giovedì 11 maggio 2017

Come prevenire gli attacchi di panico: allenandosi con queste tecniche



Controllare la paura è possibile e soprattutto si può imparare. Presso l’ospedale Sacco di Milano da 20 anni al Pronto Soccorso Panico si insegnano tecniche specifiche che aiutano a prevedere, contrastare e infine controllare le crisi di ansia. Ci si può allenare anche a casa e funziona
Che cosa sono

Le crisi di panico si presentano con una doppia sintomatologia: psichica e fisica.

In genere il primo attacco di panico arriva in maniera inaspettata, come un “fulmine a ciel sereno”. La persona comincia ad avvertire un malessere di tipo fisico: tachicardia, dolore al petto, sudorazione, sensazione di soffocamento, poi comincia a percepire uno stato di forte apprensione che rapidamente si trasforma in paura e poi in vero e proprio panico. Quando si arriva a questo punto si comincia a temere per la propria incolumità fisica: si pensa a un infarto, a un ictus o qualunque altro problema fisico grave.

Nella sua componente fisiologica, l’attacco di panico può essere considerato come uno “scatto a vuoto” della “reazione attacco-fuga”: un meccanismo neuro-motorio automatico che serve all’essere umano per aumentare le probabilità di salvarsi la vita nei momenti di reale pericolo di morte, come se ci trovassimo di fronte a un toro che sta caricando. Gli attacchi di panico sono dei falsi allarmi che si verificano quando il “sensore” della risposta attacco-fuga è troppo sensibile e non rispecchia pericoli reali.

Le terapie, il metodo «Gavin Andrews»

La cura degli attacchi di panico può essere affrontata con metodi diversi e di solito prevede iter farmacologici e psicoterapia.
Tra gli esempi di protocolli di terapia abbiamo voluto prendere in esame quello proposto da 20 anni presso l’Unità Operativa di Psichiatria - ASST Fatebenefratelli-Sacco di Milano presieduta dal dottor Gabriele Catania. Un metodo che si rifà al gruppo australiano del Clinical Research Unit for Anxiety Disorder dell’Università del New South Wales di Sydney capeggiato dal dottor Gavin Andrews.

Attraverso l’uso e l’allenamento con tecniche specifiche, si cerca di favorire la consapevolezza di essere in qualche modo capaci di gestire la sintomatologia fisiologica degli attacchi di panico, rinforzando il senso di avere controllo sugli eventi ansiogeni. Nella seconda parte, quella cognitiva, viene condotta su un limitato numero di soggetti un’analisi psicologica che permetta di conoscere le ragioni profonde degli attacchi di panico. Uno degli scopi è anche quello di accompagnare il paziente verso una graduale riduzione dei farmaci fino a consentirgli di poterne fare a meno. Questo metodo è stato adottato da 1500 persone in 20 anni, presso il “Pronto soccorso panico”, la struttura che al Sacco gratuitamente cura i pazienti dal 1997.

L’iperventilazione

La prima parte del trattamento con il “metodo Gavin Andrews” riguarda appunto la capacità del paziente di riconoscere l’arrivo dell’attacco di panico in modo da mettere in pratica alcune tecniche di autocontrollo che blocchino sul nascere le crisi. Sono modalità di intervento che (con minore efficacia e sempre accompagnate dal consulto con uno specialista) possono essere imparate anche a casa e messe in pratica autonomamente.

La sezione che riguarda la respirazione prende avvio dal fatto che «modulare la respirazione equivale a prendere un farmaco, perché cambia la fisiologia», spiega il dottor Gabriele Catania. L’iperventilazione o “atto del respirare troppo”, che è il primo sintomo di un attacco di panico, provoca infatti un’alterazione dell’equilibrio biochimico del sangue che porta: mancanza di respiro, aumento del ritmo cardiaco, rigidità muscolare, gravi vertigini e nausea, sensazione di costrizione, forti dolori al torace, infine perdita di conoscenza.

