martedì 30 dicembre 2014

Amaxofobia: quando ti prende la paura di guidare

Per tante persone mettersi al volante costituisce una vera e propria fobia, in costante crescita in tutta Europa. Ecco i consigli dell’esperto psicologo e i rimedi naturali per vincere e affrontare al meglio questa paura

Al solo pensiero di metterti al volante ti viene la pelle d’oca? Potrebbe non essere il freddo… Può essere, invece, che tu sia vittima di una nuova forma di paura: quella di guidare. La neonata fobia del ventunesimo secolo.  Un vero e proprio disagio emotivo. Certo, la prospettiva di doversi infilare nella giungla metropolitana, con tanto di code, automobilisti indisciplinati e una valanga di  stress, farebbe passare la voglia a chiunque. Ma qui le cose stanno diversamente.
I DATI A DISPOSIZIONE – Il 33% della popolazione ha letteralmente il terrore di guidare. La percentuale tra i maschi supera il 36%. Ma tra le donne il panico da guida è ancora più diffuso: si parla del 64%. Insomma, una significativa fetta di italiani è concretamente avversa all’idea di prendere l’auto per muoversi. Ma a esserne afflitti non sono solo gli automobilisti della nostra Penisola, bensì quelli dell’intera Europa. Il Portale della Sicurezza Stradale (ASAPS) riporta, per esempio, un drammatico incremento di casi in Spagna: una persona su tre è terrorizzata al solo pensiero di guidare: una vera e propria fobia che prende il nome di amaxofobia. Dal greco antico amaxos, «carro»: in definitiva, il rifiuto irrazionale a condurre un determinato mezzo di trasporto.
UNA DISTORSIONE DELLA REALTÀ – Qualsiasi forma di paura – dalla semplice ansia all’attacco di panico – genera una distorsione della realtà. Tutto appare ingigantito e anche i piccoli gesti quotidiani che fino al giorno prima erano considerati normalità vengono considerati problemi e motivo di agitazione. In molti casi i motivi scatenanti possono essere veri e propri traumi come un incidente o un faccia a faccia con una situazione pericolosa. I sintomi, sono molto personali, ma possono comprendere «tachicardia, respiro affannato, tremori, sudorazione eccessiva, disturbi intestinali, nausea e vertigini», spiega la dottoressa Monica Cappello, psicologa di Torino.
LE CAUSE ALL’ORIGINE DEL DISTURBO – Secondo uno studio condotto dalla MAPFRE, una multinazionale spagnola che opera nel campo assicurativo, il 40% delle persone che soffrono di amaxofobia ha visto o vissuto in prima persona un evento traumatico sulla strada. «Chi ne soffre in molti casi è stato coinvolto in un incidente stradale o ne è stato testimone. In altri casi il soggetto ha accusato un attacco di panico mentre era alla guida: la paura che la crisi possa ripresentarsi porta inevitabilmente la persona a evitare la guida del veicolo», continua Monica Cappello.
LE SOLUZIONI (E I RIMEDI NATURALI) – «È necessario imparare a controllare i pensieri ansiogeni e ristrutturare i pensieri negativi, esponendosi gradualmente alla situazione temuta. In molti casi può essere utile l’aiuto di uno psicologo-psicoterapeuta», dice l’esperta. Per gli amanti delle “cure dolci”, nel caso in cui l’ansia sia divenuta nostra sgradita compagna, possiamo trovare aiuto nella floriterapia di Bach: Rock Rose, per esempio, è un fiore che aiuta a mantenere la calma, adatto quando la persona si sente “paralizzata”, ha un’eccessiva sudorazione e trema. Sul fronte della fitoterapia, delle “erbe utili”, l’olio di maggiorana contribuisce a riequilibrare il sistema nervoso: seda l’agitazione, il panico e l’ansia. Tiglio e biancospino mitigano, invece, tachicardie, palpitazioni ed eccessi emozionali. Insomma, con la prospettiva di mettersi al volante e di dover affrontare l’ennesimo stress urbano, mantenete nervi e cuore saldi.
lm&sdp
Oggi 

domenica 21 dicembre 2014

In questi giorni prima di Natale



In questi giorni prima di Natale,
non ho girato tra bancarelle piene di presepi,
e negozi illuminati al neon,
non ho visto gente con le mani piene di niente
e bambini in cerca di sogni,
in questi giorni prima di Natale
serrato nel mio cuore ho cercato il tuo silenzio,
in questi giorni prima di Natale 

Peter Pan mi ha regalato un fiore di primavera.



Anonimo




venerdì 19 dicembre 2014

L’Ansia Da Natale: Che Cos’è e Come Affrontarla

C’è l’ansia da matrimonio, l’ansia da esame, l’ansia da prestazione e poi, c’è l’ansia da Natale.
Proprio così: sempre più persone vanno letteralmente in panne in occasione delle feste natalizie.
Quello che dovrebbe essere un momento di massimo relax, ristoro e condivisione rischia di trasformarsi, spesso, in una fonte di stress non indifferente (nuovi cadeau, cibi, intingoli, manciate di auguri da “equidistribuire” a destra e a manca, rischiano letteralmente di fagocitarci).

L’ansia da vacanza (in questo caso da Natale) è una vera e propria patologia“, insiste Cal Adler, professore di psichiatria e neuroscienze comportamentali presso l’Università di Cincinnati, “questo succede a causa della mole eccessiva di cose da fare in vista di un evento vacanziero“.
Adler ed il suo collega Scott Ries, professore associato di psichiatria clinica alla UC e un membro del team Mood Disorders Center, offrono quindi una varietà di tecniche tese ad affrontare il problema.

Per prima cosa, dobbiamo capire che cosa innesca l’ansia da vacanza: paura di stare in pubblico, timidezza, senso di obbligo nel condividere la tavola con pseudo amici o pseudo parenti.
In questi casi, sentenziano gli esperti, “alcune tecniche di terapia comportamentale possono aiutarci“.

Bisogna che il paziente, infatti, giunga alle seguenti conclusioni: 1) non devo avere nulla da temere in quanto non può succedere qualche cosa di irreparabile se condivido una cena con persone che non ho in animo. 2) Male che vada le feste saranno rovinate ma non accadrà nulla di irrimediabile.
Un recente studio sul processo decisionale“, dicono i due studiosi, “ha dimostrato che lo stress dettato dalle mille attività cui ci dedichiamo in preparazione delle vacanze, ci rende deboli e vulnerabili e quindi più esposti anche alle paure“.

Ecco quindi quali sono le soluzioni da mettere in campo, in occasione delle festività.

L’APPROCCIO COGNITIVO-COMPORTAMENTALE

Che cosa mi aspetto da queste feste e perché? Passare le vacanze con amici e parenti è davvero quello che voglio? Posso declinare gli inviti scomodi?
Sono alcune delle domande che dobbiamo porci in vista delle festività ed alle quali dobbiamo dare le risposte che comportano, per noi, il maggior beneficio.
Mantenere la consapevolezza che l’ansia è un fenomeno temporaneo e non comporta problemi permanenti è altresì importante per ridimensionare la portata di ciò che sentiamo.

BEVANDE RILASSANTI

Fare incetta di bevande rilassanti è molto importante per sedare l’ansia e le emozioni negative.
In questo caso, quindi, potremmo bere tisane rilassanti alla camomilla, valeriana, passiflora, melissa.


