venerdì 7 luglio 2017

La mia vita con la depressione Così ho sconfitto il "cane nero"


È una malattia come le altre, ma più terribile e forse più assurda. Alla fine si guarisce, ma ci vuole pazienza


Roberto Gervaso        
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«La depressione è una vera e propria malattia, una malattia terribile, la più terribile. È il “male oscuro”, come il mio vecchio, indimenticabile amico Giuseppe Berto definì la depressione, di cui per dieci anni soffrì come un condannato a morte cui veniva sadicamente rinviata l'esecuzione»




Anche Roberto Gervaso, giornalista e scrittore, ne ha sofferto a lungo: una malattia che ha segnato la sua esistenza, e che si intreccia con le sue esperienze professionali: perché fu il suo amico Indro Montanelli a «farlo guarire» la prima volta, grazie al lavoro al «Corriere». Gervaso racconta la sua battaglia (vinta) contro la depressione nel suo nuovo libro, «Ho ucciso il cane nero» (Mondadori, in libreria da domani), di cui anticipiamo il capitolo «Gli artigli della depressione».

Riflettendo su questa malattia, una malattia come le altre, ma più terribile delle altre e forse più assurda, mi guardavo dentro e cercavo di capire com'è fatta la nostra mente, perché ci gioca questi scherzi, perché ci tormenta in questo modo, perché stravolge, drammatizzandola, la nostra esistenza. Cosa avviene in noi, quali germi si annidano nelle nostre sinapsi e ne alterano, paralizzano la funzione. Può essere una patologia dell'anima? Certo! Ma l'anima esiste? Quante volte me lo sono chiesto e mai ne ho avuto una risposta che non mi desse una certezza, ma almeno una speranza; se ci si ammala, perché ci si ammala? E perché ci si ammala senza preavviso, senza avvisaglie? Quale maleficio si compie nel nostro Io più profondo? Perché ci tortura? Cosa abbiamo fatto per meritarci una simile punizione, anche se non abbiamo nulla da farci perdonare? Abbiamo commesso un delitto? Siamo pronti a pagarne il prezzo. Qualunque castigo ci sarà inflitto lo subiremo. Perché solo attraverso le braci ardenti del pentimento, la nostra coscienza si risveglia e si riscatta, ci rimette in pace con noi stessi.

Quale maleficio s'insinua nella depressione? Chi decide che dobbiamo passare sotto le sue forche caudine, inermi e inerti, subendo e soffrendo?

Perché la natura che ho sempre amato e onorato e che considero il più grande dei doni elargiti da Dio all'uomo, mi diventa ostile? Perché gli alberi, di cui avevo gioiosamente accarezzato le foglie, rispettandole anche quando, ingiallite, d'autunno cadono foderando romanticamente i viali, sono diventati fantasmi? Perché il mio cane, anche il mio cane, il mio caro meticcio Cirillo che mi ha sempre tenuto la più tenera e discreta compagnia, si trasforma in una creatura indifferente e, se abbaia, fastidiosa? Perché i libri, che sono la mia vita, perdono ogni interesse? Perché distrattamente, meccanicamente li sfoglio senza leggerli e, se li leggo, lo faccio solo per dovere? Perché un film, i miei film culto, se mi capita di guardarli, non li vedo, perché quando la mente è altrove è difficile richiamarla? Perché tengo alla larga gli amici e, quando mi sono vicini, è come se fossero assenti? Perché la mattina non mi alzerei mai? Perché passerei la giornata a letto? Perché invidio l'ultimo clochard che incontro per strada, alla stazione, sui gradini di una chiesa? Non ha niente, non ha nessuno, vive alla giornata. Sì, ma vive. Io muoio. Quanto vorrei essere al suo posto, sepolto in una scatola che sembra una bara! Affamato, assetato, compatito da tutti. Il destino si è malvagiamente accanito contro di lui, ma gli ha risparmiato i morsi del «cane nero».

Il «cane nero», il «male oscuro», un'ossessione senza fine, che non ti dà tregua, non si placa mai. Una landa che ti si conficca nel costato, un coltello che ti scalca il cuore, un punteruolo che te lo trafigge e lo fa a brandelli. Chi non conosce questo morso feroce ti esorta a farti coraggio, a mettere alla prova, sino a sfidarla, la volontà, costringerla a reagire e a volgere a tuo favore il tuo dramma.

Ma la depressione è la malattia della volontà, è la sua perdita totale, il suo annullamento. Tu ti senti ancora peggio perché ti senti incompreso. Ma come ti può comprendere chi non è mai entrato in questo antro infernale, chi non ha mai varcato la soglia di un tenebroso labirinto senza fili di Arianna, senza bussola, senza niente? Un labirinto dove tu sei solo con te stesso, o quello che di te stesso rimane. E, intorno, minotauri, vampiri, draghi, serpenti, paludi melmose che t'inghiottiscono, baratri in cui precipiti senza rendertene conto. E strade tortuose che ti portano fuori strada e ignori dove ti condurranno. Tu vaghi, smarrito come un demente, agitato come un naufrago che non trova la riva, che non sa dove gettare l'ancora, perché l'ha perduta. Che cerca una zattera, la vede in lontananza, ma non riesce a raggiungerla e poi eccola svanire, sfocandosi e confondendosi con il più torbido orizzonte.

Esasperato e disperato, t'illudi di trovare uno sfogo nel pianto. Versi, singhiozzando, tutte le lacrime che hai nel cuore, ammesso che qualche frustolo ti sia rimasto, e vorresti morire, morire subito, di un colpo, e di colpo farla finita, non pensare più a niente, suggellando un'esistenza che non avresti mai immaginato così sadica, crudele, iniqua.

T'imbottisci di psicofarmaci, che ci vogliono, ma ben dosati: mai abusarne. L'effetto si fa sospirare e una mattina ti svegli con un'ansia che sfiora l'angoscia, ma che non è angoscia.

Piano piano, impercettibilmente, le ante della tua finestra si dischiudono, ma non puoi ancora affacciarti. Solo uno spiraglio, che vagamente fa filtrare un pallido raggio di luce. È l'inizio della rinascita. Ma non illudetevi: ci vuole pazienza.


Caldo estivo: 14 consigli per combattere caldo e afa


Con l’estate arriva la voglia di mare e vacanza ma bisogna fare attenzione al caldo per evitare disidratazione e colpi di calore. Scopriamo insieme come combattere il caldo in casa, in ufficio e in città e quali sono i cibi anti-afa!
Aspettiamo tutto l'anno l'arrivo dell'estate ma, quando finalmente arriva, ci tocca fare i conti con il caldo e le alte temperature. Per chi è costretto a rimanere a casa, in ufficio o comunque in città, il calore giunge quasi come una sofferenza. In città l'asfalto cattura il calore così che la strada diventa una vera e propria giungla, anche a causa degli alti tassi di umidità. Se vogliamo combattere il caldo estivo nel modo adeguato ci sono dei consigli che dobbiamo mettere in pratica: semplici regole da seguire che ci permetteranno di sopportare meglio il caldo e vivere un'estate più serena.

Come combattere il caldo estivo
Vediamo ora quali sono i consigli da seguire per combattere l'afa quando siamo a casa, in ufficio o in città: che strategie adottare, come vestirsi e tanti altri suggerimenti utili per goderci l'estate e il relax nonostante il caldo.