Le tecniche di autocontrollo – Respirazione lenta

Ai primi segni di ansia o appena ci si accorge di iperventilare è molto utile quindi apprendere e applicare la tecnica della Respirazione lenta, riassunta nelle istruzioni sotto.

Tecnica della Respirazione lenta:
- se possibile, interrompete quello che state facendo e sedetevi o appoggiatevi a qualcosa.
- Trattenete il fiato senza fare prima un respiro profondo e contate mentalmente: “1001, 1002, 1003, 1004, 1005” (che corrisponde a circa 5 secondi).
- Arrivati a 1005, espirate dal naso lentamente e dite a voi stessi “Mi rilasso”, in modo calmo e tranquillo. Ricordate di respirare con il naso per tutta la durata dell’esercizio.
- Inspirate senza sforzo, normalmente ed espirate lentamente in cicli di sei secondi. Dopo una serie di 10 respiri completi trattenete di nuovo il fiato per 5 secondi e poi riprendete a respirare in cicli di 6 secondi.

La tecnica di respirazione lenta va praticata sistematicamente per quattro volte al giorno, per tutta la durata del trattamento e oltre.

La contrattura muscolare

Come si è visto, gli esseri umani hanno un sistema congenito di risposta alla minaccia o allo stress noto come “risposta di attacco o fuga”. Una componente della reazione di attacco o fuga è rappresentata dall’aumento della tensione muscolare, utile per preparare i muscoli a fuggire o a colpire. Nelle circostanze della vita moderna però la tensione muscolare è, per gran parte delle attività, inutile poiché serve solo in pochi muscoli per mantenere la postura e la maggior parte delle persone usa comunque troppa tensione anche per questo scopo.

Se i muscoli quindi sono tesi quando non c’è pericolo o rimangono contratti anche quando lo stress è passato, lo stato di tensione muscolare continua a comunicare al cervello sensazioni di allerta, di potenziale pericolo, e porta a reagire a eventi minimi in modo esagerato, con apprensione e ansia.

Le tecniche di autocontrollo – Rilassamento muscolare isometrico

Imparare a rilassare i muscoli (e quindi a controllarli) con la tecnica del Rilassamento muscolare isometrico dà al corpo un segnale di “ritorno alla normalità” e permette al cervello di smettere di aver paura.

Tecnica del Rilassamento isometrico:
può essere esercitata anche mentre ci si trova in una situazione ansiogena (mentre quella di Respirazione lenta deve sempre precedere le crisi).

1) Mentre si sta seduti, in pubblico:
- inspirare normalmente (non in modo profondo) e trattenere il fiato per sette secondi.
- Contemporaneamente tendere gradualmente i muscoli delle gambe, con le caviglie incrociate, cercando di sollevare quella che sta sotto mentre si preme verso il basso con quella sopra.
- Dopo sette secondi, espirare lentamente mentre ci si dice mentalmente “Mi rilasso”.
- Rilasciare tutta la tensione accumulata nelle gambe. Durante il minuto successivo, dirsi mentalmente “mi rilasso” ogni volta che si espira e lasciare fluire via tutta la tensione.

2) Quando si sta in piedi, in pubblico:
- stessa procedura ma con l’estensione delle gambe da alzati, spingendo le ginocchia all’indietro.

3) Mani e braccia:
- stessa procedura tendendo i muscoli delle mani e della braccia mentre si tengono le mani in grembo, palmo contro palmo, spingendo giù con la mano in alto mentre ci si sforza di sollevare la mano in basso; oppure: se si è seduti, mettere le mani sotto i bordi del sedile e cercare di sollevarlo. In alternativa: con le mani dietro la nuca a dita intrecciate, cercare di separare le mani mentre si spinge indietro con la testa, contro le mani stesse.

