni. Guardarli soffrire lentamente, impotenti, fu l’ennesima sconfitta per l’attore che ricorda quel periodo come il più triste della sua infanzia. Perse la figura paterna a 20 anni e dopo aver lasciato la scuola cominciò a vivere nell’ombra della propria tristezza. Era depresso, restava a letto ogni giorno, dormendo sino al pomeriggio del giorno successivo, senza far mai nulla.

L’attore ha persino confermato di aver avuto dei pensieri riguardanti il suicidio, aggiungendo quanto possa essere “semplice” averli se si vive in quel modo, isolandosi da tutto e tutti. Fu proprio sua sorella a fargli realizzare di essere depresso e di aver bisogno di aiuto.
Dopo aver cominciato a essere seguito da un terapista, ricorrendo a vari psicofarmaci, capì che era quella la strada giusta da percorrere.

Gli antidepressivi e la terapia aiutano davvero, ti donano una nuova prospettiva quando sei perso nella tua stessa spirale. Cambiano il tuo modo di riflettere in positivo, facendoti pensare: okay, sto meglio, posso alzarmi questa mattina, fare qualcosa, andare a lavorare. Non restare a letto a non far nulla, posso tornare a essere il mio stesso motivatore.

Ancora oggi Hamm non ha concluso il suo percorso verso la guarigione, poiché guarire dalla depressione è difficile ma non impossibile. È una continua lotta con se stessi e lo stesso attore sa di essere “rotto”, nessuno può negarlo. Ma è ugualmente consapevole di essere forte abbastanza da poter superare ogni difficoltà.

3) Jared Padalecki



I fratelli Winchester ne hanno viste di tutti i colori. Dall’iniziale perdita della madre a un susseguirsi ininterrotto di morte e distruzione, di demoni e angeli, di giustizia e malvagità. Dean ha vissuto le pene dell’inferno e Sam, il fratellino nerd, non è certo da meno. Chiunque abbia seguito la Serie Tv, anche per un breve periodo, sa quanto il rapporto fraterno tra i due protagonisti sia importante. Si supportano e si sopportano l’un l’altro. Sembrano “non una coppia sposata, ma dei gemelli siamesi”, come viene detto proprio nella Serie Tv. Dean c’è per Sam nei momenti bui e terrificanti, nella vita e nella morte.

Sono dei personaggi diversi tra loro, con una caratterizzazione completamente opposta e hanno vissuto un’evoluzione incredibile stagione dopo stagione. Dean è sempre stato quello più impulsivo, la testa calda della famiglia, cinico e pessimista (malgrado lui si potrebbe definire un “incallito realista”). D’altra parte, Sam è la sua antitesi: riflessivo, calmo, paziente, vede il lato positivo in ogni situazione al limite dell’impossibile. Trova il buono nelle persone, si fida più facilmente rispetto al fratello e il suo modus operandi il più delle volte si basa sul dialogo che sulla forza.
Ma man mano che la storia dei Winchester si evolve, così la personalità dei fratelli muta.

Sarebbe assurdo non ammettere che le avventure dei due cacciatori non abbiano mai influito sul loro carattere, sulla loro vita, sulla loro psiche: sarebbe una bugia. Nella quarta stagione ritroviamo un Dean distrutto dall’inferno, incapace di ricordare quegli “anni” senza sentire ancora addosso tutto il dolore provato. A sua volta, nella sesta è Sam a essere dapprima apatico, poiché senza anima, e poi colmo di rimorsi e dolore. Per non parlare dell’influenza di Lucifero che gioca con la sua mente, distruggendo ogni appiglio alla realtà, ogni sicurezza che il minore dei Winchester si era guadagnato superando ogni avversità.

E proprio nella tredicesima stagione ritroviamo Sam depresso, bisognoso di conforto. Perde il suo ottimismo e il sogno di poter un giorno vivere una vita normale inizia a svanire del tutto. È così che il duo fraterno si inverte ancora, perché se dapprima era il minore a consolare il maggiore, adesso avviene il contrario. È Dean a dar coraggio, a spingere il fratello ad avere “fede” quando egli attraversa un periodo oscuro.
Come il suo personaggio, anche l’interprete di Sam Winchester – Jared Padalecki – ha sofferto di ansia e depressione.

