mercoledì 31 luglio 2013

Le nostre ricadute.

Quando dopo un periodo di benessere, in cui ti sembra di essere fuori dal tunnel hai una ricaduta, il mondo ti cade addosso e la sicurezza conquistata  se ne va ... E' importante sapere, ed essere certi che non si torna indietro ma, il cammino fatto con fatica ci ha rinforzato; solo che non abbiamo compreso del tutto le cause delle nostre reazioni, non abbiamo ancora imparato a volerci bene sul serio....Quando capita dobbiamo prendere per mano noi stessi e amare la fragilità che viviamo...

Con affetto ...Tiziana




martedì 30 luglio 2013

La nostra paura più profonda.

La nostra paura più profonda non è di essere inadeguati. La nostra paura più profonda, è di essere potenti oltre ogni limite. E’ la nostra luce, non la nostra ombra, a spaventarci di più. Ci domandiamo: ” Chi sono io per essere brillante, pieno di talento, favoloso? “ In realtà chi sei tu per NON esserlo? Siamo figli di Dio. Il nostro giocare in piccolo, non serve al mondo. Non c’è nulla di illuminato nello sminuire se stessi cosicché gli altri non si sentano insicuri intorno a noi. Siamo tutti nati per risplendere, come fanno i bambini. Siamo nati per rendere manifesta la gloria di Dio che è dentro di noi. Non solo in alcuni di noi: è in ognuno di noi. E quando permettiamo alla nostra luce di risplendere, inconsapevolmente diamo agli altri la possibilità di fare lo stesso. E quando ci liberiamo dalle nostre paure, la nostra presenza automaticamente libera gli altri.

Poesia di Marianne Williamson. 
Citata da Nelson Mandela in un discorso del 1994






Il panico ... questo sconosciuto?

Se una persona è diabetica si cura e ne parla tranquillamente.. per una gamba rotta si fa tutto il percorso riabilitativo per guarire... ma ditemi una malattia che si vede e si può dimostrare ha più valore .. di un disagio che fa vivere malissimo? .. testa alta e chiediamo aiuto e non permettiamo alla vergogna di vincere...di PANICO non si MUORE, di PANICO non si ESCE di TESTA, DI PANICO SI GUARISCE... non si torna come prima ma si diventa una PERSONA MIGLIORE..
Tiziana De Francesco




Sensibilità...

La sensibilità ci può rendere impressionabili, non cerchiamo su internet la spiegazione di sintomi che l'ansia ci fa vivere... la nostra compagna di viaggio ha molta fantasia e in certi momenti siamo talmente fragili che immaginiamo tutte le malattie del mondo.... ogni essere umano è unico come lo sono il suo vissuto e gli stati d'animo che vive... un percorso terapeutico deve tenere conto anche di questo...INSIEME ONLUS è gestita da persone che non sono medici, ma che vivono, o hanno vissuto il disagio sulla propria pelle, non facciamo paragoni con farmaci , ma confrontiamoci tra noi con fiducia e senza pensare di essere sbagliati..




INSIEME... TUTTO E' POSSIBILE!





lunedì 29 luglio 2013

La percezione di se stessi - Un video per riflettere



Questo video è preso da uno spot pubblicitario.
Io invito davvero tutti coloro che hanno poca autostima di se a sprecare 3 minuti del loro tempo
 per guardarlo 
è veramente toccante e fa capire tante cose...

