Durante un attacco di panico si ha la percezione di stare per morire
Zucchero l’ha confessato nel numero di giugno di Ok salute, il mensile wellness di Oggi:
ho sofferto di depressione per quattro anni e pure di attacchi di
panico, finché mi sono fatto curare dal professor Giovanni Battista
Cassano dell’Università di Pisa.
Lo scrittore Christian Frascella (Mia sorella è una foca monaca il libro più noto) ha appena pubblicato un romanzo dal titolo indicativo Il panico quotidiano (Einaudi) dove l’autobiografia è più che trasparente e confermata nelle interviste.
Infine, al termine dell’ultimo Giro d’Italia ne ha parlato il
corridore Giovanni Visconti rievocando lo scampato pericolo di
un’esperienza come quella del 2012 quando fu colto – e per la prima
volta – da un attacco di panico mentre era in corsa e dovette
ritirarsi, temendo addirittura di morire lì, sui pedali. Perché questo è
il vissuto di chi è preda di un episodio di disturbo di panico: la
percezione di stare per morire di soffocamento o di infarto o di ictus.
Oppure di essere sul punto di impazzire.
PROBLEMA ANTICO: SAFFO E ARETEO - Per indagare su questa malattia
psichiatrica, parecchio diffusa (stando alle ultime statistiche ne
soffre il 3,5% nella popolazione mondiale), ci siamo rivolti allo stesso
specialista scelto da Zucchero, il professor Cassano. Che esordisce:
«Identificare questo disturbo è stata una grande acquisizione della
psichiatria moderna, firmata dall’americano Donald Klein. Anche se la
più bella descrizione dei suoi sintomi è in una poesia di Saffo, la
poetessa greca del VII-VI secolo a. C., quella che comincia con “Simile a
un dio…”. E’ una descrizione accurata, minuziosa dell’attacco di
panico, tanti vi si possono riconoscere. Così come nel vissuto del
carpentiere descritto dal medico Areteo di Cappadocia nel I secolo d. C.
Dunque è un disturbo che esiste da millenni, da sempre. In effetti è
legato al sistema di allarme dell’organismo, che soffre di una
disregolazione oppure che scatta su una soglia molto bassa, quindi basta
anche un piccolo evento a scatenarlo. Ma in genere, è proprio la sua
caratteristica, l’attacco esplode all’improvviso, a ciel sereno. Ed è un
vero cataclisma».
Ci sono inoltre molte persone particolarmente sensibili agli spazi
aperti o, al contrario, chiusi: piazze, assemblee, tunnel sono difficili
o impossibili per loro da affrontare. Si parla anche di disturbo di
panico-agorafobico.
«Inoltre – continua il professor Cassano – il panico è spesso associato
ad altre patologie psichiatriche: innanzitutto al disturbo bipolare,
poi l’ossessivo-compulsivo, molti disturbi d’ansia tra cui la fobia
sociale. Spesso aggrava queste patologie oppure precede o segue un altro
disturbo».
TERAPIE EFFICACI - Ma conosciuta la descrizione del disturbo di
panico, si guarisce dal panico? «In un 30-40% delle persone sparisce
spontaneamente. In un altro 30% si ha la remissione con la terapia
specifica, ma ci possono essere ricadute. Per un altro 30% circa occorre
una terapia molto prolungata».
E le cure in che cosa consistono? «Ci sono farmaci appositi, in uso da
tanto tempo. Niente di nuovo di recente. Ha fatto progressi, invece, la
psicoterapia cognitivo-comportamentale».
Lo scrittore Christian Frascella scrive e racconta della sua
drammatica esperienza: “Peggio degli attacchi di panico c’è la paura che
ritornino. E’ quell’attesa il vero inferno”. Commenta il professor
Cassano: «Quell’attesa si chiama “ansia anticipatoria” e si instaura
subito dopo il primo attacco. E’ l’idea che possa riscatenarsi da un
momento all’altro, un assillo che avvelena in particolare la prima
giornata. Ma che resta sempre. E questa paura è il sintomo più
invalidante perché ispira comportamenti di evitamento: non si andrà più
in treno se il primo episodio è accaduto lì (è il caso noto di Freud), a
casa di qualcuno se è stato il teatro dell’improvviso cataclisma
personale. Oltre al luogo, conta che cosa si stava facendo: chi è stato
colpito mentre mangiava carne o spaghetti, potrebbe d’allora in poi
volere solo cibi liquidi, frullati per paura di strozzarsi…
TUTTI AL PRONTO SOCCORSO - «Classico di chi soffre di panico –
continua lo psichiatra pisano – è la corsa al pronto soccorso. Là sì che
conoscono bene questi malati: chiedono cure ed esami o per il mal di
cuore a causa delle palpitazioni o ai polmoni perché si sentono
soffocare o dall’otorino per via delle vertigini… Eh sì, è un disturbo
che ha interessato l’intera medicina e che ora in genere viene curato
direttamente dai vari specialisti interpellati come pure dal medico di
famiglia».
La possibilità di riprendersi la propria vita, dunque, esiste, si vince anche la paura che spaventa Frascella?
«Sì, sì, si riesce a curarla, viene la quasi certezza che l’attacco
non si ripresenterà più. Quindi, ecco andare in piazza, e pure di notte,
chi si bloccava per uno spazio aperto e prendere l’aereo chi proprio
non poteva. Uno dei motivi di rifiuto per il volo o per addentrarsi in
un tunnel (come anche per l’occupare i posti centrali al cinema), nella
mente del malato di panico, è la difficoltà a poter raggiungere i
soccorsi in caso di attacco…».
Questo articolo è uscito anche sul sito della Fondazione Veronesi
Pubblicato su L' Huffington Post il 09/06/2014
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