Padalecki, nel 2008, sul set di Supernatural visse un attacco d’ansia, il quale lo costrinse ad abbandonare immediatamente il posto di lavoro. Fu dopo una visita medica che l’attore scoprì di soffrire di depressione. Dopo aver vissuto la perdita di un amico, morto suicida, e la costante lotta con se stesso per via della propria diagnosi, iniziò a chiedersi cosa potesse fare per aiutare agli altri. L’attore ha deciso quindi di muoversi nel campo sociale, realizzando la campagna #AlwaysKeepFighting in modo da aiutare e sensibilizzare le persone verso i disturbi psichici e dell’umore. Questa campagna sostiene l’organizzazione non profit “To Write Love on Her Arms”, la quale supporta persone che combattono contro la depressione, dipendenze, autolesionismo e il suicidio.

Rendendo pubblico anche il proprio disagio, l’attore si è messo in prima linea per sostenere persone che affrontano periodi bui, sostenendole e ricordando loro che c’è sempre una ragione per avere speranza. In un’intervista alla CNN, Padalecki ha dichiarato di convivere ancora con l’ansia e che le celebrità – come tutti – sono degli esseri umani, dotati di emozioni.
Così come i loro personaggi, anche Padalecki e Ackles sono legati nella vita reale.

Jensen infatti non resta indifferente quando il suo collega e amico non sta bene, lo capisce subito, lo “fiuta”. Durante la Seattle Con (#SPNSea) l’attore che interpreta Dean Winchester ha affermato: “Me ne accorgo, lo sento quando ha una brutta giornata. Cerco di tirargli su il morale con qualche battuta, o cerco di distrarre la sua mente da qualsiasi cosa lo stia turbando in quell’istante”. La sintonia dei due attori combacia perfettamente con quella dei loro personaggi, con i quali sono quasi diventati ormai un tutt’uno. Quando un attore si muove nel sociale, promuovendo messaggi così importanti come la lotta all’autolesionismo e alla depressione, non si può che sostenerlo.

Che Sam Winchester fosse una persona squisita, i fan lo sapevano già da un pezzo. Ma Jared Padalecki lo è decisamente un po’ di più.

4) Hugh Laurie



Hugh Laurie è forse uno degli attori più conosciuti al mondo, non solo per il successo ottenuto grazie al cinema, bensì per la Serie Tv Dr. House.

Le otto stagioni di cui si compone lo show ruotano attorno al protagonista, il medico Gregory House, il quale si presenta sin dal pilot come un personaggio piuttosto insolito.
House infatti non è il classico medico al quale puoi parlare dei mal di testa notturni o delle nausee causate dalla mancata colazione, no.

Il Dr. House è un uomo quasi apatico, le cui diagnosi per guarire i propri pazienti nascono come vere e proprie sfide da vincere. Burbero, capriccioso, cinico, con gravi problemi nel mostrarsi empatico con gli altri, deve ogni giorni fare i conti con forte dolore alla gamba che lo costringe all’utilizzo di un bastone. La sua camminata zoppicante, infatti, è diventata un must della Serie Tv.

Ma il protagonista non è un dottore invalido che cerca di giocare a Sherlock Holmes con le vite dei pazienti. La Serie Tv mette in mostra il valore dell’etica che si scontra con la scienza, l’empatia che fa a pugni con la razionalità. House soffre di dipendenza dal Vicodin, un antidolorifico che assume quotidianamente per alleviare il dolore al suo arto malato. E dal comportamento del personaggio si può trarre la conclusione che la sua dipendenza non sia l’unico male a nuocere alla sua salute. Non è un caso che l’abuso di quell’antidolorifico causi – insieme ad altri effetti collaterali – depressione.

Il Dr. House è depresso, nello show è stato reso palese più volte. L’atteggiamento repulsivo, la mancanza di empatia annessa alla scarsa voglia di fare ciò che piace, l’anestetizzazione del piacere, sono soltanto alcuni dei tantissimi sintomi che presenta una persona depressa, e non si può negare che egli non lo sia. Il merito di saper interpretare un tale personaggio con un simile pathos lo si deve tutto a Hugh Laurie.