Due parole sul mito della Normalità

Quanti di noi passano gran parte della vita cercando di comportarsi in modo “normale”, per essere accettati in società, non sentirsi da meno degli altri ed avere la sensazione di essere “dalla parte giusta”, forte dell’appoggio e del sostegno altrui? Non solo: il concetto di normalità ci aiuta a prevedere il comportamento della gente, cosa aspettarci da loro; è in qualche modo “rassicurante”. Persino chi ama trasgredire, per poterlo fare ha ben in mente un’idea di normalità da prendere a sberleffi, sfidare ed a cui contrapporsi. Ma cos'è la normalità? E soprattutto, chi stabilisce cosa è normale? Bisognerebbe chiederselo, dato che fin troppo spesso si finisce per travisare questo concetto, o dargli un’importanza che non merita. 
“Lo fanno tutti, è normale”. Questa frase, comune e banale, in realtà è magica: racchiude tutte le molteplici sfumature che impregnano il concetto di normalità. Lo fanno tutti....la normalità è quindi innanzitutto una dimensione statistica. E' normale ciò che è più frequente, sono normali le caratteristiche e i comportamenti della maggior parte delle persone. In effetti, gli stessi Disturbi Psicopatologici sono statisticamente infrequenti. Tuttavia, nel farsi un'idea della “normalità” si tende a guardare troppo la propria realtà sociale, pensando ingenuamente che ciò che conosciamo della natura umana sia universalmente valido. In più, i comportamenti più diffusi non è detto siano necessariamente positivi: la mediocrità può spesso essere la norma, mentre, ad esempio, un’intelligenza particolarmente elevata o uno stato di felicità ed autorealizzazione notevoli sono condizioni “infrequenti” e non di meno preferibili al normale...considerazione solo apparentemente scontata, dato che “lo fanno tutti” è spesso usato come giustificazione o forma di pressione, quasi a dire che ciò che è normale è anche giusto (e ciò che devia, sbagliato). La normalità, quindi, tende ad inglobare anche una dimensione etico-normativa, ponendosi come una spinta a conformarsi, divenendo terreno per scontri di potere, e rivelando ampiamente la sua natura di costruzione storica e culturale. 
Parlare di comportamento normale in senso assoluto è quindi molto difficile, ma ciò non deve scoraggiare. Piuttosto chiediamoci: abbiamo davvero bisogno di definire la normalità? E se si, ci serve per capire qualcosa, o per rassicurarci da qualcosa?

dal sito : dal sito : http://psicologicamente.altervista.org/psicopatologia.htm


In principio fu Patch Adams

E' considerato il padre della comicoterapia. Oggi ha superato la soglia dei cinquanta e va in giro per il mondo a fare visita ai bambini negli ospedali.
Hunter Patch Adams esiste davvero, non solo sullo schermo cinematografico che l'ha reso famoso grazie all'interpretazione di Robin Williams.
La sua storia reale comincia proprio da un ospedale psichiatrico, dove Patch, ancora adolescente, viene ricoverato dopo aver tentato il suicidio. Anche su di lui si è abbattuto il male oscuro della depressione. Qui aiuta un malato, suo compagno di stanza, a superare le fobie ricorrendo a un gioco divertente. Improvvisamente capisce di avere un dono: sa aiutare chi soffre creando un rapporto fatto di allegria e complicità. 
Decide allora di studiare medicina al Medical College in Virginia, da cui esce diplomato nel 1971. Sono anni difficili epr lui quelli universitari, perché il mondo accademico non accetta il modo rivoluzionario con cui Patch Adams intende curare i pazienti.

"La medicina è uno scambio d'amore, non un business. L'antidoto a tutti i mali è l'umorismo" ha dichiarato in un'intervista. 
Animato dalla volontà di mettere in pratica questo suo ideale, Patch Adams dopo la laurea trasforma la casa dove vive in una clinica aperta a chi soffre. Assieme a un gruppo di volontari riesce, in dieci anni, a prestare cure gratuite a circa 15000 malati e nel '77 compra un terreno nel North Carolina, dove progetta di costruire una clinica vera e propria.

Vista dall'alto la costruzione, nelle intenzioni di Patch Adams, deve riprodurre la sagoma di un clown. A questo scopo fonda l'associazione Gesundheit1(in tedesco significa salute) Institute, che raccoglie fondi destinati alla realizzazione della clinica. Si tratta di un progetto ambizioso, anche dal punto di vista economico, 15 milioni di dollari il costo previsto. Progetto che non ha mancato di sollevare polemiche. I suoi detrattori, infatti, lo accusano di essere inconcludente, perché pare che dal 1983 Patch Adams non abbia più visitato un paziente per dedicarsi anima e corpo a cercare i finanziamenti(mancherebbero ancora 7 milioni di dollari).


