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giovedì 22 ottobre 2020

Ansia e Adolescenza: diventare più grandi della paura




L’adolescenza è un momento di passaggio in cui l’ansia può essere una compagna costante. Ecco come riconoscere e soprattutto vincere le proprie paure.

I motivi per cui si prova ansia durante l’adolescenza possono essere moltissimi. Una verifica scolastica, un appuntamento romantico, il confronto con i genitori, un saggio sportivo o artistico per il quale non ci si sente abbastanza preparati possono essere tutte fonti d’ansia.

L’ansia è infatti una risposta fisiologica del nostro organismo nel momento in cui si affrontano situazioni nuove oppure prove mai affrontate prima. L’adolescenza è esattamente questo: il momento di transizione durante il quale un bambino che fino a quel momento ha vissuto sotto l’ala protettiva dei propri genitori comincia ad affrontare il mondo da solo, raccogliere sfide nuove e soprattutto a determinare il proprio percorso autonomamente, operando delle scelte che finiranno per plasmare la sua vita da adulto.

Ponendo costantemente se stesso in situazioni nuove l’adolescente sperimenterà molto più dell’adulto situazioni che potrebbero generare stati d’ansia, quindi si tratta di una situazione perfettamente normale.

È molto importante però fare in modo che l’ansia non diventi uno stato costante e che non prenda possesso di ogni aspetto della vita.

Per evitare una situazione così spiacevole si dovrà assolutamente imparare a gestire l’ansia comprendendo quali sono le fonti d’ansia come si possono gestire.

Le principali fonti d’ansia durante l’adolescenza


Gli adolescenti attraversano un momento della vita in cui la loro immagine di sé sta cambiando. Non si riconoscono più come bambini ma di certo non si sentono ancora adulti. Hanno molti dubbi in merito alle proprie capacità e soprattutto al proprio valore ma cominciano ad avere idee piuttosto chiare su come vogliono apparire e sugli adulti che vorranno diventare.

Fatte queste premesse è chiaro che gran parte delle ansie dell’adolescenza riguardino l’autostima e tutte le situazioni sociali in cui un ragazzo o una ragazza possono sentire di non essere all’altezza delle aspettative della famiglia, degli amici o delle proprie stesse aspettative.

“Mi viene l’ansia quando dovrei divertirmi”

Avere l’ansia quando si esce con gli amici è uno stato in cui si ritrovano moltissimi giovani anche se faranno molta fatica ad ammetterlo e, di certo, non ne parleranno facilmente. Il problema maggiore deriva dal fatto che, secondo quanto ci insegna la società (soprattutto quella che vediamo sui social network) quando si esce con gli amici si dovrebbe apparire vincenti, rilassati, felici e soprattutto ci si dovrebbe divertire un mondo. 

Purtroppo gli adolescenti non riescono sempre a mettersi nell’atteggiamento mentale giusto per rilassarsi e divertirsi insieme a persone che dovrebbero essere amiche e complici. Questo perché durante l’adolescenza il giudizio degli altri e soprattutto quello del proprio gruppo di appartenenza è tenuto in massima considerazione. Tutti gli adolescenti vogliono piacere ai propri amici ed essere popolari all’interno del proprio gruppo perché questo li fa sentire forti e aumenta la fiducia in loro stessi.

Quando l’ansia si manifesta durante momenti che dovrebbero essere di relax sarebbe importante capire quali sono i suoi fattori scatenanti. A generare ansia potrebbero essere le attività svolte oppure la presenza o l’assenza di certe persone. 

Imparare a disinnescare l’ansia, evitando situazioni, attività o compagnie che possono generarla può essere un ottimo primo passo per prendersi una tregua e costruirsi nuove armi per affrontare domani quelle situazioni che oggi appaiono spaventose.

“Ho l’ansia quando mangio”

La questione dell’immagine di sé comprende problematiche molto complesse che vengono affrontate durante l’adolescenza. Il rapporto con il cibo è una di queste. Provare ansia mentre si mangia nella maggior parte dei casi significa che ci si sente giudicati per quello che si sta mangiando, per quanto si sta mangiando o per come lo si sta mangiando.

La paura di fondo è sempre quella di non essere conformi a un ideale che viene posto come giusto e desiderabile. “Sono troppo grassa?”, “sono troppo magra?”, “mi sporcherò tutta mentre mangio e rideranno di me” sono i classici pensieri che si ritrova ad affrontare una persona che ha un rapporto ansioso con il cibo consumato in pubblico.

Consumare cibo insieme è però uno dei momenti di socialità più importanti in assoluto, durante il quale gli esseri umani stabiliscono e migliorano relazioni, si corteggiano, si consolano. Rinunciare a mangiare in pubblico comporterebbe una perdita enorme dal punto di vista sociale, quindi questo tipo di ansia è una delle più importanti da sconfiggere.

