Bolg informativo sui disturbi legati all'Ansia e agli Attacchi di panico - Facebook https://it-it.facebook.com/insiemedap/
Visualizzazione post con etichetta benessere psicologico. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta benessere psicologico. Mostra tutti i post
giovedì 6 dicembre 2018
Dalla paura alla fobia: ecco le dieci più comuni e come affrontarle
Avere paura di qualcosa è normale. Non solo, è anche giusto: questa emozione è infatti un efficace e raffinato strumento dell’evoluzione in grado di proteggerci e di tenerci lontano dalle situazioni pericolose. Ma cosa succede quando la paura si trasforma in fobia? Ne abbiamo parlato con la dottoressa Katia Rastelli, psicoterapeuta di Humanitas.
Paura, come diventa fobia? Ecco i sintomi
Secondo uno studio condotto dall’American Psychiatric Association, le fobie si manifestano attraverso l’emozione della paura ma nulla hanno a che fare con la sana e naturale avversione per ciò che ci può danneggiare o addirittura uccidere. Se abbiamo una fobia, infatti, a poco o nulla serve pensare che quello che ci spaventa non può realmente metterci in pericolo, né ledere in alcun modo la nostra incolumità. Una fobia è una paura irrazionale, di solito rivolta ad alcuni oggetti o situazioni specifiche, che si manifesta con una sintomatologia piuttosto chiara. Ciò significa che la fobia, a differenza di quanto credono in molti, è una vera e propria patologia psichiatrica con cui solo negli Stati Uniti convivono approssimativamente 19,2 milioni di persone. Qualunque sia la causa che la scatena, la fobia si presenta di solito con sintomi ben definiti: stati d’ansia, battito cardiaco accelerato, sudore, palpitazioni, tremori, nausea, vertigini e una generale impossibilità di affrontare la situazione in maniera razionale. Al contrario della paura, quando è intensa, la fobia finisce quasi sempre per compromettere il normale corso della vita quotidiana.
L’incidenza più alta nelle donne e negli adolescenti
Come nasce una fobia? Generalmente l’insorgenza di questa patologia psichiatrica è associata al periodo dell’adolescenza e spesso, soprattutto se non trattata o sottovalutata, rischia di accompagnare il soggetto per tutta la durata della sua vita. A soffrirne sono maggiormente le donne, mentre l’incidenza di questa patologia negli uomini è drasticamente ridotta del 50%. In genere la sintomatologia si presenta da sola, in assenza di un evento realmente traumatico, anche se può succedere che la storia personale di chi ne soffre presenti qualche elemento che porti a svilupparla più facilmente. Resta fermo il fatto che la fobia non nasce quasi mai come una reazione controllata e razionale a ciò che è realmente pericoloso, ma come una risposta incontrollata e sovradimensionata che impedisce a chi ne soffre di vivere serenamente anche situazioni quotidiane comuni. Specialmente se non vengono curate, le fobie possono anche manifestarsi con una sintomatologia progressivamente più grave che può sfociare in un disturbo da attacchi di panico.
Le dieci fobie più comuni
L’American Psychiatric Association ha identificato le dieci fobie più comuni. Si va dalle ancestrali avversioni per gli animali che per i nostri antenati, privi di conoscenze mediche, rappresentavano un pericolo per la vita, alla volontà di evitare luoghi o particolari fenomeni atmosferici, fino alla paura incontrollata di contrarre malattie o, per contro, di sottoporsi a cure che comportino la vista del sangue.
Fra le dieci fobie più comuni citate dai ricercatori figurano l’aracnofobia, ovvero la paura dei ragni e degli aracnidi, l’ofidiofobia, ossia la paura dei rettili e la cinofobia, la paura dei cani. Le persone che soffrono l’altezza, gli spazi troppo vasti o affollati, non sopportano l’idea di volare e hanno paura di tuoni e fulmini, sviluppano rispettivamente l’acrofobia e l’agorafobia, l’aerofobia e l’astrofobia. Soffre invece di misofobia o di tripanofobia chi vive con terrore l’idea di entrare in contatto con germi e batteri e chi, al contrario, rifugge dottori e ospedali perché non riesce a sopportare l’idea di essere “bucato” con un ago. La decima fobia resta però la più insidiosa e indefinita di tutte. Si tratta della fobia sociale: estremamente diffusa quanto sottovalutata o, peggio, scambiata per una scarsa propensione sociale di chi ne è affetto. Chi soffre di fobia sociale evita il contatto con gli altri perché gli genera ansia, soffre terribilmente all’idea di doversi esporre e parlare in pubblico o di interagire in generale in un contesto più ampio.