Lui però si sente investito di una missione da compiere, viaggia in tutto il mondo per far conoscere la teoria sul potere terapeutico del sorriso e il suo progetto di un ospedale che di essa sia veicolo concreto.
Tra i suoi obiettivi, ha fatto sapere, c'è anche "Clown One", un aereo pronto ad atterrare laddove ci sia un'emergenza umanitaria. (dal web)


L'attacco del dio Pan

La parola "panico" deriva da Pan, il nome di un antico dio greco, divinità dei boschi e della natura, dall'aspetto spaventoso e inquietante perchè mezzo uomo e mezzo animale.

Nella mitologia greca, il dio Pan si aggira nelle foreste, insegue le ninfe e mette loro paura. Arriva all'improvviso e ogni volta cambia aspetto e si traveste, quindi è molto difficile sottrarsi agli incontri con lui perchè lo si riconosce sempre dopo. Poi, altrettanto repentinamente, se ne va, lasciando dietro di sè un senso di ansia e di inquietudine per la paura che di nuovo tornerà senza sapere quando nè perchè.

In realtà il dio Pan non fa male a nessuno, ma nessuno vuole incontrarlo nè vuole parlarci perchè è brutto, imprevedibile e fa paura. Ma cosa direbbe il dio Pan se potesse parlare di sè?

Proviamo ora a collegare la figura del dio Pan con quello che accade durante un attacco di panico.

Apparentemente inspiegabile, l'attacco di panico sembra comparire all'improvviso, senza causa apparente: cominci a tremare, aumenta il battito cardiaco, ti senti soffocare e hai paura di impazzire, di morire o di perdere il controllo.

Anche in questo caso però, nonostante queste sensazioni, non ti accade nulla di simile: non muori, non impazzisci e il controllo lo perdi solo momentaneamente a causa della grande paura che lo stesso panico ti provoca.
Poi il panico di nuovo sparisce e, come le ninfe dei boschi, sei tu a restare con l'ansia e l'inquietudine pensando che di nuovo tornerà quando vorrà lui, senza che tu possa fare nulla per prevederlo e quindi fermarlo.

L'attacco di panico sembra proprio un attacco del dio Pan.

La paura di ritrovarsi sue prede porta spesso le persone a preferire il vivere isolate piuttosto che rischiare di doverlo di nuovo affrontare.
Così evitano luoghi specifici dove potrebbero incontrarlo, situazioni particolari nelle quali il dio Pan potrebbe essere presente, relazioni con persone estranee perchè potrebbe essere lui che si presenta sotto mentite spoglie.

Ma se il dio Pan rappresenta l'istinto in tutte le sue forme, dobbiamo chiederci se la sensazione di panico che si prova durante un attacco non riguarda proprio la paura di queste forze naturali che abbiamo dentro e che vogliamo tenere sotto controllo.

In realtà è proprio lo sforzo di controllare le proprie emozioni che causa gli attacchi di panico, esattamente come un vulcano che trattiene il fuoco dentro di sè e quando esplode distrugge tutto.

Con un percorso di psicoterapia che aiuti a conoscere e ad esprimere in maniera adeguata e costruttiva le proprie emozioni, il dio Pan non avrà più motivo di attaccare nessuno perchè non si sentirà più scacciato o giudicato, ma compreso nella sua vera natura.

Poichè il panico è un disagio emotivo che si esprime in maniera evidente anche a livello corporeo, una psicoterapia che prenda in considerazione non solo la mente ma anche il corpo può essere considerata molto utile ed appropriata.

dal sito : Dott.ssa Francesca Giovannelli 



giovedì 18 luglio 2013

Che cos'è il disturbo di panico.


Il disturbo di panico è un disturbo d’ansia, caratterizzato da frequenti ed inaspettati attacchi di panico.
L’ansia e la paura sono emozioni normali, che provano tutti. Hanno la funzione di segnalare situazioni pericolose o spiacevoli, mediante le modificazioni fisiologiche prodotte dall'adrenalina che entra in circolo nel sangue. Entro certi livelli, dunque, l’ansia e la paura sono necessarie a ciascuno di noi in quanto ci consentono di affrontare le situazioni temute ricorrendo alle risorse mentali e fisiche più adeguate (es. se attraversiamo la strada e una macchina suona il clacson per avvertirci che potrebbe investirci, possiamo spaventarci e, in preda alla paura, metterci in salvo).

