venerdì 31 agosto 2018

Kevin Love: 'Problemi come la depressione e gli attacchi d'ansia non dovrebbero essere un taboo'




In una intervista con ESPN Love ha parlato delle sue difficoltà

Kevin Love, stella dei Cleveland Cavaliers, è stato uno dei primi giocatori NBA ad aprirsi e parlare delle sue difficoltà. Il giocatore, infatti, soffre di attacchi d'ansia e da diversi mesi vede un terapeuta che lo aiuta a gestire questo problema. Negli ultimi tempi il tema della salute mentale in NBA sta diventando sempre più centrale, con diversi giocatori che hanno deciso di uscire 'allo scoperto' e hanno parlato apertamente delle loro difficoltà legate a depressione e altri disturbi mentali.

"Questi problemi non dovrebbero essere un taboo," ha dichiarato Love in un'intervista ad ESPN. "Ma purtroppo nel nostro mondo lo sono ancora. Penso a mio padre (ex giocatore, ndr), nella sua generazione nessuno parlava di quelle difficoltà."

Love è tornato sull'attacco di panico che lo ha colpito durante la gara contro gli Atlanta Hawks della scorsa stagione. Una situazione che, inizialmente, aveva creato confusione anche tra i suoi compagni di squadra, che pensavano che Love avesse 'finto' un infortunio e abbandonato la squadra nel momento del bisogno: "Era come se il cuore cercasse di uscirmi dal petto, non riuscivo a respirare e i miei polmoni sembravano non riuscire a trovare aria da nessuna parte. E' stato un momento terrificante, ho avuto paura che mi stesse venendo un infarto. Ho avuto moltissima paura, pensavo di morire."

Dopo essersi aggirato negli spogliatoi in preda al panico, Love, alla fine, cadde sul pavimento e venne ritrovato dal trainer della squadra, che lo stava cercando dappertutto: "Lui cercava di calmarmi ma non riusciva a capire che cosa avessi che non andava, mi diceva 'come posso aiutarti?'

John Lucas, assistant coach dei Rockets ed ex giocatore NBA, adesso gestisce un programma dell'associazione giocatori NBA per aiutare i giocatori che soffrono di questo tipo di disturbi. In passato Lucas ha avuto problemi relativi all'abuso di alcool e le sue parole ad ESPN fanno riflettere: "Più del 40% dei giocatori NBA soffrono di disturbi legati alla salute mentale ma solo il 5% di loro cerca un aiuto terapeutico a questi problemi. All'interno della nostra lega c'è un'epidemia, parlo di problemi che vanno da disturbi dell'attenzione alla sindrome bipolare, dall'ansia alla depressione"

Un coach di una squadra di Eastern Conference ha dichiarato ad ESPN: 'Nella mia squadra ci sono tre giocatori con questo tipo di problemi, due di loro stanno ricevendo un aiuto terapeutico. Alcuni giorni stanno bene, in altri decisamente no. Io cerco di essere molto comprensivo con loro, ma non sono un dottore o uno psicologo e in alcuni momenti mi viene richiesto di esserlo"
Fonte ESPN

Dal Sito: 

sportando.basketball.it

Pensiero ruminativo: ​come liberarsene



Il "pensiero ruminativo" o “overthinking” è altamente nocivo perché genera stati di ansia che sfociano in vera e propria depressione. È una predisposizione tipicamente femminile. Recenti studi dimostrano che le persone che pensano troppo sono le più creative e sensibili. Ecco come gestire efficacemente l’overthinking

Pensare troppo” ha un effetto tossico sulla mente perché i nostri pensieri si accumulano diventando un boomerang che può inevitabilmente ritorcersi contro noi stessi.
Secondo gli studi dell’Università di Yale condotti da Susan Nolen Hoekesema che ha dedicato la sua vita accademica allo studio dell’overthinking, il pensiero ruminativo dipende dal proprio vissuto emotivo ed è altamente soggettivo. La causa di questo problema secondo la Hoekesema è il nostro cervello che è naturalmente predisposto ad un’attività di pensiero elevato. I nostri ricordi e pensieri sono tessuti intrinsicamente insieme e non divisi in compartimenti stagni.
Quando si è di cattivo umore o sottostress è fisiologico che un pensiero negativo diventa la scintilla per dar vita ad una vera e propria spirale di negatività Le donne sono quelle che sono più predisposte all’overthinking perché tendono a prendersi troppo sul serio rispetto agli uomini . L’ansia fino a certi limiti è positiva perché ci consente di metterci in discussione su ciò che stiamo facendo, ci aiuta ad essere cauti di fronte all’ignoto.
Se invece i pensieri negativi creano una spirale dalla quale è difficile liberarsene, ci sentiamo impotenti, frustrati e demoralizzati. La ruminazione mentale, secondo la psicologa Roberta Cassuti, è una modalità di pensiero basata sulla valutazione negativa di se stessi e degli episodi passati della propria vita tale da impedire di avere comportamenti attivi e sani e di conseguenza una soluzione al presentarsi di un problema reale che ci coglie in un determinato momento esistenziale.
Una mente che però pensa troppo fa aumentare i livelli di cortisolo nell’organismo (il cosiddetto ormone dello stress). Può provocare stati di ansia e depressione prolungati. Una mente che pensa troppo può sabotare tutte le buone intenzioni e le idee creative impedendoci di evolvere.
Ecco i nostri consigli su come gestire efficacemente il pensiero ruminativo:
1. Smettere di lamentarsi: le lamentele attraggono tanta negatività. Bisogna sforzarsi di cogliere la positività da ogni evento o situazione;
2. Distrarsi: quando siamo assaliti da una cascata di pensieri negativi orientiamo la nostra mente altrove. Concentriamoci su ciò che stiamo facendo o dedichiamoci ad un’attività piacevole. Anche prendersi una piccola pausa da ciò che stiamo facendo è rigenerante;
3. Dire addio alla perfezione: la perfezione può diventare un pensiero ossessivo e assilante che ci può impedire di vivere serenamente e goderci ciò che ci accade. Bisogna mirare all’eccellenza e accettare anche gli errori perché la vita è sperimentazione e non si finisce mai di mettersi in gioco;
4. Tenersi creativamente impegnati: l’esercizio fisico è il modo migliore per scaricare lo stress e la negatività, Efficace è praticarlo all’aria aperta. Utili sono le attività creative come scrivere, suonare uno strumento e dipingere. Studi approfonditi rivelano che le persone overthinking sono proprio quelle più creative;
5. Creare delle alternative: affrontare le situazioni con problem solving elaborando alternative efficaci se qualcosa non va come avremmo voluto. Scrivere una lista di pensieri differenti da quelli che elaboriamo solitamente può essere terapeutico per riscoprirci sotto nuove prospettive;
6. Imparare a pensare in maniera felice: liberatevi dalle paure irrazionali che non fanno altro che ostacolarvi e bloccare la vostra evoluzione personale. Ogni volta che siete assaliti dall’angoscia e dalla negatività deviate il pensiero su ciò che vi rende sereni e felici.