Purtroppo, così come il suo “amato” personaggio, anche lui ha sofferto di depressione.

Ha preferito non parlarne a “cuore aperto” proprio per evitare di essere visto come una vittima in cerca di attenzioni, puntando il dito contro celebrità che sfruttano questa malattia solo per scopi pubblicitari. L’attore ha sofferto di depressione, da lui definita “Pesante Infelicità”, sin dall’adolescenza. Da un’iniziale riluttanza nell’accettare il problema, sino al rifiuto categorico delle cure, ha poi deciso di affidarsi a una riabilitazione insieme a degli psicoterapeuti.

Nella biografia scritta da Anthony Bunko, “Hugh Laurie: The Biography”, l’artista ha ribadito quanto la sua condizione infelice non influenzasse soltanto la sua vita, ma anche quella della sua famiglia e di chi aveva intorno La malattia dell’attore scaturiva dal bisogno di essere costantemente consapevole del proprio successo, preoccupandosi – da reazione – di eventuali fallimenti. Non riguardava semplicemente l’avere dei pensieri negativi riguardo se stessi, bensì l’intera realtà che lo circondava e tutte le azioni che da tale negatività avrebbero portato a un fallimento esistenziale. Più la sua carriera raggiungeva l’apice, più quel malessere lo struggeva.

Ero malato, egocentrico, egoista, fin quando non ho deciso di reagire riguardo la mia malattia.

Queste le parole dell’attore che aggiunse di ricordare ancora il giorno in cui si rese conto di avere un problema. Fu proprio durante una corsa, per una gara di beneficenza, che iniziarono a insinuarsi tra i suoi pensieri delle idee confusionarie. Idee che lo ponevano dinanzi a tematiche riguardanti la vita, la morte. Proprio allora si rese conto di essere depresso e che era giunto il momento di fare qualcosa a riguardo.

La depressione è una malattia a tutti gli effetti e come tale si manifesta in modo diverso in persone diverse, le quali hanno tutto il diritto di ricevere delle cure ed essere accompagnate in un percorso riabilitativo. La depressione non si presenta a tutti nello stesso modo. A volte sopita in un silenzio esistenziale, può manifestarsi nei momenti meno opportuni, sia in compagnia di altre persone o meno. È un’autodistruzione involontaria. L’attore è entrato in contatto con la malattia sin da giovanissimo, poiché anche la madre Patricia ne soffriva.

In un intervista al Daily Mail, Laurie ha rivelato persino che interpretare House stava divenendo un vero e proprio incubo. La speranza di andare incontro a qualche incidente non sembrava poi così assurda, il tutto pur di saltare qualche giorno dal lavoro. Il dovere della perfezione a cui aspira un medico, e un attore che interpreta un tale mestiere, si ripercuoteva nella realtà. Hugh Laurie, malgrado recitasse in una delle Serie Tv più popolari al mondo, non riuscì a godersi tale fama al 100%.

Dopo esser stato seguito da molti psicoterapeuti, e averne giovato soprattutto, l’attore ha rivelato di stare meglio e di essere felice di vivere. Una gioia che tutti dovrebbero avere il diritto di possedere.

5) Jim Carrey



Jim Carrey sta ottenendo un successo pazzesco con la sua nuova Serie Tv. Non è la solita comedy che siamo abituati a vedere: Kidding è un universo di realtà capaci di far sorridere e avvilire al contempo. Il protagonista, Jeff Piccirillo, deve adattarsi nuovamente alla vita: la perdita del figlio lo ha destabilizzato. Imparare a convivere con una tale tragedia è complesso, così come lo è ricucire i rapporti in famiglia. E la maschera che ogni giorno deve portare a lavoro, quella di Mr. Pickles, non aiuta affatto.

Tale personaggio, tale interprete: conosciamo tutti i trascorsi del nostro amato Jim Carrey.

Aveva abbandonato le scene, era stato criticato per il suo aspetto e per le sue decisioni personali. In realtà l’attore ha davvero vissuto periodi bui dal momento in cui è iniziata la sua carriera. Solo nel 2009 egli ha fatto “outing“, rivelando la propria malattia al pubblico. Ha deciso di muoversi nel sociale, dichiarando più volte quanto sia importante ricevere delle cure ed essere seguiti perché è un percorso difficile ma si può comunque uscire dalla depressione. In più di un’intervista ha pubblicamente affermato quanto sia importante restare se stessidurante il percorso verso la propria realizzazione. È facile perdersi tra i falsi sorrisi, le ipocrisie, il denaro, l’idea di avere successo.