Si ha un attacco di panico quando l’ansia o la paura provate sono così intense da produrre alcuni dei seguenti sintomi mentali e fisici:


  • palpitazioni o tachicardia;
  • sensazione di asfissia o di soffocamento;
  • dolore o fastidio al petto (es. senso di oppressione toracica);
  • sensazioni di sbandamento o di svenimento (es. debolezza alle gambe,   vertigini, visione annebbiata);
  • disturbi addominali o nausea;
  • sensazioni di torpore o di formicolio;
  • brividi di freddo o vampate di calore;
  • tremori o scosse;
  • bocca secca o nodo alla gola;
  • sudorazione accentuata;
  • sensazione di irrealtà (derealizzazione) o sensazione di essere staccati  da se stessi (depersonalizzazione);
  • confusione mentale;
  • paura di perdere il controllo o di impazzire;
  • paura di morire.


L’attacco di panico, dunque, è la forma più acuta e intensa dell’ansia ed ha le caratteristiche di una crisi che si consuma in circa dieci minuti.
Nel corso della vita, in periodi di stress emotivo, può accadere di avere qualche sporadico attacco di panico, ma ciò non significa che si soffre di disturbo di panico.
Il soggetto affetto da disturbo di panico, infatti, ha attacchi di panico inaspettati e ripetuti. Inoltre, nel periodo di tempo successivo ad essi (almeno un mese), si preoccupa sia dell’eventuale ripresentarsi di questi, che delle loro implicazioni (es. gravi malattie come cardiopatia ed epilessia, totale perdita di controllo della propria vita, totale perdita di controllo della propria mente o pazzia).
Il disturbo di panico è una patologia piuttosto diffusa, ingravescente e fortemente invalidante. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ne soffre tra l’1,5% e il 3,5% della popolazione mondiale, soprattutto donne.
Solitamente il decorso del disturbo è cronico, ma mentre alcune persone ne soffrono in modo continuativo, altre presentano intervalli di anni senza attacchi di panico. 

Come si manifesta il disturbo di panico

Si ha un attacco di panico quando una persona è molto spaventata da situazioni (es. stare in un autobus a porte chiuse) o da stimoli interni (es. l’accelerazione del battito cardiaco) innocui che percepisce come minacciosi. In quei momenti il soggetto di solito non riesce bene a capire che cosa gli stia accadendo; nel tentativo di darsi una spiegazione può

 iniziare a pensare che la causa sia dentro di sé e ad avere pensieri del tipo: “Sto per svenire!”, “Sto per avere un infarto!”, “Perderò il controllo di me!”, “Impazzirò!”, “Oddio, sto per morire!”. Queste interpretazioni ovviamente spaventano ancora di più la persona: chi non si impaurirebbe all'idea di avere un infarto? Nell'arco di pochi minuti, l’ansia raggiunge il picco più alto di intensità e inizia gradualmente a decrescere, fino a quando il soggetto sperimenta uno stato di sfinimento fisico e mentale.


Le sensazioni provate durante il primo attacco di panico sono così spiacevoli da indurre nel soggetto il timore di riprovarle, per cui si sviluppa una “paura della paura” (ansia anticipatoria). La persona può cercare, quindi, di mettere in atto dei comportamenti volti a prevenire il verificarsi di altri attacchi di panico: tenderà ad evitare le situazioni che teme possano provocarli (comportamenti di evitamento) o le affronterà soltanto dopo aver preso delle precauzioni (comportamenti protettivi).

Tra i comportamenti di evitamento più diffusi si riscontrano:


  • non utilizzare automobile, autobus, metropolitana, treno o aereo;
  • non frequentare luoghi chiusi (es. cinema);
  • non allontanarsi da zone considerate sicure (es. casa);
  • non compiere sforzi fisici.


I comportamenti protettivi più diffusi risultano essere:


  • portare con sé farmaci per l’ansia;
  • muoversi solo in zone in cui sono presenti strutture mediche;
  • allontanarsi da casa solo se accompagnati da persone di fiducia;
  • tenere sempre sotto controllo le uscite di sicurezza.