mercoledì 29 agosto 2018

I 10 sintomi fisici causati dall'ansia che forse non ti aspetti



L'ansia
 è un problema che ci attanaglia spesso e volentieri, rendendoci difficile dormire serenamente la notte e affrontare in maniera lucida le nostre giornate. La causa scatenante sono pensieri negativistress lavorativo o personale, la sensazione di non essere in grado di fare tutto e nel modo giusto o anche il timore di dover affrontare situazioni che sembrano troppo grandi.

Anche se i disturbi di tipo psichico sono quelli che più facilmente associamo all'ansia, anche alcuni sintomi fisici sono da attribuire direttamente e indirettamente alla sua azione. Il corpo è in completo squilibrio quando la mente non è lucida e soprattutto quando questo status negativo prosegue per lunghi periodi.

In questo caso, questi 10 sintomi fisici causati dall'ansia, dobbiamo proprio aspettarceli.

  1. Dolore al petto e tachicardia - Quando ci si sente ansiosi, i battiti iniziano ad essere irregolari o a salire velocemente. Si può addirittura pensare di essere vittime di un infarto, ma in realtà si tratta di un antipaticissimo attacco di panico. Lo stress porta anche a dolori intercostali.

  2. Dolori muscolari e articolari - L'ansia può favorire anche un cambio della postura, in quanto fa irrigidire i muscoli e fa fare movimenti non lineari. La conseguenza diretta è che le fasce iniziano a tirare come dopo un allenamento fisico, ma ovviamente senza i classici benefici dell'attività sportiva.

  3. Capogiri - I famosi attacchi di panico, generati dall'ansia, provocano un aumento dell'adrenalina. Il cuore pompa più forte e la pressione sanguigna aumenta velocemente. Il risultato si può tradurre in vertigini e capogiri.

  4. Mal di testa - Ansia e stress sono anche direttamente responsabili di mal di testa e attacchi di emicrania. Inoltre posizioni sbagliate e muscoli contratti a causa di una condizione di panico, possono far patire anche la cervicale, peggiorando così il dolore alla testa.

  5. Insonnia - Per ovvi motivi, una pressione alterata, unita a continui pensieri negativi, non possono che generare insonnia e rendere difficile l'addormentamento, come anche rendere impossibile un sonno risposante e continuativo.

  6. Problemi di stomaco - È molto frequente avere conati di vomito e nausea dopo un attacco di panico o comunque successivamente ad una situazione ansiogena. La pressione scende improvvisamente e questo provoca sia giramenti di testa, sia disturbi a livello di stomaco.

  7. Visione offuscata - L'impennata di adrenalina e l'iperventilazione, situazioni tipiche in una condizione di forte stress e ansia, possono anche provocare disturbi momentanei alla vista. Le pupille potrebbero apparire anche piuttosto dilatate.

  8. Pelle alterata, brufoli e acne - Dobbiamo farcene una ragione, la pelle è la cartina al tornasole dei nostri disturbi fisici e psichici. Se soffriamo di ansia aumentano sia la produzione di cortisolo, sia la sudorazione, che influiscono negativamente sulla bellezza dell'epidermide.

  9. Caldo, sudorazione, brividi - I picchi di adrenalina possono portare anche ad un aumento della temperatura. Il corpo reagisce termoregolandoci attraverso la sudorazione. La reazione immediatamente successiva possono essere freddo e brividi, quando la situazione di ansia è passata.

  10. Ipertensione - Come detto, l'ansia è responsabile dell'aumento della pressione sanguigna. Questa condizione va tenuta sotto controllo per evitare tutti gli effetti collaterali classici dell'ipertensione. Lo stress può sembrare facile da gestire, ma se non trattato nei modi giusti può portare a danni al sistema cardiovascolare di una certa importanza.

Fobie estive: quali sono e come superarle



In estate insorgono molteplici fobie. Esse sono delle paure eccessive e irrazionali che possono rovinarci le vacanze e condizionare i nostri spostamenti e il nostro relax. Ecco le principali fobie estive e come superarle

m.ilgiornale.it

venerdì 17 agosto 2018

Superare la tristezza dandole spazio



Capitano momenti di sconforto che arrivano di colpo e ci mandano al tappeto: il loro scopo è fermarci per farci ripartire, per questo combatterli non serve.

In genere ce ne accorgiamo di colpo: è come se ci svegliassimo e ci rendessimo conto che non siamo al nostro solito posto di lavoro, o sul tram per andare a fare acquisti, o in auto per andare a prendere i figli a scuola. No, siamo in un posto che esiste solo nella nostra mente: un luogo freddo, ostile, e terribilmente malinconico, una malinconia che ci è entrata nelle ossa. È il segnale. La tristezza è arrivata da un po’ ma noi ce ne siamo accorti solo ora: ed è una ventata che ci mette al tappeto. Ci chiediamo: “Ma perché? Stamattina andava tutto bene, e invece ora ho il morale sotto i tacchi”.