La constatazione di perdere pian piano le persone che ci stanno accanto, o piccole parti di noi stessi, mettono tutto sottosopra. E il mondo che si era venuto a creare, inizia a sgretolarsi.

Carrey ha sofferto di depressione, ma di recente ha messo le cose in chiaro: “A volte sono felice. In questo periodo non soffro di depressione. Ne ho sofferto, sì, per anni. Ma adesso se arriva la pioggia, piove. Ma poi va via. Non resta e non mi sommerge facendomi soffocare come prima”.

L’attore è riuscito a superare la malattia curando se stesso, non solo fisicamente (evitando droghe e alcol), ma anche spiritualmente. Ha trovato il suo posto, prendendosi cura del proprio lato spirituale e approcciandosi al mondo sotto una nuova prospettiva. Essere costantemente impegnato è stato inoltre fondamentale per Carrey, il quale è riuscito a distrarsi da determinati pensieri negativi e focalizzarsi su ciò che c’è di buono adesso. Ha dichiarato di aver anche sfruttatomomenti di tristezza per incrementare le proprie doti recitative, specie quelle drammatiche.
Incanalare la propria tristezza verso qualcosa di positivo è sicuramente un ottimo modo per non lasciarsi sprofondare nella malinconia.

Non possiamo quindi che augurare il meglio al nostro Jim, il quale – finalmente – fa parte del nostro mondo delle Serie Tv.

Dal Sito: hallofseries.com



Claire Foy da sempre in preda all'ansia




Da quasi 30 anni l'ansia ossessiona Claire Foy.

Esplosa in tv grazie all'iconico ruolo della Regina Elisabetta II in The Crown, serie Netflix che le ha permesso di vincere due Premi Emmy, due Screen Actors Guild Awards e un Golden Globe nella sezione miglior attrice in una serie drammatica, la 34enne Claire Foy è ormai pronta al decollo cinematografico.

Moglie di Ryan Gosling ne Il Primo Uomo, film d'apertura alla Mostra del Cinema di Venezia, la Foy sarà anche Lisbeth Salander nell'adattamento di Quello che non uccide. Due ruoli da Oscar per un'attrice che ha confidato al The Guardian un'inattesa battaglia. Quella contro l'ansia, che da sempre la opprime.


«Chi si soffre di ansia, ha paura persino ad attraversare la strada. Non è legata a nulla che possa sembrare logico. È un sentimento che parte dalla bocca dello stomaco e ti fa sentire impotente, perché sei “questo” o “quello”. La mia mente va a mille al secondo, i pensieri si accavallano».


Un problema che la Foy riconduce alla sua infanzia, quando aveva appena 8 anni, da combattere attraverso la psicoterapia.


«L’ansia è ancora qui a tenermi compagnia, ma non le do più tanta importanza. Prima pensavo che fosse tutta la mia vita, che potesse condizionarmi in modo totale. Che ci avrei lottato, lottato e ancora lottato contro, per poi sentirmi avvilita. Ora sono riuscita a dissociarmi dall’ansia»



Di dr. apocalypse


Dal Sito: gossipblog.it

4 errori che facciamo quasi tutti e ci fanno dormire male





Non ricordate l’ultima volta in cui avete dormito 8 ore di seguito? Fate fatica ad addormentarvi? Ecco 4 consigli per dormire meglio e più a lungo

Non sapete più cosa vuol dire svegliarsi tardi e sentire quella sensazione di relax ed energia che può arrivare solo dopo un sonno ristoratore.

Vorreste solo riposare bene ed evitare quella terribile percezione di occhi che bruciano e mente affaticata.

Tranquilli, non siete soli.

Secondo un sondaggio dell’Associazione Europea Disturbi da Attacchi di Panico, sette italiani su dieci hanno questo tipo di disturbimentre quattro italiani su dieci hanno difficoltà ad addormentarsi.

