domenica 29 luglio 2018

Claustrofobia: perche si soffre?



Per affrontare la claustrofobia è importante prendere coscienza del proprio stato di malessere psicofisico perché è un disturbo fobico che potrebbe rendere difficile l’agire della vita quotidiana quindi meglio affrontarlo e capire le motivazioni per cui si soffre.

Il termine claustrofobia deriva dalla lingua latina claustrum (luogo chiuso) e dal greco fobia (ossia timore ossessivo per i luoghi chiusi) ed è un disturbo che può modificare il modo in cui affrontiamo la vita di tutti i giorni. L’ascensore, la metropolitana, i luoghi affollati, una stanza chiusa senza finestre, una strada intasata dal traffico possono trasformarsi in veri e propri luoghi di terrore che si preferisce evitare. Questo disturbo può essere l’unica spia di uno stato di angoscia che per il resto rimane latente, o può accompagnarsi ad altri sintomi psichici: agorafobia, ipocondria, ansia generalizzata. Spesso affrontare la situazione temuta, e spesso anche solo l’idea di affrontarla, può far scattare un importante attacco di panico. La persona che soffre di claustrofobia è pienamente consapevole dell’irrazionalità della sua paura ma non riesce a dominarla, soprassederla, gestirla, vivendo un disagio molto profondo; cercherà di evitare situazioni che potrebbero far emergere nuovamente il disturbo fobico precedentemente vissuto e non dominato. Vediamo insieme perché si soffre di claustrofobia e quali i rimedi per sconfiggerla.

Che cos’ è la claustrofobia?

La claustrofobia consiste in una paura degli spazi chiusied affollati ed è una delle paure più comuni e più diffuse. Solitamente è una manifestazione ansiosa associata al ricordo di una esperienza traumatica probabilmente vissuta in un luogo chiuso, affollato ed angusto. Chi soffre di claustrofobia vive sensazioni negative, di angoscia e disagio non appena si trova rinchiuso in ascensori, metropolitane, sotterranei, luoghi affollati. Pertanto, la persona che soffre di tale disturbo cerca in tutti i modi di evitare le situazioni in cui si sente soffocata e/o accerchiata, adottando strategie di evitamento o ricercando la presenza rassicurante di un familiare, compromettendo le azioni della vita quotidiana. Come la maggior parte dei disturbi fobici, anche la claustrofobia è accompagnata da stati ansiosi e spesso da manifestazioni somatiche come sudorazione accentuata, aumento della frequenza cardiaca (tachicardia), nausea, sensazione di svenimento, disturbi del respiro, senso di oppressione e timore di morire. Spesso, la claustrofobia rappresenta un fenomeno passeggero, destinato a scomparire spontaneamente però, in alcuni casi, questo disturbo fobico richiede il ricorso alla terapia farmacologica e/o  psicoterapia.

Sintomi e cause della claustrofobia

I sintomi della claustrofobia insorgono nel momento in cui la persona sta vivendo la situazione fobica e variano in base alla gravità della paura e sono:

ansia

fiato corto

tachicardia

vampate di calore

tremore

sudorazione

senso di vertigini

svenimento

dolore al petto

attacchi di panico

Chi soffre di tale disturbo fobico, inoltre potrebbe:

cercare di evitare le situazioni scatenanti che innescano la paura, come salire in metropolitana, ascensore, frequentare luoghi affollati e dalle ridotte dimensioni;

stare vicino alle porte di uscita o finestre se la stanza è molto affollata;

tenere sempre ben presente le porte di uscita, nei locali che si frequentano.