In casa
Create delle piccole gallerie di vento: una delle cose che possiamo fare per arginare il caldo in casa, è aprire le finestre la sera in modo da creare delle correnti d'aria tra le stanze, tenendo invece le tapparelle abbassate e le finestre socchiuse di giorno, per non far salire la temperatura nelle stanza. Il consiglio è riaprirle quando va via il sole lasciandole aperte fino a quando non andremo a letto. Alle finestre tenete delle tende bianche o chiare che riflettano il calore.

Climatizzatore o ventilatore?: il climatizzatore, se utilizzato correttamente rispettando anche le regole di manutenzione può essere un buon modo di mantenere bassa la temperatura in casa: la temperature deve rimanere intorno ai 25 gradi. Resta il fatto che il condizionatore, soprattutto se acceso tutto il giorno, incide sulla bolletta anche in modo consistente. Il ventilatore fa circolare l'aria in tutto l'ambiente, l'ideale sarebbe quello da soffitto che riesce ad abbassare la temperatura anche di 6 gradi e non pesa sulla bolletta (circa 8 euro al mese) se lo teniamo acceso tutto il giorno

Spegnete le apparecchiature che non utilizzate: se in casa ci sono computer, televisione o altri apparecchi elettronici il cui utilizzo non è essenziale, spegneteli e teneteli scollegati durante la notte in quanto sprigionano calore anche solo se resta accesa la lucetta dello stand-by. Evitate di utilizzare il forno, soprattutto nei giorni di maggiore afa.

Piante rampicanti: se avete dello spazio esterno disponibile, potete creare una "barriera verde" piantando due o tre alberi nella zona sud oppure ovest dell'abitazione. Vi farà risparmiare la spesa di condizionatori e ventilatori perché terrà la casa al riparo dal sole abbassando la temperatura fino a 6 gradi.

Lenzuolo bagnato fuori alla finestra: nelle giornate in cui il caldo in casa è davvero insopportabile, potete provare ad appendere un lenzuolo bagnato fuori alla finestra. Questo rimedio si rivela utile quando l'aria esterna è più fresca rispetto a quella che c'è in casa: l'acqua, evaporando, rinfrescherà l'aria in casa.

Fate più docce durante il giorno: rinfrescarsi più volte al giorno può essere fondamentale, preferendo l'acqua tiepida così il corpo non subirà un calo brusco, rinfrescandosi senza sentire troppa differenza.

In città
Uscite nelle ore meno calde: se potete, evitate di uscire di casa tra le 11 e le 17 mentre se dovete uscire proprio in quelle ore coprite la testa con un capello chiaro di cotone e indossate occhiali da sole, portate con voi una bottiglietta di acqua ma anche uno spray di acqua termale da vaporizzare su viso e gambe per abbassare in poco tempo la temperatura del corpo.

Indossare abiti leggeri: preferite abiti in tessuti naturali come lino o cotone che assorbiranno meglio il sudore e permetteranno alla pelle di respirare. Evitate vestiti aderenti e di materiale sintetico che vi farebbero sudare eccessivamente. Preferite il bianco o i colori chiari che rifletteranno il sole.

Attenzione anche se uscite in macchina: se avete lasciato la macchina al sole fate arieggiare bene prima di ripartire o accendete il climatizzatore con una temperatura non troppo bassa rispetto a quella esterna. Anche se uscite per pochi minuti non lasciate persone o animali nell'auto perché, anche un breve tempo potrebbe causare un colpo di calore.

In ufficio
Preferite colazione e spuntini leggeri: quando arriva il caldo è meglio non arrivare in ufficio già appesantiti in modo da soffrire meno le alte temperature: va benissimo un frullato che sazia e rinfresca, o un succo naturale. Per lo spuntino preferite la frutta, e non dimenticate di bere spesso durante le ore di lavoro: abbasserete la temperatura del corpo ripristinando i liquidi persi con il sudore.

Bagnate i polsi e le tempie: se arrivate in ufficio già accaldati dopo essere stati nel traffico o nei mezzi pubblici, bagnate polsi e tempie prima di cominciare a lavorare: abbasserete la temperatura in poco tempo sentendovi subito meglio. Se invece vi ritrovate a ora di pranzo con i piedi gonfi per il caldo, approfittate della pausa per sollevare un po' i piedi per favorire la circolazione.

Spegnete le apparecchiature che non utilizzate: così come si fa in casa, anche in ufficio spegnete tutti quei dispositivi che non utilizzate per il lavoro perché non fanno altro che generare eccessivo calore: se non utilizzate la stampante spegnetela, ad esempio e fate lo stesso anche le luci, se non sono necessarie.

Infine vestitevi con abiti chiari e in fibre naturali, regola fondamentale nel periodo estivo e, se in ufficio avete i condizionatori o se sapete di dover passare da un ambiente caldo a uno freddo, vestitevi a strati magari con una giacca leggera sempre in lino o cotone per evitare malanni e colpi d'aria.

Caldo estivo: i cibi anti-afa
Quando fa molto caldo il primo pericolo è la disidratazione, è quindi importante bere molta acqua più volte durante la giornata, almeno due litri: preferitela a temperatura ambiente o fresca ma non troppo fredda. Sono invece da evitare le bevande gassate e quelle troppo dolci. Da limitare anche alcol, tè e caffè in quanto favoriscono la disidratazione. I pasti devono essere leggeri e frequenti: 5 al giorno (colazione, spuntino, pranzo, merenda e cena)

Sì a riso, pasta e patate, ma solo se preparati con condimenti leggeri, mentre preferite il pollo alla carne rossa e pesci light come la sogliola, molto digeribile e ricca di proteine o il pesce azzurro: l'ideale sarebbe mangiarlo tre volte a settimana. Scegliete frutta e verdura di stagione: come melone e albicocche che, oltre a rinfrescare e a fornire vitamine e sali minerali, aiutano anche l'abbronzatura. La verdura è da preferire cruda, quando è possibile: carote, zucchine, pomodori, cetrioli, lattuga, sedano, peperoni e radicchio. Tutti cibi che aiutano anche a fornire la giusta idratazione al nostro corpo oltre ad essere fonte di minerali, vitamine e nutrienti essenziali.

Tra i cibi no da evitare formaggi, insaccati, carne rossa e soprattutto evitate metodi di cottura che rendono i cibi troppo pensanti: evitate fritture e la preparazione di sughi e intingoli

Per la colazione preferite latte e cereali con una spremuta e come sputino e merenda yogurt, gelato alla frutta, centrifugati di verdura o frullati, da bere subito dopo averli preparati.

Come combattere il caldo in gravidanza
Per le donne in gravidanza è necessario aggiungere qualche regola in più in quanto spesso, durante la gestazione, si soffre di pressione bassa, crampi e ritenzione idrica. Ecco alcuni consigli

Bevete almeno 1 bicchiere d'acqua ogni ora, soprattutto se siete in spiaggia o fuori casa. In gravidanza bisogna assumere più liquidi per la formazione del liquido amniotico;
al mare evitate le ore più calde, andate in spiaggia al mattino presto fino alle 11, e restate sotto l'ombrellone con cappello e occhiali da sole;
indossate abiti comodi e freschi in cotone preferendo colori chiari;
mangiate cibi leggeri e freschi non facendo mancare frutta e verdura ricchi di minerali e utili a prevenire i crampi. Non dimenticate poi spuntino e merenda con frutta fresca, frullati, ma anche yogurt, ghiaccioli alla frutta e bevande naturali drenanti e rinfrescanti.