Vi diamo degli accorgimenti per dormire meglio e sentirvi più rilassati durante la giornata.
Attenzione a cosa mangiate

Quello che mangiamo è direttamente collegato a come dormiamo.

Prima di andare a dormite evitate i cibi che contengono sostanze eccitanti come teina, caffeina, cioccolato e alcol.

Preferite alimenti come pasta, legumi o cereali e una buona tazza di latte caldo per favorire il rilassamento.

Spegnete gli accessori elettronici

Almeno 1-2 ore prima di andare a dormire spegnete smarphone, tablet, tv e computer.

La luce blu emessa da questi dispositivi inganna il vostro cervello poiché ha lo stesso effetto del sole: inibisce la produzione di melatonina, l’ormone del sonno e vi tiene svegli.

Concedetevi un buon libro o semplicemente usate quel tempo per pensare alle cose belle della giornata, il vostro sonno sarà più rilassato.

Niente palestra dopo cena

Lo sport durante la giornata ha degli effetti benefici nel riposo notturno ma si devono avere delle accortezze specifiche.

Ad esempio, bisognerebbe evitare di fare sport a ridosso del momento del riposo poiché l’allenamento eleva la temperatura corporea e accelera il metabolismo.

Finite quindi il vostro allenamento almeno tre ore prima di andare a dormire.

Lasciate i pensieri diurni fuori dal letto

Ve ne sarete accorti, quello che viviamo durante il giorno si ripercuote sulle ore notturne.

Preoccupazioni, stress, ansia e pensieri convergono tutti nel momento in cui abbassiamo la guardia.

Per questo si può imparare a tenere a bada i pensieri con tecniche di rilassamento mirate ed evitando di stressarvi troppo nelle ore diurne.

Cominciate con portare a conclusione un compito senza farvi distrarre dai social network o dalle mail, vi sentirete più produttivi, efficaci e soddisfatti.

Prima di andare a dormire concentratevi solo sul vostro respiro e rilassate la muscolatura, imparerete presto a farvi rapire dalle braccia di Morfeo.


E a tutto il resto penserete domattina.

di ELISA CASTELLANO


Dal Sito: grazia.it

Ansia: quando si parla di patologia e come comportarsi quando arriva



Secondo il rapporto Istat 2017, gli italiani che soffrono d’ansia sono circa 2 milioni e mezzo e i ricavi delle vendite di ansiolitici arrivano a cifre da capogiro. Insomma, siamo un popolo di ansiosi

L’ansia è un’emozione incredibilmente spiacevole, arriva in tutta la sua potenza e dirige la quotidianità appropriandosi del nostro corpo e della nostra vita.

Si insidia quando siamo al supermercato o dal panettiere, arriva in momenti in cui chiediamo solo tranquillità, impedisce di svolgere le attività lavorative e sociali con la serenità che richiederebbero. Non parliamo poi del momento in cui sono in atto cambiamenti o incontri importanti: in questo caso il livello d’ansia può arrivare a picchi così alti da sfociare in panico vero e proprio.

L’ansia però, per quanto fastidiosa, è un’emozione utile e funzionale. Agisce come un sistema di allarme: c’è un pericolo davanti a noi ed ecco che arriva avvisandoci che qualcosa non va e che quindi è il momento di fare qualcosa, di scegliere come vogliamo agire.

E se il pericolo non c’è? Se davanti a noi è tutto sereno ma noi sentiamo l’ansia che sale? Anche in questo caso il pericolo c’è, eccome. È dentro di voi, è la percezione che avete della situazione o sono conflitti, dinamiche e pensieri che state facendo in merito a qualcosa o qualcuno.

Spesso è molto difficile individuarli, non capiamo perché ci sentiamo irrequieti e abbiamo tutti quei sintomi che ci fanno stare male. La verità è che l’ansia è prepotente, per essere sicura che venga ascoltata si manifesta in modo molto evidente. Tremori interni, respiro affannato, nodo in gola, episodi di tachicardia, senso di allarme, pianti improvvisi, paure ingiustificate, fobie, panico. A questo punto il sistema di allarme è andato in tilt.