A volte la tristezza giunge inaspettata

Pensiamo alla serata che ci aspetta: in famiglia, coi figli, oppure con gli amici... Ma niente, vorremmo solo sprofondare lì dove siamo. Ma cos’è successo? Torniamo alla giornata trascorsa e, faticosamente, individuiamo un elemento, un fattore scatenante: si tratta magari di uno screzio mal digerito al lavoro, di una telefonata che non è arrivata, di una parola di troppo che abbiamo detto... Ma non ne siamo così convinti: sì, quei fatti sono successi, ma come ne succedono tutti i giorni, e non reagiamo così. Di solito facciamo spallucce e tiriamo dritto. Oggi invece, niente: tutto ci sembra irrimediabilmente triste, inutile…

Accogli i tuoi stati d’animo così come sono

Se vi siete riconosciuti in questo ritratto, se anche voi siete parte di quella grandissima maggioranza di persone cui capitano momenti di tristezza profonda e, in apparenza, immotivata, c’è una cosa che dovete sapere: tutto si gioca in questo attimo, in questo primo momento in cui ci si accorge che qualcosa è scattato. Potete trasformare questo evento in un “regalo dell’anima”, oppure in un piccolo dramma, capace di innescare meccanismi mentali che si trascinano per anni. Vediamo assieme in che modo.

Se scacci la tristezza ne sprechi il potenziale

“Oddio, e adesso cosa faccio? Devo reagire, devo fare qualcosa!". Quando arriva la tristezza, di solito crediamo di dover reagire. Cerchiamo di combatterla, di zittirla, di sostituirla con qualcos’altro. Anche se al momento ci riusciamo, ricorrendo alla tv o a qualche altra distrazione “divertente”, alla fine ci resta dentro un’amarezza ancora più indefinibile, che tornerà più forte la prossima volta. Se invece proprio non ci riusciamo a mandarla via, inneschiamo un circolo vizioso di lamenti, recriminazioni, sensi colpa, vergogna... “Perché sono fatto così?”. Come se essere ciò che si è fosse una malattia!

Se non la ostacoli riporta a galla le energie sepolte

Invece di preoccuparci e di combatterla, possiamo semplicemente... cedere. Lasciamole campo libero per un po’ e stiamo a vedere cosa succedeSe la tristezza è arrivata, significa che l’anima l’ha prodotta, che ne aveva bisogno. E a quale scopo? La risposta è semplice: è arrivata per farci ritrovare il sorriso! È come se, nella vita di tutti i giorni, ci fossimo dimenticati un po’ troppo di noi stessi, del nostro piacere, della nostra gioia. E così le energie hanno cominciato ad abbassarsi, andando sempre più giù, nel fondo dell’anima. Finché è suonato l’allarme. “Scendere in basso” è il solo modo che l’anima ha per andare a pescare quelle energie e farle riemergere, per farci ritrovare…la gioia!


Dal Sito: Riza.it 

Bassa autostima: sintomi e cura



L’autostima comprende: la soddisfazione di sé, l’intima consapevolezza del proprio valore e la fiducia nella propria capacità di svolgere un determinato compito. Stimare noi stessi significa non mettere in discussione la nostra importanza e, di conseguenza, essere capaci di assumersi responsabilità nei confronti degli altri. Il rispetto per noi stessi, per i nostri bisogni, emozioni, potenzialità, aiuta ad entrare in un rapporto costruttivo con gli altri. Se questo rispetto manca (bassa autostima), anche il rapporto con gli altri ne viene profondamente condizionato.
L’autostima è una valutazione che la persona dà di se stessa. Tale valutazione varia tra due estremi: uno positivo ed uno negativo. Chi ha bassa autostima sperimenta: una scarsa fiducia in se stesso e nel mondo; una difficoltà di ascoltarsi e di individuare obiettivi realistici e coerenti con le proprie aspirazioni; la tendenza a dipendere dagli altri per ciò che riguarda la definizione del valore come persona e delle capacità; una ricerca continua del consenso degli altri, uno scarso spirito di iniziativa ed una scarsa disponibilità a rischiare; la tendenza a reagire d’impulso; la mancanza di un progetto di vita personale; una vulnerabilità ai disturbi d’ansia; uno stile comportamentale passivo. Tutti questi elementi possono contribuire al mantenimento di un basso livello di autostima.
All’opposto chi ha un’autostima eccessiva si mostra come una persona orgogliosa, estremamente testarda e sicura di sé e, come conseguenza, incapace di vedere i propri errori e gli eventuali comportamenti alternativi; in questo caso si parla di autostima ipertrofica. Nei casi estremi diventa presunzione, disprezzo per l’altro, superiorità; tutte caratteristiche del disturbo narcisistico di personalità. Occorre notare, comunque, che talvolta la bassa autostima è proprio mascherata (nel tentativo di compensarla) da atteggiamenti sprezzanti, altezzosi e arroganti. La struttura di personalità delle persone con bassa autostima è comunque spesso problematica, sono molto frequenti dipendenza affettiva, insicurezza, indecisione, ma anche veri e propri sintomi di disturbi dell’alimentazione, dell’umore o d’ansia. Nei casi più estremi di bassa autostima, spesso si ha a che fare con veri e propri disturbi di personalità, come il disturbo dipendente.
In generale, il miglioramento dell’autostima è una premessa fondamentale per il benessere psico-sociale della persona. L’intervento psicoterapeutico cognitivo comportamentalepermette di lavorare sugli ostacoli che concorrono allo sviluppo e al mantenimento di un buon livello di autostima: paure irrazionali, pensieri disfunzionali e stile comunicativo inefficace. Le paure irrazionali (ad es. “Offenderò qualcuno”, “Non voglio creare problemi”, “Gli altri mostreranno disapprovazione se mostrerò la mia rabbia”…) abbassano il livello di autostima e influiscono negativamente sul proprio stile di relazione che diventa passivo. Con il passare del tempo, l’accumulo di insoddisfazione e di frustrazione per il mancato raggiungimento degli obiettivi auspicati, che alimenta la bassa autostima, può portare ad una manifestazione impulsiva di rabbia con modalità di relazione aggressiva. Entrambi questi comportamenti risultano essere disfunzionali rispetto all’obiettivo di sviluppare relazioni chiare, assertive e funzionali al raggiungimento degli obiettivi.