CONFIDARSI CON I PROPRI FAMILIARI

Condividere le proprie emozioni con i membri della famiglia, è la cosa più giusta ed importante da fare, durante le situazioni particolarmente delicate.
Questa abitudine ci aiuterà a stemperare le cattive emozioni e a pacificarci.
Fate outing di emozioni e registrerete vantaggi notevoli, in termini di umore e salute!

Marirosa Barbieri 
Salute e Benessere

lunedì 15 dicembre 2014

Violante Placido: attacchi di panico, il terrore di morire

«La prima volta è successo in albergo», racconta Violante Placido, Fata Turchina nel nuovo Pinocchio televisivo . «Mani fredde, battito cardiaco impazzito, una debolezza infinita. E io che penso: "Oddio, ho un infarto...". Avevo già sentito parlare di attacchi di panico e confesso di aver pensato che fossero solo un modo inconscio per attirare l'attenzione degli altri. Invece sono un disturbo vero. Io mi sto curando e piano piano spero di uscirne...».
Ecco la confessione dell'attrice a OK.

«Mani fredde. Naso ghiacciato. Una debolezza infinita. Il cuore a mille... E la paura di morire d'infarto. È iniziata così, circa nel 2004, la storia dei miei attacchi di panico. Ero sola, in albergo: mi sono stesa sul pavimento, con i piedi in alto. Niente da fare, la crisi non passava. Allora ho chiamato il portiere: "Sto malissimo, mi mandi un dottore". Mi tremavano le mani, non riuscivo a reggere la cornetta.
La crisi si è risolta in modo inaspettato. Il portiere ha ritelefonato: "Vuole un'ambulanza?". È stato come se mi risvegliassi: no, non stavo per morire. "Mi basta una camomilla". Quando ho visto il cameriere (un essere umano, sveglio a quell'ora di notte, simbolo della normalità, della vita che scorre tranquilla), mi sono ripresa.
Non avevo idea di cosa fosse un attacco di panico: una mia amica, un anno prima, mi aveva parlato di questo problema, ma io non ero riuscita a capire... Confesso di aver pensato che fosse un suo modo, sia pure inconscio, di attirare l'attenzione. Non potevo proprio immaginare, io così forte e sicura, di cadere in balia di una simile difficoltà. Dopo quella notte ho avuto altri attacchi. In albergo, ma più spesso in macchina. Quando percorro una strada a scorrimento veloce, magari con tanti tunnel, o senza corsia d'emergenza, inizio a pensare a cosa farei se mi arrivassero quei sintomi terribili. È un circolo vizioso, la paura favorisce la crisi...

E appena l'aereo decolla mi monta l'ansia
Mi sono sentita male mentre ero al volante e tante volte ho abbandonato l'autostrada a un'uscita che non era la mia, per trovare sollievo dalla sensazione di essere intrappolata. Ma che stress...
E dire che sono sempre stata una guidatrice provetta, una specie di Schumacher al femminile: correvo, e tanto. E invece mi ritrovo ad andare a 60 all'ora come una vecchietta, o a fare viaggi in treno o addirittura in pullman, pur di non mettermi al volante. E non parliamo dell'aereo: io, che volo fin da quando ero piccola, adesso all'idea di dover fare un viaggio di 10/12 ore vengo colta dall'ansia, dalla paura irragionevole che il cuore inizi a battermi al decollo, e di arrivare morta a destinazione. Un'esperienza terribile. Ma forse inevitabile: sono convinta che questi problemi siano un segnale della psiche, che ci avverte quando stiamo ignorando una parte di noi che chiede aiuto.

Faccio yoga, medito, respiro...
Ho trovato un medico meraviglioso, che mi ha proposto di provare strade alternative ai farmaci. Per me si è rivelata una scelta vincente. Ho fatto diversi colloqui, poi su suo consiglio ho intrapreso la via della meditazione, della respirazione, dello yoga. In America, quando avevo 22 anni, ho incontrato Yogananda, una guida spirituale per me. Ho ripreso quella strada, e nel 2005 ho fatto anche un ritiro di una settimana in un centro in Umbria, che mi ha fatto benissimo.

Non sono ancora giunta alla fine del percorso: gli attacchi di panico si sono diradati e mi fanno meno paura, ma ogni tanto arrivano ancora. E non so se ho colto fino in fondo il messaggio del disturbo. Ma qualche ipotesi inizio a farla.
Per esempio ho capito di essere cresciuta troppo in fretta. Ho avuto un'infanzia e un'adolescenza in fondo felici, ma con tanti cambiamenti forse destabilizzanti per l'età che avevo: una serie di traslochi, un trasferimento di un anno in America (avevo 12 anni), che ha comportato l'allontanamento prima dagli amici e da mio padre e poi, in un secondo momento, da mia madre. E c'era il rapporto altalenante tra i miei genitori, e mio padre spesso assente per lavoro...

Con le persone più care mi sento protetta
Problemi e solitudine non mi hanno mai fatto particolarmente paura e ho sempre contato soprattutto su di me. Ma ora sospetto che tanta precocità non mi abbia permesso di creare basi salde di sicurezza e forse mi ha portato a negare la mia parte più fragile e dipendente. L'ho capito anche notando che, se ho vicino una persona cara, come il mio fidanzato, mi sento più sicura, l'attacco non arriva.
Sono più cosciente del fatto di aver bisogno degli altri, e questo mi ha portato ad aprirmi di più, a dare maggiore valore ai rapporti: sono diventata più affettuosa e indulgente. Continuo a condurre una vita un po' randagia, sono sempre in giro per il mondo, e questo mi piace. Ma ho capito quanto sia fondamentale per me puntare sugli affetti di riferimento: per esempio ora sento più spesso gli amici della mia infanzia, passata in libertà in una campagna a nord di Roma. La meditazione mi ha aiutato tanto. Purtroppo non sono costante. Però poi mi ricordo che basta prendersi un quarto d'ora, chiudere gli occhi e respirare: arrivano meravigliose sensazioni di leggerezza e di chiarezza mentale. Divento più serena e ansia e panico si diradano. Fino a scomparire».
Violante Placido 

(testo raccolto da Emma Chiaia nel luglio 2006 per OK La salute prima di tutto)

Ok Salute e Benessere 

martedì 9 dicembre 2014

A Natale crescono ansia e stress

Natale uguale ansia e depressione durante e dopo. “Soprattutto per coloro che si buttano nello shopping per comprare regali a tutta la famiglia. Un investimento emotivo proiettato sul Natale, dal quale ci si aspetta molto, ma che nasconde nella maggior parte dei casi profondi disagi”.
Lo afferma Paola Vinciguerra, Direttore dell’Unità Operativa Attacchi di Panico, presso la Clinica Paideia di Roma e Presidente dell’EURODAP, Associazione Europea Disturbi Attacchi di Panico.
“Osservando i nostri pazienti abbiamo notato che prima delle feste presentano, a livello sintomatologico, un contenimento di ansia e depressione che invece aumentano durante e dopo il periodo festivo - dice l’esperta - Ma questi stati emotivi sono diffusissimi anche tra le persone che non sono in psicoterapia”.
“A Natale la maggior parte della gente si lancia nella corsa sfrenata degli acquisti - spiega - spiega - si deve pensare a tutti i parenti che puntualmente sono proprio quelli che si vedono solo una volta l’anno e quindi quelli meno vicini. Si deve pensare ad ognuno di loro, si deve scegliere in fretta, guai a non far bella figura, si deve appagare il bisogno di piacere e si dimenticano i continui addebiti sulla carta di credito. Si comprano così tanti dolciumi che solo la metà basterebbe a far contente tre famiglie e si dà sempre la solita giustificazione: ‘Tanto è Natale!’”.
“Tutto questo può scatenare attacchi di ansia - dice la Vinciguerra - e comportamenti compulsivi di riempimento della nostra ansia senza averne minimamente coscienza.