E come proteggere il neonato dal caldo?
In casa, se c'è un neonato, evitate il condizionatore con temperature troppo basse ma lasciatelo costantemente tra i 26 e i 27 gradi. Se vi trovate in un ambiente non ben refrigerato rinfrescate il neonato con un panno umido se suda troppo. Quando invece andate a fare una passeggiata vestitelo con abitini leggeri in cotone e non dimenticate il cappellino, evitando di uscire nelle ore troppo calde. Anche in spiaggia preferite le prime ore del mattino ma proteggetelo comunque con abiti leggeri e non tenetelo alla luce diretta del sole. In macchina usate sempre un lenzuolino di cotone da mettere sul seggiolino e non tenete la temperatura del condizionatore troppo bassa: deve essere al massimo tra i 5 e i 7 gradi al di sotto della temperatura esterna.

Dal Sito: donna.fanpage.it



Ansia in ferie? Così te ne liberi


L’ansia da vacanza si manifesta con noia, nervosismo, paura del rientro, progetti per il futuro: per combatterla evita le aspettative e apriti all’avventura

“Quest’anno in ferie voglio staccare la spina, prendermi delle giornate per me. Stare tranquilla”.Ogni anno ripetiamo la solita cantilena, dimenticando che la vita non è mai “tranquilla” proprio perché è viva: se cerchiamo di immobilizzarla nei nostri schemi, evochiamo l’esatto contrario di uno stato di quiete, ovvero lo scatenarsi della tempesta interiore. A cosa mai servirebbe “staccare la spina e prendersi delle giornate per sé”? E come deve essere una giornata per te? A pensarci bene sembra molto stressante: “devi” rilassarti, “devi” interrompere tutte le solite attività, “devi” divertirti, “devi” trovare qualche attività alternativa alla solita routine, per poi, infine, rientrare nella routine! Insomma: una tortura! Se ti metti in testa di aver bisogno di “giornate per te”, ti prepari a star male perché stabilisci che queste giornate debbano essere migliori, come a dire che tutte le altre giornate della tua vita sono da buttare via! La vita non è così: non è staccare la spina, semmai collegarla a quella sorgente misteriosa che può accenderla e renderla elettrizzante!

Non rendere la vacanza uno stress mentale
L’ansia da vacanza è semplice da spiegare: le ferie estive chiudono il ciclo dell’anno e se non le usi per rigenerarti ma, “per stare tranquillo”, è facile che dopo la noia subentrino i brutti pensieri. “Cosa ho combinato nell’anno passato? I miei problemi, li ho risolti o sono ancora lì ad aspettarmi? E cosa farò al rientro?” È forte insomma la tentazione di “fare il punto”, cioè di far partire un “film mentale” fatto di bilanci e di buoni propositi. A questo punto la vacanza diventa motivo di stress mentale…di prima categoria! Specialmente durante gli ultimi giorni di permanenza la paura del ritorno a una quotidianità che ci spaventa, nella quale sentiamo di non essere felici, diventa insostenibile. Certo, vorremmo tornare dalla vacanza cambiando tutto e diciamo: “Basta! Da settembre... trovo un altro fidanzato, cambio amici, cambio lavoro, inizio la dieta!”. E via così…In realtà non sappiamo da dove cominciare e alla fine non cambiamo niente. Attenzione: non vuol dire che siamo deboli e senza forza di volontà, vuol dire che stiamo guardando le cose da una prospettiva sbagliata. Ecco come correggerla.

-Cambia (anche) il panorama interiore
Andare in vacanza non significa solo allontanarsi dai luoghi abituali, ma cambiare scenario mentale, uscire dalle coordinate psichiche che abiti quotidianamente. Le abitudini, i ritmi ripetitivi, la visione delle stesse cose e delle stesse persone, i soliti discorsi, le opinioni assorbite dall’esterno finiscono per mascherare la nostra personalità.
Quando tutto questo viene accantonato può capitare un vero e proprio “shock percettivo”: ci ritroviamo “denudati” da tutti gli orpelli, disponibili a un contatto puro con noi stessi e con il mondo, e finalmente possiamo scrollarci di dosso il personaggio nel quale ci eravamo identificati. Di fatto “dimentichiamo” chi credevamo di essere e torniamo nitidi, ripuliti da tutte le “scorie”, dai ruoli che ci impediscono di vivere. La riva del mare o i sentieri montani sono quindi solo lo sfondo di un cambio di sguardo interiore.

-Rifiuta la solita routine e renderai unica la tua vacanza
Se ti sta accadendo anche ora, significa che stai vivendo la vera vacanza: uno spazio vuoto, una discontinuità, una “rottura del tempo” e delle sequenze che nella vita quotidiana ti imprigionano. Il vuoto, infatti, dirige lo sguardo verso l’interiorità, rende la mente libera, ti fa incontrare te stesso. Solo se incontri il vuoto, la vacanza ti rigenera davvero. Se invece ti accorgi che la tua vacanza è dominata dalla routine non spaventarti, puoi correre subito ai ripari. Non è difficile rinunciare agli appuntamenti obbligati e ai riti di massa che finiscono per uniformare anche l’estate agli standard. L’estate è il tempo del rinnovamento!

Il gioco delle parole libere: lascia emergere dal profondo un nuovo linguaggio
Ecco un semplice gioco che puoi fare anche in spiaggia, ma che può regalarvi un potere immenso: quello di spegnere le “solite frasi” e far emergere parole autentiche, capaci di rigenerare la mente. Procurati carta e penna: il primo passo è quello di individuare una parola chiave da cui partire. Scegli un tema generico, meglio ancora un ambito della vita in cui pensi di avere difficoltà: l’amore, il lavoro o la famiglia, i figli…Scrivi questa parola al centro della pagina, dopodiché inizia con le “libere associazioni” che annoterai sul foglio l’una sotto l’altra. Ad esempio: Amore: Rosso, Calore, Passione, Fuoco, Brucia, Paura…Quando arrivi al punto in cui non ti viene in mente più niente, prendi in mano il foglio e rileggi attentamente le parole che hai scritto. Attento, non devi “fare” niente di particolare: lo scopo non è arrivare a un responso razionale immediato, quindi evita interpretazioni affrettate, ma lascia depositare dentro di te i contenuti emersi, e accoglili senza commenti. Via via che ti divertirai in questo esercizio, imparerai sempre di più a mettere da parte le resistenze e ti accorgerai, anche con una certa sorpresa, che sgorgheranno spontaneamente termini inaspettati, un nuovo linguaggio che potrà far parte del tuo vocabolario quotidiano e che farà affiorare quello che senti e che ti occorre per davvero.

- Fallo 10 minuti al giorno
Fai questo semplice esercizio quando ti accorgi di ripetere sempre gli stessi discorsi, quando cerchi una soluzione che non arriva, o se hai la tendenza ad indagare troppo con la ragione il mondo dei sentimenti. È molto utile per sbloccarti. Per ottenere risultati dedicagli dieci minuti una volta al giorno per almeno due settimane. La vacanza, lontano dalle solite pressioni esterne, è il momento migliore per iniziare!