Dal Sito: ipsico.it 

Trauma psicologico: sintomi e cura



Per trauma psicologico si intende qualsiasi evento che una persona recepisce come estremamente stressante. Può trattarsi di una minaccia all’integrità fisica, propria o di altri, o all’identità psicologica. Questi eventi producono reazioni emotive e corporee importanti, che non sempre il cervello riesce ad elaborare. Quando l’elaborazione del trauma psicologico non avviene spontaneamente, le emozioni e le sensazioni corporee si bloccano, e costruiscono reti neuronali disfunzionali che compromettono il normale funzionamento psichico e il benessere della persona.
L’impatto del trauma psicologicoè soggettivo. A seconda delle caratteristiche di personalità, dell’ambiente circostante, della struttura emotiva e cognitiva di ogni persona un evento può essere più o meno traumatico. Eventi che potenzialmente posso scatenare un trauma psicologico non includono solo condizioni estreme e fuori del comune, ma molto spesso possono riguardare anche esperienze di trascuratezza o mancanza di rispetto e accudimento, che influiscono sul senso di valore dell’individuo, sulla sua sicurezza, sull’autostima e sul suo senso di efficacia personale.
Anche senza aver subito traumi psicologici con la “T” maiuscola, tutti noi abbiamo subito traumi con la “t” minuscola. Per alcuni può essere stato traumatico essere umiliati alle elementari da un maestro troppo duro, per altri essere mollati, improvvisamente, dal proprio partner; per molti può essere traumatica la perdita del lavoro, oppure un divorzio o la perdita di una persona cara, ma anche un giudizio ricevuto. Il trauma psicologico è quindi molto frequente e costituisce uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo di disturbi psicologici, in particolare di disturbi d’ansia, come il disturbo post-traumatico da stress, ma non solo.
I sintomi che si possono presentare in seguito ad un’esperienza traumatica non sono univoci. Essi variano a seconda della gravità del trauma psicologico, ma, soprattutto, dipendono dalla risposta soggettiva di chi lo ha subito.
La risposta all’esperienza traumatica è, prima di tutto, emotivo-corporea. Nel caso di un trauma psicologico irrisolto si crea nel cervello una stasi neurobiologica, che impedisce l’elaborazione delle emozioni e delle sensazioni corporee le quali, permanendo nel cervello oltre la conclusione dell’esperienza, sono pronte a riattivarsi in situazioni simili a quella traumatica. Anche se la persona si trova in condizioni di sicurezza può accadere, infatti, che essa sperimenti le stesse emozioni e sensazioni sgradevoli che aveva provato nel momento in cui è avvenuto il trauma. Per esempio, chi ha avuto un incidente d’auto può continuare a sentirsi a disagio e teso in macchina, anche se consapevole che, da anni, guida senza problemi.
Questa iperattivazione emotiva e corporea può portare allo sviluppo di sintomatologie diverse.
Secondo la classificazione del DSM IV-TR, sono due i disturbi direttamente legati ad esperienze traumatiche irrisolte. Questi sono: il Disturbo Acuto da Stress e il Disturbo Post-Traumatico da Stress.
Trattasi di due disturbi d’ansiacaratterizzati dai seguenti sintomi:

paura intensa, sentimenti di impotenza o di orrore;

rivivere costantemente l’evento traumatico con immagini, pensieri o percezioni ricorrenti e intrusive, sogni, sensazione di rivivere l’esperienza (illusioni, allucinazioni, flashback), disagio psicologico e reattività fisiologica intensa all’esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che simbolizzano o assomigliano a qualche aspetto dell’evento traumatico;

evitamento di pensieri, sensazioni, conversazioni, attività, luoghi o persone che evocano ricordi del trauma, incapacità di ricordare qualche aspetto importante del trauma;

riduzione marcata dell’interesse o della partecipazione ad attività significative, sentimenti di distacco o estraneità verso gli altri, affettività ridotta, sentimenti di diminuzione delle prospettive future;

aumento dell’attivazione nervosa, con difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, irritabilità o scoppi di collera, difficoltà a concentrarsi, ipervigilanza, esagerate risposte di allarme.

Se tale sintomatologia si risolve entro 4 settimane parliamo di Disturbo Acuto da Stress, se invece perdura per oltre un mese si parla di Disturbo Post-Traumatico da Stress.
Nella pratica clinica si riscontra, però, che un trauma può dare origine a varie patologie e non solo alle due sopra citate.
Molti autori, oggi, indipendentemente dall’approccio teorico di appartenenza, sostengono che piccoli e grandi traumi psicologici, vissuti soprattutto in età infantile, hanno un impatto significativo sull’emergere dello stress psicologico e sullo sviluppo di vari disturbi mentali. Anche aspetti caratteriali, come la timidezza o la tendenza al senso di colpa, possono essere la conseguenza di traumi. In particolare, di traumi interpersonali, come rifiuti, umiliazioni, colpevolizzazioni, tanto più gravi quanto più ripetuti.
Un trauma psicologico irrisolto, infatti, costituisce un carico disfunzionale nel cervello di una persona che la rende più fragile rispetto all’impatto con altre possibili successive difficoltà della vita e ne diminuisce la resilienza. Per questo diciamo che un trauma irrisolto tende a “complessizzarsi”, dando vita a modalità di relazione disfunzionali con se stessi, con gli altri e con la realtà interna, che possono diventare la base di sintomatologie diverse.