Parola alla psicoterapeuta
“E’importante distinguere un’ansia funzionale, che ci mette in allarme di fronte ad un pericolo reale, da una fobia, ossia una paura eccessiva per alcuni oggetti o situazioni che, nella vita comune, non dovrebbero procurarla – ha detto Rastelli -. Per sua definizione la fobia è infatti irrazionale, perché il pericolo non è reale, tuttavia il malessere che porta con se’ lo è. Lo sa bene chi si trova limitato nella sua vita di tutti i giorni perché non riesce a prendere la metropolitana affollata per andare al lavoro o ad avere contatti con le altre persone perché il senso di disagio provato è troppo forte. Il problema delle fobie, che possono presentarsi con vari gradi di angoscia, è non solo quello di limitare le persone nella vita quotidiana (non guido più, non frequento più spazi aperti, fino al non uscire più di casa) ma anche quello, purtroppo, di sviluppare un’ansia anticipatoria, cioè la paura di trovarsi ancora in una situazione che si sente di non essere in grado di gestire”.
“La prima cosa da fare è comunque quella di valutare l’origine dell’ansia, ossia capire se si tratta di un pericolo reale o no e valutarne l’intensità – ha consigliato l’esperta -. Nel caso in cui il pericolo percepito fosse davvero eccessivo o tale da creare malessere, ci sono strade diverse per intervenire, e la scelta dipende strettamente dalla persona. Esiste una via farmacologica, con la prescrizione di ansiolitici oppure di antidepressivi in base al quadro clinico complessivo che può emergere solo nel corso di una visita da parte di uno specialista. Il farmaco riduce le risposte biologiche dell’ansia e agisce direttamente sul sintomo. L’altra strada è il percorso di psicoterapia che, se da una parte fa parlare il sintomo (da quando succede e perché? Cosa ti sta dicendo la tua fobia? C’è qualcosa che devi cambiare? Che significato ha nella tua storia di vita?), dall’altra lavora sulla capacità della persona di affrontare e gestire le paure e le situazioni che mettono in difficoltà. Questo può essere fatto, per esempio, sia attraverso esercizi di rilassamento, sia attraverso un lavoro sulle cause più profonde che possono aver portato a sviluppare proprio quel tipo specifico di fobia.
La terapia psicodinamica
“Nella psicoterapia psicodinamica, per esempio, ogni fobia è riconducibile ad un simbolo e ad un’area specifica dello sviluppo psichico della persona, e racconta molto delle difficoltà che la persona sta incontrando sul suo cammino e per le quali risulta essere, al momento,“poco equipaggiata” – ha affermato Rastelli -. A volte vengono consigliate entrambe le strade parallelamente, dipende dalla gravità del quadro ma anche e soprattutto dal desiderio della persona di mettersi in gioco nella conoscenza di sé”.
Dal Sito: humanitasalute.it
I rimedi agli attacchi di panico: imparare a riconoscere le proprie paure
Il disagio psicologico viene spesso vissuto sotto forma di attacchi di panico, o di ansia, i quali si manifestano con una forte sensazione di paura affiancata da sintomi come sudorazione, tremori, nausea, svenimenti o battito del cuore accelerato. Mentre si intensifica ad intervalli di tempo di dieci minuti, inizia poi a scemare, presentandosi quando meno ce lo aspettiamo e nei momenti più disparati.
Sono molte le tecniche per alleviare la tensione portata dagli attacchi di panico, c’è chi si dedica alla pittura, cui alla musica, chi fa sport o chi cucina. Ma sarebbe bene, al di là di tutto, chiedere l’intervento di un esperto che ci aiuti ad affrontare il problema con maggiore consapevolezza.
I rimedi agli attacchi di panico: le tecniche
Esistono delle tecniche e dei rimedi atti quantomeno a contenere un attacco di panico proprio nel momento in cui comincia ad attanagliare. La strategia più valida è fatta di pochi semplici passi tutti concernenti il mondo che ci circonda. Cosa vuol dire? Semplicemente che chi ha paura tende ad estraniarsi dalla vita, per paura di affrontare un qualunque gesto normale e quotidiano legato alle relazioni sociali e ai rapporti lavorativi. Invece il giusto modo per far fonte all’ansia che sale è quello di imparare a controllarsi entrando nella piena consapevolezza che la realtà che ci circonda è di gran lunga lontana dall’immaginazione che ci spinge invece a soffrire.