Diventa patologia quando non riusciamo più ad avere controllo su questi sintomi, quando sentiamo che le nostre abitudini sono cambiate a causa del terrore, quando abbiamo paura della paura. E quando ce ne rendiamo conto è il momento di chiedere aiuto a un professionista. Perché tutti possono comprendere e guarire dall’ansia.


di ELISA CASTELLANO


Dal Sito: vanityfair.it

Combattere l'ansia: 5 modi per affrontarla nel modo giusto



L'ansia è un disturbo che può rovinare le nostre giornate e renderle più difficili da gestire.

Ansia, stress e problemi che originano da questi due disturbi sono all'ordine del giorno nel mondo moderno. La vita frenetica, le migliaia di cose da fare e il livello di precisione, dinamismo, velocità richiesto dagli altri o che noi richiediamo a noi stessi, contribuiscono a peggiorare il problema, se non addirittura a generarlo.

Riconoscere che si ha un problema di ansia è in parte già imboccare la strada della soluzione. Guardare in modo consapevole alla nostra condizione stressante ci aiuta infatti a fare un'analisi attenta del nostro disagio e a trovare, anche con l'aiuto esterno, dei rimedi che riportino serenità nelle nostre giornate.


In generale, ecco 5 modi per affrontare e combattere l'ansia:

  • Prendersi cura di sé stessi - Coccolarsi, fare una vita sana, evitare le situazioni stressanti, dormire 7 ore a notte, non saltare i pasti. Tutte queste attività, semplici eppure spesso trascurate, sono il primo passo per ingabbiare l'ansia e vivere meglio.
  • Parlare del proprio disagio - L'ansia spesso provoca vergogna. Ci sentiamo a disagio come affrontiamo le situazioni e questo ci fa chiudere agli altri, peggiorando la nostra condizione mentale. Imparare a parlare e ad esternare i problemi, aiuta a far calare anche l'ansia e a farci sentire meno soli.
  • Farsi aiutare dalla tecnologia - Nel mondo moderno ci sono un sacco di app utili per venire incontro al problema di stress e ansia. Scarichiamo quelle che riguardano respirazione, meditazione, suoni relax e persino pensieri del giorno positivi. Sembra una futilità, ma invece è un ulteriore aiuto per stare meglio.
  • Fare cose divertenti e ricreative - Niente come una buona attività ricreativa, da fare a cadenze regolari, aiuta a liberarsi dallo stress e anche dall'ansia. Scegliamo noi quella che più ci piace, ricordandoci che dobbiamo percepirla come un aiuto e non come un obbligo o da utile diventerà addirittura dannosa.
  • Affidarsi all'aiuto di un professionista - Se ci rendiamo conto che l'ansia sta bloccando le nostre giornate, impedendoci di vivere serenamente, affidiamoci senza vergogna o timore ad un professionista. Un terapeuta potrà darci gli strumenti necessari per uscire dall'impasse e tornare a respirare e a sorridere.

Dal Sito: benessereblog.it

Empatia, ecco come puoi parlare con chi sta soffrendo




Essere empatici: ecco alcuni suggerimenti per parlare nel modo giusto con chi sta soffrendo.

Può capitare di trovarsi nella situazione di dare man forte a un amico o a un familiare, che cerca conforto nelle nostre parole, dopo aver vissuto un’esperienza negativa.

Immedesimarsi nel suo stato di sofferenza, guardare dalla sua prospettiva significa essere empatici, ovvero sentire “con” l’altro. L’empatia è un’abilità sviluppata in quasi tutte le persone, seppure in maniera differente, ed è in grado di rafforzare i legami sociali.


Non è certo cosa da poco trovare le parole giuste per confortare chi abbiamo di fronte: sentiamo la sua sofferenza e cerchiamo di tirarlo su. Ci proviamo con tutte le nostre forze perché vorremmo alleviare quell’espressione sofferente che leggiamo nei suoi occhi. E magari, spontaneamente, cerchiamo di sottolineare che al di là della situazione negativa che gli sta arrecando dolore, ci sono tante cose belle nella sua vita e per cui vale la pena di mettere da parte i tristi momenti. Potrebbe sembrare la tattica giusta, ma non leggiamo nel suo volto quel guizzo di sollievo che avremmo voluto scorgere. Anzi, magari notiamo l’effetto contrario. Dove sbagliamo?