Non tutti i soggetti, tuttavia, sviluppano dei comportamenti di evitamento. Il disturbo di panico, infatti, può essere con o senza agorafobia (dal greco agorà, che significa “piazza del mercato”, e fobia, che significa “paura”), che è l’ansia che si prova quando, in determinati luoghi o situazioni (es. spazi aperti, spazi chiusi, luoghi affollati, mezzi di trasporto), si ritiene difficile o imbarazzante allontanarsi o ricevere aiuto in caso di attacco di panico. 

Come sapere se si soffre di disturbo di panico


Come accennato, avere qualche sporadico attacco di panico nel corso della vita non significa soffrire di disturbo di panico.
Gli attacchi di panico, infatti, sono presenti in una varietà di disturbi. Ciò che li rende caratteristici del disturbo di panico è la loro manifestazione, che il più delle volte non è associata a stimoli o situazioni specifiche, ossia è inaspettata, “a ciel sereno”.
Gli attacchi di panico che si sperimentano solo venendo a contatto con oggetti o situazioni specifiche, invece, sono manifestazioni di altri disturbi d’ansia, in particolare della fobia sociale, della fobia specifica e del disturbo post-traumatico da stress.

Nella fobia sociale, gli attacchi di panico sono provocati da situazioni sociali, nelle quali il soggetto teme di essere umiliato o di sentirsi imbarazzato.
Gli attacchi di panico che si manifestano, invece, quando si viene a contatto con oggetti o situazioni specifiche temute (es. toccare animali, prendere l’ascensore, attraversare ponti, vedere il sangue) sono manifestazioni della fobia specifica.
Nel disturbo post-traumatico da stress, infine, il panico può essere indotto da stimoli che riportano alla memoria l’evento traumatico all’'origine del disturbo stesso.

Gli attacchi di panico possono anche essere una conseguenza fisiologica di determinate condizioni mediche (es. ipertiroidismo, disfunzioni vestibolari, disturbi convulsivi e condizioni cardiache) o dell’uso di sostanze stupefacenti (es. caffeina, cannabis, cocaina).

Cause del disturbo di panico

L’età in cui tale disturbo si manifesta per la prima volta varia notevolmente da soggetto a soggetto, ma tipicamente si colloca tra la tarda adolescenza e i 35 anni.

In base agli studi empirici finora realizzati, i fattori di rischio per l’insorgenza del disturbo di panico risultano essere:


  • situazioni stressanti fisiche (es. malattie, mancanza di sonno, iperlavoro, uso di sostanze stupefacenti) e psicologiche (es. stress lavorativo, problemi finanziari, cambi di ruolo, conflitti interpersonali, malattie di familiari, lutti);
  • iperventilazione, che consiste in una respirazione più rapida e profonda rispetto al fabbisogno d’ossigeno dell’organismo in un determinato momento;
  • predisposizione genetica e familiarità, per cui i consanguinei di primo grado si trasmetterebbero la tendenza a rispondere con l’ansia a determinati stimoli;
  • caratteristiche di personalità, consistenti essenzialmente in una sensibilità agli stimoli ansiogeni, che si manifesta in particolare con lo stile di pensiero catastrofico.


Conseguenze del disturbo di panico

Il disturbo di panico può essere particolarmente invalidante in quanto ha ripercussioni sulla vita lavorativa (es. rinuncia ad un lavoro per le difficoltà di spostamento),familiare (es. tensioni interpersonali causate dalle frequenti richieste di essere accompagnati) e sociale (es. riduzione delle relazioni a causa della difficoltà a frequentare luoghi pubblici) della persona che ne soffre.

La riduzione dell’'autonomia, conseguente all’'attuazione dei comportamenti protettivi e di evitamento, danneggia, a breve termine, la qualità della vita di chi ha il disturbo e dei suoi congiunti, e, a lungo termine, il senso di efficacia personale e la stima di sé.
Il decremento dell’efficacia personale e dell’autostima, inoltre, a lungo andare possono produrre una depressione secondaria.
Altra frequente conseguenza del disturbo di panico è l’abuso di sostanze stupefacenti (in particolare l’alcool), a cui la persona può ricorrere come tentativo disperato di gestire il disturbo stesso o la depressione che ad esso può seguire.