Dal Sito: ipsico.it

Come vincere l’ansia



I disturbi da ansia sono attualmente uno dei problemi mentali più diffusi al mondo: sembra infatti che ne soffrano quattro persone su cento. Uno studio condotto dall’Università di Cambridge mostra che le donne e i giovani sono tra i più colpiti.

Dai dati risulta che i disturbi da ansia costino al sistema sanitario americano oltre 42 miliardi di dollari all’anno, e che, quando non vengono curati o rimangono irrisolti, possono sfociare nella depressione, nell’uso di droga, e persino nel suicidio.

C’è una differenza tra l’ansia normale, che tutti provano quotidianamente, e i disturbi da ansia. La normale ansia è una sensazione che può motivare, mobilitare e proteggere le persone. Nel mondo moderno, l’ansia può fornire una spinta quando bisogna rispettare una scadenza imminente, e può dare fretta alle persone, per esempio quando si scopre improvvisamente che un conoscente ha avuto un incidente. Ma se queste sensazioni cominciano a manifestarsi in situazioni che non sono realmente pericolose o importanti, allora è possibile che si soffra di un disturbo da ansia.

Ci sono diversi tipi di disturbi da ansia; alcuni dei più comuni sono il disturbo da panico e il disturbo d’ansia generalizzato. Chi ha il disturbo da panico può avvertire intensi picchi d’ansia sorgere all’improvviso, con il cuore che inizia a battere veloce; ci si può sentire storditi o senza fiato, e si può addirittura pensare che si stia per avere un infarto o si stia per morire.

Chi soffre di un disturbo d’ansia generalizzato, invece, tende ad aver paura di tutto quello che potrebbe accadergli e potrebbe trovare difficile spostare l’attenzione dalle sue preoccupazioni ad altro. Le preoccupazioni possono essere cosi invadenti da portare la persona a desiderare di saltare la scuola, il lavoro, o altri eventi importanti.

L’ansia non lascia segni, cicatrici o lividi sul corpo, ma può essere più debilitante di una grave malattia fisica, come il cancro o il diabete.

Ci sono delle cure, ma le ricadute sono frequenti e alcuni non riescono a conseguire dei miglioramenti tangibili. Esiste anche una terapia comportamentale cognitiva, ma i tempi di attesa per una visita possono essere lunghi e non tutti gli psicologi sono idonei per chiunque. Ma qualsiasi opzione si scelga si può aiutare se stessi usando ‘scientificamente’ alcuni semplici metodi.

Smettere di auto censurarsi

Le persone ansiose spesso riesaminano quello che intendono dire nelle proprie menti perché non vogliono offendere nessuno. Cercano sempre di trovare il momento perfetto per sollevare una determinata questione e si preoccupano dell’impatto che avranno sugli altri. Poiché le persone ansiose hanno spesso paura, spesso avvertono insicurezza, e temono che altri si stiano approfittando di loro.

Una soluzione consiste nello smettere di censurare le proprie parole e azioni.

All’inizio potrebbe sembrare difficile, ma è importante iniziare. Si può cominciare con le persone con le quali ci si sente maggiormente a proprio agio, per poi farlo gradualmente con tutti. Appena si comincia a farlo, si potrà avvertire un senso di sollievo e si inizierà a considerare sé stessi come persone che pensano in modo indipendente. Inoltre questa è un abilità che può essere sviluppata con la pratica.

Vivere nel presente

L’ideale sarebbe concentrarsi unicamente su quello che si sta facendo. Se si pensa molto a quello che è accaduto ieri o a quello che succederà domani, questo potrebbe significare che non si sta vivendo nel presente. E se non si vive nel presente, è molto più probabile sperimentare stati di ansia.

Ma c’è una via d’uscita. Ogni volta che spuntano dei pensieri che generano turbamento non bisogna rifornirli di energia. Invece bisogna concentrarsi il più possibile su quello che si sta facendo nel presente. Quando si beve una bevanda calda, ad esempio, si può provare a immergersi nell’esperienza, fare attenzione alla sensazione scaturita dalla tazza calda appoggiata sulla propria pelle e all’aroma della bevanda.

Quando ci si immerge nel presente, il corpo si rilassa e la mente diventa serena. È stato accertato da diversi studi che questo genere di consapevolezza riduce drasticamente l’ansia.

Imparare a perdere

Poiché le persone ansiose a volte hanno maggiori difficoltà a stringere relazioni con gli altri, hanno spesso la sensazione di dover fare tutto il possibile per preservare le relazioni che già hanno. Questo può renderli troppo dipendenti e bisognosi d’attenzioni.

Ma per preservare la propria salute mentale è importante imparare a perdere. Se si litiga con qualcuno e questa persona vuole porre fine al legame di amicizia, bisogna saper lasciare andare. È meglio per la propria dignità e, ironicamente, può rafforzare la propria autostima e aumentare la fiducia in se stessi.

Come dicevano gli antichi monaci buddisti: «Quando si lascia andare la presa, si può sperimentare qualcos’altro». Quando si smette di pensare alle circostanze che non possono essere cambiate, la mente automaticamente inizia a pensare alle possibilità future. Il che può essere esaltante e energizzante. Infatti, imparare a perdere non riguarda solo le proprie relazioni, ma ogni ambito della propria vita. Non resta che provarci.

Olivia Remes è una dottoranda dell’Università di Cambridge in Inghilterra. L’articolo originale è stato pubblicato da The Conversation.

Dal Sito: m.epochtimes.it

giovedì 9 agosto 2018

Come nasce la Paura di Impazzire


Come nasce la paura di impazzire?                         

La paura di impazzire è uno stato d’animo generalmente associato all’ansia e agli attacchi di panico.