Il punto è che tutti investiamo emotivamente troppo nel Natale. E’ come se ci aspettassimo che questo evento facesse scomparire per magia le nostre frustrazioni e ci aiutasse a sentirci meno soli. Accade però che finite le feste i disagi di cui non eravamo assolutamente coscienti ci avvolgono e arrivano depressione e ancora ansia”
”Ciò di cui abbiamo veramente bisogno - consiglia - è “scambiare” e non “riempire”, quindi dobbiamo scegliere con cura le persone con cui stare ed insieme a loro dove stare. Organizzate tutti insieme e aiutatevi a vicenda a sistemare gli addobbi.
Per quanto riguarda i regali bisogna farli se davvero si sente il desiderio e in quel caso sceglierli in relazione alla persona sapendo che un piccolo pensiero curato nella presentazione sarà sempre più gradito di un grande oggetto buttato lì senza amore. Cercate di far tornare questo momento di festività ad una riunione basata sull’amicizia e l’affetto e non un compulsivo correre nell’illusione di riempire un vuoto. Ritrovate e valorizzate i vecchi riti, come il taglio del panettone, l’attesa della mezzanotte per farsi gli auguri. Tutto questo unisce davvero se fatto con desiderio e coscienza”.



italiasalute.it



lunedì 1 dicembre 2014

Chi ha paura del dentista?

COS’E’ L’ODONTOFOBIA E COME SI COMBATTE

L’appuntamento con il dentista rappresenta per la maggior parte dei pazienti un momento non troppo piacevole. 6 persone su 10 infatti ammettono di provare una sensazione di paura o timore pensando ad una seduta dal dentista, senza che però tale “sgradevole sensazione” impedisca loro di sottoporsi ai periodici controlli o alle terapie odontoiatriche.
Non è così per i pazienti affetti da odontofobia, ovvero la drammatizzazione fobica della paura del dentista riconosciuta e certificata come vera e propria malattia dall’OMS (Organizzazione mondiale della sanità), che stima intorno al 15-20% della popolazione il numero delle persone con questo disturbo.
In questo caso il soggetto fobico nutre un irrazionale terrore nei confronti del dentista e di tutto ciò che richiama lo studio dentistico (rumore del trapano, odore del disinfettante, vista dell’ago) e, seppur consapevole dell’irrazionalità della sua paura, non può sottrarsi ad essa, al punto tale di arrivare a provare veri e propri sintomi fisici come tachicardia, palpitazioni,sudorazione, senso di svenimento, iperventilazione, nausea, disturbi del sonno nella notte che precede la visita e attacchi di panico.
Questa profonda paura fa si che il paziente odontofobico rimandi ad oltranza gli appuntamenti col dentista e che assuma frequentemente antidolorifici, antibiotici e altri farmaci allo scopo di automedicarsi. Questo comportamento di “evitamento” ingigantisce la fobia in quanto contribuisce a rafforzare l’idea che per la persona sia davvero impossibile superare il problema, inoltre l’automedicazione per lunghi periodi porta al peggioramento della situazione di salute del soggetto fino ad obbligarlo a rivolgersi al dentista quando la patologia dentale in atto è ormai così avanzata da richiedere interventi più pesanti quali estrazioni o lunghe sedute di cure. Si instaura così un circolo vizioso che sembra impossibile da interrompere, ma è davvero così?
Qui di seguito riportiamo 10 consigli utili per gestire la paura e l’ansia del dentista.
  • INFORMATI: Tutto ciò che si conosce fa molto meno paura. Cercando su giornali e internet informazioni riguardanti le terapie dal dentista scoprirai che oggi tali procedure sono praticamente indolori e molto meno fastidiose che una volta.
  • CERCA UN DENTISTA DI FIDUCIA: Avere un buon feeling con la persona che dovrà curarti è molto importante. Cerca un professionista che sia in grado di entrare in empatia con te e non esitare a confidargli le tue paure e i tuoi dubbi. Chiedigli inoltre di spiegarti in modo dettagliato tutte le fasi della terapia.
  • UN PASSO ALLA VOLTA: non devi fare tutto subito. Prenota un primo appuntamento dal dentista solo per una visita di controllo, questa semplice procedura ti permetterà di prendere confidenza con l’ambiente gradualmente. In seguito prenota una seduta terapeutica poco impegnativa come la pulizia dei denti, un paio di esperienze positive a basso stress ti aiuteranno ad aumentare la fiducia in te stesso. Successivamente concorda con lo staff dello studio dentistico un calendario dettagliato degli appuntamenti a cadenza periodica ed impegnati a rispettarlo.
  • PENSA POSITIVO: prima di ogni appuntamento, quando l’ansia inizia a farsi sentire, concentrati su un pensiero positivo, per esempio che quando le terapie saranno finite avrai un sorriso bello e sano, ma sopratutto che avrai provato a te stesso che sei una persona forte e determinata.
  • ARRIVA PER TEMPO AGLI APPUNTAMENTI: in questo modo non sarai “catapultato” direttamente sulla poltrona operativa. In sala d’attesa cerca di distrarti sfogliando una rivista interessante o porta con te un libro divertente da leggere durante l’attesa.
  • FATTI ACCOMPAGNARE AGLI APPUNTAMENTI: Chiedi ad un amico o ad un familiare non odontofobico di accompagnarti alle sedute. Avere accanto una persona che non prova disagio nei confronti delle terapie dal dentista servirà a infonderti serenità.
  • RESPIRA PROFONDAMENTE E RILASSATI: durante le terapie cerca di rilassarti e respira lentamente e profondamente, concentrarti sulla respirazione servirà ad evitare attacchi di panico. Inoltre per scaricare la tensione puoi giocare con una pallina “anti-stress” oppure ascoltare la tua musica preferita con gli auricolari in modo da non sentir il rumore del trapano o dell’aspiratore.
  • RICORDA DI PREMIARTI : dopo ogni appuntamento dal dentista concediti un piccolo sfizio per premiarti per il fatto di aver vinto le tue paure.
E se tutto questo non basta…
  • RIVOLGITI AD UNO PSICOTERAPEUTA: se la tua paura è tale da non permetterti nemmeno di avvicinarti allo studio del dentista potresti aver bisogno dell’aiuto di uno specialista. Le fobie infatti possono essere vinte grazie a tecniche psicoterapeutiche. Chiedi consiglio al tuo dentista di fiducia, spesso uno psicologo è presente nel team dello studio dentistico proprio per affiancare gli altri specialisti nella cura dei pazienti che soffrono di fobie o di disturbi ansiosi.
  • VALUTA LA SEDAZIONE: la sedazione è un’opzione che potrebbe aiutati a sottoporti agli interventi più importanti. Il dentista può prescriverti farmaci ansiolitici da assumere per bocca circa un’ora prima della seduta operativa oppure, potrebbe concordare con te di eseguire le cure in sedazione endovenosa. In quest’ultimo caso le terapie verranno eseguite in presenza di un anestesista.
E SE IL PAZIENTE E’ MIO FIGLIO?
Consigli e strategie per i genitori per prevenire l’odontofobia nei bambini
  1. SI AI CONTROLLI PERIODICI: dal momento in cui finisce la prima dentizione (all’età di 2,5/ 3 anni) è importante effettuare controlli periodici dal dentista. In questo modo infatti il bambino si abituerà a vivere quest’esperienza come qualcosa di normale e routinario e prenderà confidenza con l’ambiente dello studio dentistico. Inoltre eventuali carie o problemi di dentizione potranno essere diagnosticati precocemente.
  2. SCEGLI UN PROFESSIONISTA CHE SI OCCUPI DI ODONTOIATRIA INFANTILE (PEDODONZIA): i bambini, specie se piccoli, hanno maggior necessità di essere ascoltati e rassicurati ed è quindi importante che l’odontoiatra curante abbia, oltre che una formazione specifica, una predisposizione empatica verso di loro. Anche l’ambiente ha la sua importanza: sale d’attesa ed operative colorate e con spazi gioco dedicati a loro li aiuteranno a vivere la visita dal dentista come una esperienza piacevole.
  3. ATTENZIONE ALLA COMUNICAZIONE: il bambino che si reca per la prima volta dal dentista non ha un vissuto circa questa esperienza, il genitore quindi dovrà evitare di associare all’appuntamento con il dentista situazioni connesse a dolore, sofferenza o preoccupazione. Inoltre bisognerà evitare di “utilizzare” la figura del dentista come una minaccia di fronte ad un capriccio o ad una disubbidienza del bambino  (“se non fai il bravo ti porto dal dentista che ti fa la puntura.., ecc”).
paura_dentista