Differenti tipi di trattamento

I trattamenti per la cura del disturbo di panico riconosciuti come più efficaci sono la farmacoterapia e la psicoterapia. 
La terapia farmacologica è a base di benzodiazepine ed antidepressivi di nuova generazione.Talvolta questo trattamento risulta risolutivo, ma frequentemente, all'’interruzione della farmacoterapia, la sintomatologia si ripresenta. I farmaci, infatti, in tempi relativamente brevi riducono l’intensità dei sintomi che caratterizzano il disturbo, ma sembra lascino inalterate le sue cause. Curare il disturbo di panico coi soli farmaci potrebbe essere come curare un forte mal di schiena facendo uso esclusivo di antidolorifici: è probabile che, dopo qualche tempo, il dolore si ripresenti, se non si agisce anche su ciò che lo ha provocato.

D’altra parte i farmaci, abbassando i livelli di sofferenza soggettiva e d’ansia di chi ha un disturbo di panico, creano le condizioni favorevoli per un intervento psicoterapeutico efficace.
Per tali motivi spesso si consiglia al paziente di seguire sia un trattamento farmacologico, che uno psicoterapeutico.
Come attestato da diversi studi empirici, attualmente la psicoterapia
più efficace per il disturbo di panico è quella cognitivo-comportamentale, applicata individualmente o in gruppo.


Dal sito : 
Terzocentro di psicoterapia cognitiva, Roma

venerdì 12 luglio 2013

Aiutare-Ascoltare-Rassicurare-Sostenere




“Insieme Onlus” è un’Associazione di volontariato registrata all’Albo Regionale delle Marche, riconosciuta del Ministero della Salute che Promuove la cultura e la metodologia dell’auto-mutuo-aiuto, con lo scopo di aiutare e sostenere le persone che soffrono di D.A.P. e di dare visibilità a tale disagio.


  • INFORMAZIONE
  • PREVENZIONE
  • GRUPPI AUTO-MUTUO-AIUTO
  • PUNTO DI ASCOLTO
  • HELP DESK TELEFONICO
  • CONVEGNI – SEMINARI
  • CORSI DI FORMAZIONE


Alcune caratteristiche di un gruppo di auto-mutuo-aiuto: 







  •  parità dei membri 
  •  gratuità 
  •  condivisione 
  •  ascolto 
  •  comunicazione orizzontale 
  •  responsabilità personale 
  •  centrato su un problema 
  •  fiducia e rispetto 
  •  l’apertura ai nuovi ingressi 
  •  valorizzazione dell’esperienza 
  •  partecipazione volontaria 
  •  persone come risorse 
  •  responsabilità 
  •  crescita personale 
  •  accoglienza dell’altro



giovedì 11 luglio 2013

Monologo sulla vita...



Goditi potere e bellezza della tua gioventù. Non ci pensare.
Il potere di bellezza e gioventù lo capirai solo una volta appassite.
Ma credimi tra vent'anni guarderai quelle tue vecchie foto.
E in un modo che non puoi immaginare adesso.

Quante possibilità avevi di fronte
e che aspetto magnifico avevi!
Non eri per niente grasso come ti sembrava.

Non preoccuparti del futuro.
Oppure preoccupati ma sapendo che questo ti aiuta quanto masticare un chewing-gum per risolvere un'equazione algebrica.

I veri problemi della vita saranno sicuramente cose che non ti erano mai passate per la mente, di quelle che ti pigliano di sorpresa alle quattro di un pigro martedì pomeriggio.

Fa' una cosa ogni giorno che sei spaventato: canta!

Non essere crudele col cuore degli altri.
Non tollerare la gente che è crudele col tuo.

Lavati i denti.

Non perdere tempo con l'invidia: a volte sei in testa, a volte resti indietro.
La corsa è lunga e, alla fine, è solo con te stesso.

Ricorda i complimenti che ricevi, scordati gli insulti.
Se ci riesci veramente, dimmi come si fa...

Conserva tutte le vecchie lettere d'amore,
butta i vecchi estratti-conto.

Rilassati!

Non sentirti in colpa se non sai cosa vuoi fare della tua vita.
Le persone più interessanti che conosco a ventidue anni non sapevano che fare della loro vita.
I quarantenni più interessanti che conosco ancora non lo sanno.

Prendi molto calcio.

Sii gentile con le tue ginocchia,
quando saranno partite ti mancheranno.