Dal Sito: www.riza.it

CALDO, ANSIA E ATTACCHI DI PANICO.


Attacchi di panico in estate, come affrontarli

Estate, periodo di relax e riposo? Per certi versi sicuramente sì: vacanze, gite al mare e in montagna ci aiutano a staccare la spina e dimenticare gli impegni quotidiani. Nonostante questo, però, proprio nei mesi più caldi si verifica un aumento nella frequenza degli attacchi di panico, che riguardano un numero sempre maggiore di persone.
Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), infatti, in Europa quasi un terzo della popolazione ha sofferto almeno una volta nella vita di un disturbo d’ansia. I più soggetti a queste problematiche sono, in particolare, le donne – specialmente casalinghe – ma anche i giovani non sposati, i disoccupati e chi vive in città.
In che cosa consistono, di preciso, gli attacchi di panico? Come mai in estate tendono ad aumentare? Come affrontarli? Prosegui nella lettura per scoprire di più.

Cosa sono gli attacchi di panico

Gli attacchi di panico consistono in una improvvisa e intensa esplosione di disagio fisico e mentale accompagnata da sintomiquali tremori, tachicardia, difficoltà a respirare, sensazione di svenimento e di morte imminente, nausea e disturbi addominali, vampate di caldo e brividi improvvisi, distaccamento dalla realtà e paura di perdere il controllo.
Se hai già avuto esperienza di attacchi di panico saprai che, nel momento in cui si verificano, la sensazione è quella di non poterne uscire in alcun modo: più questa falsa consapevolezza aumenta, più l’attacco di panico si fa intenso. L’attacco di panico, in sostanza, pur avendo alla base delle motivazioni e delle cause scatenanti, si autoalimenta.
Secondo il modello sviluppato da Clark esiste un “Circolo vizioso del panico”: sensazioni fisiche e mentali spiacevoli sono erroneamente considerate come segni di imminente disastro, quale avere un attacco cardiaco, svenire, soffocare, e il nostro sistema va in tilt precipitando nel panico.

Attacchi di panico in estate

Le condizioni climatiche tipiche dell’estate, con afa, caldo e umidità, sono correlate a un significativo aumento dei sintomi tipici degli attacchi di panico: queste sensazioni fisiche minacciose, come sudorazione, sensazione di svenimento, difficoltà a respirare innescano, nelle persone già predisposte, disturbi d’ansia rinforzando la convinzione che nel loro corpo stia accadendo qualcosa di grave. Malesseri del tutto normali, in sostanza, possono essere interpretati come l’arrivo imminente di un pericolo: la paura prende il sopravvento accompagnata dal panico.
Non si tratta, però, di soli fattori ambientali. In estate, infatti, la routine quotidiana si modifica e le rassicuranti certezze della vita di ogni giorno vengono meno. Le vacanze, pertanto, possono paradossalmente trasformarsi in una fonte di ansia e di stress.

5 passi per affrontare un attacco di panico

Imparare a gestire gli attacchi di panico è il primo passo da compiere in un percorso volto a migliorare il proprio benessere psico-fisico. Quando un attacco di panico è in corso la sensazione è quella che uscirne sia impossibile: di fatto, invece, si tratta di un evento transitorio che si conclude entro un certo lasso di tempo, generalmente non oltre i 30 minuti. Ecco 5 cose da tenere a mente per affrontare un attacco di panico.

1. Prendi consapevolezza
Prendi consapevolezza dei sintomi che precedono l’attacco di panico: imparare come funziona la paura dentro di te può aiutarti a riconoscere un attacco di panico per quello che è, ovvero un’ondata di adrenalina da gestire.
2. Concentra l’attenzione sul respiro e svuota la mente
Quando sei in preda all’ansia e al panico istintivamente inizi a respirare più velocemente. Cerca di controllare il respiro, inspirando ed espirando in modo regolare: puoi esercitarti ogni giorno in modo che questo meccanismo diventi automatico anche nei momenti difficili.
Prova a praticare Yoga e Meditazione, utili per favorire non solo la buona respirazione, ma anche il rilassamento e lo svuotamento della mente dai pensieri.
3. Ricorda che è un evento momentaneo
Anche se è difficile mantenere la razionalità durante un attacco di panico ricorda che si tratta di un fenomeno transitorio: gli attacchi di panico passano sempre.
Se ne hai già avuta esperienza sai che ogni volta, dopo un forte malessere, l’attacco di panico gradualmente scompare: a un certo punto riesci a superarlo, e puoi farlo ogni volta che questo si ripresenta.
4. Rivolgiti a uno specialista
Per superare al meglio gli attacchi di panico chiedi supporto a un bravo specialista che ti aiuti a sondare le motivazioni alla base del tuo disagio. Attraverso un percorso di conoscenza e di razionalizzazione sarai più consapevole dei meccanismi che avvengono dentro di te e riuscirai a controllarli con maggiore facilità.
5. Gioca d’anticipo
L’attacco di panico si manifesta spesso in luoghi o in situazioni ricorrenti: conoscili, parlane con il tuo specialista, razionalizza a priori ciò che può capitare e come affrontare la situazione. Questo lavoro continuo darà i suoi frutti.

Dal Sito: www.fondoassistenzaebenessere.it

Stressato? Tutti i consigli dell’esperto


Fino a un certo livello lo stress può essere addirittura positivo, ma quando viviamo sempre allerta, la situazione può diventare pericolosa

Generalmente allo stress viene erroneamente conferita un’accezione negativa. In realtà lo stress buono, definito eustress, può essere positivo, perché aiuta nelle performance, attivando lucidità e determinazione. Il problema compare quando si protrae troppo a lungo, perché diventa difficile vivere continuamente in tensione. È allora che si trasforma in distress, vale a dire in stress negativo.

Cause

Il distress è dovuto principalmente a tre fattori: la continua propensione verso il momento successivo, l’organizzazione del pensiero e quella del tempo.

Conseguenze

Una condizione di stress troppo prolungata può generare una serie di situazioni emotive e fisiche alterate, che investono l’intero organismo, in modo particolare la postura e le ghiandole surrenali, responsabili della produzione di numerosi ormoni. Fino ad arrivare ad attacchi di panico, ipocondria e depressione, perché lo stato psicologico si ripercuote inevitabilmente sul sistema nervoso, che regola l’intera funzionalità del corpo, agendo su equilibri e squilibri.

Cosa fare

Sono diversi gli accorgimenti che si possono mettere in atto per imparare a gestire le cause e, di conseguenza, a tenere sotto controllo ansia e stress.

Vincere le paure

Raramente i nostri pensieri rispecchiano la realtà. Al contrario, sono indotti dal nostro stato emotivo. Se siamo sempre in allarme, saremo continuamente esposti a dubbi e timori, come quello di deludere gli altri e di non essere all’altezza delle proprie e altrui aspettative. Così ogni incombenza apparirà sempre più difficoltosa e minacciosa, rendendo terribilmente stressante l’idea di affrontarla.