mercoledì 26 novembre 2014

Gli attacchi di panico. Sintomi e possibili cure.

Si calcola che circa il 2% delle persone soffra di attacchi di panico.
Uomini e donne vanno improvvisamente in tilt, scoprendosi spaventati, terrorizzati, angosciati, come se una sensazione di morte si stesse impadronendo di loro, senza un motivo oggettivamente comprensibile.
Perchè attacchi? Perchè sono improvvisi, intensi.
E’ come se il corpo e la mente non si comportassero più normalmente, ma come una bussola impazzita. è un disturbo molto più diffuso di quanto si pensi, anche se difficile da riconoscere e accettare.
Solitamente gli attacchi di panico accadono in momenti particolari della vita, momenti che si potrebbero definire “di passaggio” da una fase della vita all’altra.
L’attacco di panico ha cause molto profonde e antiche, di tipo psicologico­emozionale, delle quali la persona non è pienamente consapevole.
E’ un messaggio che il corpo lancia, per avvisare che c’è qualcosa che non va.
E’ legato spesso a sentimenti ed emozioni inconsce, non ascoltate che si manifestano poi sul piano fisico (disturbi psicosomatici).
All’improvviso situazioni che prima erano “normali” diventano fonte di terrore e monta disagio fisico e psichico con paura di sentirsi male, in situazioni tipiche quali in luoghi chiusi ristorante, cinema, teatro, aula, sala di riunioni, autobus, metropolitana, treno, aereo, alla guida in mezzo al traffico o in autostrada, su ponti, tangenziali, in ascensore.
Alcune persone avvertono l’attacco in luoghi chiusi e caldi, con aria viziata a letto di notte.
In genere dopo alcuni attacchi la persona impara ad evitare le situazioni) dove gli attacchi si sono verificati.. Nell’attacco di panico non c’è un pericolo oggettivo, quindi, esterno alla persona e visibile a tutti.
La sensazione di essere in pericolo è qualcosa che “invade” l’individuo e che proviene dal mondo interno, ossia dalla parte più profonda della coscienza.
I sintomi che si verificano durante l’attacco sono un mix di sintomi fisiologici, psicologici, sensoriali. Ecco i più comuni: difficoltà di respirazione; palpitazioni e tachicardia; dolore al torace;sensazione di soffocamento; vertigini, sensazione di sbandamento e instabilità; nausea, colori addominali; sudorazione; cefalea; vampate di calore alternate a brividi: tremore; rallentamento della nozione del tempo; modificazione del a percezione del a distanza; intorpidimento; sensazione di catastrofe che sta per accadere; sensazione di irrealtà; paura di perdere il controllo o di impazzire; paura di perdere coscienza; paura di provocare disastri; paura di attirare l’attenzione; paura di morire.
Alla crisi acuta, segue un periodo di stanchezza e spossatezza.
La persona sente la testa confusa, fa fatica a camminare e a mantenersi in equilibrio, ha percezioni annebbiate e sfuocate.
Il primo attacco viene ricordato come un momento di svolta. In genere, dopo il primo attacco si verificano altri episodi, sempre improvvisi e occasionali, che aumentano di frequenza e intensità.
L’ansia che possa ripetersi la crisi in situazioni simili a quella del primo episodio, crea reazioni di isolamento, di auto­limitazione . Spesso la persona ha bisogno di qualcuno fidato che l’ accompagni, le stia accanto e non esce o non va in quei luoghi se non accompagnata. Altri escono, vanno in giro seguendo però un percorso obbligato che passa sempre lungo direttrici dove, se dovesse sentirsi male, vicino ci sia un ospedale.
L’attacco di panico dura solitamente da pochi secondi a pochi minuti, fino a un massimo di mezz’ora, un’ora.
Tuttavia, la persona, che perde la percezione del tempo, ha la sensazione che la crisi sia interminabile, si accompagna a una certa angoscia, che crea un circolo vizioso che si autoalimenta e non sembra arrestarsi mai. Stando ad alcuni studi nell’attacco di panico vi sarebbe una forte predisposizione genetica.
Le basi neurologiche, biologiche, chimiche del disturbo sono complesse e note solo in parte, e comunque non sono in grado di spiegare da sole la complessità di questo problema .
Gli attacchi di panico possono essere curati efficacemente, anche se non necessariamente in modo definitivo (è possibile che la crisi si ripresenti).
Essendo un disturbo complesso, oggi si è orientati verso una cura integrata, che veda cioè la collaborazione e l’unione di più tecniche che tengano conto del e diverse variabili in gioco.
Il trattamento integrato prevede un lavoro di squadra, con il coinvolgimento di più specialisti, basato su tre elementi essenziali: ­psicoterapia: si tratta di un percorso in cui la persona si fa aiutare dallo psicoterapeuta a comprendere e modificare emozioni, pensieri e comportamenti disfunzionali per il proprio benessere­farmaci: esistono molti farmaci efficaci per il trattamento del disturbo da attacchi di panico.
Ciò non significa che tutti devono seguire una cura farmacologica.
Se, però, il medico giudica utile l’assunzione di medicinali, fortunatamente esistono molte valide possibilità. Per esempio sono utili gli antidepressivi serotoninergici, che innalzano il livello della serotonina, una sostanza importante per il controllo del panico e della depressione; lavoro di gruppo: i gruppi permettono alle persone soggette a crisi di panico di confrontarsi, di parlare dei propri problemi, di condividere idee e opinioni.
Sono inoltre importanti fare sport in quanto aiuta a sfogarsi, ad allentare stress e tensioni.
La ricerca di hobbies è un modo per accrescere la propria cultura e alimentare relazioni con persone che condividono i nostri interessi, dal’altro può diventare un modo per sfogare le proprie tensioni, per riempirsi di impegni e non occuparsi di sé in modo più complessivo, andare in vacanza, ascoltare musica,leggere , fare lunghe passeggiate.
Bisognerebbe, senza perdere di vista i propri obiettivi e la propria vita trovare il tempo di riposarsi, divertirsi, staccare la spina e ricordarsi che non si può sfuggire a sè stessi.
D.ssa Giovanna Valente
 Gazzetta di Salerno