 “Ho l’ansia quando bevo” 

Quando si sperimentano a lungo i sintomi dell’ansia si tende a sperimentare ogni modo possibile per farli cessare almeno per un po’. Per questo motivo non è raro che durante l’adolescenza si tenti di calmare l’ansia con alcool, fumo e droghe. 

Purtroppo sul lungo periodo queste sostanze finiscono per aumentare la possibilità di vivere stati d’ansia, soprattutto quando non è possibile assumerne e si attraversano crisi di astinenza.

Molti adolescenti (soprattutto ragazze) sperimentano però frequentemente l’ansia quando bevono. Questo accade perché nel momento in cui si assume alcool si diventa meno consapevoli di quello che accade intorno e si è meno reattivi nel far fronte a possibili emergenze. La perdita di controllo, anche parziale, può generare grave malessere in una persona ansiosa, quindi è normale che, mentre sale la gradazione alcolica il corpo possa scatenare uno stato d’ansia per mantenere alta la reattività e l’attenzione a scopo protettivo. Inoltre, perdere il controllo significa mettersi potenzialmente in situazioni imbarazzanti, un’altra delle principali paure degli adolescenti.

“Ho l’ansia a scuola”

Come già accennato, la scuola è per eccellenza il luogo in cui si viene giudicati in base alle proprie capacità ma è anche il luogo in cui si creano importanti relazioni di amicizia e si comincia a rientrare nei primi “gruppi sociali”.

Molti ragazzi arrivano ad avere un vero e proprio rifiuto della scuola (una volta si parlava di paura della scuola, ma oggi questa definizione è cambiata). Il rifiuto della scuola implica che un adolescente possa sentirsi talmente sotto pressione nell’ambiente scolastico da rifiutarsi completamente di affrontarlo. Anche in questo caso si tratterebbe di una perdita enorme da ogni punto di vista, non solo da quello accademico. Chiedere l’aiuto di uno psicologo per superare questo tipo di ansia è fondamentale, dal momento che nell’età adulta potrebbe trasformarsi in una grande difficoltà nell’adeguarsi all’ambiente lavorativo.

Come superare l’ansia per vivere un’adolescenza serena


Il modo migliore per affrontare l’ansia e riuscire a superare a testa alta tutte le situazioni che scatenano il desiderio di voler fuggire o nascondersi è coltivare l’autostima e il benessere psicologico.

Si tratta di un percorso complesso, ma l’adolescenza non è un’età semplice e non ci possono essere soluzioni semplici a problemi complessi.


Coltivare la fiducia in se stessi, alimentando la propria forza interiore per riuscire a superare i momenti critici è una via d’uscita concreta dalla sensazione di essere costantemente preda dell’ansia.

Dal Sito: chedonna.it

martedì 15 ottobre 2019

Giovani e donne le principali vittime di ansia e depressione




In occasione della Giornata mondiale sulla Salute Mentale, il portale Guidapsicologi.it ha tratto una fotografia dei pazienti.

Millennials e donne sono il principale pazienti degli psicologi. In occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale, che si celebra il 10 ottobre, Guidapsicologi.it traccia una fotografia delle necessità di sostegno psicologico riportare dai professionisti collegati al portale.

DONNE
La maggior parte degli psicologi intervistati afferma che la maggioranza dei propri pazienti è formata da donne (78%). Le donne dedicano infatti sempre più spazio alla comprensione di se stesse e alla risoluzione dei problemi in profondità, non necessariamente per curare un disagio, ma anche per migliorare la propria qualità di vita e il proprio stare. Una parte importante di esse si rivolge infatti a un professionista per risolvere problemi legati all’affettività e predilige percorsi terapeutici rapidi e mirati, finalizzati ad acquisire gli strumenti necessari per risolvere situazioni specifiche e gestire al meglio circostanze, lavorative o relazionali, in cui spesso ci si sente sopraffare.
Solo nel 22% dei casi gli uomini rappresentano la maggioranza dei pazienti, e si dividono equamente tra coloro che hanno come obiettivo risolvere disturbi dell’ansia e chi invece problemi legati invece alla sfera affettiva.

MILLENIALS: PREVALE L’ANSIA
I numeri dei millennials meritano un paragrafo a parte. Lo studio realizzato conferma ancora una volta quanto la generazione che va dai 25 ai 35 anni sia sempre più in balia della pressione sociale e delle difficoltà derivate dall’impossibilità di raggiungere gli obiettivi a cui si aspira. Da una parte il posto fisso che prima di una certa età è ormai un miraggio, la voglia di avere una famiglia, una casa di proprietà e delle relazioni stabili, e dall’altra un mondo altamente precario e dove i giovani non si sentono sicuri, tormentati da un modello genitoriale rispetto al quale sono irrimediabilmente indietro e che, per quanto anacronistico, è sempre presente.
Altro dato interessante riguarda il genere: 2 millennials su 3 sono donne, la maggioranza è femminile, ma con una presenza maschile più forte rispetto alle altre fasce di età.
Riguardo invece alle patologie maggiormente riscontrate tra i millennials dagli psicologi, troviamo al primo posto l’ansia, con il 57,6%, seguita dai problemi legati alla sfera affettiva (18%) e dalla depressione(9,8%).
Interessanti anche i dati relativi alla durata del percorso terapeutico: il 46% prevede una durata inferiore ai due anni, mentre il 42% riesce a risolvere il proprio problema in meno di un anno.