Infatti gli attacchi di panico possono considerarsi quasi come una manifestazione fisica di tale paura.

Tale paura nasce dalla sensazione di perdita totale di controllo.

La paura di stare male porta a fare strani pensieri sulla vita, sulla realtà e la testa va in confusione. Questi pensieri aumentano il timore di avere qualcosa di strano e la paura diventa angoscia.

A volte questo pensiero è solo temporaneo, in altri casi può diventare quasi un’ossessione. 

Come fare per non fartene condizionare?

L’ansia può manifestarsi anche con sintomi quali, per esempio, forte senso di irrealtà, sensazione di estraneità dal proprio corpo e da quello che ci circonda.

Tali sensazioni spaventano in maniera eccessiva e sapere che si tratta di ansia e nient’altro, per quanto spaventosa possa essere, forse può essere d’aiuto.

Inoltre, questi brutti pensieri e strane sensazioni se ne vanno piano piano da soli, naturalmente.

Come superarla?

Non esiste un’unica soluzione: per ogni persona esiste una chiave, legata alla sua storia, che la può riportare a contatto con la realtà e ridimensionare lo stato di angoscia.

Un modo efficace per cercare di superare la paura di impazzire è quello di parlare e condividere questo stato d’animo, le sensazioni che si provano ed i sintomi.

Per essere supportati nel modo migliore sarebbe utile cercare aiuto rivolgendosi ad uno psicoterapeuta.

Psicologa-Psicoterapeuta
Dott.ssa Fiammetta Favalli 

Dal Sito: sosemozioni.it
  

Depressione post partum Femminile e Maschile

Quando si parla di depressione post partum si pensa immediatamente a quella femminile, ma la depressione post partum è anche maschile.

Depressione post partum femminile


Si crede erroneamente, che la maternità debba essere sempre un processo facile e naturale come mangiare e dormire, che debba comportare solo gioia e serenità, che le madri debbano essere sempre felici di dedicarsi completamente ai loro bambini, che un disturbo dell’ umore dopo il parto sia, quindi, segno di debolezza e non un vero e proprio disturbo.

Invece la maternità comporta comunque un nuovo ruolo da apprendere progressivamente.

Avere un figlio, infatti, cambia la vita e bisogna ricostruirsi un equilibrio nuovo.

La depressione post partum  femminile può essere determinata da un insieme di fattori, come, per esempio:

Scarso supporto sociale;

Complicazioni ostetriche; 

Disturbi del sonno nel bambino;

Vediamo ora quali sono le diverse modalità in cui si può manifestare tale tipo di depressione:

1) Baby blues: questo tipo di disagio colpisce la maggior parte delle mamme ed il suo esordio avviene nella 1° settimana dopo il parto, ma i sintomi possono perdurare fino a 3 settimane. Di solito scompaiono da soli.

2) Depressione post partum: è un disturbo che compare solitamente tra le 4 e le 6 settimane dopo il parto ( comunque entro i primi 12 mesi dal parto) e s’incrementa persistendo anche vari mesi ( dai 3 ai 9 in media). Il 10% delle donne italiane ne soffre dopo il parto.

3) Psicosi post partum: è la forma più grave ( una mamma su mille) e si manifesta dopo circa 3 mesi.

Ma la depressione post partum può colpire anche i papà.    

Mentre, però, per la donna, la maternità ha ripercussioni fisiche e psicologiche, la paternità coinvolge quasi esclusivamente l’aspetto psicologico.

L’aspetto principale della crisi consisterebbe, inconsapevolmente, nella paura di non riuscire ad adattarsi alla nuova responsabilità.

Sembra verificarsi, quasi sempre, quando la donna si dedica intensamente e con gioia al figlio.

Come se, per alcuni uomini, ci fosse unasofferenza per il cambiamento improvvisoavvenuto dopo la nascita del figlio e sentissero di aver perso qualcosa di fondamentale nella propria vita.

Si può manifestare con comportamenti insoliti ed eccessivi.

Ad esempio:

Aggressività nei rapporti con gli altri e voglia di litigare senza motivo;

Dedica il suo tempo solo al lavoro, tornando a casa molto tardi.


Essere a conoscenza dell’esistenza della depressione post-partum, non solo della mamma, ma anche del papà, aiuta certamente a prevenire le difficoltà di coppia ed anche del futuro del nuovo nato.

Nel caso non si riuscisse a fare tutto da soli è importante, per non dire indispensabile, chiedere aiuto ad uno/a psicoterapeuta per una consulenza di coppia per ripristinare nuovi equilibri.

Ecco, quindi, quali potrebbero essere gli interventi utili:

seminari di informazione e psico-educativi ;

gruppi di incontro: utili per far sentire la neo-mamma meno sola, facendo l’ esperienza che ci sono altre persone che condividono con lei incertezze e difficoltà.

consulenza psicologica di coppia: per affrontare insieme i cambiamenti che la nascita di un figlio comporta nella propria vita personale e familiare.

consulenza psicologica individuale: per ricevere sostegno e prendere consapevolezza del nuovo ruolo a cui si va incontro.

Psicologa-Psicoterapeuta
Dott.ssa Fiammetta Favalli 

Dal Sito: sosemozioni.it

Aerofobia: i consigli per viaggiare sereni in aereo


L’aerofobia è la paura irrazionale di volare. Colpisce soprattutto le donne. Provoca ansia e attacchi di panico. I nostri suggerimenti per vivere serenamente un viaggio in aereo.

L’aerofobia è molto più diffusa di quanto si creda. Ne soffrono sei persone su dieci e colpisce soprattutto le donne. Secondo un sondaggio realizzato da Eurodap (Associazione europea disturbi attacchi di panico) per aerofobia non si intende solo il disagio derivante dal trovarsi sospesi in aria che è innaturale nell’uomo, ma il vero è proprio terrore di prendere l’aereo.

