venerdì 18 maggio 2018

Quando l’ansia viene scambiata per maleducazione



In psicologia si impara presto a capire che, per determinati comportamenti, non esiste soltanto una chiave di lettura. Di base, anzi, sono sempre perlomeno due: quella del diretto interessato, con i suoi motivi per relazionarsi in un certo modo agli altri, e quella che viene percepita dall’esterno.

Ciascuno di noi è figlio e frutto delle proprie esperienze personali, del proprio bagaglio di vita, del proprio DNA intersecato tra quello che si sarebbe potuti diventare e quello che gli accadimenti relativi alla nostra esistenza ci hanno fatto diventare: un’intersezione doppia tra la nostra indole e le conseguenze del modo in cui siamo cresciuti, che ci rende più o meno ribelli, più o meno succubi in svariati ambiti.

Ci sono, però, determinati percorsi di vita (o tendenze meramente ereditarie) che portano le persone ad essere particolarmente ansiose, fino anche a cronicizzare questa condizione rendendola pericolosamente invalidante.

Ansia e introversione: due facce della stessa medaglia

Può capitare, ad esempio, di ritrovarsi ad avere a che fare con persone che spesso non rispondono al telefono, che rifiutano le chiamate o, peggio, che scompaiono da una festa senza avvisare nessuno o non rispondono ai messaggi per giorni e giorni. Sebbene ogni caso vada valutato di per sé, è anche vero che in alcuni casi questo tipo di modus operandipuò essere collegato ad una introversione, a sua volta figlia di un profondo stato di ansia perenne. Ansia di affrontare un problema, ansia da prestazione sul lavoro o in una relazione, ansia di non essere “abbastanza” per intavolare discussioni con questa o quell’altra persona; insomma, un’eccessiva preoccupazione che si traduce in un evitamento della vita stessa.

Le persone ansiose, in questo caso, non si comportano in questo modo per scortesia o maleducazione, ma soltanto perché non riescono ad empatizzare con l’altra persona, completamente assorbiti da quello che provano in una sorta di “malessere egoistico”.

Stime

Secondo Renato De Rita, medico e psicoterapeuta intervenuto al ciclo di conferenze di medicina psicosomatica organizzate dalla Simp (Società italiana di psicosomatica), nel nostro Paese sarebbero 8 milioni le persone a soffrire d’ansia, con 3 milioni assediate dagli attacchi di panico e 5 milioni di depressi.

Numeri importanti su cui ci si dovrebbe fermare a riflettere, soprattutto per cercare delle soluzioni: affrontare i problemi che, naturalmente, possono apparire nella vita di tutti, diventa ancora più complicato con uno stile di vita frenetico, insoddisfacente, ansiogeno, alimentando un circolo vizioso da cui difficilmente, poi, si può uscire da soli.

La ricerca del controllo

In poche decine di anni si è riuscita a forgiare una società dove tutti sono alla ricerca del controllo, ben consci di averlo perso e di non avere più il dominio totale sulla propria esistenza. È questo, forse, che si riflette maggiormente nelle relazioni interpersonali e che provoca più danni.

A questo punto c’è una sola cosa da fare: quando percepiamo un comportamento scortese da parte di qualcuno, cercare un dialogopuò essere una soluzione per capire come stanno le cose realmente, anche se l’introversione, per qualcuno, non lascia scampo nemmeno in questo caso…

Dal Sito: yourmag.it

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