La paura è un’emozione e in quanto tale è normale provarla, anche nelle piccole cose, nello cose che non conosciamo, o delle cose che ci fanno sentire in pericolo. Ma la semplice paura si distingue dagli attacchi di panico perché questi ultimi sono molto più amplificati ed esagerati. Una persona che soffre d’ansia ha così tanta paura di provare paura che si auto infligge sensazioni ansiolitiche. Un cane che si morde la coda da cui si può uscire solo prendendo coscienza di quello che realmente stiamo vivendo.
Rimedi agli attacchi di panico: qualche consiglio
Come prima cosa bisogna assumere la piena consapevolezza che le paure provenienti dagli attacchi di panico non riflettono sempre la realtà. Spesso sono infatti reazioni spropositate, ecco perché si potrebbe provare a stilare una lista di tutti i propri timori tentando di esorcizzarli. In tal verso potrebbero essere d’aiuto frasi come “sto perdendo il controllo, non so superare la questione “ per poi andare positivamente verso il nocciolo della questione.
Dopo aver preso coscienza di ciò che fa paura, si deve pensare alle sensazioni vere, concentrandosi soprattutto sul respiro. È questo infatti che sbalza all’improvviso e può portare l’iperventilazione: questa è la cosa più sbagliata. Bisogna sapere controllare il respiro, inspirando dal naso si vive più intensamente l’aria che entra nei polmoni, dopodiché tenerla qualche secondo in circolo e poi espirare molto lentamente. È importante ricordare che tutti i pensieri più negativi possibili cominceranno ad assalire la nostra mente, ma la forza, il coraggio, e la coscienza che è tutto fin troppo amplificato, aiuterà la paura a svanire.
In fondo, tutto ciò che realmente spaventa durante un attico di panico non esiste davvero, motivo per cui superarlo è molto più semplice di quanto si immagina.
Dal Sito: expose.it
Etichette:
Ansia,
attacco di panico,
benessere psicologico,
consigli,
Dap,
disturbo da attacco di panico,
Fobie,
Panico,
paure
Disturbo da attacchi di panico: come riconoscerlo
Parlare di ansia e di panico ormai è un argomento diffuso e comune. È importante però capire che l'ansia in quanto tale, è uno stato di attivazione corporea da considerarsi positiva e sana. Quando dobbiamo affrontare delle situazioni difficili, stressanti, superare degli ostacoli che ci mettono alla prova, da un esame in classe a un colloquio di lavoro, l'ansia è utile e ci permette di tirare fuori le nostre energie e rimanere concentrati. Ma altre volte l'ansia può essere molto, troppo intensa e allora non è più utile, può insorgere apparentemente senza reali situazioni che la scatenino, può diventare uno stato fisiologico quasi costante, in questo caso diventa un problema da affrontare.
Un attacco di ansia molto forte va comunque distinto da una crisi di panico. Quando questo si presenta più volte si può parlare di disturbo da attacchi di panico, Dap.
Spesso oggi sentiamo parlare di ansia e attacchi di panico anche rispetto a ragazzini molto giovani, delle scuole elementari, non solo in relazione a persone adulte.
Molti ne soffrono, tanti non lo conoscono e altri pur sapendo cosa sia non lo affrontano tempestivamente o nella maniera corretta.
Il disturbo di panico è caratterizzato da forte tensione emotiva, inquietudine, terrore, paura che stia per accadere un'imminente catastrofe, che la morte colga all'improvviso.
Un elevato aurosal che porta la persona ad una complicata organizzazione del pensiero, difficoltà o senso di impossibilità ad organizzare le proprie strategie difensive. Una totale confusione può pervadere la persona, a volte fino alla perdita dei sensi. Dopo questa brutta esperienza, chi l'ha provata può essere terrorizzato dalla paura di riviverla e in questi momenti di ansia acuta non si riesce più ad essere se stessi.
I compiti quotidiani diventano complicati e impossibili da affrontare, dallo stare in mezzo alle persone, al guidare, a lavorare, oppure stare soli a casa. Il Dap danneggia la qualità di vita di chi ne soffre e di chi sta vicino a loro. Tra i sintomi fisiologici che si percepiscono ci sono le palpitazioni, sudorazione eccessiva, tremori, senso di soffocamento, nausea, vertigini, derealizzazione o paura di perdere il controllo, parestesie. La sensazione è soggettiva ma comunque terrificante e paralizzante. Il disturbo può insorgere sempre in una determinata situazione, oppure può essere legato ad alcuni fattori che si manifestano in varie circostanze o anche insorgere improvvisamente.
La paura spesso insorge da un processo mentale che riguarda la persona stessa e gli altri, il mondo circostante. L'immagine che un individuo si è creato di sé e quello che veramente sente di essere, improvvisamente sembra non coincidano più, questo non riconoscersi genera ansia, senso di perdita di controllo. Se questo quadro di sofferenza si protrae nel tempo si consolida ed è difficile uscirne da soli.
