mercoledì 25 novembre 2015

Attacchi di panico con la psicologa. Milano in testa

Combattere gli attacchi di panico, prima che diventino un problema, avvalendosi di una psicologa. Milano, una città prolifica per le professionalità esistenti.

 Troppe preoccupazioni, stress eccessivo, poco tempo a disposizione e incapacità di gestione delle emozioni, possono creare nei soggetti più sensibili stati di ansia che, se non arginati, possono portare agli attacchi di panico e, quindi, a vere e proprie patologie.
• Attacchi di panico – numeri e soluzioni
Recentemente, poiché il tenore di vita di ognuno di noi diventa sempre più stressante e con ritmi sempre più densi, i casi di attacchi di panico sono esponenzialmente aumentati. L’Italia non è esente da questo fenomeno negativo e, soprattutto, nelle città più urbanizzate si sono registrate molte richieste ai aiuto agli esperti: uno psicologo ha in media 5 pazienti che soffrono di attacchi di panico. La figura maggiormente scelta dagli italiani per la risoluzione di questi problemi è quella della psicologa; Milano sembra essere, insieme a Roma, la città in cui vi sono più studi specializzati che offrono soluzioni personalizzate.

• Cosa sono gli attacchi di panico e quali sono le cause?
Gli attacchi di panico sono episodi improvvisi che si sviluppano senza motivo apparente. Provocano reazioni psicologiche ma, soprattutto, fisiche che possono generalmente spaventare il soggetto che può pensare non solo di aver perso il controllo, ma anche di avere un infarto in corso o di essere, addirittura, prossimo alla morte. È opportuno distinguere gli episodi isolati di attacchi di panico da un disturbo cronico e, quindi, in grado di invalidare la quotidianità del soggetto.
Le cause non si conoscono con certezza e variano da persona a persona. Tuttavia tre sono i fattori che, tendenzialmente, possono incidere: la genetica, il malfunzionamento di specifiche aree del cervello e lo stress eccessivo.

• Quali sono i sintomi degli attacchi di panico?
Solitamente i sintomi, come le cause, variano da soggetto a soggetto: talvolta un solo soggetto può avere un solo sintomo, oppure a fasi alterne anche più di uno.
I principali sintomi, sostanzialmente, sono: sudorazione eccessiva e improvvisa, battito cardiaco accelerato, tremore, iperventilazione, respiro corto, brividi, nausea, dolore cardiaco e crampi addominali.
È molto difficile comprendere la portata e la gravità di ciascuna manifestazione, durante un attacco di panico. Ma, nel caso in cui doveste riconoscere uno di questi campanelli di allarme, vi consigliamo di rivolgervi a uno specialista poiché trascurare una patologia di questa portata, può indurre chiunque a degenerare sino ad avere bisogno non solo di efficaci – ma blande - tecniche di rilassamento, ma anche un trattamento psicoterapeutico e farmacologico indispensabile.

Link:

Comunicati-Stampa.Net 

giovedì 12 novembre 2015

Ansia: 7 consigli per gestire un attacco di panico

Il centesimo attacco di panico è come il primo. E cioè non importa quante volte abbiamo sperimentato i sintomi odiosi - dolore al petto, pelle arrossata, batticuore e respiro difficoltoso: non appena si palesano, immediatamente temiamo di dover correre al pronto soccorso per un infarto o una crisi respiratoria. Insomma, sembra quasi impossibile fare tesoro dell'esperienza sugli attacchi di ansia.
E invece, quando tutto è finito e torniamo razionali, scopriamo ancora una volta che non siamo morti né abbiamo avuto bisogno del medico. Il passo successivo è cominciare a mettere in pratica delle mosse che ci aiuteranno a superare il prossimo attacco senza soccombere al terrore.
Ecco i passi da mettere in pratica. Non serviranno a fermare l'ansia, ma a gestirla nel modo migliore.
 


1. Accetta l'attacco di panico
E' impossibile fermare l'ansia con la forza di volontà. Quello che invece possiamo imparare è riconoscere i segnali dell'ansia. Dite a voi stessi: "Sto avendo un attacco".


2. Prendi nota
Una volta compreso che state avendo un attacco di ansia, prendete carta e penna e scrivete quello che state provando a livello fisico ed emotivo. Cercate di evitare pensieri catastrofici come "morirò", "sono solo e nessuno può aiutarmi", "potrei svenire". Annotare le sensazioni aiuta proprio a prevenire questi pensieri.


3. Respira
Il respiro corto è tipico dell'attacco di ansia. Cercate allora di respirare con la pancia. Allenatevi quando state bene così poi riuscirà più semplice.


4. Rilassati

Durante un attacco di ansia alcune parti del corpo si contraggono (mani, piedi, collo). Cercate di rilassare quelle parti.


5. Parla a te stesso
Una volta accettato il fatto che avete un attacco di panico, parlate a voce alta con voi stessi e dite: "Ho un attacco di panico". Oppure: "Non sverrò perché la mia pressione si sta alzando e mi terrà in piedi". O altre frasi che abbiano un potere rilassante.