Secondo un noto psichiatra americano, Glen Gabbard, quando si entra in contatto con persone depresse, può risultare controproducente puntare il discorso sugli aspetti positivi della sua vita, piuttosto è bene rimarcare l’idea secondo cui, quella sofferenza ha senso che esista.

Nello specifico, quando parliamo con qualcuno che sta soffrendo è bene evitare, ad esempio, espressioni come “ma almeno…” e subito dopo presentare gli “aspetti positivi” della sua vita. Quello che recepisce l’altra persona è una sensazione di incomprensione, ovvero “sei triste perché vedi solo i lati negativi della tua vita”.

Al contrario, ecco quello che possiamo fare per essere empatici nei confronti dell’altro:
evitare ansia: ad esempio dire “meglio che ti prendi una pausa dal lavoro, un mio caro amico ha subìto un infarto”, è sbagliato. Una frase di questo tipo genera infatti ansia e sortirà un effetto negativo;
non giudicare: evitare di esprimere un giudizio netto è un’ottima tattica da adottare. In questo modo, l’altra persona non si sentirà sottoposta al nostro giudizio e avrà la sensazione di essere compresa;
accettare e stimolare chi si ha di fronte: ascoltare senza dare un giudizio è una carta vincente, ma a questo atteggiamento è bene alternare un’analisi del comportamento dell’altro, per cercare di capire cosa non va e cosa si potrebbe fare per migliorare la condizione attuale;
rivolgersi direttamente al proprio interlocutore: frasi come “sento che per te è un momento molto triste, ma so anche che hai tutte le carte in regola per potercela fare” può essere un valido spunto per intavolare la conversazione. Messaggi costruiti su misura della persona, aiutano infatti a esplorare le sue emozioni.


Dal Sito: dilei.it

“Non respiravo più, avevo continui attacchi di panico”: Gisele Bündchen e la doppia faccia del successo



Il successo, il contratto da $25 milioni per Victoria’s Secret, poi il vuoto. E un grande senso di colpa che ha innescato in Gisele Bündchen il bisogno di aiuto.

“Le cose da fuori possono sembrare perfette ma nessuno ha idea di cosa stia realmente accadendo dentro”: Gisele Bündchen ha parlato per la prima volta dei suoi attacchi di panico, facendo una confessione umana che apre gli occhi al mondo. Ovvero che ogni donna è umana. E che ogni donna riesce a uscire – sempre e comunque - dal tunnel della sofferenza.

Il primo passo avanti di Gisele Bündchen è stato marcato dal suo libro recentemente pubblicato, Lessons: My Path to a Meaningful Life, in cui ha raccontato il forte stato di ansia che ha dominato costantemente la sua vita al picco della sua carriera. Un successo da vera star, il contratto di $25 milioni con Victoria Secret’s. Poi, il vuoto. Il panico. Da allora al suo racconto odierno a People, Gisele Bündchen ha percorso quella lunga strada che tante altre donne avranno già intrapreso in attesa di rivedere la luce: “Ho sentito che il momento di condividere le mie vulnerabilità era arrivato. E ho realizzato che non cambierei mai tutto ciò che ho vissuto perché penso abbia definito la persona che sono oggi”.

Gisele Bündchen ha avuto il suo primo attacco di panico nel 2003, sviluppando anche un forte senso di claustrofobia che si alternava a quei momenti di buio puntuali e senza avviso. E all’apice di quel successo per cui aveva sempre duramente lavorato, Gisele iniziò a sentirsi in colpa per ciò che stava attraversando: “Mi sentivo senza potere. Il mondo diventa sempre più piccolo e non riesci più a respirare, che è la sensazione più orribile che io abbia mai provato”. Ma il peggio è che quando ascolti la voce dell’ansia, quando lasci che sia il panico a dominare te e non viceversa, arrivano i pensieri peggiori: “Una volta pensai che se mi fossi lanciata dal balcone tutto questo sarebbe finito. Non avrei dovuto preoccuparmi mai più di questo opprimente stato d’animo”, ha raccontato la star brasiliana. Ma quel pensiero suicida fu la svolta: aveva bisogno di aiuto per cambiare in meglio la sua vita.