mercoledì 19 novembre 2014

Come riconoscere, fronteggiare e gestire un attacco di Panico

Gli attacchi di panico possono essere gestiti se si riesce ad accrescere il proprio autocontrollo. Dopo i primi successi, tutto sarà più facile.


 Come riconoscere, fronteggiare e gestire un attacco di Panico, quell’episodio di disagio psicologico che puo fare la sua comparsa all’improvviso, nelle situazioni più svariate, e che mette il soggetto in grave difficoltà. A volte sono provocati da una causa scatenante, anche se uno ne è inconsapevole, altre volte invece sembra non esistere un motivo specifico che possa scatenarlo, in maniera anche particolarmente violenta e traumatica, per cui è necessario imparare fronteggiarli e anche a prevenirli, così da evitare di ritrovarsi in situazioni veramente spiacevoli. Ma in sostanza cosa è un attacco di panico. È una condizione di estremo disagio, quasi sempre anche molto di più, che si presenta all’improvviso, nelle situazioni più svariate, alla guida dell’auto, in metropolitana, nelle ore notturne, al ristorante, dal barbiere, al supermercato, e innesca una sensazione di paura che si nutre, se vogliamo, di se stessa, ovvero è una paura che genera altra paura essenzialmente illogica, basata sul nulla, per cui imparando un poco alla volta ad autocontrollarsi, è possibile anche averne ragione. Liberarsi di questo problema è possibile, anche se ovviamente non è facile, ma come al solito ricorrendo alla forza di volontà, è possibile uscirne. I sintomi più frequenti sono difficoltà di respirazione e tachicardia, sensazione di soffocamento, vertigini, nausea, tremore, confusione e palpitazioni, e quando compaiono, innescano inevitabilmente una reazione incontrollabile, per cui questi sintomi tendono ad amplificarsi con l’aggiunta di una sensazione di paura che a sua volta cresce, ormai fuori controllo. La prima cosa da fare è cercare di sforzarsi di prendere il controllo di se stessi, ovviamente facile a dirsi ma molto meno facile a farsi, almeno le prime volte. La buona notizia è che dopo i primi successi, ovvero quando ci si rende conto che questi attacchi è possibile gestirli, diventeranno meno violenti perché non si amplificheranno più come prima e man mano diventeranno sempre più gestibili, fino a scomparire del tutto.
L’importante è averne ragione la prima volta. Dopo il primo successo, la strada sarà quindi sempre più facile. Solitamente gli attacchi di panico sono legati a situazioni di particolare stress, per cui è possibile in un certo senso prevenirli anche ricorrendo a rimedi naturali per ridurre l’ansia. Vi sono alimenti che aiutano così come può risultare molto efficace l’attività fisica che aiuta a rilassarsi, che fa bene quindi anche alla mente e allo spirito, oltre che al fisico. Quando si presentano, bisogna ripetersi che non si tratta di nulla di particolarmente serio, anzi di una suggestione, e che con un po’ di buona volontà è possibile venirne a capo.
Uno dei primi sintomi, come detto in precedenza, è il respiro corto, accompagnato da brividi e  da sudorazione fredda. La prima cosa da fare e di sedersi, di concentrarsi per normalizzare la respirazione in modo da farla tornare un poco alla volta alla normalità. Se si riesce a fare questo, già si è sulla buona strada e difficilmente l’attacco di panico potrà assumere connotazioni peggiori. A volte si può farsi strada anche la paura di morire, una sensazione del tutto ingiustificata, che però non fa altro che far crescere ancor più il disagio che può addirittura tramutarsi in vero e proprio terrore.
La soluzione a tutte queste sensazioni è dentro di noi. Bisogna imparare a Panicoscovarle, a portarle alla luce, in modo che possano prendere il sopravvento sull’irrazionalità. Bisogna rendersi conto che la paura spesso è, appunto, irrazionale, basata su sensazioni che possono non rispecchiare la realtà. Se di notte può essere un incubo,  di giorno altre situazioni che possono il più delle volte essere gestite con un minimo di razionalità e di consapevolezza della propria forza, dell’essere in buona salute e di non dover temere nulla da ciò che ci circonda. Guardarsi dentro è fondamentale per riuscire a trovare la forza per risolvere un poco alla volta il problema. 
Tutta Salute.net 

lunedì 17 novembre 2014

"Sonia soffre di agorafobia. Passa le sue giornate in casa, leggendo e guardando la TV. Ha sempre il pensiero di uscire, rimandando al domani la decisione.
Un giorno decide di provarci"

Un corto che merita di essere visto.
"L'ombra del domani" - Agorafobia- Agoraphobia
Per gentile concessione del regista Alessandro Romeo 







domenica 16 novembre 2014

Agorafobia, attacchi di panico e vertigini? Il soggetto ansioso è più vulnerabile

Agorafobia, attacchi di panico e vertigini? Il soggetto ansioso è più vulnerabile, e per la prima volta questa vulnerabilità è scientificamente accertabile e misurabile. Lo rivela il primo studio di risonanza magnetica funzionale mirante proprio a verificare come il normale funzionamento del sistema vestibolare possa essere influenzato da fattori di personalità legati all’ansia. Appena stato pubblicato su Journal of Psychosomatic Research lo studio è stato condotto dalla Dr.ssa Iole Indovina della Fondazione Santa Lucia (Laboratorio di Fisiologia Neuromotoria) eUniversità di Tor Vergata, in collaborazione con l’Istituto di Bioimmagini e Fisiologia Molecolare del CNR di Catanzaro e la Mayo Clinic di Rochester.
Un problema di notevole rilevanza medico-sociale è rappresentato dall’agorafobia, contraddistinta da stati d’ansia sino a veri e propri attacchi di panico in situazioni in cui un ambiente aperto e/o affollato viene percepito come “pericoloso”. Si accompagna a sintomi vestibolari quali l’instabilità e il disorientamento spaziale. 
I soggetti agorafobici non riescono ad utilizzare correttamente i segnali vestibolari e dipendono maggiormente dai segnali visivi per l’orientamento spaziale. Quando la scena visiva offre pochi indizi utili per l’orientamento spaziale (come negli ampi spazi aperti) oppure indizi sovraccarichi e confusi (come negli ambienti affollati), i soggetti agorafobici diventano disorientati e ansiosi.
La letteratura medica ha riportato miriadi di descrizioni di pazienti con tali sintomi e vari gradi di ansia o comportamento fobico in assenza di una causa organica rilevabile mediante i test vestibolari di routine. In questo lavoro Indovina e collaboratori hanno cercato per la prima volta un legame neurofisiologico tra attività vestibolare e ansia che potesse spiegare la vulnerabilità all’insorgenza di sintomi vestibolari in soggetti ansiosi, a prescindere dal manifestarsi della malattia. Lo studio è stato svolto su individui i cui tratti di personalità sono stati correlati con il segnale di risonanza magnetica funzionale in risposta a stimolazioni vestibolari. E’ risultato che i livelli di nevrosi hanno un effetto sull’attivazione di regioni chiave del sistema vestibolare (nuclei cerebellari del fastigio) e dell’ansia (amigdala). Ciò dimostra che la risposta alla stimolazione vestibolare è modulata dai tratti ansiosi personali, mostrando l’esistenza di una predisposizione dei soggetti ansiosi a sviluppare sintomi vestibolari.
Online News