C'è una forte connessione tra il disturbo di panico e vari fattori: i tratti della personalità, il temperamento, i fattori sociali (lavoro, famiglia), molte volte sorge in comorbidità con altri disturbi: depressione, ansia generalizzata, fobie, disturbi ossessivi, disturbi del tono dell'umore. I tratti della personalità sono solitamente caratterizzati da evitamento. Le azioni mirate a evitare un problema legato a una situazione possono impedire alla persona di elaborare la tecnica giusta per affrontare le circostanze temute.
Il temperamento può dar luogo ad attributi comportamentali come sentire, pensare, percepire, agire, in concomitanza con le esperienze di vita personali, soprattutto dell'età evolutiva. Il temperamento come caratteristica energetica, come modalità e tempistiche nella reattività di un individuo, è una caratteristica che influenza e determina l'umore. Là dove l'umore è più altalenante può esserci una base più sensibile all'ansia e al panico. Le problematiche sociali non sono da sottovalutare nell'insorgenza del disturbo, per esempio la vita scolastica, lavorativa, le relazioni sociali, ma anche la vita all'interno del sistema familiare, le relazioni affettive, o anche le varie difficoltà organizzative della quotidianità, tutte le situazioni che possono portare ad alti livelli di stress. È importante non scordare anche la componente genetica e familiare con l'ansia e suoi disturbi, quando valutiamo i fattori di predisposizione al disturbo di panico.
Le caratteristiche biologiche e i comportamenti acquisiti durante la crescita determinano ulteriori elementi di rischio. L'ansia da separazione è spesso associata al panico.
Quando un quadro ansioso interagisce con caratteristiche della personalità, oppure quando quest'ultime interagiscono con l'ambiente, possono andare a creare la situazione in cui insorge il Dap. Tra i tratti che accomunano chi soffre di panico se andiamo a vedere la letteratura in merito, troviamo menzionato il comportamento inibito, ma anche la tendenza al perfezionismo e all'autocontrollo, che fanno spesso aumentare vertiginosamente la preoccupazione. È importante avere un quadro preciso di questi fattori, sociali, familiari, genetici, temperamentali, per poter affrontare una possibile prevenzione, ma anche per una diagnosi più rapida.
Può essere indispensabile un colloquio con il medico che aiuti a capire se data la sintomatologia, ci sia necessità di procedere con accertamenti medici, per escludere una complicazione organica. Conoscere i fattori di rischio potrebbe permettere un tempestivo intervento di prevenzione. Per pianificare un intervento preventivo o terapeutico è importante conoscere i vari aspetti del problema. Possiamo parlare di una prevenzione primaria quando l'obiettivo è di ridurre le insorgenze del disturbo, o secondaria, quando si pensa a intervenire ai primi segnali di sofferenza. Una prevenzione primaria possibile potrebbe prevedere un intervento di sostegno, aiuto rivolto alle famiglie o agli educatori, agli insegnanti. Per fare un esempio, con i genitori sarebbe utile intervenire nelle problematiche di comportamenti inibiti dei figli, oppure lavorare con gli insegnanti sostenendoli nei programmi scolastici, favorendo programmi in cui si va a incoraggiare i giovani alla scoperta, far vivere agli studenti dei piccoli momenti di sfida per aiutare l'autostima. La tendenza generale, oggi, sembra quella di spianare la strada ai giovani, dar loro la sensazione di poter affrontare tutto senza fallire, non fa sì che il bambino si misuri con le sue reali capacità cosi che possa acquisire fiducia in se stesso. Nel concreto personalmente vedo più realizzabile una prevenzione secondaria, cioè intervenire ai primi segnali di ansia molto forte o attacco di panico. Far capire che chiedere aiuto subito e valutare con un esperto un possibile intervento, può avere un grande impatto, può aiutare a mantenere una buona qualità di vita. Un colloquio con un esperto della relazione di aiuto potrebbe offrire un forte sostegno nell'affrontare il problema, ma diventare anche occasione per valutare il tipo di intervento migliore per quella persona e nella sua specifica situazione. Capire per esempio se è necessaria una psicoterapia o un lavoro psicoeducativo basato sul tecniche di respiro, ristrutturazione cognitiva, oppure anche rivolgersi a un gruppo di auto aiuto. Informare correttamente le persone è sicuramente un punto di inizio per prevenire, sostenere e aiutare sia chi ancora non conosce il problema del Dap sia chi ha gia provato la sensazione del panico.
dottoressa Claudia Soldatich
psicologa, floriterapeuta
Dal Sito: luccaindiretta.it
martedì 27 novembre 2018
L'ipocondriaco è un malato, anche se immaginario: come vincere la paura di ammalarsi
L'ipocondria è la paura di ammalarsi che fa "ammalare" chi ne soffre: l'intervista alla psicologa Annalisa Bello.
