Nankurunaisa (なんくるないさ) è un’espressione giapponese (più precisamente in dialetto di Okinawa).
Il senso di questa frase, molto popolare in Giappone ed esportata in tutto il mondo è “le cose andranno da sé”, oppure, comunemente, “con il tempo si sistema tutto”.
Possiamo leggerlo come un abbandono al fatalismo, una convinzione che è inutile che ci affanniamo, basta lasciare andare le cose come devono andare. Troppo semplice, e sopratutto lontano dalla verità.
Si tratta invece di un invito ad avere una fiducia fondamentale nell’esistenza. Nel fatto che, malgrado tutto, ogni cosa ha un senso. Ed è possibile scoprire, nel tempo, che la realtà ha una natura fondamentalmente benevola. Questo naturalmente se sappiamo guardare le cose dalla giusta distanza. Più le guardiamo dall’alto, più le vediamo nel loro significato complessivo, più ne scopriamo la perfezione. Più le vediamo da vicino, le analizziamo, le scomponiamo e più se ne perde il senso. Molte tradizioni spirituali e filosofiche sostengono questa visione. Basti pensare all’Omnia in bonum (Tutto è per il nostro bene – Rm 8, 28) di tradizione cristiana.
Steve Jobs, in uno storico discorso fatto all’Università di Stanford, ha utilizzato un’immagine per questo. Quella di un disegno che acquista un senso solo quando finiamo di connettere tutti i punti che lo compongono.
“….non potete sperare di unire i puntini guardando avanti, potete farlo solo guardandovi alle spalle: dovete quindi avere fiducia che i puntini che ora vi paiono senza senso possano in qualche modo unirsi nel futuro..”
Per fare questo dobbiamo accedere ad una visione della realtà non semplice da digerire. Quella di una natura in cui tutto è perfettamente bilanciato, tutto ha un senso preciso e divino, ed in cui nulla è fuori posto. Che possiamo perderci solo dividendo, separando, immaginando che aspetti diversi siano opposti inconciliabili. Esiste infatti una via di mezzo tra l’essere attivi opassivi. Da una parte ecco il tentativo di avere tutto sotto controllo, l’illusione che il futuro dipende solo da noi, che “volere è potere” e che anche il mondo non girerà più se ci distraiamo. All’altro estremo c’è il lasciarsi andare alla deriva, rinunciando a prendere decisioni, evitando ogni responsabilità e lasciandoci invadere dal caos, tanto alla fine è il destino a decidere per noi.
Questo equilibrio lo descrivo in un altro articolo, parlando del Wu Wei con una metafora. Quella di una persona che in canoa è trasportata a valle in un torrente. Non può certo contrastare la corrente, ma può con la sua pagaia governarsi, scegliere il percorso migliore, evitare gli ostacoli. E lo farà meglio assecondando il flusso e non contrastandolo, usando al meglio le proprie energie per non disperderle. Se si lasciasse semplicemente andare, tirando letteralmente i remi in barca, probabilmente sarà in breve travolto o finirà su una roccia.
Ecco quindi cosa possiamo fare: mettere in pratica il Wu Wei, riconoscere che c’è un fiume più grande di noi, ma non rinunciare a governare la nostra canoa, imparando ad adattarci, momento per momento, alle circostanze che incontriamo.
Credere di avere un controllo determinante sul nostro futuro è una illusione, come è meravigliosamente descritto da Jaco Van Dormael nel suo film capolavoro Mr. Nobody.
Ci aiuta enormemente espandere la nostra consapevolezza, essere presenti a noi stessi, evitando il delirio di onnipotenza e sviluppando una fiducia in qualcosa che non ci sovrasta, ma include noi e tutto il resto della realtà.
Dal Sito: psicologiaintegrale.it
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