I motivi che scatenano questo disagio sono: i potenziali problemi meccanici durante il volo (73%), le fastidiose turbolenze (62%), i problemi meccanici sul suolo (36%). L’aerofobia è considerata una paura irrazionale perché l’aereo è il mezzo di trasporto più sicuro. Lo conferma anche l’Economist che dichiara che una persona ha 180 possibilità in più di morire in un incidente d’auto che in volo.

L’ansia da aerofobia si manifesta già qualche giorno prima della partenza. I sintomi sono accompagnati da tachicardia, tensione muscolare, nausea, diarrea. Il tutto può sfociare in seri attacchi di panico. Gli esperti sostengono che per guarire dall’aerofobia bisognerebbe prendere più spesso l’aereo in modo da abituarsi a volare. Ecco i nostri pratici e utili suggerimenti per affrontare al meglio l’esperienza di volare:

- Arrivare in anticipo in aeroporto: fare il check- in con calma senza il terrore di perdere l’aereo trasmette serenità e consente di abituarsi all’idea di dover volare;

- Evitare bevande eccitanti: prima e durante il volo non bere caffè o energizzanti che amplificherebbero di più l’ansia e la tensione;

- Affidarsi al personale in volo: hostess e steward comunicano tranquillità; esprimere il proprio disagio e le proprie perplessità ha un effetto liberatorio e consente di sentirsi capiti e supportati psicologicamente;

- Scegliere un posto adatto alle proprie esigenze: l’ideale è scegliere un posto distante dai motori in modo da evitare il rumore e le sue vibrazioni. Evitare anche la vista delle ali che in alcuni soggetti alimenta l’ansia;

- Frequentare un corso: per aiutare i passeggeri che soffrono di aerofobia alcune compagnie aeree organizzano seminari e corsi anche on line sulla tematica. La compagnia low cost Easy Jet, ad esempio, organizza il corso “Fearless Flyer” costituito da video interattivi preparati da psicologi e piloti d’aerei;

- Ascoltare musica: è stato provato scientificamente che ascoltare musica durante un volo rilassa e diffonde serenità. Si consiglia di non dimenticare di inserire il lettore mp3 nel bagaglio a mano.

Mariangela Cutrone

Dal Sito: m.ilgiornale.it

martedì 7 agosto 2018

Come controllare l’ansia mentre viaggi

Controllare l’ansia può essere uno dei problemi che troverai durante i tuoi viaggi. Prima di tutto, sappi che se qualche volta ti è successo è un problema molto più diffuso di quello che pensi: più di 4 milioni di di italiani infatti ne sono influenzati. Per questo motivo crediamo sia interessante lasciarvi nel nostro blog alcuni consigli per combattere gli attacchi di panico. Non vogliamo infatti che l’ansia possa impedirti di scoprire luoghi magnifici in giro per il mondo. Noi ti presentiamo qualche spunto, poi il resto del lavoro spetterà a te.


Come placare l’ansia durante le tue avventure

Se stai leggendo questo post sicuramente sei una di quelle persone che amano viaggiare e sognano di attraversare mezzo pianeta, ma che a volte vengono sopraffatte dalla paura che qualcosa di brutto possa succedere durante il viaggio. Siamo sicuri che puoi vincerla e, per aiutarti, ti vogliamo dare questi consigli su come placare l’ansia. Speriamo che possano esserti utili.

Non sarà facile, ma con impegno ce la potrai fare. Viaggiare rappresenta in molti casi uno dei migliori rimedi per vincere l’ansia: rilassa la mente, ti aiuta a conoscere meglio te stesso e ad affrontare i problemi confidando maggiormente nelle tue forze.

Un attacco di panico è sempre un momento spiacevole e può capitare a tutti, anche nelle più belle spiagge con acque cristalline dei Caraibi.

I consigli per vincere l’ansia

Eccoli qui tutti i nostri consigli per vincere l’ansia, o almeno per ridurla e far sì che non ti impedisca di vedere il mondo. Scopriamoli!

Esci dalla tua zona di confort

Uno dei consigli più importanti per affrontare l’ansia è proprio questo: uscire dalla nostra zona di confort! Vai verso quello che realmente vuoi dalla tua vita, anche se questo potrebbe farti paura inizialmente, devi essere convinto che lavorando giorno per giorno puoi raggiungere i tuoi obiettivi. Ce la puoi fare!


Smetti di fare paragoni

Non sei solo, c’è molta gente come te. Non pensare mai che le cose più belle e sensazionali succedano solo ai tuoi amici e chi ti circonda. Non paragonarti a nessuno, la tua vita è unica proprio perchè la tua vita, e solo tu realmente conosci le passioni e i sogni che hai dentro di te. Quindi solo tu sai qual’è realmente la chiave per renderti felice!


Immaginati a raccontare i migliori ricordi ai tuoi amici e familiari

Non solo il viaggio è uno dei momenti migliori della tua vita, ma é molto bello anche poter raccontare tutto quello che hai vissuto in quel periodo, dagli anneddoti più banali a quelli che lasceranno increduli i tuoi amici.


Risparmia soldi per preoccuparti meno

Risparmia i soldi del taxi e viaggia per qualche ora in autobus, o scegli un piatto locale economico anziché un hamburger del McDonalds. Piccoli gesti di questo genere ti risparmiano la preoccupazione dei soldi. Allo stesso tempo ricordati che ogni tanto ti meriti un piccolo premio!


Ricorda che quello che gli imprevisti possono regalarti esperienze uniche

La cosa migliore per divertirti e goderti un viaggio è essere ottimisti. Pensa che tutto ciò che sembra negativo può nascondere qualcosa di positivo. Hai perso il bus? Magari andando a piedi trovi una caffetteria fantastica per goderti un buonissimo brunch a Londra! Se fosse così, questi 15 minuti che sembravano persi si sono rivelati veramenti preziosi.