La paura di ammalarsi può diventare una malattia che a sua volta può far “ammalare” anche i bilanci familiari. Ipocondria, nel termine popolare di derivazione greca, indica un dolore sotto la fascia addominale: è un disturbo conosciuto anche dagli antichi, che i medici chiamano “patofobia” (paura della malattia). Oggi l’ipocondria si è evoluta nell’angoscia di contrarre tutta una serie di malattie. L’ipocondriaco passa intere giornate a controllarsi, fare esami e visite specialistiche: l’atteggiamento può diventare maniacale e ossessivo tanto da avere delle ricadute pesantissime sulla propria qualità di vita. Chi è afflitto da questo disturbo si allarma quando sente parlare di malattie e si preoccupa di poter contrarre la stessa malattia che è capitata a qualcuno dei suoi conoscenti. Nella comèdie-ballet di Molière l’ipocondriaco Argante si circonda di medici inetti e furbi farmacisti contenti di alimentare le sue ansie per trarne vantaggio economico. Il protagonista è prigioniero della sua paura tanto da stravolgere anche le vite di chi gli sta intorno (vuole maritare la figlia con un medico). E’ l’ironico affresco teatrale di un problema che era molto conosciuto anche nel ‘700.
Alcuni eventi potrebbero aver stravolto la vita di chi matura questo disturbo tanto da convincerlo che da un momento all’altro potrebbe contrarre una terribile malattia. I sintomi più ricorrenti sono dolori gastrointestinali, muscolari e palpitazioni. Spesso l’ipocondriaco non si fida fino in fondo del proprio medico e anche quando i sintomi sono legati a una lieve patologia immagina che si tratti sempre di qualcosa di più grave. Spesso questa forma di nevrosi è collegata a un disturbo d’ansia: nelle forme più gravi si può arrivare anche a deliri e allucinazioni. Dunque, il consiglio è sempre quello di non sottovalutare mai le nostre angosce: meglio affrontarle con un bravo psicologo. La patofobia non è altro che un disturbo psichico paragonabile alle malattie psicosomatiche. La fascia maggiormente colpita da questa malattia e quella dei quarantenni e cinquantenni: si tratta del 2 per cento della popolazione.
INTERVISTA ALLA DOTTORESSA ANNALISA BELLO, PSICOLOGA E PSICOTERAPEUTA
Quando si parla d’ipocondria non si può che pensare al “malato immaginario” di Molière. Ma in realtà si tratta pur sempre di un disturbo: quindi, un po’ si è malati davvero?
“L’ansia per la salute è una condizione di disagio caratterizzata da una preoccupazione eccessiva e infondata riguardo la propria salute, tanto che qualsiasi sintomo fisico, anche lieve, viene interpretato come segno di patologia. Pertanto, si associa a un importante stato di sofferenza al pari di altri disturbi di interesse organico”.
Come si diagnostica l’ipocondria? Quando c’è la certezza di essere affetti da questo disturbo? Quali sono i segnali?
“Per porre diagnosi in tal senso è necessaria la presenza di alcuni marker quali, ad esempio, la preoccupazione di avere o contrarre una grave malattia. Per ciò che concerne la presenza di sintomi somatici, si tratta, quando presenti, di sintomi di lieve intensità. Nel caso in cui, invece, è presente un’altra condizione medica o vi è un rischio elevato di svilupparla, la preoccupazione risulta eccessiva o sproporzionata. Si riscontra, inoltre, un sostenuto livello di ansia riguardante la salute e un alto livello di allarme su questi temi che portano l’individuo a mettere in atto eccessivi comportamenti correlati alla salute, come controllare di continuo il proprio corpo alla ricerca di segni di malattia piuttosto che, specularmente, evitare visite mediche e ospedali”.
A quali conseguenze porta l’ipocondria? I danni si limitano solo al portafoglio o c’è molto di più?
“Immaginiamo di avvertire dei bruciori di stomaco da qualche giorno e allarmarci pesantemente al pensiero di poter avere un tumore allo stomaco tanto da cercare immediatamente impegni piuttosto che controllare continuamente il nostro corpo alla ricerca di sospetti sintomi. Chi lamenta questo tipo di problematica è letteralmente tormentato dalla preoccupazione di avere o contrarre una grave malattia. Risulta così facilmente evincibile immaginare come, oltre al dispendio di risorse economiche dissipate in continue visite specialistiche, l’ansia per la salute, implica un netto peggioramento della qualità della vita: compromette la sfera lavorativa, relazionale, scolastica. Si cercano continuamente rassicurazioni on-line compromettendo le attività quotidiane e gli impegni”.