giovedì 13 novembre 2014

Attacco di panico: che cosa è e come trattarlo

  Definizione clinica e psicoterapeutica dell' attacco di panico, sintomatologia e trattamento
 
Dura un arco di tempo brevissimo, ma causa alla persona dispnea, vertigini, sudorazione, tremore e tachicardia; oltre a questi sintomi, vi è una sensazione di morte imminente.
La persona con attacchi di panico soffre anche di agorafobia (paura di essere intrappolata in un luogo aperto da cui è impossibile fuggire; per questo, la persona tende a restare vicino a porte di uscita o alla propria auto, temendo l'avvicinarsi imminente del prossimo attacco). E, proprio per questo, i pazienti sviluppano una forma secondaria di ansia anticipatoria, chiedendosi dove avverrà e come sarà l'attacco successivo.
Eziologia del disturbo da attacco di panico
Nessun dato neurobiologico è in grado di spiegare cosa scateni l' inizio di un attacco di panico.
I fattori che, più frequentemente, si riscontrano nei pazienti con attacchi di panico sono i seguenti: 
 
 
  1. alterazione nel livello delle aspettative nei confronti del paziente;
  2. cambiamenti legati alla sfera lavorativa;
  3. perdite di figure significative nella vita dei pazienti (da esperienze infantili, in cui era stato minacciato l'attaccamento a un genitore, a lutti familiari);
  4. percezione che i genitori fossero minacciosi, irritabili, critici, controllanti ed esigenti.
Oltre a questi fattori sono stati, inoltre, rilevati anche:
  1. schemi di ansia rispetto alla socializzazione nell' età infantile;
  2. genitori non supportivi;
  3. sensazione di essere intrappolati (rabbia ed aggressività sono, infatti, di difficile gestione per la maggior parte di questi pazienti).
Nella maggior parte degli individui con attacchi di panico, si riscontra, però, un maggior numero di eventi stressanti nel mese che precede l'esordio dell' attacco.
Fattori predisponenti nell'attacco di panico
I pazienti che sviluppano un attacco di panico hanno una vulnerabilità neurofisiologica predisponente che può interagire con fattori stressanti ambientali per produrre il disturbo. Molti bambini sviluppano una inibizione comportamentale a ciò che non è noto.
Così pure, molte pazienti di sesso femminile che soffrono di attacchi di panico hanno subito abusi sessuali e fisici durante l' infanzia.
Comprensione dell'attacco di panico e trattamento psicoterapeutico
La teoria dell' attaccamento di Bowlby (per cui il bambino, a seconda di aver avuto genitori supportivi o meno), può servire per un approccio psicodinamico alla terapia. Persone che soffrono di attacchi di panico hanno difficoltà nel gestire la separazione e l'attaccamento, in quanto vorrebbero staccarsi dalle figure di riferimento ma nello stesso tempo provano un senso di perdita.
Secondo Milrod (1998), gli individui che sviluppano un disturbo da attacchi di panico hanno un Sè frammentato, e possono avere bisogno di un terapeuta o di altre figure importanti che li aiutino a sentire di avere un senso stabile di identità.
Le persone con attacchi di panico hanno bisogno di una combinazione di terapia farmacologica e psicoterapia, e anche quando la prima viene sospesa, necessitano di continuare un cammino psicoterapeutico per sconfiggere quella paura che ancora è rimasta.
Per concludere, ogni paziente è a sè, e il terapeuta dovrebbe esaminare, attentamente, gli attacchi e la storia di ciascun paziente, per determinare se vi siano fattori psicologici rilevanti.
 
 

sabato 11 ottobre 2014

Incontri Formativi Gratuiti-Associazione Insieme Onlus.Grottammare

L' Associazione Insieme Onlus-Ansia-Attacchi di Panico-Agorafobia con il Patrocinio del Comune di Grottammare, è lieta di invitarti a queste tre importanti giornate formative:

"CON-TATTO"
Incontri Formativi Gratuiti.
Perché chiedere, fornire e ricevere aiuto è importante.

• 18 Ottobre ore 15,00 presso la sala consiliare Comune di Grottammare via G.Marconi, 50

Relatore : Dott. Marco Forti Psicologo-Psicoterapeuta
"Riconoscere il malessere: i disturbi d'ansia, disturbo da attacchi di panico con e senza agorafobia"
"Riconoscere il malessere: la depressione, i disturbi alimentari e il disturbo ossessivo compulsivo"

• 25 Ottobre ore 15,00 presso la Biblioteca Comunale Grottammare via Matteotti, 41

Relatore :Dott.ssa Rosaria Maria Marzullo Psicologa-Psicoterapeuta
"Le figure professionali che lavorano con il disagio psichico. Che differenza c'è tra psicologo,
psicoterapeuta, psichiatra e a chi rivolgersi? Quale percorso?"
"L'ascolto e l'accoglienza delle persone con il disagio psichico"

• 8 Novembre ore 15,00 presso la Biblioteca Comunale Grottammare via Matteotti, 41

Relatore: Dott. Franco Guidotti
Psichiatra - Psicoterapeuta
Direttore del Dipartimento di Salute Mentale
ASUR-Marche Area Vasta 5
"La rete dei servizi sanitari e psicologici sul territorio"

Relatore: Dott.ssa Barbara Pezzotta Psicologa-Psicoterapeuta
"Il burnout: cos'è e come si previene. Il valore del lavoro di equipe"
"L'importanza dell'auto-mutuo-aiuto"

Intervento Elisabetta Guidotti Presidente Associazione Insieme Onlus.

BANDO FORMAZIONE 2014
CENTRO SERVIZI PER IL VOLONTARIATO MARCHE

"Progetto realizzato con il contributo della
Dott.ssa Cristiana Aprile Psicologa
e della Dott.ssa Elena Mattiello Psicologa"

Ingresso Gratuito

Al termine del corso verrà rilasciato un'Attestato di frequenza.