Organizzare il tempo

Occorre imparare a dividere la giornata in quattro punti: le priorità urgenti, le priorità non urgenti, i compiti che si possono demandare agli altri, gli impegni non indispensabili a cui ci si può sottrarre, imparando a dire dei no per evitare un inutile sovraccarico. Può essere utile stilare un elenco di quello che vorremmo fare durante il giorno, e un altro di quello che realmente facciamo. Se paragonandoli si nota che combaciano troppo poco, è fondamentale riuscire a ridurre il tempo per il dovere e lasciare più spazio a quello per il piacere.

Vivere slow

Significa vivere emotivamente il momento presente assaporandone tutte le sensazioni, come l’aroma del caffè che si sta bevendo o l’acqua che rinfresca mentre si fa la doccia, invece di spostare già il pensiero a quello che si dovrà fare un attimo dopo. In questo modo si ricaricano le proprie energie emotive, evitando di pensare a più cose contemporaneamente.

Respirare correttamente

È importante attuare una respirazione diaframmatica, immettendo direttamente l’aria dal plesso, con le spalle morbide verso il basso e la cassa toracica completamente aperta. In questo modo l’ossigeno inspirato diventa sufficiente a eliminare quell’eccesso di anidride carbonica che fa aumentare l’adrenalina e il conseguente stato di eccessiva allerta.

Consultare un esperto

Nel caso in cui non si riesca a gestire la situazione da soli diventa opportuno rivolgersi a un esperto, con cui cominciare un adeguato percorso di psicoterapia, magari accompagnato da una terapia medica parallela.

Paola Vinciguerra, psicoterapeuta, presidente Eurodap (Associazione europea disturbo da attacco di panico), docente di psicologia all’Università L.U.de.S.di Lugano.

Dal Sito: www.ok-salute.it

La storia di Massimo


MASSIMO

Io, non voglio mettermi a fare il medico, e nemmeno lo psicologo, qui. Ma poiché ho capito alcune cose sul panico mi fa piacere comunicarvele, anziché annoiarvi con i soliti sintomi degli attacchi, che avrete sentito già tante volte. lo ho capito ad esempio che la paura della morte che si prova nelle crisi di panico non è del tutto infondata, inventata di sana pianta. Attenzione, non voglio dire che davvero noi corriamo il pericolo di morire durante una crisi. Però voglio farvi capire che se ci viene in mente ,la morte deve pur esserci una ragione. E se si va a scavare nella storia di ognuno di noi sofferenti di panico troviamo anche la spiegazione. Prendete me, ad esempio. Sono un caso tipico, da. questo punto di vista. Prestissimo, già a sei anni, capii subito che la morte può capitare a chiunque e può esserti molto vicina, spaventosamente vicinissima, anche quando sei un bambino. Era ospite in casa mia un bambino poco più grande di me quando improvvisamente morì. Non seppi e tuttora non so il perché. E questo, forse, peggiorò la situazione. Ci mancava solo il prete. Sì, proprio un prete. Uno sconsiderato che venne a raccontarmi di un bambino che era morto durante la cerimonia della prima comunione tanta era la sua felicità. Lui lo raccontava per sottolineare la gioia che si prova in quella occasione. E non capiva che così mi terrorizzava. Logicamente il giorno della mia prima comunione, mentre ero inginocchiato all'altare, non resistetti a lungo e improvvisamente, mentre la chiesa era piena di gente e tutti stavano in ginocchio, mi alzai e cominciai a correre come una saetta per scappare via dalla chiesa. Ero convinto che ormai la morte fosse vicina e stesse lì lì per acchiapparmi. D'altra parte non potevano certo rassicurarmi i miei familiari. Cioè mia mamma, mia nonna e le mie zie. lo vivevo con loro. E loro erano certamente ancora più ansiose di me.' Dunque la paura di morire e la tristezza, il malessere caratterizzarono la mia infanzia. Vi sembrerà strano: soprattutto nei giorni di festa, quando le altre famiglie erano più felici, a casa mia invece c'era un'atmosfera ancora più triste. Perché aspettavamo mio padre. Lunghe, interminabili, inutili è drammatiche attese. E lui non arrivava mai. Mio padre era emigrato all'estero ,e lì era rimasto. A Natale, a Pasqua prometteva sempre di tornare. Ma non veniva mai. Ricordo ancora con una profonda malinconia quelle atmosfere festive piene di tragicità, proprio come se fosse morto qualcuno. La verità era che lui si era fatta un'altra famiglia all'estero. Tutti lo immaginavano o lo sapevano, in paese. Anche i miei compagni che mi prendevano in giro per questo. Tranne mia madre, che non volle rendersene conto, fino a quando mio padre non trovò il coraggio di confessarglielo. Ma lui non ebbe neanche la capacità e la sensibilità di dirglielo di persona. Lo fece per lettera. Dopo un anno mia madre si ammalò di cancro: E presto morì. lo trovai subito il coraggio di andare di persona da mio padre. Litigai ferocemente' con lui e fu la rottura definitiva. Non ci  vedemmo ne sentimmo più fino alla  sua sua morte. Morì esattamente l'anno precedente il mio primo attacco di panico. A proposito, quella prima crisi mi venne in macchina. E anche questo, secondo me, non fu casuale: alcuni anni prima avevo assistito alla morte di un uomo per infarto proprio alla guida della sua macchina . Ma anche dopo un anno di storia di panico la morte, quella vera, non quella dell'angoscia tipica delle crisi, continuò a perseguitarmi. E questa volta fu una perdita davvero grave: Da vari anni avevo un carissimo, fraterno amico. Una persona eccezionale. lo che non avevo mai avuto un padre avevo trovato in lui una figura paterna eccezionale. Un amico paterno, buono, protettivo, solido, forte, in tutti i sensi. Dava la sensazione dell'immortalità. Un sogno che finì presto, troppo presto. Morì giovanissimo, con un cancro, un anno dopo il mio primo attacco di panico. Vedete, io sono convinto che fortunatamente la mia è una storia rara. Poche sono così funestate dalla morte. D'altra parte, in fondo, nonostante tutto, penso che il problema principale non sia la morte. La solitudine, la separazione, l'abbandono, che rassomigliano tanto alla morte vera, loro sì sono davvero molto importanti in noi che abbiamo o abbiamo avuto il panico. E, vi assicuro, ci fanno soffrire e ci fanno paura forse ancora di più della morte vera. 
Vorrei ora parlarvi della mia guarigione. Ma temo di prendermi io tutto lo spazio, sottraendolo agli altri. Concedetemi solo un minimo accenno. In una storia così triste sembrerebbe impossibile il lieto fine. E invece anche per me si è realizzato. Oggi io sono completamente libero dagli attacchi di panico: non ne ho da anni. Sono in grado di muovermi liberamente, senza paure, senza rinunce, senza l'aiuto di nessuno. Per motivi di lavoro frequento luoghi affollatissimi e faccio viaggi anche di centinaia di chilometri: senza alcun problema. A tutto questo ovviamente non si arriva casualmente o per fortuna. Per me è stato necessario un lungo e intenso lavoro: un po' con l'aiuto della terapia, ma in gran parte da solo, durante e dopo la terapia. Mi viene in mente l'immagine della pelle di un serpente. Quando la trovi, nei campi, la vecchia pelle di un rettile potrebbe far pensare alla morte dell'animale. Di fatto è una separazione, una perdita. Ma è stato lo stesso serpente a liberarsene per rinnovare se stesso e rinascere a nuova vita. Così io mi sono liberato della mia vecchia storia, del mio disagio, delle mie paure, per rinascere ad una nuova vita.