Come vincere gli attacchi di panico? Gisele Bündchen si è riappropriata della sua vita iniziando da uno psicoterapeuta. No, lei Xanax non ne ha voluto. Ha smesso di fumare, bere alcol e mangiare zuccheri. Si è avvicinata allo yoga. Ha posto fine alla sua relazione con Leonardo Di Caprio (che stava frequentando a quel tempo). Ma, più di ogni altra cosa, è stata la volontà di riscatto a guidarla verso la guarigione. Perché la verità (e chi ha sofferto di panico lo sa) è che è nel momento in cui consapevolizzi la presenza del problema che senti di dover chiedere aiuto. È nel momento in cui tendi la mano per farti aiutare che sei già a metà dell’opera. E se gli specialisti ripetono sempre che “di panico non si muore”, la storia di Gisele Bündchen insegna: di panico si guarisce soltanto. Perché ci sarà sempre un giorno in cui il respiro ritorna. E poi il sole.


Dal Sito: elle.com

lunedì 8 ottobre 2018

Ci si può liberare degli attacchi di panico?






Il cuore che accelera, il respiro che affanna, la vista che si annebbia: solo chi soffre di attacchi di panico può capire quell’orrenda sensazione che, quasi come un presagio di morte, si abbatte sulla persona colpita in certi momenti.

Secondo le statistiche, sarebbero quasi 10 milioni gli italiani a soffrire di attacchi di panico, eppure soltanto un numero molto più esiguo lo ammette con serenità; tutti gli altri mantengono questo segreto come fosse qualcosa di inconfessabile, andando, tra l’altro, a peggiorare la propria condizione.

Angoscia allo stato puro

Sono diversi i sintomi che possono venir coinvolti durante un attacco, come diversa è la loro durata, volta per volta, o l’ordine in cui compaiono: anzi, c’è chi non ha mai sperimentato questo viaggio all’inferno e chi ne ha provato il terrore soltanto una volta nella vita, ma sono in tanti coloro che si sono arresi ad un’esistenza costellata da questi episodi, verso i quali si sentono completamente impotenti.
In genere, si tratta di un decorso di pochi secondi (insorgenza – apice – decrescita) che, però, è capace di immobilizzare completamente la vittima, oscurandone persino le facoltà mentali e la coscienza dietro la paura di morire, di poter smettere di respirare da un momento all’altro o di perdere il controllo del proprio corpo. 
La difficoltà con cui moltissimi si interfacciano al problema, poi, è ancora più grave, perché non permette di trovare una soluzione che, invece, lavorando duramente su se stessi, potrebbe portare anche ad una guarigione completa.
Ogni qualvolta un malessere colpisce la mente, più che il corpo, in tanti prevale ancora l’antico pregiudizio del “meglio tacere” quando, invece, come per ogni altro problema in cui la nostra macchina umana imperfetta può ritrovarsi, agire per tempo, anche attraverso l’aiuto di un professionista, può essere fondamentale ed anche salvavita.

Cosa fare?

Gli psicologi hanno moltissime strategie da consigliare a chi soffre di attacchi di panico.
Innanzitutto, come per tante altre casistiche, l’accettazione: nessuno è perfetto e sono tante le cose della vita che possono contaminare la nostra salute psicofisica, anche per brevi periodi; l’importante è riconoscere di avere un problema, per poterlo poi affrontare e superare!
Inoltre, si è verificato che l’insorgenza di questi episodi è correlata ad una aggressività malcelata che non si avrebbe modo, o coraggio, di esternare: situazioni di malessere, cattivi partner o false amicizie, poca serenità sul lavoro o in famiglia diventano tutte possibili cause per coloro che subiscono senza far valere il proprio punto di vista e senza accettare, paradossalmente, il proprio stesso dolore. Una soluzione, in questo caso, può essere guardarsi dall’esterno, de-personalizzarsi e darsi dei consigli proprio come si farebbe con un’amica: insomma, amarsi di più, come ameremmo qualcuno di caro!
Anche dedicarsi ad attività artistiche che permettano di esprimere la propria personalità può essere valido per “sfogarsi”: teatro, pittura, canto, scrittura, sono tutte tecniche molto valide, capaci anche di metterci in contatto con la parte più intima di noi stessi o di svelare, chissà, persino qualche talento nascosto!

Dal Sito: 
yourmag.it