Forse ti sposerai o forse no.
Forse avrai figli o forse no.
Forse divorzierai a quarant'anni.
Forse ballerai al tuo settantacinquesimo anniversario di matrimonio.
Comunque vada, non congratularti troppo con te stesso,
ma non rimproverarti neanche: le tue scelte sono scommesse,
come quelle di chiunque altro.

Goditi il tuo corpo,
usalo in tutti i modi che puoi,
senza paura e senza temere quel che pensa la gente.
E' il più grande strumento che potrai mai avere.

Balla!
Anche se il solo posto che hai per farlo è il tuo soggiorno.

Leggi le istruzioni, anche se poi non le seguirai.
Non leggere le riviste di bellezza:
ti faranno solo sentire orrendo.

Cerca di conoscere i tuoi genitori,
non puoi sapere quando se ne andranno per sempre.
Tratta bene i tuoi fratelli,
sono il miglior legame con il passato
e quelli che più probabilmente avranno cura di te in futuro.

Renditi conto che gli amici vanno e vengono,
ma alcuni, i più preziosi, rimarranno.
Datti da fare per colmare le distanze geografiche e gli stili di vita,
perché più diventi vecchio, più hai bisogno delle persone che conoscevi da giovane.

Vivi a New York per un po', ma lasciala prima che ti indurisca.
Vivi anche in California per un po', ma lasciala prima che ti rammollisca.

Non fare pasticci con i capelli: se no, quando avrai quarant'anni, sembreranno di un ottantacinquenne.

Sii cauto nell'accettare consigli,
ma sii paziente con chi li dispensa.
I consigli sono una forma di nostalgia.
Dispensarli è un modo di ripescare il passato dal dimenticatoio,
ripulirlo, passare la vernice sulle parti più brutte
e riciclarlo per più di quel che valga.

Ma accetta il consiglio... per questa volta.

mercoledì 10 luglio 2013

Biblioterapia




Leggere un libro per conoscersi meglio...

Leggere significa prendersi cura di sé...

È questo uno dei motivi che ha spinto alcuni psicologi a introdurre la biblioterapia. 

"Con il termine biblioterapia si intende la terapia attraverso la  lettura come strumento di promozione e crescita culturale personale e collettiva, come strumento di autoaiuto, di acquisizione di conoscenze e promozione di consapevolezza in situazioni di disagio psicologico e sociale oltre che come tecnica psicoeducativa e cognitiva in ambito psicoterapeutico."
(Dott.ssa Rosa Mininno Psicologa Psicoterapeuta www.biblioterapia.it)

Negli anni Trenta, lo psichiatra americano William Menninger, intuendo le potenzialità della lettura, ricorse ai libri per curare i suoi pazienti, dando il via alla biblioterapia: prescriveva, infatti, i libri come strumento di stimolo alla riflessione, alla conoscenza, all’approfondimento.

Buona lettura a tutti voi!




  “Veronika decide di morire” P. Coelho

Parla di una ragazza che decide di farla finita ed ingoia delle pillole, viene ricoverata in una clinica, dove i medici le dicono, sapendo del suo tentativo di suicidio, che è stato danneggiato il cuore gravemente ( cosa non vera). Lei sa di avere pochi giorni di vita..e grazie a questo rivaluterà l'importanza della vita.






Il miracolo della presenza mentale 

 Thich Nhat Hanh
Un manuale di meditazione, uno dei libri più apprezzati del poeta e monaco vietnamita proposto le 1976 al nobel per la pace da Martin Luter King. E' molto interessante, parla di come trasformare ogni singolo momento della vita, ogni gesto quotidiano in momenti gioiosi, applicando la presenza mentale: qui e adesso.



“Conosci le tue paure e vincile” S. Jeffers

 Il libro presenta diversi suggerimenti su come affrontare la paura, anche quella delle piccole cose quotidiane, tutto riconducendosi in realtà a un aumento dell'autostima e della fiducia in se stessi.