(Questa è la storia vera di uno di noi, uno del gruppo, ed è tratta dal volume di Vittorio CEI “Storie di Panico e Fobie – guarire si può” Armando Editori, 2006. Il nome del protagonista, naturalmente, è di fantasia.)

venerdì 30 giugno 2017

Cosa fare quando tutto va male


Ci sono giorni in cui sembra che ci siamo alzati dal letto con il piede sbagliato. Abbiamo un appuntamento, ma tutto si complica; vogliamo vedere qualcuno, ma la cosa è impossibile o semplicemente siamo troppo giù di morale.

In questi momenti, tutto risulta troppo complicato e sembra che nulla possa andare bene. Non solo: ci guardiamo intorno e sembra che tutti si siano messi d’accordo per peggiorare ancora la nostra giornata.

Cosa fare quando tutto va male? Continuate a leggere e lo scoprirete.

“Possiamo sempre scegliere di vedere le cose in modo distinto. Possiamo concentrarci su tutte le cose brutte della nostra vita oppure su tutte quelle belle”.
(Marianne Williamson)


Quando vivete una giornata di questo tipo, considerate le seguenti indicazioni:

La vita non è semplice

Scordatevi che la vostra vita sia perfetta. Non lo sarà mai e questo è bene, perché così avete la possibilità di progredire.

Quando tutto va male, è perché vi state concentrando solo sui vostri fallimenti. Forse è ora di valutare le aspettative che avete.

Se lo ritenete necessario, fate qualche piccolo cambiamento nella vostra vita. Le persone che vivono aspettandosi solo cose positive trovano molte disillusioni lungo il loro cammino.

“Se cercate la perfezione, non sarete mai felici”.
(Lev Tolstoj)

Il successo non arriva dall’oggi al domani

Tutti vogliamo avere successo ed essere apprezzati nelle attività che amiamo, ma non sempre siamo disposti a lavorarci abbastanza.

In questo momento, sentite che tutto vi sta andando male perché non avete il successo che desiderate in un determinato ambito?

Forse è il caso di analizzare le cose che già avete e di apprezzarle. Dopodiché, potete creare un progetto per arrivare dove volete.

Per raggiungere qualsiasi obiettivo, c’è bisogno di pazienza e di sforzo, pertanto non permettete alla frustrazione di avere la meglio su di voi. Fissatevi mete modeste e conquistatele poco a poco.

“Gli alberi crescono lentamente per dare i frutti migliori”.
(Molière)

Imparate la lezione

Perché sentite che tutto va male? Cos’è che provoca in voi questo sentimento? Cosa potete imparare da questa situazione?

Non lamentatevi di tutte le cose negative che vi succedono. Si tratta della vostra prima reazione, la quale, però, non è affatto utile: così, non farete altro che peggiorare il vostro umore ogni volta che ci pensate su.

È meglio affrontare ciò che avete davanti come se fosse una sfida; imparate a vedere la parte divertente di queste circostanze e a oltrepassate i vostri limiti.

Apprezzate il lato buono delle cose

Non lasciatevi abbattere dalla tristezza e dallo sconforto. Di certo è difficile sorridere quando tutto va male, ma in che altro modo potreste mai migliorare la vostra visione delle cose?

Imparate a vedere gli errori e i fallimenti come tappe della vita e del processo evolutivo e apprezzate tutte le cose belle che avete.

“La forza non arriva dalle vittorie. La lotta e le sfide sviluppano le tue forze. Quando affronti le difficoltà e decidi di non arrenderti, quella è forza.”
(Arnold Schwarzenegger)

Non preoccupatevi più

Non preoccupatevi per tutto ciò che accade attorno a voi. Se oggi tutto va male, concentratevi sulle cose che possono migliorare. Tutto il resto lasciatelo scorrere; anche se non ci credete, poco a poco le cose si collocheranno nel giusto posto della vostra vita.

Invece di passare le notti preoccupati per quello che dovete fare, usate il vostro tempo per realizzare un piano che vi permetta di risolvere ciò che potete risolvere.

Piangete se ne avete bisogno

È impossibile non aver voglia di piangere quando tutto va male. Fatelo! Non abbiate paura di piangere, non è un segno di debolezza. È necessario lasciare che i sentimenti fuoriescano e fluiscano affinché altri, più positivi, occupino il loro posto.

Quel che non dovete fare è focalizzarvi continuamente sulle cose negative e non avanzare. Adesso piangete e poi continuerete il cammino.

“Non scusatevi per aver pianto. Senza le emozioni non saremmo altro che robot”.
(Elizabeth Gilbert)

Ricordatevi che nessuna vita è perfetta

Quanto tempo passate a confrontare la vostra vita con quella degli altri? A un primo sguardo, può sembrarvi di avere una vita complicata, piena di problemi e per nulla perfetta. Ebbene, sappiate che non siete gli unici.

Smettete di fare paragoni con gli altri e di credere che a loro le cose vadano meglio. Forse quell’amica che sembra avere sempre fortuna con i ragazzi non riesce a trovarne uno che la renda davvero felice o forse quel cugino che cambia macchina ogni anno ha così tanti debiti che non riesce mai ad andare a dormire tranquillo.

Quando tutto va male, pensate a dove vi trovate e a dove volete arrivare. Ciò che fanno gli altri non dev'essere al centro dei vostri pensieri.

Dal Sito: lamenteemeravigliosa.it

Ti auguro



Ti auguro la gioia di avere sempre qualcuno
con cui dividere ogni cosa...

Ti auguro di avere dei bei ricordi
cui ritornare col pensiero nei brutti momenti...

Ti auguro una tra le migliori piccole gioie quotidiane:
aprire un libro che ricordi bene,
lasciarne le pagine,
leggere le prime parole famigliari...

Ti auguro la primavera e la meraviglia di constatare che è sempre migliore di quanto avevi osato sperare...

Ti auguro la felicità di un regalo da un bambino:
- un mazzo di denti di leone appassiti,
- una caramella succhiata a metà
- una rana
- un bacio...

Ti auguro che tu possa, anche se solo una volta nella vita,
vedere qualcosa di infinitamente raro, strano e bello...

Ti auguro la malinconia di un giardino in inverno e, dopo mesi d'attesa, i piccoli, verdi vegetali della primavera...

Ti auguro di rimanere affascinata dall'infinita varietà della vita animale...

Ti auguro la fiducia di una creatura selvatica, conquistata con pazienza e amore...

Ti auguro che tu possa non dover comprare l'amore al prezzo dell'umiliazione...

Ti auguro che tu possa sempre trovare le parole giuste per mantenere al loro posto gli spacconi e avere abbastanza forza nelle ginocchia per camminare con dignità...

Ti auguro che tu possa avere un cuore pieno d'amore e giudizi accorti...

Ti auguro la gioia di essere desiderata, e di trovare il regalo perfetto, sentire il profumo della terra, dal prato aperto...

Ti auguro lettere:
con una calligrafia che riconosci immediatamente, con una calligrafia che non vedevi da anni...

Ti auguro lettere piene di elogi, piene di incoraggiamenti:
lettere di gratitudine e di amore.
Ti auguro lettere sciupate, macchiate di inchiostro, scritte tutte storte
coperte di baci

Ti auguro la felicità di dimenticare il passato
e di trovare nuovi inizi.