Le tecniche di autocontrollo – Rilassamento muscolare progressivo

Il Rilassamento muscolare progressivo invece viene effettuato invece con l’ausilio di una voce registrata che dà le istruzioni da seguire; solitamente (ma non necessariamente) la voce è quella del terapeuta.

Tecnica del Rilassamento muscolare progressivo:
- si scelga un posto calmo, dove non si può essere disturbati. Ci si sieda su una sedia comoda con i braccioli e si appoggi la testa. Si mettano le mani sui braccioli o in grembo.
- Si avvii il nastro registrato. La voce darà le istruzioni da seguire, con calma, per mettere in tensione e poi rilassare vari gruppi muscolari del corpo, in modo da poter constatare la differenza fra uno stato di tensione e uno rilassato.
- Al termine vengono date alcune istruzioni per completare il rilassamento in modo che la seduta termini il più dolcemente possibile, dopo circa 30 minuti.

Per raggiungere effetti duraturi è necessario impegnarsi ogni giorno 20 minuti per almeno 8 settimane.

L’agorafobia: conseguenza delle crisi

La maggior parte dei soggetti ansiosi mette subito in relazione l’attacco di panico con la situazione nella quale esso si è verificato e impara presto a riconoscere le situazioni in cui con maggior probabilità si potrebbe scatenare un attacco.

Ogni volta che una persona affetta da disturbo di panico si avvicina a una situazione e poi la evita (del tutto o in parte), la paura di quella situazione aumenta. Così non solo il panico non scompare, ma chi ne soffre finisce col trovare pericolose anche altre situazioni (posti) e comincia a evitare anche quelle.

«Tornare nel luogo che ci ha visto protagonisti di un attacco di panico può servire, ma bisogna farlo in una condizione protetta e gradualmente», spiega il dottor Gabriele Catania. «Questa parte delle tecniche di autocontrollo è la più difficile per i pazienti, che evitano luoghi dove è accaduto, ma anche luoghi dove potrebbe accadere. Se però riescono a rimanere in quella zona per qualche tempo, vedranno che la paura inizia a diminuire e la volta successiva proveranno meno timore. Bisogna procedere gradualmente, a piccoli passi, perché non bisogna fallire».

Le tecniche di autocontrollo – Esposizione graduale

L’Esposizione graduale è la tecnica che permette di tornare nei posti che sono stati teatro degli attacchi di panico, o tornare a fare qualcosa che li ha scatenati. È la più difficile da praticare ma anche la più “convincente”: riuscire a fare qualcosa che prima sembrava impossibile è la leva che fa sparire la paura e aumenta la consapevolezza di potersi controllare.

Tecnica dell’Esposizione graduale:
- si parte scrivendo un elenco di obiettivi che si desidera raggiungere, da quelli estremamente facili a quelli estremamente difficili. Gli obiettivi devono essere formulati in modo molto chiaro e dettagliato, ad esempio “Andare da solo in città con il treno locale nell’ora di punta”, “Fare da solo la spesa al supermercato vicino a casa”.
- Si prosegue suddividendo ciascuno degli obiettivi in passi più piccoli e facili, che permettano di elaborare un avvicinamento a tappe. Ad esempio “Prendere il treno locale per una sola fermata in un’ora non di punta”, “Viaggiare per due fermate, con il treno non affollato”, “Viaggiare per due fermate in un orario di punta”, “Fare tutto il viaggio con il treno non affollato”, “Fare tutto il viaggio in un’ora di punta”.
- L’ultimo passo deve rappresentare qualcosa di veramente difficile, impegnativo o sgradevole per chiunque, qualcosa che probabilmente non si dovrà mai più fare nella vita reale. Essere riusciti ad affrontare con successo un tale passo convincerà il paziente che può padroneggiare con facilità e senza problemi i passi più facili. Per esempio, per chi soffre di fobia sociale (che ha paura del giudizio degli altri) il passo ultimo potrebbe essere quello di fare un vero discorso in pubblico.

di Silvia Turin

Dal Sito: www.corriere.it

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