Per informazioni: info@insiemedap.it – 366/3623811
ww.insiemedap.it



Ministero della Salute-Volontariato Salute 

sabato 27 settembre 2014

Ansia, attacchi di panico, depressione: parliamone


La depressione è un problema che rovina la vita, lo so, ho rischiato di farmi davvero male. Ho sprecato tanti giorni preziosi della mia vita a causa sua, ma non è un problema indistruttibile, si può vincere, sappiatelo: credete di essere soli, che il vostro male sia unico, che nessuno lo capisca, ma non è così; il male è unico, perché ognuno di noi è unico, con esperienze uniche, vite uniche, e reagisce in modi più o meno differenti al male che lo attanaglia. Ma siamo tutti sulla stessa barca, e possiamo aiutarci l'un l'altro, e insieme ce la faremo: non disprezzate i vostri simili, né coloro i quali hanno studiato questo male, psicologi e psichiatri, il loro aiuto è fondamentale.
Tale problema non viene menzionato nel web, in tv, come si dovrebbe, perché ricordiamoci che anche questa è una malattia, sapete cosa vuol dire vivere chiusa in casa? Non avere voglia di alzarsi in piedi e voler dormire tutto il giorno, avere continuamente attacchi di panico che ti tolgono il fiato, ti fanno battere il cuore fortissimo, tremi, pensi di morire da un momento all'altro, eppure non è cosi. La disinformazione porta le persone a chiudersi in se stesse, nel loro guscio protetto, ma dovete sapere che ne possiamo uscire, ho stretti contatti con chi ce l'ha fatta, ed io tutt'ora lotto per combatterli.
La vita è troppo bella per non essere vissuta quindi lottate, fatevi vedere da medici competenti, fate psicoterapia, circondatevi di persone che vi amano e non di quelle che giudicano e basta, perché loro vi rovineranno. Dobbiamo avere la forza, che molte volte viene a mancare; lo so perché son la prima che ci sta passando, ma cos'è l'ansia per vincere contro di noi? Purtroppo questi disturbi portano a somatizzazioni fisiche come tachicardia, palpitazioni, stanchezza, tremori, nodo alla gola, ed a volte diventiamo pure ipocondriaci perché iniziamo ad avere dubbi su dubbi, paure su paure, ma non siete malati sono solo conseguenze al vostro stato d'ansia e solo dentro di voi che riuscirete a scoprirlo
Chiara Costa 

Blasting.News 

lunedì 15 settembre 2014

Tachicardia, sudorazione, paura di morire: Ho un attacco di panico!

I disturbi d'ansia sono attualmente una delle patologie più diffuse e frequenti nella popolazione e gli attacchi di panico ne costituiscono la manifestazione più acuta.
Tremore, tachicardia, sensazione di vuoto, perdita di controllo, paura di morire: chi soffre di ansia e di attacchi di panico comprende benissimo tali sensazioni e s'identifica pienamente in questa descrizione. L'etimologia della parola ansia può in qualche modo aiutarci a capire meglio cosa intendere quando parliamo di tale disturbo. La parola ansia deriva dal latino "angere" ossia stringere, infatti la parola è associata all'idea di strettezza e costrizione. Più precisamente, possiamo definire l'ansia come un sentimento di penosa attesa di un evento giudicato come terribile e catastrofico che non è ancora avvenuto ma che noi immaginiamo possa accadere; in altri casi l'ansia può essere generalizzata e quindi può non essere più circoscritta a un evento particolare ma sembra investire qualunque altro tipo di situazione: in tal caso la persona si trova a temere qualunque cosa di terribile possa accadere anche se non fa riferimento a nessun fatto specifico. Uno dei modi in cui l'ansia può manifestarsi in una persona sono le somatizzazioni.

L'esempio più chiaro e conosciuto di queste è costituito dall'attacco di panico. Il termine "panico" nasce dalla mitologia greca in cui si narra del dio Pan, metà uomo e metà caprone, che spaventava i viandanti e i pastori comparendo all'improvviso sul loro cammino e scomparendo poi velocemente, lasciando le proprie vittime sorprese, sbigottite e disorientate, nell'incapacità di spiegarsi quanto fosse accaduto. Similmente a quanto si racconta in tale mito, un attacco di panico è un episodio breve ed intenso in cui si sperimenta ansia acuta e che comporta intensi sintomi somatici accompagnati da vissuti psicologici di terrore, catastrofe imminente e impulso a fuggire. L'attacco si manifesta con sintomi fisici ovvero tachicardia, sudorazione, tremore accompagnati dalla sensazione di perdere il controllo su se stessi e sulla situazione. Spesso le persone hanno la sensazione di avere un malore e di stare per morire.

Ulteriore caratteristica associata a questo disturbo è il forte desiderio di fuggire dal luogo in cui si sta manifestando l'attacco. Dunque, si può comprendere, come l'attacco di panico, costituisca per chi ne soffre una situazione estremamente sgradevole e angosciosa. Generalmente si instaura un circolo vizioso in cui i sintomi fisici alimentano quelli mentali e viceversa, contribuendo ad aggravare la situazione.

È importante ascoltare questi segnali, cercare di capire cosa vogliono comunicarci. È fondamentale comprendere il significato e il senso profondo di quest'angoscia che si esprime attraverso determinati segnali corporei. Il modo per farlo è rivolgersi a degli esperti: lì dove tale disagio può trovare il giusto accoglimento e le parole adeguate per esprimersi al meglio.

Ester Miranda

 ilmediano.it

venerdì 5 settembre 2014

Possiamo farcela!

"Adesso so che quando si avanza uniti ci sono possibilità di successo. Adesso so che se non andrò in meta io, ci andrà un mio compagno. Adesso so che cosa vuol dire rispettare un avversario che è a terra. Adesso so che potrò cadere e perdere il pallone, ma un compagno sarà pronto a raccoglierlo e a lavorarlo per me. Adesso so che bisogna avere sempre qualcosa da portare avanti. Adesso so che si può anche perdere, ma non ci si deve mai arrendere. Adesso so che per ottenere qualcosa bisogna essere determinati. Adesso so che correre non vuol dire scappare, ma andare incontro al futuro. Adesso so che affrontare la vita sarà un gioco da ragazzi e che, se la vita è un gioco, il rugby è una gran bella maniera di viverla!"
Mirko Petternella, giornalista.



