giovedì 12 dicembre 2019

La depressione maschile è ancora un tabù


Soffre di depressione un uomo su 20, ma per gli esperti le vittime del male oscuro sono molte di più. Perché vivono la malattia con senso di colpa, la negano, la curano con l’alcol. Come racconta il conduttore Daniele Bossari nel suo libro-verità

«È stato un lento scivolare tra le pieghe dell’anima. Talmente lento che non me ne sono accorto. La luce è scomparsa un fotone per volta: così i miei occhi si sono abituati all’oscurità». Comincia così La faccia nascosta della luce (Mondadori), il libro-confessione in cui Daniele Bossari, 45 anni, conduttore in radio e in tv, racconta «i lunghi anni in cui sono stato vittima della depressione, in cui non avevo certezze, a parte una: che là fuori non fosse rimasto più niente, per me. La depressione aveva cancellato ogni mia aspirazione, ogni slancio vitale».

«Non riuscivo a trattenermi dal medicarmi con un altro bicchiere. Un sorso di whiskey, un sorso di oblio». Nei romanzi e nelle poesie ha nomi evocativi come “il male oscuro” o il “cane nero”. Nella realtà la depressioneè una malattia come le altre, forse più terribile di altre, e più assurda: la vita che abbiamo amato a un certo punto diventa ostile. Daniele Bossari la descrive come «un punteruolo che ti trafigge e ti fa a brandelli: io, letteralmente, non vedevo più i colori». Non è consolante che siano in tanti a soffrirne: secondo i dati Istat, in Italia il 9,1% delle donne e il 4,8% degli uomini, anche se questi ultimi sono probabilmente molti di più, ma non lo dichiarano. «L’uomo tende a ritardare la sua richiesta d’aiuto, o a non presentarla affatto, la vive come una colpa, con vergogna» chiarisce Emanuela Cafiso, psichiatra e psicoterapeuta. Rispetto a quella femminile, poi, la depressione maschile ha caratteristiche precise: «Se per le donne i sintomi più frequenti riguardano il campo dell’affettività, negli uomini prevalgono un vissuto di fallimento e di incapacità, anche lavorativa» continua Cafiso. «Spesso, poi, il maschio cerca di trovare risposte concrete al problema e ricorre a una sorta di autoterapia, assumendo alcol o sostanze che lo aiutino a stare meglio». Bossari ci ha provato col whiskey: «Pensavo “domani smetto”. Ma poi non smettevo» è la sua confessione dolorosa. «Mi ripromettevo di farlo solo quando il senso di colpa mi divorava, ma il ribrezzo che provavo per me stesso era tale che non riuscivo a trattenermi dal medicarmi con un altro bicchiere. Un sorso di whiskey, un sorso di oblio».

«Non diventi depresso da un giorno con l’altro, ci finisci dentro lentamente. E quando ti accorgi di essere in trappola sei già sopraffatto». Esistono 2 tipi di depressione: «Quella reattiva, che segue a un trauma o un lutto, è abbastanza fisiologica e frequente» dice Cafiso. «È “normale” sentirsi depressi dopo un evento doloroso, ed è più facile uscirne, con il trascorrere del tempo e un graduale ritorno alla vita di prima». L’altra forma, la più subdola e faticosa da sconfiggere, viene definita “endogena”. All’origine non c’è uno specifico evento scatenante; si tratta di un processo graduale, di cui non è facile individuare l’inizio. «È l’acqua che ti sommerge e il tuo progressivo abbandonarti a essa, per non sentire più nulla» confessa Daniele Bossari. «Nel mio caso, dopo una vita sotto i riflettori, tra tanti momenti di esaltazione e qualche sporadica sconfitta, un giorno un critico importante ha scritto un articolo negativo su di me. Ho cominciato così a scivolare verso il baratro. A posteriori penso che se quell’episodio non fosse accaduto, ce ne sarebbe stato un altro: forse esistono individui più vulnerabili, più esposti di altri, e io sono tra questi. Il fatto è che non diventi depresso da un giorno con l’altro, ci finisci dentro lentamente. E quando ti accorgi di essere in trappola sei già sopraffatto».