Cosa c’è, invece, dietro l’ipocondria? È un’ansia dovuta a un trauma o cosa? Quali sono le cause?
“Non vi è un’unica causa, piuttosto si possono individuare nella storia di vita di persone che ne soffrono eventi che ricoprono una particolare salienza episodica ed emotiva: come la presenza di una malattia che ha messo a repentaglio la vita dell’individuo e delle persone a lui care può scatenare la comparsa del disturbo. Oppure, anche un’infanzia difficile o traumatica può predisporre una persona a sviluppare tale disturbo”.
Alcuni medici di base spesso sono pigri: prescrivono medicinali anche agli ipocondriaci speranzosi in un effetto placebo. Forse bisognerebbe indirizzare il paziente dallo psicologo: dovrebbero imparare a farlo in primis i medici di base, oppure gli specialisti a cui si rivolge il paziente, vero?
“Considerando l’elevata incidenza della psicopatologia nella popolazione, sarebbe auspicabile un approccio multidisciplinare per accogliere le richieste dei pazienti che quotidianamente popolano gli ambulatori della medicina di base, avvalendosi della figura dello psicologo a vantaggio del paziente e della spesa pubblica sanitaria”.
Come si cura l’ipocondria? Come si vince questa grande paura di morire? Ci sono diverse scuole nell’ambito della psicologia: qual è la più efficace nella cura di questo disturbo, secondo lei?
“Per ciò che riguarda il trattamento psicologico, la psicoterapia ?cognitivo-comportamentale è ritenuta a oggi la forma di intervento più efficace per affrontare con successo il disturbo d’ansia da malattia”.
Possono esserci malati veri che hanno comunque un disturbo di ipocondria?
“Assolutamente, sì. Oltretutto, la presenza di una malattia organica potrebbe aggravare e alimentare la preoccupazione verso il proprio stato di salute, alimentandone il disturbo”.
Gaetano Gorgoni
Dal Sito: leccesette.it
martedì 6 novembre 2018
Depressione e ansia: quali differenze
La società odierna ci sottopone a sfide giornaliere che, in particolari condizioni ambientali e predisposizioni personali, possono intaccare il nostro equilibrio mentale e renderci ansiosi e/o depressi.
Nella vita capitano dei momenti in cui ci si sente sbagliati, carenti di qualcosa e senza forza di volontà. Ci si chiude in sé stessi e non si rivelano a nessuno questi stati d’animo per timore d’essere derisi e non capiti. Guardando gli altri si ha la sensazione di essere fragili e incapaci mentre tutti sfoggiano sicurezza e capacità di integrarsi in società. Può succedere che ci si senta ansiosi nell’affrontare situazioni apparentemente semplici, che la preoccupazione ci assalga in qualunque frangente rendendoci introversi e insicuri. Altre volte ci assale la tristezza e pensieri cupi continuano a ripetersi nella nostra mente e sembra di essere in un vortice di infelicità. Non bisogna sottovalutare queste condizioni, questi sentimenti possono essere indicativi di un disagio psichico che deve essere affrontato, perché possono essere dovuti a depressione e ansia: quali differenze ci sono tra queste patologie?
Depressione e ansia: epidemiologia
La depressione e l’ansia, disturbi estremamente frequenti al giorno d’oggi, hanno avuto negli ultimi decenni un incremento tale da essere considerate le malattie del secolo. Si stima che in Italia il 5,4% delle persone soffra di depressione, mentre l’ansia colpisce il 4,2% della popolazione. Risulta che la depressione si associa all’ansia grave nel 7% dei casi. Sono malattie che colpiscono maggiormente il sesso femminile e tendono ad essere più frequenti dopo i sessantacinque anni di età anche se nessuna fase della vita risulta risparmiata.
I dati epidemiologici indicano che esiste una correlazione tra depressione e/o ansia e il livello socioeconomico. La depressione e l’ansia sono più frequenti in persone con basso grado di istruzione, nei disoccupati e in coloro che risultano inattivi. Malgrado l’elevato numero di persone affette da queste patologie, solo una minima parte fa ricorso allo specialista (lo psichiatra) e assume psicofarmaci.