Ti auguro la felicità delle idee,
l'eccitamento della ragione,
il trionfo della conoscenza,
lo schiarirsi della vista,
l'acuirsi dell'udito,
il protendersi verso nuove scoperte,
il trarre piacere dal passato così come dal presente.
Ti auguro la gioia della creatività.

Ti auguro felicità...
ma non la felicità che si ottiene chiudendo fuori il mondo.
Nemmeno quella di rinnegare il tuo sogno per amor di agiatezza.
Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi.
Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di
dare, di correre il rischio d'amare.

Tratta la felicità con gentilezza:
è un prestito.

Un atteggiamento positivo… vale più di tutto il resto



Era sempre di buon umore ed aveva sempre qualcosa di positivo da dire.
Quando qualcuno gli domandava come stava, rispondeva: “Se stessi meglio, scoppierei!“.
Era un manager unico, con un gruppo di camerieri che lo seguivano ogni volta che prendeva la gestione di un nuovo ristorante.
Il motivo per cui i camerieri lo seguivano era che Jerry aveva un grande atteggiamento positivo. Era un motivatore naturale, se un dipendente aveva la luna storta, Jerry era lì a spiegargli come guardare al lato positivo della situazione. Trovavo il suo stile molto strano e quindi un giorno gli dissi “Adesso basta! Spiegami come fai ad essere sempre così positivo, qualunque cosa succeda?“.
Lui mi rispose “Vedi, io sono così, quando mi sveglio la mattina mi dico oggi hai una scelta da fare: puoi decidere di essere di buon umore o di cattivo umore, e scelgo di essere di buon umore. Tutti i giorni mi capita qualcosa di spiacevole, posso fare la vittima oppure imparare qualcosa dai problemi, io scelgo di imparare.

Ogni giorno qualcuno viene da me a lamentarsi, io posso scegliere di subire passivamente le sue lamentele o di trovare il lato positivo della cosa, beh, io scelgo sempre il lato positivo della vita“.
“Si, va beh“, dissi io, “ma non è sempre cosi facile!“.
“Si invece“, disse Jerry, “la vita è tutta fatta di scelte. A parte le necessità più o meno fisiologiche in ogni situazione c’è una scelta da fare.
Sei tu a scegliere come reagire in tutte le situazioni, a decidere come la gente può influire sul tuo umore.
Sei tu che scegli se essere di buon umore o di cattivo umore, e quindi in definitiva come vivere la tua vita“.
Per molto tempo dopo quell'incontro, ripensai a quello che Jerry aveva detto, poi un giorno lasciai il business della ristorazione e mi dedicai ad un altra attività in proprio; mi persi di vista con Jerry ma spesso ripensai a lui quando mi trovavo nella situazione di scegliere nella vita invece che subirla.
Diversi anni dopo, venni a sapere che Jerry aveva commesso un errore imperdonabile per un gestore di ristorante: aveva lasciato la porta posteriore del ristorante aperta una mattina, ed era stato attaccato da tre rapinatori armati; mentre cercava di aprire la cassaforte, le sue mani sudate e tremanti dalla paura non riuscivano a trovare la combinazione ed i rapinatori, presi dal panico, gli avevano sparato ferendolo gravemente.
Fortunatamente Jerry era stato soccorso rapidamente e portato immediatamente al pronto soccorso.
Dopo 18 ore di intervento chirurgico ed alcune settimane di osservazione, Jerry era stato dimesso dall'ospedale con frammenti di pallottole ancora nel suo corpo.
Incontrai Jerry circa sei mesi dopo l’incidente, quando gli chiesi come andava mi disse “Se stessi meglio, scoppierei. Vuoi dare un occhiata alle cicatrici?“.
Declinai l’invito, ma gli chiesi che cosa gli era passato per la testa durante la terribile esperienza.
“La prima cosa che pensai fu che avrei dovuto chiudere la porta posteriore del ristorante” mi disse Jerry, “poi, quando ero già stato colpito e mi trovavo per terra, mi ricordai che avevo due scelte: potevo scegliere di vivere o di morire“.
“Ma non avevi paura? Non sei svenuto?“.
Jerry continuò: “Gli infermieri furono bravissimi. Continuavano a dirmi che andava tutto bene. Ma fu quando mi portarono sulla barella in sala operatoria e vidi le espressioni sulle facce dei dottori e degli assistenti, che mi spaventai veramente, potevo leggere nei loro occhi ‘questo uomo e’ già morto!’“.
C’era questa infermiera veramente grassa che continuava a farmi domande, e mi chiese se ero allergico a qualche cosa.
“Si!“, io risposi, a quel punto tutti dottori e le assistenti si fermarono ad aspettare che finissi la mia risposta…
Io presi un respiro profondo e con tutte le mie forze gli gridai “Sono allergico alle pallottole!“.

Mentre ancora ridevano aggiunsi “Sto scegliendo di vivere. Operatemi come se fossi un vivo, non come fossi già morto“.

Jerry è sopravvissuto grazie alle capacità dei chirurghi, ma anche grazie al suo atteggiamento positivo.

Ho imparato da lui che tutti i giorni abbiamo la scelta di vivere pienamente.

Un atteggiamento positivo, alla fine, vale più di tutto il resto.

(dal sito: www.lamentemente.com)

giovedì 29 giugno 2017

ANSIA E ATTACCHI DI PANICO: COME FUNZIONANO E PERCHÉ LI PROVIAMO


L'ansia, sembra quasi scontato dirlo, è un'emozione, come la rabbia, la gioia, la tristezza, la paura, ecc. Come tutte le emozioni non possiamo eliminarla, anche se spesso è spiacevole, dobbiamo imparare ad accettarla, conviverci e cercare di tenerla sotto controllo quando possibile.

L'ansia spesso spaventa perché si manifesta con sintomi fisici anche intensi (tachicardia, senso di soffocamento, nausea, vomito, diarrea, tremori, vertigini, testa vuota, capogiri, sensazione di assenza, ecc). Se ci riflettiamo un attimo, tutte le emozioni, anche la gioia o la rabbia, si esprimono sul piano fisico, solo che di queste non ce ne preoccupiamo.

Ecco che quindi, nel mantenimento dell'ansia gioca un ruolo fondamentale il nostro pensiero, le nostre interpretazioni catastrofiche di questi sintomi (sto impazzendo, è un infarto, sto svenendo, farò una figuraccia, mi sta venendo un ictus, ecc) spesso spaventosi, e i comportamenti che mettiamo in atto per proteggerci o rassicurarci (assumere farmaci, non andare più in certi posti, non uscire da soli, non prendere il bus, ecc).

Spesso poi ci mettiamo in ascolto del nostro corpo, controlliamo se è tutto a posto, se il cuore batte bene, se la testa gira, se abbiamo la nausea, ecc. Purtroppo, quanto più ci concentriamo sui sintomi o sui segnali del nostro corpo, tanto più essi si amplificano. Alla lunga, tutto questo rafforza la paura e l'ansia si cronicizza, crediamo di proteggere noi stessi ma in realtà rafforziamo l'ansia. Così facendo poi togliamo fiducia a noi stessi e alle nostre capacità autonome di reagire.