Quanto dura un percorso terapeutico?
La maggior parte dei percorsi terapeutici ha una durata media inferiore a un anno, e diminuisce all’aumentare dell’età dei pazienti. Se nel caso dei millennials il 42% risolve i propri problemi in meno di un anno, il dato aumenta con la generazione X 58,6% e raggiunge infine il 71,4% con la boom generation.
Anche la cadenza media con la quale si realizzano la maggior parte dei percorsi terapeutici segue la stessa tendenza: l’83% dei millennials predilige un appuntamento settimanale, percentuale che si riduce con la generazione X, 62%, fino a raggiungere il 43% della boom generation.
In conclusione, all’aumentare dell’età del paziente, diminuiscono sia la durata del percorso terapeutico che la cadenza degli incontri con lo psicologo.

Supporto di terapia farmacologica. La maggior parte non ne ha bisogno
I professionisti intervistati affermano che tra i propri pazienti la terapia farmacologica non è così diffusa. Sono infatti meno della metà coloro che necessitano accompagnare con medicinali il supporto dello psicologo.
Quest’ultimo dato conferma la teoria per cui chi si affida a uno psicologo, nella maggior parte dei casi desidera intraprendere un percorso terapeutico volto a risolvere i problemi del quotidiano, di gestione dello stress, dell’ansia e della sfera affettiva, con l’obiettivo di vivere meglio e non rimanere continuamente vittima delle stesse situazioni, raggiungendo un livello sempre più alto di conoscenza del sé.

Dal Sito: varesenews.it

mercoledì 10 gennaio 2018

Gli stressati




I ventenni, generazione schiacciata dal confronto coi modelli social e dalle aspettative degli adulti.

10% l’aumento di perfezionismo orientato verso se stessi, inteso come un desiderio irrazionale di essere perfetti

Chiamala se vuoi perfezione imperfetta, un ossimoro che descrive una generazione che si affaccia al mondo adulto carica di aspettative su stessa, spinta a inseguire obiettivi e non la felicità. E in questa corsa in molti cadono, inciampando nell’ansia, nel confronto impossibile con modelli imposti, dai social, ma anche da una società che alza sempre di più l’asticella delle richieste. Altro che Sdraiati, come li definisce il libro di Michele Serra e il film della Archibugi tuttora nelle sale. Questi ragazzi sono stressati: se le generazioni precedenti sono cresciute con l’idea rassicurante di avere sempre e comunque una rete di protezione, che in qualche modo ce la avrebbero fatta, i ventenni di oggi si sono sempre sentiti ripetete parole come difficoltà, merito, competizione, traguardi. E soprattutto «fretta». Tutto deve essere anticipato, accorciato in una corsa contro il tempo che non lascia spazio.  

 

Lo racconta bene Giacomo, giovane studente di Economia a Roma. «Ho sempre dato il massimo, costruirmi un curriculum, avere voti che mi facessero entrare nelle migliori Università del mondo. E così a 17 anni mi sono ritrovato a Londra, alla facoltà di ingegneria a Ucl, un ateneo prestigioso, ma non stavo bene. Sono crollato, non dormivo, mi sentivo inadeguato, incapace di reggere quei ritmi. E il mio unico problema era come dirlo ai miei, come spiegargli che non me la sentivo di rimanere a Londra e che avrei voluto del tempo per riprendermi. Alla fine non ho avuto scelta e sono tornato in Italia, mi sono preso un anno di libertà prima di iscrivermi di nuovo all’Università. E ho fatto un percorso con uno psicoterapeuta esperto in problemi dell’ansia che mi ha molto aiutato, dandomi un punto di vista esterno alla famiglia».  

La famiglia  

Ecco, l’altro punto dolente, la famiglia, come ci ricorda Caterina Cerminara, neuropsichiatra dell’età evolutiva a Tor Vergata. «Non solo la società spinge a “perfomare” a cercare l’eccellenza, ma prima ancora è la famiglia che preme sugli stessi tasti. La struttura familiare, che è poi la prima forma sociale, fa richieste molto elevate. Spesso i genitori in nome di un presunto “bene dei figli”, li spingono i maniera eccessiva, prima a scuola, poi all’Università. Pensando così di aiutarli a farsi strada nella vita con l’ansia di chi ha conosciuto sulla propria pelle le difficoltà di anni difficili e di una società che negli anni diventa sempre più competitiva ed esclusiva.  