6. Ritorna al presente
E' molto difficile tornare nei luoghi dove si è sperimentato un attacco di panico, ma cercate di farlo. Un po' alla volta.


7. Cerca aiuto

Molto spesso l'attacco di ansia è soltanto psicologico e non vi sono problemi di salute sottostanti. Consultate un cardiologo per essere rassicurati - soprattutto se temete l'infarto e poi consultate uno psicoterapeuta che vi aiuterà a superare il problema con l'ansia. 


L' Huffington Post.it 

giovedì 5 novembre 2015

Amore vero o dipendenza d'amore?

Nella dipendenza affettiva, ciò che viene sperimentato come amore diventa una droga

Cos'ė l'amore?

L’amore rappresenta il bisogno e la capacità di trascendere noi stessi e, insieme ad un altro, creare una realtà nuova. A volte, però, questo delicato equilibrio si altera creando una frattura tra il dare e il ricevere, tra il proprio confine e lo spazio condiviso. Se ciò accade, l'amore può trasformarsi da un'occasione di crescita e arricchimento ad una gabbia di dolore.
Questo è quello che succede quando si entra in una dipendenza affettiva.
Ė però d’obbligo una premessa quando si parla di dipendenza affettiva: ognuno di noi è dipendente in qualche misura dagli altri, ognuno di noi ha bisogno di approvazione, di empatia, di conferme e ammirazione da parte degli altri per sostenerci e per regolare la nostra autostima.
Dunque, la dipendenza affettiva è una forma di amore negativo caratterizzata da assenza cronica di reciprocità nella vita affettiva nelle sue manifestazioni di coppia, in cui un individuo, “donatore d'amore a senso unico”, vede nel legame con l'altra persona, l'unico scopo della propria esistenza e il riempimento dei propri vuoti affettivi, creando malessere psicologico e/o fisico, piuttosto che benessere e serenità, come dovrebbe essere.
L'amore nasce dall'incontro di due unità, non di due metà. Solo se si percepisce nella sua completezza è possibile donarsi senza annullarsi, senza perdersi nell'altro. Chi è affetto da dipendenza affettiva, non essendo autonomo, non riesce a vivere l'amore nella sua profondità e intimità.
La paura dell'abbandono, della separazione, della solitudine generano un costante stato di tensione e i propri bisogni e desideri individuali vengono negati e annullati sfociando in una relazione simbiotica. La dipendenza affettiva, diversamente da quanto a volte si manifesta all'evidenza, non è un fenomeno che riguarda una sola persona, ma è una dinamica a due.
A volte il partner del “dipendente affettivo” è un soggetto problematico, che maschera la propria dipendenza affettiva con una dipendenza da droga, alcol o gioco d'azzardo. In questo caso i problemi del compagno diventano la giustificazione per dedicarsi interamente all'altro bisognoso, non prendendosi il rischio di condurre un'esistenza per sé. Altre volte la persona amata è rifiutante, sfuggente o irraggiungibile, per esempio sposata o non interessata alla relazione. In entrambi i casi quello che seduce è la lotta: la dipendenza si alimenta del desiderio di essere amati proprio da chi non ci ricambia in modo soddisfacente, e cresce in proporzione al rifiuto.
La persona che ha una dipendenza affettiva di solito soffoca ogni desiderio e interesse individuale per occuparsi dell'altro, ma inevitabilmente viene delusa e il suo amore prende anche la forma del risentimento. Allo stesso tempo non riesce ad interrompere la relazione, amando troppo e non rendendosi conto che questo comportamento distrugge l'amore che richiede invece autonomia e reciprocità.
L'amore diventa quindi come una droga.
I sintomi più rilevanti per riconoscere questo problema possono essere: gelosia, vergogna, senso di inferiorità e rabbia nei confronti del partner, annullamento di sé, abbassamento dell’autostima e paura di solitudine, terrore dei cambiamenti, paura della lontananza e dell' abbandono, come della separazione.
In realtà, i sintomi possono essere ben più complessi e comprendono anche l’idealizzazione del partner, sottomissione caratteriale, tendenza ad assumersi colpe, bisogno di controllo nei confronti della persona amata, ansia ed attacchi di panico, pensiero ossessivo della perdita della dolce metà.
Cosa si può fare se si pensa di soffrire di dipendenza affettiva o se pensiamo che qualche nostro caro ne soffra?
Il primo passo verso il superamento del problema è riconoscere di avere un problema. Poi, si deve chiedere aiuto. Ė essenziale porre la propria salute e il proprio benessere come priorità su tutto il resto. La guarigione dalla dipendenza affettiva non prevede sempre l’allontanamento dalla persona che crea dipendenza, ma l’acquisizione dell’autonomia affettiva che manca, in modo tale che si creino dei rapporti realmente desiderati, sani, produttivi e non portati avanti soltanto per il pensiero di non poter esistere senza di essi. 

 Come scrive Robin Norwood, in "Donne che amano troppo": "Quando essere innamorate significa soffrire, stiamo amando troppo".

  ernestina fiore
Targatocn.it