Nella maggior parte dei casi, la malattia non viene diagnosticata correttamente e ciò determina una terapia non adeguata. Questi quadri clinici hanno un impatto importante nella vita delle persone, infatti i pazienti lamentano una riduzione della qualità della vita con ripercussioni sulle relazioni interpersonali, in ambito lavorativo e familiare, nei rapporti genitori figli.
La depressione e l’ansia determinano ricadute economiche notevoli in termini di:
giornate di lavoro perse: periodi in cui le persone sono in malattia perché non riescono ad affrontare il lavoro;
rendimento lavorativo: una persona depressa e/o ansiosa avrà una capacità di lavoro ridotta;
spesa sanitaria: costo a carico del servizio sanitario nazionale per visite specialistiche e terapie farmacologiche.
Nel linguaggio comune queste due condizioni sono frequentemente associate tra loro infatti si parla di “depressione ansiosa” e di “sindrome ansioso depressiva”, tuttavia sono condizioni cliniche distinte per cui analizziamo separatamente la depressione e l’ansia per individuare quali siano le differenze.
Depressione
La depressione, interessa un numero elevato di persone e si stima che la percentuale di pazienti sia destinata ad aumentare, presenta caratteristiche peculiari e non deve essere confusa con le reazioni psicologiche conseguenti a situazioni particolari e stressanti. Il paziente riferisce il suo stato d’animo in termini di tristezza, infelicità, sentirsi giù di morale.
I sintomi presenti in un paziente depresso sono:
basso tono dell’umore: il tono dell’umore è la capacità che ha l’uomo di adattarsi alle varie condizioni provando piacere in situazioni positive e tristezza in quelle negative. Quando viene persa questa plasticità ad adeguarsi, si avrà una deflessione dell’umore e si tenderà a vedere negativamente la realtà. È presente perdita di interesse in generale;
anedonia: incapacità a provare piacere per qualunque attività venga svolta;
alterazione del pensiero: ci si orienta verso una bassa stima di sé, senso di colpa. Possono essere presenti episodi di autolesionismo, tentativi di suicidio che talvolta vengono messi in atto col “suicidio allargato” che coinvolge le persone care;
rallentamento psicomotorio: interessa il movimento, il linguaggio, l’espressione del viso, la capacità di prendere decisioni. Il paziente presenta una riduzione importante dell’energia psichica che lo porta a non reagire (può essere fraintesa e confusa con una mancanza di volontà);
disturbi vegetativi: si ha profonda astenia, diminuzione della libido, insonnia, riduzione dell’appetito con dimagrimento e malnutrizione.
Depressione: la diagnosi
In presenza di un quadro clinico suggestivo si fa diagnosi di depressione. Vengono individuati diverse tipologie cliniche:
disturbo da disregolazione dirompente dell’umore: si presenta nei bambini e ragazzi fino ai diciotto anni d’età, presentano scatti d’ira esagerati rispetto alle cause, umore triste riscontrato a casa o a scuola;
disturbo depressivo maggiore: colpisce prevalentemente le donne e si caratterizza per il
basso tono dell’umore e almeno cinque delle seguenti condizioni che durano da due settimane almeno e si manifestano ogni giorno: perdita di peso o alterazioni nell’alimentazione, insonnia, astenia, pensieri negativi (inadeguatezza, incapacità e senso di colpa), incapacità a concentrarsi e a prendere decisioni, pensieri suicidari;
disturbo depressivo persistente: è una patologia cronica, colpisce individui giovani che possono presentare disturbo di personalità o fare abuso di sostanze. È presente umore depresso che persiste da almeno due anni e si associa ad almeno due delle seguenti condizioni: astenia, insonnia, alterazioni dell’appetito, pensieri negativi, difficoltà a concentrarsi;
disturbo disforico premestruale: si manifesta con labilità affettiva, umore depresso e irritabile, tendenza al conflitto. Possono essere presenti sintomi fisici quali stanchezza, gonfiore, dolori articolari e muscolari. Inizia la settimana che precede il ciclo e termina i primi giorni del ciclo mestruale;
disturbo depressivo da sostanze: conseguente all’assunzione o alla privazione di sostanze;
disturbo depressivo dovuto ad altra condizione medica: la depressione è associata ad una malattia medica o all’assunzione di farmaci:
malattie neurologiche: malattia di Parkinson, malattia di Huntington, ictus, sclerosi multipla, tumori;
infezioni virali (HIV);
farmaci: interferone, betabloccanti, anticoncezionali orali, corticosteroidi;
disturbi endocrini: morbo di Cushing, morbo di Addinson, patologie tiroidee.
Sono disponibili dei test rapidi da somministrare al paziente per la valutazione del quadro clinico e dell’evoluzione (scala di autovalutazione di Zung).