L'ansia è un'emozione che anticamente serviva ai nostri antenati preistorici a proteggerli dai pericoli, a stare attenti ogni volta che uscivano dalla grotta ed eventualmente prepararsi a combattere o a scappare se attaccati da nemici o predatori. E' regolata da una zona del cervello molto antica, il sistema limbico (l'amigdala in particolare ne è la principale responsabile), mentre invece, solo successivamente si è evoluta la corteccia cerebrale, è questa che oggi ci dice che il pericolo in realtà non è così temibile come lo era per i nostri antenati.

Insomma, è come se oggi avessimo un sistema di allarme dentro di noi sempre attivo che scatta spesso ma senza un motivo preciso, non abbiamo più predatori, non abbiamo più tribù rivali, ma questo, il nostro cervello più antico non lo sa. Alcune persone, in seguito a periodi di forte stress, per temperamento, per altri motivi legati ad esperienze di vita o di apprendimento, hanno un allarme molto sensibile, che scatta facilmente anche senza un motivo apparente (in realtà c'è sempre un motivo che scatena una crisi d'ansia o un attacco di panico anche se la persona non se ne rende conto).

Queste reazioni molto intense coinvolgono il corpo perché il messaggio che arriva dal cervello più antico è quello di SCAPPARE o COMBATTERE, il cervello ci dice di proteggerci. Quindi, ecco arrivare i sintomi fisici: i muscoli si tendono, il cuore pompa più forte per fare arrivare più ossigeno ai muscoli degli arti, anche il respiro si velocizza per questo, vampate di calore sono causate dall'attivazione di tutto il corpo per utilizzare tutte le energie disponibili per scappare o combattere, il formicolio è causato dal fatto che in quelle zone c'è meno afflusso di sangue il quale è convogliato negli arti necessari all'azione, il senso di stordimento è causato da una parte di noi che vorrebbe scappare in conflitto con l'altra che invece dice che non c'è un pericolo reale, inoltre spesso senza accorgersene si inizia a respirare in modo irregolare, questo crea un lieve calo del flusso di ossigeno verso il cervello e uno squilibrio tra ossigeno e anidride carbonica che può portare a sensazioni di stordimento, testa vuota, vertigini, vista confusa o giramenti di testa, tutto ovviamente dura pochi istanti ma noi in quel momento crediamo che stiamo impazzendo o svenendo.

Ancora, la nausea è causata dal fatto che la digestione si blocca perché l'organismo ha bisogno di utilizzare le energie per scappare o combattere, i muscoli si sono tesi improvvisamente e possono essere indolenziti e far male, la gola secca è causata dal fatto che senza accorgersene, si respira molto intensamente a bocca aperta e non usando i filtri nasali. Il cervello invia messaggi anche all'apparato digerente, per scappare o combattere la digestione si deve fermare, quindi possono comparire anche fenomeni come diarrea o vomito, era più facile per l'uomo primitivo scappare con una zavorra in meno. Se ci fate caso, spesso si vede anche nei documentari, quando la gazzella è inseguita dal leone per velocizzare la fuga "si libera", capita lo stesso anche a noi.

Quindi, in effetti accade quanto segue: ci troviamo in una situazione o pensiamo qualcosa che ci appare come minaccioso, proviamo ansia, arrivano i sintomi fisici, li interpretiamo come qualcosa di preoccupante (invece sono perfettamente normali), li vediamo come un problema di salute serio, questo ci provoca ansia maggiore che ovviamente fa accrescere i sintomi fisici e così via.

Il circolo vizioso si alimenta e spesso sfocia in un vero e proprio attacco di panico. L'amigdala ci dice che quella situazione iniziale era pericolosa (ad esempio un cane) poi, qualche millisecondo dopo, la corteccia ci dice che non vi è nulla da temere (ci dice che il cane scodinzola e affettuoso) ma tuttavia i sintomi non se ne vanno subito, perché l'allarme è già suonato, la risposta SCAPPA o COMBATTI è innescata e quindi il corpo è tutto attivato con i sintomi che ho descritto sopra. E infatti, dopo, noi ci preoccupiamo dei sintomi, ci chiediamo: cosa sta succedendo? Perché non se ne vanno? Non è che sto impazzendo? Ecc.

Purtroppo una volta che il corpo si è attivato necessita di qualche minuto per acquietarsi, quei minuti però possono diventare ore se continuiamo ad agitarci e a preoccuparci. Spesso si corre al Pronto Soccorso, e solo quando il medico ci rassicura e ci dice che non è un infarto si ritrova la calma. Tutto questo per degli errori automatici di valutazione.

A questo proposito è utile sapere quanto segue:

L'ANSIA NON PROVOCA L'INFARTO (a meno che non si abbiano dei seri problemi cardiaci).

L'ansia provoca un intenso rilascio di adrenalina, durante l'infarto invece l'adrenalina viene meno, e infatti in ospedale una delle prime cose che fanno è proprio somministrare adrenalina agli infartuati. Il dolore che si può avvertire al torace è causato dalla tensione muscolare.

DI ANSIA NON SI PUO' SOFFOCARE, la respirazione è un processo automatico, si respira anche sott'acqua, annegando purtroppo.

DI ANSIA NON SI PUO' SVENIRE perché la pressione si innalza, lo svenimento è causato invece da un abbassamento di pressione, si può svenire solo alla vista del sangue, questo per altri motivi che magari spiegherò in un'altra sede.

DI ANSIA NON SI PUO' IMPAZZIRE, chi impazzisce non se ne accorge, chi si dice "sto impazzendo", anche se in preda al terrore, comunque sta ragionando, è consapevole di cosa sta accadendo, il "pazzo" no.

L'ANSIA NON PROVOCA L'ICTUS, l'ictus è causato da un embolo non dall'ansia, inoltre ha sintomi diversi anche se spesso simili.

DI ANSIA NON SI MUORE, non è mai successo, mai!!! Molte persone purtroppo hanno così paura di morire da non riuscire a vivere.

Un trattamento per l'ansia e gli attacchi di panico, secondo l'approccio Cognitivo Comportamentale dura più o meno 6 mesi, a meno che non ci siano tratti di personalità disfunzionali sottostanti che possono contribuire ad allungare i tempi.

Si lavora su cinque aspetti (almeno questo è il mo iter):

1) Le emozioni, imparando a viversele anche se spiacevoli. "Guarda in faccia la paura e questa cesserà di turbarti" (Sri Yukteswar).

2) I pensieri e le interpretazioni catastrofiche, riconoscerle e modificarle, allenandosi a fare questo.

3) Il riconoscimento e la familiarizzazione con i sintomi fisiologici.

4) La modifica di comportamenti evitanti e protettivi non utili, sostituendoli con comportamenti funzionali e rafforzativi.

5) L'apprendimento di tecniche di respirazione e di rilassamento che contribuisco a ridurre l'attivazione eccessiva dell'organismo.

Prima di tutto questo è necessaria però un'attentissima valutazione, che inquadri le caratteristiche del problema ma che tenga conto della specificità della singola persona. Ogni soggetto ha una sua struttura di personalità unica, le proprie esperienze e i propri vissuti, è indispensabile tenere conto di questo per poter agire in modo proficuo. Sono necessarie inoltre tanta pazienza, motivazione e fiducia, sia nel clinico ma soprattutto in se stessi.

Dal Sito: www.psicologionline.net