Pianifica il tuo viaggio con tutto quello che puoi avere bisogno

Uno de motivi che provoca maggiormente attacchi di ansia è la mancanza di controllo che presuppone un viaggio non pianificato. Per evitare questo, prepara tutto con sufficiente anticipo e portati per il viaggio qualcosa che ti conforti, come mp3 dei tuoi brani preferiti o un cuscino per il viaggio.


Non portare più cose del necessario

Non riempire troppo le tue valigie. Se ti porti troppe cose potresti rischiare infatti di avere degli inconvenienti nel trasporto  fino alla tua casa vacanze. Pensa prima di tutto alla comodità.


Non prendere prodotti che possano alterare il tuo stato d’ansia

Un’alimentazione sana è la chiave per combattere l’ansia. Sebbene non sembri, il caffè, l’alcohol, o i prodotti artificiali con molto zucchero possono aumentare lo stress e l’ansia. Così che se sai che ne soffri, meglio evitarli.


Convinciti che il tuo viaggio sarà fantastico

Tieni sempre fisso nella tua mente l’obiettivo del tuo viaggio. Immaginati l’esperienza incredibile di scorprire templi antichi, di scattare foto del Parc Güell di Barcellona, di provare la cucina tailandese rinomata nel mondo o la sensazione di relax mentre prendi il sole alle Canarie. Qualunque sia il luogo dei tuoi sogni, se hai deciso questa destinazione sicuramente significa che ci sono molte cose per cui vale la pena visitarla.


L’unica persona che può veramente aiutarti a superare questo blocco sei tu. I nostri consigli ti saranno utili solo se ci metterai del tuo e ti impegnerai a superare l’ansia con tutte le tue forze.

Scopri il mondo e quello che sei capace di fare, senza privarti di visitare qualsiasi luogo. Siamo sicuri che ce la potrai fare, parti!

Pronto per uscire dalla tua zona di confort?


stefano

BLOG HUNDREDROOMS

Dal Sito: www.hundredrooms.it

Hikikomori, storie di giovani che si auto-recludono



La parola, formata da Hiku "tirare" e "komoru" ritirarsi, è nata in Giappone per definire una sindrome che ha colpito centinaia di migliaia di ragazzi dalla fine degli anni '80

C’è un giorno in cui uscire dalla propria stanza diventa impossibile. Hiku "tirare" e "komoru" ritirarsi. Hikikomori è una parola nata in Giappone per definire una sindrome che ha colpito centinaia di migliaia di ragazzi dalla fine degli anni '80. Storie di reclusione volontaria: oggi in Italia si stimano 100 mila casi, in maggioranza sono maschi tra i 18 e i 28 anni. Si tratta di dati approssimativi raccolti dall'associazione HikikomoriItalia.it, che ha creato un sito dove i ragazzi comunicano tra loro attraverso una chat. Un punto d'incontro anche per i genitori, che nella maggior parte dei casi non sanno come affrontare il problema. Alcuni ragazzi ci hanno accolto nel loro mondo, raccontandoci il perché di questa scelta. Testimonianze raccolte da una zona di penombra, il colore oscuro di una quotidianità lenta, in cui leggere, disegnare, giocare, fagocitare serie tv, annebbia la linearità del tempo. Sensibilità ed intelligenza spiccano dalle loro storie: ansia e dolore, disinteresse e rifiuto per una società che crea disagio e fastidio come nel caso di Marco, il nome è di fantasia, milanese, che per 5 anni si è rinchiuso nella propria stanza.

La storia di Marco

"Avevo un lavoro, un vita normale, nel giro di qualche mese sentivo il bisogno di tornare a casa perché non mi trovavo bene insieme ad altra gente, posti affollati, un giorno mentre andavo al lavoro ho avuto una crisi di panico e da lì mi sono rinchiuso in casa. È iniziata una sorta di depressione, non volevo vedere nessuno, stavo a letto. Poi ho iniziato a guardare film, giocare con altre persone via internet. Avevo fermato la mia vita". Oggi Marco sta seguendo un percorso di recupero con la cooperativa Onlus Hikikomori di Milano. Gli anni passano in pochi metri quadri, la percezione del tempo svanisce, ed è necessario riabituarsi al mondo. I percorsi di recupero durano degli anni. I rapporti si interrompono, a poco a poco, con chiunque, anche con le famiglie il cui compito si riduce spesso a rimediare il cibo ed avvicinarlo ad una porta. La scuola diventa una pena, una prigione. Capita che episodi di bullismo siano all'origine di stati d'ansia, la prepotenza dei social media, l'esposizione eccessiva, suscitino un istinto opposto: rifugiarsi dove nessuno può entrare.

La testimonianza di Simone

Simone ha lasciato la scuola molto giovane, ha studiato da autodidatta. Durante le sue giornate disegna, eloquenti rappresentazioni del suo disagio: "Vieni visto in maniera sbagliata, magari perché stai più zitto del solito. Non do tutta la colpa ai compagni della mia brutta esperienza, principalmente la colpa è mia, ma anche i professori hanno fatto il loro. L'educazione, i modi di fare, tante cose che insieme colpiscono una persona. Quando ti travesti eviti dei giudizi, quindi sei quasi obbligato certe volte a doverti nascondere".

Supporto psicologico

E poi ci sono le aspettative, spesso troppo elevate dei genitori, che in Giappone arrivano a provocare casi di suicidio alle scuole elementari. "Vi è una tendenza a crescere il figlio in un ambiente protetto, dove il fallimento viene visto come catastrofe". Rita Subioli, psicologa dell’associazione Hikikomori delinea con precisione il fenomeno sempre più diffuso anche in Italia. Per aiutare questi ragazzi le psicologhe della cooperativa organizzano interventi a domicilio, perché se all’inizio rifugiarsi crea sollievo aprire quella porta può diventare un’impresa impossibile.

di Giorgia De Benetti

Dal Sito: tg24.sky.it