venerdì 29 agosto 2014

Ansia e attacchi di panico Trascurarli è pericoloso


Finite le vacanze, con l'inizio di settembre termina l'ebbrezza e tornano i problemi. Le risorse finanziarie insufficienti, le incertezze legate al mondo del lavoro, le attività precarie dei giovani che non riescono a costruirsi un futuro, fanno crescere la paura di perdere il proprio equilibrio psico-fisico.
Troppi italiani avvertono la sfiducia e la quasi certezza di non riuscire a far fronte agli impegni. L'ansia si insinua dentro di noi, domina i nostri pensieri, ci rende fragili, pieni di dubbi, vittime di noi stessi, prima ancora che delle avversità della vita.
L'ansia non è un fenomeno anormale. È un'emozione di base, che comporta uno stato di attivazione dell'organismo quando una situazione viene percepita soggettivamente come pericolosa. Nella specie umana si traduce in una tendenza immediata all'esplorazione dell'ambiente, nella ricerca di spiegazioni, rassicurazioni e vie di fuga, nonché in una serie di fenomeni neurovegetativi come l'aumento della frequenza del respiro e del battito cardiaco. L'organismo in ansia ha bisogno della massima energia muscolare a disposizione, per poter scappare o attaccare in modo più efficace possibile, scongiurando il pericolo e garantendosi la sopravvivenza. Quando l'attivazione del sistema di ansia è eccessiva, ingiustificata o sproporzionata rispetto alle situazioni, siamo di fronte a un disturbo d'ansia, che può complicare notevolmente la vita di una persona e renderla incapace di affrontare anche le più comuni situazioni.
Tali disturbi sono tra i più frequenti nella popolazione, creano grossa invalidazione e spesso non rispondono bene ai trattamenti farmacologici. Si rende necessario agire efficacemente su di essi con mirati interventi psicoterapeutici brevi di orientamento cognitivo-comportamentale, che hanno dimostrato alta efficacia in centinaia di studi scientifici.
I disturbi d'ansia conosciuti e chiaramente diagnosticabili sono quelli relativi a fobie specifiche (aereo, spazi chiusi, ragni, cani, gatti, insetti), i disturbi di panico e agorafobia (paura di stare in situazioni da cui non vi sia una rapida via di fuga), quelli ossessivo-compulsivi, quelli post-traumatici da stress. Vi sono poi altri tipi di problemi legati all'ansia, quali la paura di guidare, il disturbo d'ansia da separazione, che spesso si associa a crisi di panico, oppure l'ansia da prestazione sessuale, presente nei giovani e nelle persone mature.
Molti italiani sono colpiti da episodi improvvisi e intensi di paura o di una rapida escalation dell'ansia normalmente presente. Sono accompagnati da sintomi somatici e cognitivi: dalle palpitazioni, ai tremori, dalle sensazioni di soffocamento, ai dolori al petto, alla paura di morire o di impazzire. Sono questi gli attacchi di panico.
Chi li ha provati li descrive come un'esperienza terribile, spesso improvvisa e inaspettata, almeno la prima volta. Il timore di un nuovo attacco diventa immediatamente forte e dominante. Il singolo episodio sfocia facilmente in un vero disturbo di panico, originato dalla «paura della paura». È un tremendo circolo vizioso che spesso si porta dietro la cosiddetta «agorafobia», ovvero l'ansia relativa all'essere in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile o imbarazzante allontanarsi, o nei quali potrebbe non essere disponibile un aiuto. Queste persone non possono uscire di casa da soli, viaggiare in treno, autobus o guidare l'auto, stare in mezzo alla folla o in coda.
Tutte le situazioni potenzialmente ansiogene vengono evitate e la persona diventa schiava dei suoi attacchi di panico, costringendo spesso tutti i familiari ad adattarsi e a non lasciarla mai solo. Cresce il senso di frustrazione che deriva dal dover dipendere dagli altri. Questa situazione conduce spesso a una depressione secondaria. Lo stato d'ansia non va mai trascurato.

Luigi Cucchi

domenica 3 agosto 2014

Le 10 fobie più strane che mettono a rischio le vacanze



Quali sono le 10 fobie più strane che possono mettere in pericolo le nostre vacanze? Tempo d’estate, tempo di fobie. Gli esperti affermano che durante la stagione estiva le nostre paure irrazionali non ci abbandonano. Anzi, proprio con le partenze e con il desiderio di rilassarsi, possono anche aumentare. I sintomi sono sempre gli stessi: tachicardia, sudorazione, timore irragionevole. Tutto sarebbe scatenato dall’idea che qualcosa possa rappresentare una minaccia per la nostra incolumità e così le vacanze rischiano di rivelarsi un flop.

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1. Talassofobia
La talassofobia è la paura del mare, che ha anche una variante: la limnofobia, la fobia dei laghi. Sia il mare che i laghi rappresentano, specialmente a livello simbolico, una minaccia profonda, perché evocano il contatto con l’ignoto. Le reazioni? C’è chi non va al mare, c’è chi si immerge fino alle ginocchia e chi evita totalmente il bagno nell’acqua salata.



2. Rupofobia
La rupofobia è la paura dello sporco, che si trasforma in vera e propria ossessione per l’igiene. Gli esperti spiegano che si tratta di una paura legata a tratti ossessivi della personalità. Andare in vacanza e ritrovarsi in campeggio, per esempio, può costituire in questo caso un problema.

3. Acrofobia
Esiste anche chi ha un’irrazionale paura dell’altezza o della vastità dell’ambiente, situazioni che possono capitare di frequente in vacanza. Di solito la reazione è quella di fuga, con l’evitare di ritornare in quel luogo in cui si è manifestato il malessere. In questo caso andare in montagna potrebbe essere un problema.

4. Entomofobia
L’entomofobia è la paura degli insetti, che ha anche una variante specifica, rappresentata dall’aracnofobia, la paura irrazionale dei ragni. E’ facile che in estate ci si possa ritrovare più a contatto con gli insetti, a seconda della meta che scegliamo per le nostre vacanze. La campagna si potrebbe configurare come off limits per alcuni.

5. Fotofobia
Si tratta della fobia per la luce e il sole. D’estate può essere veramente difficile gestire questa paura. Spesso può essere scatenata da una vera e propria sensibilità eccessiva, eppure alcune persone sono costrette a coprirsi con cappelli, occhiali e vestiti. Se si espongono troppo ai raggi solari, possono incorrere nel mal di testa. Chi soffre di questo disturbo non può avvantaggiarsi nemmeno dei benefici della fototerapia, a cui ci si potrebbe dedicare proprio d’estate, avendo più tempo a disposizione.



6. Agorafobia
Gli spazi all’aperto o gli ambienti non familiari rappresentano un problema per chi soffre di agorafobia. E’ un disturbo collegato soprattutto al panico, di cui soffrono molte persone. E’ chiaro che d’estate, con più occasioni di stare all’aperto, il problema può diventare veramente invalidante, limitando la vita sociale degli individui. Bisognerebbe essere sempre pronti ad affrontare gli attacchi di panico, sapendo cosa fare per prevenirli e farli passare.

7. Mottefobia
La mottefobia è la paura delle farfalle notturne. Simbolicamente indica ciò che è misterioso e fuori controllo, perché le falene rappresentano un vero e proprio emblema della notte. Se ci rechiamo in una località di villeggiatura e apriamo le finestre di sera, tenendo la luce accesa, tutto si trasforma in qualcosa di terribile.

8. Ofidiofobia
L’ofidiofobia è la paura dei serpenti. Più in generale questa fobia si chiama scolecifobia, che è il timore per i vermi. A livello inconscio riflettiamo su questi esseri viventi la nostra negatività, una parte di noi stessi o della realtà che per noi è difficile da accettare.

9. Gimnofobia
Si tratta della paura della nudità. Si può avere paura di essere nudi, ma allo stesso tempo anche il nudo degli altri può essere una fonte di ansia. Non è certo l’ideale per chi vuole andare al mare e vuole mettersi un costumino in spiaggia. Sarebbe una paura collegata all’assenza di difese, che nasconde componenti sessuali.

10. Paura di non essere popolari sui social
Con lo sviluppo delle tecnologie informatiche e l’ascesa dei social network, si va sempre più manifestando una paura particolare: quella di non essere popolari sulle reti sociali o di essere ignorati in rete. Abbiamo il timore di essere dimenticati e questa ansia diventa più acuta proprio nei giorni di ferie, quando siamo lontani dal PC. Ci ritroviamo quindi a pubblicare continuamente foto e commenti su internet, finendo col passare le vacanze continuamente collegati anche mediante tablet o cellulare.
(Gianluca Rini)
 Nano Press