Depressione: la terapia
La terapia della depressione si avvale di farmaci la cui prescrizione deve essere personalizzata tenendo conto delle variabili collegate:
al farmaco: efficacia, tollerabilità, sicurezza, formulazione;
al paziente: presenza di patologie associate e relativa interazione tra farmaci.
I farmaci prescritti per la depressione vengono suddivisi in:
inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI);
inibitori della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina (SNRI);
antidepressivi specifici serotoninergici e noradrenergici;
IMAO irreversibili e reversibili;
antidepressivi triciclici (sono scarsamente usati per i notevoli effetti collaterali).
La terapia farmacologica può essere affiancata dalla terapia psicologica che si avvale di diverse opzioni (psicoterapia, terapia comportamentale).
Ansia
L’ansia si caratterizza come una reazione emotiva esagerata di allarme verso situazioni quotidiane o personali, comporta modifiche del comportamento e sintomi fisici. Il paziente lamenta di sentirsi sistematicamente preoccupato per le situazioni quotidiane e si trova in uno stato di all’erta permanente nel timore che si verifichino eventi negativi. Questa condizione di ansia e preoccupazione si accompagna a sintomi viscerali quali aumentata frequenza cardiaca, affanno, sudorazione, vertigini, gola secca, nausea, vomito e diarrea.
Ansia: la diagnosi
Il colloquio con il paziente permette allo specialista di inquadrare il quadro clinico e di porre diagnosi di ansia. Si possono somministrare al paziente dei test di autovalutazione (scala di autovalutazione dell’ansia di Zung). Si riconoscono diversi quadri clinici:
disturbo d’ansia da separazione: colpisce i bambini che temono di perdere figure affettive quali i genitori;
disturbo di panico: attacco d’ansia improvviso con sintomi vegetativi, durata variabile da pochi secondi fino a un’ora. Forma particolare è l’agorafobia (paura della piazza);
mutismo selettivo: colpisce i bambini, si manifesta in relazione a situazioni stressanti (scuola);
fobie specifiche: ansia e paura immotivata verso animali, oggetti (siringhe), altezze o aerei;
disturbo d’ansia sociale: ansia e preoccupazione al pensiero di dover affrontare situazioni in cui si è esposti al giudizio degli altri (parlare in pubblico);
disturbo d’ansia generalizzato: è presente ansia, affaticabilità, tensione muscolare. Può essere presente ansia in concomitanza di patologie organiche (ipoglicemia, ipertiroidismo, scompenso cardiaco, aritmia, asma) o assunzione di farmaci/sostanze (corticosteroidi, insulina, ormoni tiroidei, salbutamolo, caffeina).
Ansia: la terapia
La terapia dell’ansia si avvale:
della psicoterapia: terapia cognitiva e psicoterapie psicodinamiche;
farmaci: inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI), inibitori della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina (SNRI), benzodiazepine.
Non sempre la depressione e l’ansia si manifestano con quadri clinici definiti. Infatti, oltre a presentare gravità variabile, si può avere una sintomatologia sfumata o l’associazione delle due condizioni con prevalenza dell’una o dell’altra. Il DSM V (Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi Mentali) codifica le caratteristiche peculiari di depressione e ansia permettendo di conoscere quali differenze le caratterizzino.
L’AUTORE: Anna Ucchesu
Dal Sito: .laleggepertutti.it
giovedì 16 marzo 2017
"Benessere Psicologico" Incontri Informativi Gratuiti
L'Associazione INSIEME Onlus,
Ansia-Attacchi di Panico-Agorafobia
è lieta di invitarvi al secondo appuntamento del ciclo di incontri sul:
"Benessere Psicologico"
25 Marzo 2017

“Alla Scoperta di Sé” di Raffaella Dalla Libera
Condividere, parlare e confrontarsi sul Disagio Mentale, cercando di abbattere il muro di tabù.
Intervento Dott. Marco Forti Psicologo, Psicoterapeuta
"Il cambiamento come potenzialità per essere liberamente se stessi"
Ore 16.00 presso il Bistrot Kursaal
Piazza Kursaal, 4 - Grottammare (AP)
INGRESSO GRATUITO
Per informazioni:
info@insiemedap.it - www.insiemedap.it
"Il cambiamento come potenzialità per essere liberamente se stessi"
Ore 16.00 presso il Bistrot Kursaal
Piazza Kursaal, 4 - Grottammare (AP)
INGRESSO GRATUITO
Per informazioni:
info@insiemedap.it - www.insiemedap.it
Iscriviti a:
Post (Atom)