Spiega Alberto Simone, psicologo e psicoterapeuta, autore di Ogni giorno un miracolo – Imparare l’arte di amare la vita (Tea): «La depressione discende da un mix di cause genetiche, biologiche, psicologiche e sociali: difficile, insomma, definirle con esattezza. Invece, il fatto che gli uomini siano meno inclini a chiedere aiuto ha una ragione antropologica: per il genere maschile esporsi a nemici o potenziali rivali mostrandosi deboli significava rischiare la vita. Ancora oggi, gli uomini faticano a entrare in contatto con i propri problemi emozionali, a riconoscerli e condividerli. Per molti il confronto con l’altro, specie se maschio, su un tema “sensibile” non è previsto». Infatti, dice Bossari: «Per un periodo ho frequentato solo gli amici più stretti, poi ho smesso. Il telefono squillava ma non rispondevo: all’idea di sentire una voce che non fosse quella di mia moglie Filippa o mia figlia Stella provavo ansia».

«Una notte mi sono trovato in bilico su una trave, a una decina di metri d’altezza, il vuoto sotto, con un litro di whiskey in corpo».Il cosiddetto “ritiro sociale”, assieme al chiudersi in se stessi e al cercare il buio è uno dei sintomi della depressione 

«Per me è stato come camminare nel bosco, da solo, un passo dopo l’altro, finché il buio non è calato. E solo allora ho capito di essermi perso» dice Bossari. Ogni attività, anche incontrare un amico, del resto «richiede un investimento energetico: il depresso sente di non potercela fare» spiega Alberto Simone. La depressione è una condizione che può diventare molto grave ma si può uscirne: «Per cominciare, un consiglio è entrare in contatto col corpo e tornare a muoverlo» continua l’esperto. «È un primo passo per rientrare in relazione con ciò che ci circonda anche dal punto di vista sensoriale. Il depresso ha una carica energetica bassissima. E le difese immunitarie deboli. L’attività fisica è l’equivalente del “ricaricarsi” alla presa di corrente».

Una volta riconosciuta la propria condizione, l’ideale sarebbe affiancarla a una psicoterapia: «I farmaci antidepressivi da soli non aiutano a raggiungere indipendenza e autonomia» ricorda Simone. «L’invito per chi soffre è quello di riconoscersi come prima cosa il diritto a provare emozioni negative. Gli uomini tendono a reagire a questo tipo di problemi ignorandoli, negandoli. Ma la depressione non è una colpa, non è una difettosità. Chiamarla col suo nome e chiedere aiuto significa aver già fatto un pezzo di strada».

Anche un libro che racconti una storia onesta e positiva può servire. Quella di Bossari è entrambe le cose: «Una notte mi sono trovato in bilico su una trave, a una decina di metri d’altezza, il vuoto sotto, con un litro di whiskey in corpo e la tentazione di farla finita. Mi piacerebbe dire che non l’ho fatto perché ho pensato a mia moglie e mia figlia, ma non è così. Non sono morto perché ho avuto paura, e come ero salito sono sceso. La paura quel giorno mi ha salvato. La paura: in fondo a un pozzo in cui non vedevo niente, non sentivo niente, non percepivo niente, finalmente un’emozione».


IN LIBRERIA
S’intitola La faccia nascosta della luce (Mondadori) il libro-verità in cui Daniele Bossari, 45 anni, volto noto della tv negli anni ’90, racconta come ha affrontato la lunga depressione. Un racconto lucido e onesto della sua discesa “all’inferno” verso il buio, gli attacchi di panico, l’alcolismo. «Ero in fondo a un pozzo in cui non vedevo niente» confessa. «Oggi mi sento un miracolato».



Così riconosci i sintomi della depressione

In Italia colpisce il 4,8% degli uomini e il 9,1% delle donne ma le statistiche maschili sono sottostimate: i depressi faticano a rivolgersi al medico e mascherano la loro malattia con altri problemi fisici (mal di testa, stanchezza, disturbi del sonno, difficoltà a digerire).

La malattia deteriora la qualità di vita e nella sua forma più grave può portare al suicidio (secondo l’Oms, nel mondo è causa di 850.000 morti l’anno): ecco perché è importante che chi vive accanto a un depresso - marito, fratello, padre - impari a riconoscerne i sintomi.

Tra i comportamenti tipici degli uomini depressi, che devono protrarsi per almeno 2 settimane: assumere più alcol del normale o sostanze illecite; lavorare moltissimo, in modo ossessivo e senza pause; evitare le situazioni familiari e sociali; diventare aggressivi e maltrattanti; mettere in atto comportamenti a rischio come il gioco d’azzardo o il sesso non protetto.

Dal Sito: donnamoderna.com

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