“La principessa che credeva nelle favole” Marcia Grad

C’era una volta una tenera principessina dai capelli dorati di nome Victoria, fermamente convinta che le favole prima o poi si avverino, e che le principesse siano destinate a vivere per sempre felici e contente: la piccola credeva nella magia dei desideri, nel trionfo del bene sul male e nell’amore che vince ogni cosa; le sue convinzioni si basavano sulla saggezza delle favole





Saggio di psicologia 
della dottoressa Laura   Bolzoni Codato










Il piccolo principe Antoine de Saint-Exupéry





“Tutti i grandi sono stati bambini una volta. Ma pochi di essi se lo ricordano”






Paura di Thich Naht Hanh
Questo libro è rivolto a tutti coloro che desiderano liberarsi dalle paure che ci incatenano al passato e che rendono angoscioso il futuro. Le parole di Hanh, così come le tecniche di respirazione, autocontrollo e meditazione che ci presenta, sono splendide amiche da ascoltare sempre, per controllare la paura ed evitare che condizioni la nostra esistenza.
Thich Naht Hanh, definito dal New York Times, la personalità più influente del buddismo dopo il Dalai Lama, ha affrontato la guerra e le situazioi più terribili che un uomo possa vivere. Nell'inferno della guerra del Vietnam la sua pelle è stata sfiorata da ogni tipo di paura, compresa la più grande: la morte, e l'ha vinta.





Il gabbiano Jonathan Livingstone

La metafora del gabbiano che sceglie di allontanarsi dai suoi compagni per provare a vivere l’ebrezza del vero volo rappresenta un bello spunto di riflessione sul tema della libertà e del coraggio







L’arte di vivere felici, Capirsi Stimarsi Amarsi Omar Falworth
Per essere felici…non occorre un grande portafogli per comprare e possedere tante cose,ma una grande mente per apprezzare e amare poche cose.









Innamorarsi dell’Amore Osho
“Anziché pensare a come ricevere amore, inizia a darlo. Se lo dai, lo riceverai. Non esiste altra via.”








Penso, dunque mi sento meglio. 

Esercizi cognitivi per problemi di ansia, depressione, colpa, vergogna e rabbia”, D. Greenberger, C. A. Padesky






Messaggio per un’aquila che si crede un pollo
 A. de Mello

Il libro cerca di aprire la mente, di svegliare (concetto che ritorna spesso e su cui l’autore insiste molto lungo le pagine) la coscienza assopita, di svegliare la nostra consapevolezza di essere vivi, la nostra parte spirituale, la capacità di essere felici incondizionatamente, non solo quando si verificano determinate cose o condizioni, anche se essere svegli, spesso, è la cosa più difficile e mono comoda da fare.



La Profezia di Celestino di James Redfield

La profezia di Celestino è una parabola piena di verità che si legge come un'avventura mozzafiato.
Questo libro dà speranza e... brividi... perché le sue profezie si stanno già realizzando. È il momento giusto per ascoltare e per cominciare il viaggio che darà un senso nuovo alla vita.














lunedì 8 luglio 2013

Perché.....

Perché  proprio  a  me?


Sì,   anch'io mi sono posta questa domanda nel 2007,  quando ho scoperto di soffrire di “attacchi  di  panico”.

In  quanti  ci  facciamo  questa  domanda?

Ancora  oggi,  alle volte,   faccio  fatica  a capire.  
Ma  da  tutto questo dolore, 
con  fatica e  con  tanta sofferenza, 
sono  riemersa,   con  la voglia  e  la  forza  di  andare  avanti,  sempre e  comunque,  sempre  per  vincere.

Darò sempre coraggio a tutti quelli che soffrono di questi terribili disagi.
Per  far  sì  che  non  si  arrendano  mai, 
per andare avanti nella loro battaglia.

Quando mi sentivo dire:
“Elisabetta,   sei forte,   ce la farai!”
Dentro di me pensavo:
"come   sembra  facile  parlare  e  dare forza agli altri!  Difficile  diventa  trovare la forza dentro  di  noi!".

Ma  poi,    IO,   CE  L’HO  FATTA!
 Con  una  grandissima forza  di  urlare  al mondo  che  non  siamo  soli.
Che  tutti  possiamo  trovare  la  via  giusta
per  uscirne.
Non  domandatevi  troppi  "perché".
A  volte,  la vita  ci  mette  davanti  dei  muri  insormontabili.
Dobbiamo 
affrontarli  a  testa  alta,   sempre.
 MAI  MOLLARE!    ♥ ♥ ♥