 

Ma sotto la forza di queste «spinte» (dei genitori, della scuola, dei social) i ragazzi possono piegarsi. «Non viene mai dato spazio alla possibilità di “mollare” anche solo un attimo. E così si creano dei perfezionisti che in realtà portano con se una grande fragilità data dalla difficoltà di adattamento, e così ogni contrattempo sfocia nell’ansia», continua l’esperta. 

 Le soluzioni  

E allora? Quale potrebbe essere la soluzione? Difficile cambiare gli ingranaggi della società in tempi brevi e allora molto si può fare in famiglia, un luogo dove si dovrebbe avere tempo e spazio per ragionare su se stessi. Quando invece l’ansia già ha avuto la meglio si può ricorrere a una «terapia cognitivo comportamentale - spiega la Cerminara - . Breve, strategica, efficace». 

 

E quando cerchi il massimo da te stesso lo pretendi anche dagli altri, con conseguenze inevitabili sulla capacità di mantenere relazioni di amicizia e sentimentali stabili. Perché come diceva Sant’Agostino l perfezione dell’uomo consiste proprio nello scoprire le proprie imperfezioni. Insomma i dati americani sui giovani perfezionisti a rischio salute mentale in realtà non hanno confini, sembrano validi anche oltreoceano, qui da noi. E sarebbe difficile il contrario in una società globale perennemente connessa.  


MARIA CORBI

Dal Sito: www.lastampa.it

giovedì 3 agosto 2017

Ansia: sempre più giovani ricorrono ai farmaci


l 10% dei ragazzi tra 14 e 19 anni ha usato ansiolitici o calmanti nell'ultimo anno. E spesso li rubano ai genitori.


Quello dell’ansia è un disturbo che affigge molti italiani, ma il dato che sconvolge è relativo alla popolazione giovane. Sempre più giovani, infatti, ricorrono ad ansiolitici e calmanti, proprio per alleviare i disturbi legati all’ansia. I dati a riguardo sono emersi da un sondaggio condotto dall'Osservatorio Nazionale Adolescenza su un campione di 8.000 studenti. Dall’indagine è emerso che nell’ultimo anno scolastico ben il 10% degli adolescenti, nel tentativo di gestire le problematiche della vita quotidiana, ha optato per i farmaci. Il doppio di loro invece si è rivolto ad uno psicologo.

Il quadro non è confortante neppure per quanto riguarda le modalità con cui i giovani si procurano i farmaci: "a volte - spiega Maura Manca, presidente dell'Osservatorio - li rubano nell'armadietto dei genitori o, più spesso, li trovano online. Ma capita anche che se li scambino tra di loro, senza considerare poi le conseguenze".

Insomma, non sempre si tratta di terapie prescritte dagli psicologi: talvolta quello che si verifica è un utilizzo sconsiderato ed irresponsabile del farmaco, volto più che altro a calmare i sintomi nell’immediato piuttosto che a risolvere la causa scatenante.

Ma quali sono i motivi di uno stato di ansia così diffuso tra la popolazione giovanile? Fermo restando che ciascuno ha delle problematiche differenti, i giovani sono accomunati dal fatto che "non conoscono la tolleranza alla frustrazione, per questo cercano sempre un rimedio al di fuori di sé", continua Manca. La difficoltà a gestire le sconfitte deriva, secondo la presidente dell’Osservatorio, dal fatto che la famiglia non insegni la fatica né la rinuncia e per questo i figli si ritrovano ad essere più immaturi. Oltre alla responsabilità dei genitori viene evidenziata anche quella dei social network. L’utilizzo costante di tali sistemi di comunicazione fa sì che i ragazzi siano “continuamente bombardati da input e questo non permette loro di abbassare mai i livelli di tensione".

Maura Manca, dopo aver analizzato il problema, fornisce anche delle possibili soluzioni, racchiuse in tre regole: la prima consiste nel considerare l’ansia come un’opportunità da sfruttare per un migliore rendimento. Il disturbo in questione, infatti, aumenta i livelli di adrenalina nel nostro organismo e quindi la concentrazione. La seconda tattica riguarda la gestione dell’ansia: il problema non deve essere visto nel suo complesso, ma nelle sue singole parti da affrontare una per volta. E tutto sarà più semplice. Il terzo consiglio, invece, è di riportare alla mente tutti i momenti in cui si pensava che non ce l’avremmo fatta ed invece è andato tutto per il meglio. "Guardarsi indietro e ripensare a tutto quello che si è fatto è la chiave per sconfiggere anche il peggiore dei catastrofismi".




Dal Sito: www.105.net