Quali sono le cause del disturbo? Molto poco si conosce rispetto alle cause che determinano la claustrofobia. Si pensa che i fattori principali siano l’ambiente circostante, la questione genetica ed anche ricordi traumatici vissuti nel corso dell’infanzia. Per quanto concerne la questione genetica, alcuni studi individuano la causa principale nella disfunzione dell’amigdala, una parte del cervello che gestisce le emozioni  ed in particolar modo la paura e che influenza il processo di percezione del pericolo. Oltre alla questione genetica, si aggiunge anche una percezione spaziale problematica. Il disturbo, infatti, potrebbe avere una correlazione con il meccanismo percettivo della paura in relazione allo spazio, meccanismo che anticamente doveva avere un ruolo fondamentale dal punto di vista dell’istinto di sopravvivenza. Anche traumi vissuti nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza possono avere un legame con l’insorgenza del disturbo; infatti la claustrofobia si sviluppa durante i primi anni di vita, fino al massimo all’adolescenza. Gli eventi traumatici vissuti possono essere:

restare bloccati in un mezzo pubblico affollato oppure in un luogo piccolo ed affollato per un lungo periodo di tempo;

assistere a delle forti turbolenze in aereo;

essere mandati in castigo in un luogo piccolo e buio;

avere uno dei due genitori che soffre del disturbo di claustrofobia.

Infine nell’età adulta, questo disturbo, associato ad una bassa autostima, può tradursi con un’ansia verso ciò che è in grado di limitare la libertà, ovvero luoghi chiusi.

Cura e trattamento della claustrofobia

La claustrofobia viene curata prevalentemente, facendo ricorso alla psicoterapia. E’ sempre opportuno ricordare che tale disturbo fobico è una condizione curabile e che la maggior parte delle volte sparisce con l’età. L’utilizzo di farmaci può placare il problema sul momento, però non costituisce una soluzione definitiva. Ecco perché risulta opportuno affrontare il problema attraverso un percorso psicoterapico, volto a riconoscere gradualmente traumi e nodi del passato lasciati in sospeso, aiuto fondamentale per avere una visione differente di sé e del proprio vissuto.

I trattamenti più comuni sono:

psicoterapia cognitivo-comportamentale: aiuta ad avere una percezione dei pensieri negativi, a controllarli e gestirli in modo opportuno e consono all’evento che potrebbe scatenare la paura;

terapia di rilassamento: si tratta di mettere in atto tecniche di rilassamento (ad esempio immaginando di essere in un posto sicuro, in un luogo poco affollato con diverse uscite di sicurezza) utili ad affrontare, in maniera positiva, le situazioni di claustrofobia;

terapia di esposizione: il soggetto che presenta il disturbo fobico è esposto direttamente a situazioni che potrebbero scatenare la paura, ciò al fine di rafforzare l’individuo e la percezione di se stesso e dell’ambiente circostante;

terapia comportamentale razionale emotiva: Aiuta a focalizzare l’attenzione sulle emozioni che si vivono in situazioni, abitudini e comportamenti insani; partendo dal riconoscimento di tali emozioni negative si lavora sul loro fronteggiamento e si focalizza l’attenzione sul presente al fine di realizzare un cambiamento delle abitudini di vita insane;

farmaci: consigliati antidepressivi e ansiolitici per tenere sotto controlli possibili attacchi di panico.

Cosa fare in caso di claustrofobia?

Per superare un attacco di panico e/o ansia causato dalla claustrofobia occorre:

prestare attenzione su qualcosa di sicuro, come il passare del tempo scandito dalla lancetta dei secondi dell’orologio;

ripetersi che la paurache si sta vivendo èirrazionale e passeggera cercando di focalizzare l’attenzione sui pensieri positivi;

ascoltare musica e/o canticchiare qualche canzone;

respirare profondamente elentamente;

chiudere gli occhi, se possibile, e visualizzare situazioni che infondono positività e gioia (le risate di un bambino che gioca; un prato soleggiato).

Le situazioni di pericolo non vanno evitate; questo rimedio non funziona come le soluzioni a lungo termine, perché prima o poi ci si ritrova in una situazione di panico che non deve essere evitata ma gestita.

Dal Sito: laleggepertutti.it

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